Tribunale di Bologna, 18 febbraio 2013 - Infortunio con una pressa automatica per la lavorazione a freddo di banda metallica e responsabilità di un datore di lavoro
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI BOLOGNA IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA
il Giudice dott. ssa Paola PALLADINO
all' udienza dibattimentale del 18/02/2013
Con l'intervento del P.M. Dott. Ssa Onda GOVONI (VPO)
e
con l'assistenza del Funz. Giud. Dr.ssa M. Starace
ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo e della motivazione
la seguente
SENTENZA
Nei confronti di: F.F.
nato il (...) M. , libero come presente
IMPUTATO
a)del delitto previsto e punito dagli artt.590, comma terzo, e 583 c.p. perché, in qualità di amministratore unico della ditta denominata K. s.p.a., con la condotta descritta nel capo che segue, cagionava a B.G., intervenuto con l'intento di sbloccare il nastro di alimentazione della pressa meccanica con svolgitore ed avanzamento pneumatico matricola n. 44/K., ed a causa dell' improvvisa ripartenza della macchina e del conseguente trascinamento della di lui mano sinistra nella zona del trancia sfridi, la sub amputazione della falange distale dell'indice, infortunio dal quale ne è derivata una inabilità temporanea assoluta al lavoro per 44 giorni con lesioni permanenti con grado pari al 3 %.
Fatti commessi il 28 gennaio 2010 in Pianoro (BO)
In esito all'odierna udienza, sentiti:
FattoDiritto
Con decreto di citazione diretta emesso in data 18.7.2011 e regolarmente notificato, F.F. era tratto a giudizio per rispondere del reato di cui all' art. 590 comma 3 c.p., meglio descritto nel capo d'imputazione.
All'udienza del giorno 8.10.2012 l'imputato chiedeva procedersi con rito abbreviato subordinato all' acquisizione di documenti ed all'esame del teste A.E..
Alla successiva udienza veniva escusso il predetto teste e l'imputato rilasciava spontanee dichiarazioni. All' odierna udienza le parti hanno concluso come da verbale.
Va preliminarmente osservato che gli atti contenuti nel fascicolo del Pubblico Ministero sono tutti utilizzabili (peraltro nessuna eccezione è stata sollevata dal difensore del prevenuto).
Dalle risultanze processuali (ed in specie dalle informative della Azienda USL di Bologna in data 22.3.2010 e 18.11.2010 e relativi allegati) emerge quanto segue:
- B.G. lavorava alle dipendenze della K. s.p.a., di cui era legale rappresentante ed amministratore unico F.F., da circa quindici anni; era sempre stato impiegato nel reparto lavorazioni meccaniche e nel 2010 svolgeva le funzioni di capo reparto;
- il 28.1.2010, dopo essere rientrato dalla pausa pranzo, B.G. vedeva che una pressa (avente matricola n. 44/K.) era ferma ed aveva le porte aperte; avendo notato che il nastro di alimentazione, in prossimità del "taglia sfridi", si era inceppato, egli inseriva un dito della mano per sbloccarlo; a quel punto improvvisamente la macchina si avviava ed il "taglia sfridi" gli tranciava mezza falange dell'indice della mano sinistra;
- B.G. veniva immediatamente soccorso dalla collega M.M.M. (che si trovava nello stesso locale) e ricoverato presso il Policlinico S.Orsola, ove gli veniva diagnosticata "subamputazione falange distale ìndice mano sinistra"; le lesioni riportate guarivano in 44 giorni e comportavano un' inabilità permanente del 3%;
- dalle indagini svolte risultava che il macchinario con cui B.G. si era infortunato era una pressa automatica per la lavorazione a freddo di banda metallica costruita nel 1999 che era priva dei requisiti di sicurezza richiesti dall'art. 70 comma 1 D.Lgs. n. 81 del 2008, in quanto - in violazione del disposto di cui al punto 1.2.5 dell' Allegato I al D.P.R. 459 del 1994 - il selettore modale permetteva il funzionamento della macchina senza simultaneamente escludere il comando automatico, consentire i movimenti solo mediante dispositivi di comando che necessitano un' azione continuata e consentire il funzionamento degli elementi mobili pericolosi solo in condizioni di sicurezza evitando i rischi derivanti dalle sequenze collegate;
- in specie, detta pressa poteva funzionare a portiere aperte in modo automatico, come riferito da B.G. ("a portiere aperte il blocco dell'avviamento poteva essere bypassato agendo sullo interruttore modale. In tal modo le sicurezza erano escluse e si poteva ottenere sia l'avviamento automatico che quello a colpo singolo") e come dichiarato in udienza dallo stesso F.F.;
- l'imputato ha estinto la contravvenzione di cui al citato art. 70 D.Lgs. n. 81 del 2008 ex art. 24 D.L. n. 758 del 1994 e dopo l'infortunio ha messo a norma la pressa.
Così come sopra ricostruite le modalità e le circostanze dell'infortunio, risulta evidente che la pressa era priva dei requisiti richiesti dall'art. 70 comma 1 D.Lgs. n. 81 del 2008, consentendo a chi vi era addetto di venire a contatto con gli organi lavoratori, così come è accaduto a B.G..
Quanto alla posizione soggettiva dell'imputato - essendo legale rappresentante della K. s.p.a. nei cui locali si è verificato l'infortunio - egli era certamente responsabile della sicurezza della suddetta macchina, in base a quanto previsto dagli artt. 18 e 70 D.Lgs. n. 81 del 2008.
Non vi è dubbio che era onere di F.F. garantire la sicurezza dei lavoratori controllando che le macchine a loro fornite fossero idonee. Infatti, "l'obbligo dì provvedere ai dispositivi antinfortunistici concerne non soltanto i costruttori di macchine, ma altresì gli acquirenti che le mettono a disposizione dei loro dipendenti: anche questi sono tenuti a verificare che le macchine siano prive di rischio per l'incolumità dei lavoratori e la colpa degli unì non elimina quella degli altri. Ciò in quanto è onere dell'imprenditore adottare nell'impresa tutti i più moderni strumenti che offre la tecnologia per garantire la sicurezza dei lavoratori" (Cass. Pen, Sez. IV, 23.11.2006, n. 2630). Inoltre "qualora si tratti dì violazioni connesse all'originario impiego dei macchinari, non dotati cioè sin dall'inizio dell'uso dei mezzi di protezione a tutela dell'incolumità dei lavoratori, i titolari dell'impresa, ancorché non preposti concretamente alla vigilanza sul lavoro dipendente, non sono esenti da responsabilità in ordine all'applicazione delle norme antinfortunìstiche" (Cass. Pen., Sez. IV, 26.1.2005, n. 18558).
Sotto il profilo eziologico, è evidente che rileva la condotta colposa dell'imputato, atteso che B.G. -lavoratore dipendente della K. s.p.a. - ha subito lesioni proprio a causa dell'impiego della predetta pressa e che tali lesioni non si sarebbero verificate se la medesima macchina avesse avuto i requisiti prescritti dalla legge, cioè se avesse avuto caratteristiche tali da impedire l'avviamento automatico a portiere aperte.
Al riguardo, si rileva che per giurisprudenza pacifica nessuna efficienza causale (sul piano dell'interruzione del nesso eziologico, quale causa sopravvenuta sufficiente a determinare l'evento) è attribuita a condotte disaccorte o colpose dei lavoratori in caso di inidoneità delle misure di prevenzione, poichè la normativa antinfortunistica mira a salvaguardare l'incolumità del lavoratore anche dai rischi derivanti da proprie negligenze purchè non si tratti di comportamenti abnormi (cfr. fra le tante: Cass. Pen., Sez. IV, 19.4.2005, n. 23729; Cass. Pen., Sez. IV, 26.10.2005, n. 1214; Cass. Pen., Sez. IV, 17.2.2009, n. 15009).
Peraltro, nel caso di specie, B.G. non ha posto in essere una condotta del tutto anomala, eccezionale o abnorme, posto che ha solo cercato di sbloccare il nastro di alimentazione.
Deve, pertanto, essere affermata la penale responsabilità dell'imputato, al quale vanno riconosciute le attenuanti generiche in considerazione della condotta tenuta dopo l'infortunio (messa a norma della pressa, accordo transattivo in ordine al risarcimento del danno); tali attenuanti sono ritenute equivalenti alle contestate aggravanti al fine di adeguare la pena all'effettivo disvalore del fatto (va qui rilevato che non risulta sussistente l'attenuante di cui all'art. 62 n. 6. c.p., come prospettato dal Pubblico Ministero, in quanto non vi è prova che l'imputato abbia interamente risarcito il danno, ma solo che ha raggiunto un accordo transattivo con la persona offesa).
In base ai criteri di cui all'art. 133 c.p. - singolarmente ed unitariamente valutati (e considerata, in specie, la notevole entità delle lesioni subite dalla persona offesa) - si ritiene congrua la pena di mesi uno e giorni dieci di reclusione, così calcolata: previo giudizio di equivalenza tra le attenuanti di cui all'art. 62 bis c.p. e le contestate aggravanti, pena di mesi due di reclusione, ridotta di un terzo per il rito.
Alla condanna consegue, per legge, l'obbligo del pagamento delle spese processuali.
Il precedente penale dell'imputato non è ostativo all'applicazione dei benefici di cui agli artt. 163 e 175 c.p. e la sua personalità, quale si evince dalla condotta tenuta dopo l'infortunio, consente di formulare una prognosi favorevole ex art. 164 c.p., circa la sua futura astensione dal commettere altri reati.
P.Q.M.
visti gli artt. 442, 533 e 535 c.p.p.,
dichiara F.F. responsabile del reato ascrittogli e, riconosciute le attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, lo condanna alla pena di mesi uno e giorni dieci di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali;
visti gli artt. 163 e 175 c.p.,
dispone la sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna. Così deciso in Bologna, il 18 febbraio 2013. Depositata in Cancelleria il 18 febbraio 2013.