PARTE QUARTA
NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI
TITOLO I
GESTIONE DEI RIFIUTI
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 177
Campo di applicazione e finalità
1. La parte quarta del presente decreto disciplina la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati, anche in attuazione delle direttive comunitarie, in particolare della direttiva 2008/98/CE, prevedendo misure volte a proteggere l'ambiente e la salute umana, prevenendo o riducendo gli impatti negativi della produzione e della gestione dei rifiuti, riducendo gli impatti complessivi dell'uso delle risorse e migliorandone l'efficacia.
2. La gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse.
3. Sono fatte salve disposizioni specifiche, particolari o complementari, conformi ai principi di cui alla parte quarta del presente decreto adottate in attuazione di direttive comunitarie che disciplinano la gestione di determinate categorie di rifiuti.
4. I rifiuti sono gestiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente e, in particolare:
a) senza determinare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo, nonché per la fauna e la flora;
b) senza causare inconvenienti da rumori o odori;
c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente.
5. Per conseguire le finalità e gli obiettivi di cui ai commi da 1 a 4, lo Stato, le regioni, le province autonome e gli enti locali esercitano i poteri e le funzioni di rispettiva competenza in materia di gestione dei rifiuti in conformità alle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, adottando ogni opportuna azione ed avvalendosi, ove opportuno, mediante accordi, contratti di programma o protocolli d'intesa anche sperimentali, di soggetti pubblici o privati.
6. I soggetti di cui al comma 5 costituiscono, altresì, un sistema compiuto e sinergico che armonizza, in un contesto unitario, relativamente agli obiettivi da perseguire, la redazione delle norme tecniche, i sistemi di accreditamento e i sistemi di certificazione attinenti direttamente o indirettamente le materie ambientali, con particolare riferimento alla gestione dei rifiuti, secondo i criteri e con le modalità di cui all'articolo 195, comma 2, lettera a), e nel rispetto delle procedure di informazione nel settore delle norme e delle regolazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione, previste dalle direttive comunitarie e relative norme di attuazione, con particolare riferimento alla legge 21 giugno 1986, n. 317.
7. Le regioni e le province autonome adeguano i rispettivi ordinamenti alle disposizioni di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema contenute nella parte quarta del presente decreto entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.
8. Ai fini dell'attuazione dei principi e degli obiettivi stabiliti dalle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può avvalersi del supporto tecnico dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Art. 178
Principi
1. La gestione dei rifiuti è effettuata conformemente ai principi di precauzione, di prevenzione, di sostenibilità, di proporzionalità, di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell'utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, nonché del principio chi inquina paga. A tale fine la gestione dei rifiuti è effettuata secondo criteri di efficacia, efficienza, economicità, trasparenza, fattibilità tecnica ed economica, nonché nel rispetto delle norme vigenti in materia di partecipazione e di accesso alle informazioni ambientali.
Art. 178-bis
Responsabilità estesa del produttore
1. Al fine di rafforzare la prevenzione e facilitare l'utilizzo efficiente delle risorse durante l'intero ciclo di vita, comprese le fasi di riutilizzo, riciclaggio e recupero dei rifiuti, evitando di compromettere la libera circolazione delle merci sul mercato, possono essere adottati, previa consultazione delle parti interessate, con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare aventi natura regolamentare, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, le modalità e i criteri di introduzione della responsabilità estesa del produttore del prodotto, inteso come qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti, nell'organizzazione del sistema di gestione dei rifiuti, e nell'accettazione dei prodotti restituiti e dei rifiuti che restano dopo il loro utilizzo. Ai medesimi fini possono essere adottati con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, le modalità e i criteri:
a) di gestione dei rifiuti e della relativa responsabilità finanziaria dei produttori del prodotto. I decreti della presente lettera sono adottati di concerto con il Ministero dell'Economia e delle Finanze;
b) di pubblicizzazione delle informazioni relative alla misura in cui il prodotto è riutilizzabile e riciclabile;
c) della progettazione dei prodotti volta a ridurre i loro impatti ambientali;
d) di progettazione dei prodotti volta a diminuire o eliminare i rifiuti durante la produzione e il successivo utilizzo dei prodotti, assicurando che il recupero e lo smaltimento dei prodotti che sono diventati rifiuti avvengano in conformità ai criteri di cui agli articoli 177 e 179;
e) volti a favorire e incoraggiare lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti adatti all'uso multiplo, tecnicamente durevoli, e che, dopo essere diventati rifiuti, sono adatti ad un recupero adeguato e sicuro e a uno smaltimento compatibile con l'ambiente.
2. La responsabilità estesa del produttore del prodotto è applicabile fatta salva la responsabilità della gestione dei rifiuti di cui all'articolo 188, comma 1, e fatta salva la legislazione esistente concernente flussi di rifiuti e prodotti specifici.
3. I decreti di cui al comma 1 possono prevedere altresì che i costi della gestione dei rifiuti siano sostenuti parzialmente o interamente dal produttore del prodotto causa dei rifiuti. Nel caso il produttore del prodotto partecipi parzialmente, il distributore del prodotto concorre per la differenza fino all'intera copertura di tali costi.
4. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Art. 179
Criteri di priorità nella gestione dei rifiuti
1. La gestione dei rifiuti avviene nel rispetto della seguente gerarchia:
a) prevenzione;
b) preparazione per il riutilizzo;
c) riciclaggio;
d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia;
e) smaltimento.
2. La gerarchia stabilisce, in generale, un ordine di priorità di ciò che costituisce la migliore opzione ambientale. Nel rispetto della gerarchia di cui al comma 1, devono essere adottate le misure volte a incoraggiare le opzioni che garantiscono, nel rispetto degli articoli 177, commi 1 e 4, e 178, il miglior risultato complessivo, tenendo conto degli impatti sanitari, sociali ed economici, ivi compresa la fattibilità tecnica e la praticabilità economica.
3. Con riferimento a singoli flussi di rifiuti è consentito discostarsi, in via eccezionale, dall'ordine di priorità di cui al comma 1 qualora ciò sia giustificato, nel rispetto del principio di precauzione e sostenibilità, in base ad una specifica analisi degli impatti complessivi della produzione e della gestione di tali rifiuti sia sotto il profilo ambientale e sanitario, in termini di ciclo di vita, che sotto il profilo sociale ed economico, ivi compresi la fattibilità tecnica e la protezione delle risorse.
4. Con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute, possono essere individuate, con riferimento a singoli flussi di rifiuti specifici, le opzioni che garantiscono, in conformità a quanto stabilito dai commi da 1 a 3, il miglior risultato in termini di protezione della salute umana e dell'ambiente.
5. Le pubbliche amministrazioni perseguono, nell'esercizio delle rispettive competenze, iniziative dirette a favorire il rispetto della gerarchia del trattamento dei rifiuti di cui al comma 1 in particolare mediante:
a) la promozione dello sviluppo di tecnologie pulite, che permettano un uso più razionale e un maggiore risparmio di risorse naturali;
b) la promozione della messa a punto tecnica e dell'immissione sul mercato di prodotti concepiti in modo da non contribuire o da contribuire il meno possibile, per la loro fabbricazione, il loro uso o il loro smaltimento, ad incrementare la quantità o la nocività dei rifiuti e i rischi di inquinamento;
c) la promozione dello sviluppo di tecniche appropriate per l'eliminazione di sostanze pericolose contenute nei rifiuti al fine di favorirne il recupero;
d) la determinazione di condizioni di appalto che prevedano l'impiego dei materiali recuperati dai rifiuti e di sostanze e oggetti prodotti, anche solo in parte, con materiali recuperati dai rifiuti al fine di favorire il mercato dei materiali medesimi;
e) l'impiego dei rifiuti per la produzione di combustibili e il successivo utilizzo e, più in generale, l'impiego dei rifiuti come altro mezzo per produrre energia.
6. Nel rispetto della gerarchia del trattamento dei rifiuti le misure dirette al recupero dei rifiuti mediante la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio o ogni altra operazione di recupero di materia sono adottate con priorità rispetto all'uso dei rifiuti come fonte di energia.
7. Le pubbliche amministrazioni promuovono l'analisi del ciclo di vita dei prodotti sulla base di metodologie uniformi per tutte le tipologie di prodotti stabilite mediante linee guida dall'ISPRA, eco-bilanci, la divulgazione di informazioni anche ai sensi del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, l'uso di strumenti economici, di criteri in materia di procedure di evidenza pubblica, e di altre misure necessarie.
8. Le Amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Art. 180
Prevenzione della produzione di rifiuti
1. Al fine di promuovere in via prioritaria la prevenzione e la riduzione della produzione e della nocività dei rifiuti, le iniziative di cui all'articolo 179 riguardano in particolare:
a) la promozione di strumenti economici, eco-bilanci, sistemi di certificazione ambientale, utilizzo delle migliori tecniche disponibili, analisi del ciclo di vita dei prodotti, azioni di informazione e di sensibilizzazione dei consumatori, l'uso di sistemi di qualità, nonché lo sviluppo del sistema di marchio ecologico ai fini della corretta valutazione dell'impatto di uno specifico prodotto sull'ambiente durante l'intero ciclo di vita del prodotto medesimo;
b) la previsione di clausole di bandi di gara o lettere d'invito che valorizzino le capacità e le competenze tecniche in materia di prevenzione della produzione di rifiuti;
c) la promozione di accordi e contratti di programma o protocolli d'intesa anche sperimentali finalizzati . . . alla prevenzione ed alla riduzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti;
d) …
1-bis. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare adotta entro il 12 dicembre 2013, a norma degli articoli 177, 178, 178-bis e 179, un programma nazionale di prevenzione dei rifiuti ed elabora indicazioni affinché tale programma sia integrato nei piani di gestione dei rifiuti di cui all'articolo 199. In caso di integrazione nel piano di gestione, sono chiaramente identificate le misure di prevenzione dei rifiuti.
1-ter. I programmi di cui al comma 1-bis fissano gli obiettivi di prevenzione. Il Ministero descrive le misure di prevenzione esistenti e valuta l'utilità degli esempi di misure di cui all'allegato L o di altre misure adeguate.
1-quater. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare individua gli appropriati specifici parametri qualitativi o quantitativi per le misure di prevenzione dei rifiuti, adottate per monitorare e valutare i progressi realizzati nell'attuazione delle misure di prevenzione e può stabilire specifici traguardi e indicatori qualitativi o quantitativi.
1-quinquies. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare assicura la disponibilità di informazioni sulle migliori pratiche in materia di prevenzione dei rifiuti e, se del caso, elabora linee guida per assistere le regioni nella preparazione dei programmi di cui all'articolo 199, comma 3, lett. r).
1-sexies. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Art. 180-bis
Riutilizzo di prodotti e preparazione per il riutilizzo dei rifiuti
1. Le pubbliche amministrazioni promuovono, nell'esercizio delle rispettive competenze, iniziative dirette a favorire il riutilizzo dei prodotti e la preparazione per il riutilizzo dei rifiuti. Tali iniziative possono consistere anche in:
a) uso di strumenti economici;
b) misure logistiche, come la costituzione ed il sostegno di centri e reti accreditati di riparazione/riutilizzo;
c) adozione, nell'ambito delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, di idonei criteri, ai sensi dell'articolo 83, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e previsione delle condizioni di cui agli articoli 68, comma 3, lettera b), e 69 del medesimo decreto; a tale fine il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare adotta entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione i decreti attuativi di cui all'articolo 2 del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 11 aprile 2008, pubblicato nella G.U. n. 107 dell'8 maggio 2008;
d) definizione di obiettivi quantitativi;
e) misure educative;
f) promozione di accordi di programma.
2. Con uno o più decreti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono adottate le ulteriori misure necessarie per promuovere il riutilizzo dei prodotti e la preparazione dei rifiuti per il riutilizzo, anche attraverso l'introduzione della responsabilità estesa del produttore del prodotto. Con uno o più decreti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adottarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono definite le modalità operative per la costituzione e il sostegno di centri e reti accreditati di cui al comma 1, lett. b), ivi compresa la definizione di procedure autorizzative semplificate. e di un catalogo esemplificativo di prodotti e rifiuti di prodotti che possono essere sottoposti, rispettivamente, a riutilizzo o a preparazione per il riutilizzo.
3. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Art. 181
Riciclaggio e recupero dei rifiuti
1. Al fine di promuovere il riciclaggio di alta qualità e di soddisfare i necessari criteri qualitativi per i diversi settori del riciclaggio, sulla base delle indicazioni fornite dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, le regioni stabiliscono i criteri con i quali i comuni provvedono a realizzare la raccolta differenziata in conformità a quanto previsto dall'articolo 205. Le autorità competenti realizzano, altresì, entro il 2015 la raccolta differenziata almeno per la carta, metalli, plastica e vetro, e ove possibile, per il legno, nonché adottano le misure necessarie per conseguire i seguenti obiettivi:
a) entro il 2020, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio di rifiuti quali, come minimo, carta, metalli, plastica e vetro provenienti dai nuclei domestici, e possibilmente di altra origine, nella misura in cui tali flussi di rifiuti sono simili a quelli domestici, sarà aumentata complessivamente almeno al 50% in termini di peso;
b) entro il 2020 la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e altri tipi di recupero di materiale, incluse operazioni di colmatazione che utilizzano i rifiuti in sostituzione di altri materiali, di rifiuti da costruzione e demolizione non pericolosi, escluso il materiale allo stato naturale definito alla voce 17 05 04 dell'elenco dei rifiuti, sarà aumentata almeno al 70 per cento in termini di peso.
2. Fino alla definizione, da parte della Commissione europea, delle modalità di attuazione e calcolo degli obiettivi di cui al comma 1, il Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare può adottare decreti che determinino tali modalità.
3. Con uno o più decreti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono adottate misure per promuovere il recupero dei rifiuti in conformità ai criteri di priorità di cui all'articolo 179 e alle modalità di cui all'articolo 177, comma 4. nonché misure intese a promuovere il riciclaggio di alta qualità, privilegiando la raccolta differenziata, eventualmente anche monomateriale, dei rifiuti.
4. Per facilitare o migliorare il recupero, i rifiuti sono raccolti separatamente, laddove ciò sia realizzabile dal punto di vista tecnico, economico e ambientale, e non sono miscelati con altri rifiuti o altri materiali aventi proprietà diverse.
5. Per le frazioni di rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinati al riciclaggio ed al recupero è sempre ammessa la libera circolazione sul territorio nazionale tramite enti o imprese iscritti nelle apposite categorie dell'Albo nazionale gestori ambientali ai sensi dell'articolo 212, comma 5, al fine di favorire il più possibile il loro recupero privilegiando il principio di prossimità agli impianti di recupero.
6. Al fine di favorire l'educazione ambientale e contribuire alla raccolta differenziata dei rifiuti, i sistemi di raccolta differenziata di carta e plastica negli istituti scolastici sono esentati dall'obbligo di autorizzazione in quanto presentano rischi non elevati e non sono gestiti su base professionale.
7. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Art. 181-bis
Articolo abrogato dal d.lgs. 3 dicembre 2010, n. 205
Art. 182
Smaltimento dei rifiuti
1. Lo smaltimento dei rifiuti è effettuato in condizioni di sicurezza e costituisce la fase residuale della gestione dei rifiuti, previa verifica, da parte della competente autorità, della impossibilità tecnica ed economica di esperire le operazioni di recupero di cui all'articolo 181. A tal fine, la predetta verifica concerne la disponibilità di tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l'applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente valide nell'ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purché vi si possa accedere a condizioni ragionevoli.
2. I rifiuti da avviare allo smaltimento finale devono essere il più possibile ridotti sia in massa che in volume, potenziando la prevenzione e le attività di riutilizzo, di riciclaggio e di recupero e prevedendo, ove possibile, la priorità per quei rifiuti non recuperabili generati nell'ambito di attività di riciclaggio o di recupero.
3. È vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali, qualora gli aspetti territoriali e l'opportunità tecnico economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano.
4. Nel rispetto delle prescrizioni contenute nel decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, la realizzazione e la gestione di nuovi impianti possono essere autorizzate solo se il relativo processo di combustione garantisca un elevato livello di recupero energetico.
5. Le attività di smaltimento in discarica dei rifiuti sono disciplinate secondo le disposizioni del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, di attuazione della direttiva 1999/31/CE.
6. Lo smaltimento dei rifiuti in fognatura è disciplinato dall'articolo 107, comma 3.
7 - 8 …
Art. 182-bis
Principi di autosufficienza e prossimità
1. Lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani non differenziati sono attuati con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili e del rapporto tra i costi e i benefici complessivi, al fine di:
a) realizzare l'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi e dei rifiuti del loro trattamento in ambiti territoriali ottimali;
b) permettere lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati in uno degli impianti idonei più vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti;
c) utilizzare i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione dell'ambiente e della salute pubblica.
2. Sulla base di una motivata richiesta delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può essere limitato l'ingresso nel territorio nazionale di rifiuti destinati ad inceneritori classificati come impianti di recupero, qualora sia accertato che l'ingresso di tali rifiuti avrebbe come conseguenza la necessità di smaltire i rifiuti nazionali o di trattare i rifiuti in modo non coerente con i piani di gestione dei rifiuti. Può essere altresì limitato, con le modalità di cui al periodo precedente, l'invio di rifiuti negli altri Stati membri per motivi ambientali, come stabilito nel regolamento (CE) n. 1013/2006.
3. I provvedimenti di cui al comma 2 sono notificati alla Commissione europea.
Art. 182-ter
Rifiuti organici
1. La raccolta separata dei rifiuti organici deve essere effettuata con contenitori a svuotamento riutilizzabili o con sacchetti compostabili certificati a norma UNI EN 13432-2002.
2. Ai fini di quanto previsto dal comma 1, le regioni e le province autonome, i comuni e gli ATO, ciascuno per le proprie competenze e nell'ambito delle risorse disponibili allo scopo a legislazione vigente, adottano entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto misure volte a incoraggiare:
a) la raccolta separata dei rifiuti organici;
b) il trattamento dei rifiuti organici in modo da realizzare un livello elevato di protezione ambientale;
c) l'utilizzo di materiali sicuri per l'ambiente ottenuti dai rifiuti organici, ciò al fine di proteggere la salute umana e l'ambiente.
Art. 183
Definizioni
1. Ai fini della parte quarta del presente decreto e fatte salve le ulteriori definizioni contenute nelle disposizioni speciali, si intende per:
a) "rifiuto": qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi;
b) "rifiuto pericoloso": rifiuto che presenta una o più caratteristiche di cui all'allegato I della parte quarta del presente decreto;
c) "oli usati": qualsiasi olio industriale o lubrificante, minerale o sintetico, divenuto improprio all'uso cui era inizialmente destinato, quali gli oli usati dei motori a combustione e dei sistemi di trasmissione, nonché gli oli usati per turbine e comandi idraulici;
d) "rifiuto organico" rifiuti biodegradabili di giardini e parchi, rifiuti alimentari e di cucina prodotti da nuclei domestici, ristoranti, servizi di ristorazione e punti vendita al dettaglio e rifiuti simili prodotti dall'industria alimentare raccolti in modo differenziato;
e) "autocompostaggio": compostaggio degli scarti organici dei propri rifiuti urbani, effettuato da utenze domestiche, ai fini dell'utilizzo in sito del materiale prodotto;
f) "produttore di rifiuti": il soggetto la cui attività produce rifiuti (produttore iniziale) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti;
g): "produttore del prodotto": qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti;
h) "detentore": il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che ne è in possesso;
i) "commerciante": qualsiasi impresa che agisce in qualità di committente, al fine di acquistare e successivamente vendere rifiuti, compresi i commercianti che non prendono materialmente possesso dei rifiuti;
l) "intermediario" qualsiasi impresa che dispone il recupero o lo smaltimento dei rifiuti per conto di terzi, compresi gli intermediari che non acquisiscono la materiale disponibilità dei rifiuti;
m) "prevenzione": misure adottate prima che una sostanza, un materiale o un prodotto diventi rifiuto che riducono:
1) la quantità dei rifiuti, anche attraverso il riutilizzo dei prodotti o l'estensione del loro ciclo di vita;
2) gli impatti negativi dei rifiuti prodotti sull'ambiente e la salute umana;
3) il contenuto di sostanze pericolose in materiali e prodotti;
n) "gestione": la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compresi il controllo di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento, nonché le operazioni effettuate in qualità di commerciante o intermediario;
o) "raccolta": il prelievo dei rifiuti, compresi la cernita preliminare e il deposito, ivi compresa la gestione dei centri di raccolta di cui alla lettera "mm", ai fini del loro trasporto in un impianto di trattamento;
p) "raccolta differenziata": la raccolta in cui un flusso di rifiuti è tenuto separato in base al tipo ed alla natura dei rifiuti al fine di facilitarne il trattamento specifico;
q) "preparazione per il riutilizzo": le operazioni di controllo, pulizia, smontaggio e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento;
r) "riutilizzo": qualsiasi operazione attraverso la quale prodotti o componenti che non sono rifiuti sono reimpiegati per la stessa finalità per la quale erano stati concepiti;
s) "trattamento": operazioni di recupero o smaltimento, inclusa la preparazione prima del recupero o dello smaltimento;
t) "recupero": qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile, sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all'interno dell'impianto o nell'economia in generale.
L'allegato C della parte IV del presente decreto riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero.;
u) "riciclaggio": qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i rifiuti sono trattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini. Include il trattamento di materiale organico ma non il recupero di energia nè il ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o in operazioni di riempimento;
v) "rigenerazione degli oli usati" qualsiasi operazione di riciclaggio che permetta di produrre oli di base mediante una raffinazione degli oli usati, che comporti in particolare la separazione dei contaminanti, dei prodotti di ossidazione e degli additivi contenuti in tali oli;
z) "smaltimento": qualsiasi operazione diversa dal recupero anche quando l'operazione ha come conseguenza secondaria il recupero di sostanze o di energia. L'Allegato B alla parte IV del presente decreto riporta un elenco non esaustivo delle operazioni di smaltimento;
aa) "stoccaggio": le attività di smaltimento consistenti nelle operazioni di deposito preliminare di rifiuti di cui al punto D15 dell'allegato B alla parte quarta del presente decreto, nonché le attività di recupero consistenti nelle operazioni di messa in riserva di rifiuti di cui al punto R13 dell'allegato C alla medesima parte quarta;
bb) "deposito temporaneo": il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, alle seguenti condizioni:
1) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (CE) 850/2004, e successive modificazioni, devono essere depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l'imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento;
2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all'anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno;
3) il "deposito temporaneo" deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;
4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l'imballaggio e l'etichettatura delle sostanze pericolose;
5) per alcune categorie di rifiuto, individuate con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero per lo sviluppo economico, sono fissate le modalità di gestione del deposito temporaneo;
cc) "combustibile solido secondario (CSS)": il combustibile solido prodotto da rifiuti che rispetta le caratteristiche di classificazione e di specificazione individuate delle norme tecniche UNI CEN/TS 15359 e successive modifiche ed integrazioni; fatta salva l'applicazione dell'articolo 184-ter, il combustibile solido secondario, è classificato come rifiuto speciale;
dd) "rifiuto biostabilizzato": rifiuto ottenuto dal trattamento biologico aerobico o anaerobico dei rifiuti indifferenziati, nel rispetto di apposite norme tecniche, da adottarsi a cura dello Stato, finalizzate a definirne contenuti e usi compatibili con la tutela ambientale e sanitaria e, in particolare, a definirne i gradi di qualità;
ee) "compost di qualità": prodotto, ottenuto dal compostaggio di rifiuti organici raccolti separatamente, che rispetti i requisiti e le caratteristiche stabilite dall'allegato 2 del decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75, e successive modificazioni;
ff) "digestato di qualità": prodotto ottenuto dalla digestione anaerobica di rifiuti organici raccolti separatamente, che rispetti i requisiti contenuti in norme tecniche da emanarsi con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
gg) "emissioni": le emissioni in atmosfera di cui all'articolo 268, comma 1, lettera b);
hh) "scarichi idrici": le immissioni di acque reflue di cui all'articolo 74, comma 1, lettera ff);
ii) "inquinamento atmosferico": ogni modifica atmosferica di cui all'articolo 268, comma 1, lettera a);
ll) "gestione integrata dei rifiuti": il complesso delle attività, ivi compresa quella di spazzamento delle strade come definita alla lettera oo), volte ad ottimizzare la gestione dei rifiuti;
mm) "centro di raccolta": area presidiata ed allestita, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, per l'attività di raccolta mediante raggruppamento differenziato dei rifiuti urbani per frazioni omogenee conferiti dai detentori per il trasporto agli impianti di recupero e trattamento. La disciplina dei centri di raccolta è data con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata, di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
nn) "migliori tecniche disponibili": le migliori tecniche disponibili quali definite all'articolo 5, comma 1, lett. l-ter) del presente decreto;
oo) spazzamento delle strade: modalità di raccolta dei rifiuti mediante operazione di pulizia delle strade, aree pubbliche e aree private ad uso pubblico escluse le operazioni di sgombero della neve dalla sede stradale e sue pertinenze, effettuate al solo scopo di garantire la loro fruibilità e la sicurezza del transito;
pp) "circuito organizzato di raccolta": sistema di raccolta di specifiche tipologie di rifiuti organizzato dai Consorzi di cui ai titoli II e III della parte quarta del presente decreto e alla normativa settoriale, o organizzato sulla base di un accordo di programma stipulato tra la pubblica amministrazione ed associazioni imprenditoriali rappresentative sul piano nazionale, o loro articolazioni territoriali, oppure sulla base di una convenzione-quadro stipulata tra le medesime associazioni ed i responsabili della piattaforma di conferimento, o dell'impresa di trasporto dei rifiuti, dalla quale risulti la destinazione definitiva dei rifiuti. All'accordo di programma o alla convenzione-quadro deve seguire la stipula di un contratto di servizio tra il singolo produttore ed il gestore della piattaforma di conferimento, o dell'impresa di trasporto dei rifiuti, in attuazione del predetto accordo o della predetta convenzione;
qq) "sottoprodotto": qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa le condizioni di cui all'articolo 184-bis, comma 1, o che rispetta i criteri stabiliti in base all'articolo 184-bis, comma 2.
*La Corte Costituzionale con sentenza 25 - 28 gennaio 2010 n. 28 (in G.U. 1a s.s. 3/2/2010 n. 5) ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale dell'art. 183, comma 1, lettera n), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), nel testo antecedente alle modiche introdotte dall'art. 2, comma 20, del decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4 (Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale), nella parte in cui prevede: "rientrano altresì tra i sottoprodotti non soggetti alle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto le ceneri di pirite, polveri di ossido di ferro, provenienti dal processo di arrostimento del minerale noto come pirite o solfuro di ferro per la produzione di acido solforico e ossido di ferro, depositate presso stabilimenti di produzione dismessi, aree industriali e non, anche se sottoposte a procedimento di bonifica o di ripristino ambientale"".
Giurisprudenza Collegata: T.A.R. Lombardia, 549/2011; Cass. Pen. 12876/2019;
Art. 184
Classificazione
1. Ai fini dell'attuazione della parte quarta del presente decreto i rifiuti sono classificati, secondo l'origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi.
2. Sono rifiuti urbani:
a) i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione;
b) i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell'articolo 198, comma 2, lettera g);
c) i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade;
d) i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua;
e) i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali;
f) i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli di cui alle lettere b), c) ed e).
3. Sono rifiuti speciali:
a) i rifiuti da attività agricole e agro-industriali, ai sensi e per gli effetti dell'art. 2135 c.c.;
b) i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall'articolo 184-bis;
c) i rifiuti da lavorazioni industriali,;
d) i rifiuti da lavorazioni artigianali;
e) i rifiuti da attività commerciali;
f) i rifiuti da attività di servizio;
g) i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi;
h) i rifiuti derivanti da attività sanitarie;
i)-n) …
4. Sono rifiuti pericolosi quelli che recano le caratteristiche di cui all'allegato I della parte quarta del presente decreto.
5. L'elenco dei rifiuti di cui all'allegato D alla parte quarta del presente decreto include i rifiuti pericolosi e tiene conto dell'origine e della composizione dei rifiuti e, ove necessario, dei valori limite di concentrazione delle sostanze pericolose. Esso è vincolante per quanto concerne la determinazione dei rifiuti da considerare pericolosi. L'inclusione di una sostanza o di un oggetto nell'elenco non significa che esso sia un rifiuto in tutti i casi, ferma restando la definizione di cui all'articolo 183. Con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore dalla presente disposizione, possono essere emanate specifiche linee guida per agevolare l'applicazione della classificazione dei rifiuti introdotta agli allegati D e I.
5-bis. I sistemi d'arma, i mezzi, i materiali e le infrastrutture direttamente destinati alla difesa militare ed alla sicurezza nazionale individuati con decreto del Ministro della difesa, nonché la gestione dei materiali e dei rifiuti e la bonifica dei siti ove vengono immagazzinati i citati materiali, sono disciplinati dalla parte quarta del presente decreto con procedure speciali da definirsi con decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed il Ministro della salute, da adottarsi entro il 31 dicembre 2008. I magazzini, i depositi e i siti di stoccaggio nei quali vengono custoditi i medesimi materiali e rifiuti sono soggetti alle autorizzazioni ed ai nulla osta previsti dal medesimo decreto interministeriale.
5-ter. La declassificazione da rifiuto pericoloso a rifiuto non pericoloso non può essere ottenuta attraverso una diluizione o una miscelazione del rifiuto che comporti una riduzione delle concentrazioni iniziali di sostanze pericolose sotto le soglie che definiscono il carattere pericoloso del rifiuto.
5-quater. L'obbligo di etichettatura dei rifiuti pericolosi di cui all'articolo 193 e l'obbligo di tenuta dei registri di cui all'art. 190 non si applicano alle frazioni separate di rifiuti pericolosi prodotti da nuclei domestici fino a che siano accettate per la raccolta, lo smaltimento o il recupero da un ente o un'impresa che abbiano ottenuto l'autorizzazione o siano registrate in conformità agli articoli 208, 212, 214 e 216.
Art. 184-bis
Sottoprodotto
1. È un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell'articolo 183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni:
a) la sostanza o l'oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;
b) è certo che la sostanza o l'oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;
c) la sostanza o l'oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
d) l'ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l'oggetto soddisfa, per l'utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell'ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o la salute umana.
2. Sulla base delle condizioni previste al comma 1, possono essere adottate misure per stabilire criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinché specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti. All'adozione di tali criteri si provvede con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, in conformità a quanto previsto dalla disciplina comunitaria.
Art. 184-ter
Cessazione della qualifica di rifiuto
1. Un rifiuto cessa di essere tale, quando è stato sottoposto a un'operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni:
a) la sostanza o l'oggetto è comunemente utilizzato per scopi specifici;
b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;
c) la sostanza o l'oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;
d) l'utilizzo della sostanza o dell'oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o sulla salute umana.
2. L'operazione di recupero può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle predette condizioni. I criteri di cui al comma 1 sono adottati in conformità a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero, in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. I criteri includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull'ambiente della sostanza o dell'oggetto.
3. Nelle more dell'adozione di uno o più decreti di cui al comma 2, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio in data 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269 e l'art. 9-bis, lett. a) e b), del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210. La circolare del Ministero dell'ambiente 28 giugno 1999, prot. n 3402/V/MIN si applica fino a sei mesi dall'entrata in vigore della presente disposizione.
4. Un rifiuto che cessa di essere tale ai sensi e per gli effetti del presente articolo è da computarsi ai fini del calcolo del raggiungimento degli obiettivi di recupero e riciclaggio stabiliti dal presente decreto, dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n 209, dal decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, e dal decreto legislativo 120 novembre 2008, n. 188, ovvero dagli atti di recepimento di ulteriori normative comunitarie, qualora e a condizione che siano soddisfatti i requisiti in materia di riciclaggio o recupero in essi stabiliti.
5. La disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino alla cessazione della qualifica di rifiuto.
Art. 185
Esclusioni dall'ambito di applicazione
1. Non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del presente decreto:
a) le emissioni costituite da effluenti gassosi emessi nell'atmosfera;
b) il terreno (in situ), inclusi il suolo contaminato non scavato e gli edifici collegati permanentemente al terreno, fermo restando quanto previsto dagli artt. 239 e ss. relativamente alla bonifica di siti contaminati;
c) il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione, ove sia certo che esso verrà riutilizzato a fini di costruzione allo stato naturale e nello stesso sito in cui è stato escavato;
d) i rifiuti radioattivi;
e) i materiali esplosivi in disuso;
f) le materie fecali, se non contemplate dal comma 2, lettera b), paglia, sfalci e potature, nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente nè mettono in pericolo la salute umana.
2. Sono esclusi dall'ambito di applicazione della parte quarta del presente decreto, in quanto regolati da altre disposizioni normative comunitarie, ivi incluse le rispettive norme nazionali di recepimento:
a) le acque di scarico;
b) i sottoprodotti di origine animale, compresi i prodotti trasformati, contemplati dal regolamento (CE) n. 1774/2002, eccetto quelli destinati all'incenerimento, allo smaltimento in discarica o all'utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio;
c) le carcasse di animali morti per cause diverse dalla macellazione, compresi gli animali abbattuti per eradicare epizoozie, e smaltite in conformità del regolamento (CE) n. 1774/2002;
d) i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall'estrazione, dal trattamento, dall'ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave, di cui al decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 117;
3. Fatti salvi gli obblighi derivanti dalle normative comunitarie specifiche, sono esclusi dall'ambito di applicazione della Parte Quarta del presente decreto i sedimenti spostati all'interno di acque superficiali ai fini della gestione delle acque e dei corsi d'acqua o della prevenzione di inondazioni o della riduzione degli effetti di inondazioni o siccità o ripristino dei suoli se è provato che i sedimenti non sono pericolosi ai sensi della decisione 2000/532/CE della Commissione del 3 maggio 2000, e successive modificazioni.
4. Il suolo escavato non contaminato e altro materiale allo stato naturale, utilizzati in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati, devono essere valutati ai sensi, nell'ordine, degli articoli 183, comma 1, lettera a), 184-bis e 184-ter.
Art. 186
Terre e rocce da scavo
1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 185, le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, ottenute quali sottoprodotti, possono essere utilizzate per reinterri, riempimenti, rimodellazioni e rilevati purché:
a) siano impiegate direttamente nell'ambito di opere o interventi preventivamente individuati e definiti;
b) sin dalla fase della produzione vi sia certezza dell'integrale utilizzo;
c) l'utilizzo integrale della parte destinata a riutilizzo sia tecnicamente possibile senza necessità di preventivo trattamento o di trasformazioni preliminari per soddisfare i requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il loro impiego non dia luogo ad emissioni e, più in generale, ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli ordinariamente consentiti ed autorizzati per il sito dove sono destinate ad essere utilizzate;
d) sia garantito un elevato livello di tutela ambientale;
e) sia accertato che non provengono da siti contaminati o sottoposti ad interventi di bonifica ai sensi del titolo V della parte quarta del presente decreto;
f) le loro caratteristiche chimiche e chimico-fisiche siano tali che il loro impiego nel sito prescelto non determini rischi per la salute e per la qualità delle matrici ambientali interessate ed avvenga nel rispetto delle norme di tutela delle acque superficiali e sotterranee, della flora, della fauna, degli habitat e delle aree naturali protette. In particolare deve essere dimostrato che il materiale da utilizzare non è contaminato con riferimento alla destinazione d'uso del medesimo, nonché la compatibilità di detto materiale con il sito di destinazione;
g) la certezza del loro integrale utilizzo sia dimostrata. L'impiego di terre da scavo nei processi industriali come sottoprodotti, in sostituzione dei materiali di cava, è consentito nel rispetto delle condizioni fissate all'articolo 183, comma 1, lettera p).
2. Ove la produzione di terre e rocce da scavo avvenga nell'ambito della realizzazione di opere o attività sottoposte a valutazione di impatto ambientale o ad autorizzazione ambientale integrata, la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, nonché i tempi dell'eventuale deposito in attesa di utilizzo, che non possono superare di norma un anno, devono risultare da un apposito progetto che è approvato dall'autorità titolare del relativo procedimento.
Nel caso in cui progetti prevedano il riutilizzo delle terre e rocce da scavo nel medesimo progetto, i tempi dell'eventuale deposito possono essere quelli della realizzazione del progetto purché in ogni caso non superino i tre anni.
3. Ove la produzione di terre e rocce da scavo avvenga nell'ambito della realizzazione di opere o attività diverse da quelle di cui al comma 2 e soggette a permesso di costruire o a denuncia di inizio attività, la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, nonché i tempi dell'eventuale deposito in attesa di utilizzo, che non possono superare un anno, devono essere dimostrati e verificati nell'ambito della procedura per il permesso di costruire, se dovuto, o secondo le modalità della dichiarazione di inizio di attività (DIA).
4. Fatti salvi i casi di cui all'ultimo periodo del comma 2, ove la produzione di terre e rocce da scavo avvenga nel corso di lavori pubblici non soggetti nè a VIA nè a permesso di costruire o denuncia di inizio di attività, la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, nonché i tempi dell'eventuale deposito in attesa di utilizzo, che non possono superare un anno, devono risultare da idoneo allegato al progetto dell'opera, sottoscritto dal progettista.
5. Le terre e rocce da scavo, qualora non utilizzate nel rispetto delle condizioni di cui al presente articolo, sono sottoposte alle disposizioni in materia di rifiuti di cui alla parte quarta del presente decreto.
6. La caratterizzazione dei siti contaminati e di quelli sottoposti ad interventi di bonifica viene effettuata secondo le modalità previste dal Titolo V, Parte quarta del presente decreto.
L'accertamento che le terre e rocce da scavo di cui al presente decreto non provengano da tali siti è svolto a cura e spese del produttore e accertato dalle autorità competenti nell'ambito delle procedure previste dai commi 2, 3 e 4.
7. Fatti salvi i casi di cui all'ultimo periodo del comma 2, per i progetti di utilizzo già autorizzati e in corso di realizzazione prima dell'entrata in vigore della presente disposizione, gli interessati possono procedere al loro completamento, comunicando, entro novanta giorni, alle autorità competenti, il rispetto dei requisiti prescritti, nonché le necessarie informazioni sul sito di destinazione, sulle condizioni e sulle modalità di utilizzo, nonché sugli eventuali tempi del deposito in attesa di utilizzo che non possono essere superiori ad un anno. L'autorità competente può disporre indicazioni o prescrizioni entro i successivi sessanta giorni senza che ciò comporti necessità di ripetere procedure di VIA, o di AIA o di permesso di costruire o di DIA.
7-bis. Le terre e le rocce da scavo, qualora ne siano accertate le caratteristiche ambientali, possono essere utilizzate per interventi di miglioramento ambientale e di siti anche non degradati. Tali interventi devono garantire, nella loro realizzazione finale, una delle seguenti condizioni:
a) un miglioramento della qualità della copertura arborea o della funzionalità per attività agro-silvo-pastorali;
b) un miglioramento delle condizioni idrologiche rispetto alla tenuta dei versanti e alla raccolta e regimentazione delle acque piovane;
c) un miglioramento della percezione paesaggistica.
7-ter. Ai fini dell'applicazione del presente articolo, i residui provenienti dall'estrazione di marmi e pietre sono equiparati alla disciplina dettata per le terre e rocce da scavo. Sono altresì equiparati i residui delle attività di lavorazione di pietre e marmi che presentano le caratteristiche di cui all'articolo 184-bis.
Tali residui, quando siano sottoposti a un'operazione di recupero ambientale, devono soddisfare i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispettare i valori limite, per eventuali sostanze inquinanti presenti, previsti nell'Allegato 5 alla parte IV del presente decreto, tenendo conto di tutti i possibili effetti negativi sull'ambiente derivanti dall'utilizzo della sostanza o dell'oggetto.
Art. 187
Divieto di miscelazione di rifiuti pericolosi
1. È vietato miscelare rifiuti pericolosi aventi differenti caratteristiche di pericolosità ovvero rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi. La miscelazione comprende la diluizione di sostanze pericolose.
2. In deroga al comma 1, la miscelazione dei rifiuti pericolosi che non presentino la stessa caratteristica di pericolosità, tra loro o con altri rifiuti, sostanze o materiali, può essere autorizzata ai sensi degli articoli 208, 209 e 211 a condizione che:
a) siano rispettate le condizioni di cui all'articolo 177, comma 4, e l'impatto negativo della gestione dei rifiuti sulla salute umana e sull'ambiente non risulti accresciuto;
b) l'operazione di miscelazione sia effettuata da un ente o da un'impresa che ha ottenuto un'autorizzazione ai sensi degli articoli 208, 209 e 211;
c) l'operazione di miscelazione sia conforme alle migliori tecniche disponibili di cui all'articoli 183, comma 1, lettera nn).
3. Fatta salva l'applicazione delle sanzioni specifiche ed in particolare di quelle di cui all'articolo 256, comma 5, chiunque viola il divieto di cui al comma 1 è tenuto a procedere a proprie spese alla separazione dei rifiuti miscelati, qualora sia tecnicamente ed economicamente possibile e nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 177, comma 4.
Giurisprudenza Collegata: Cass. Pen. 15177/2011;
Art. 188
Responsabilità della gestione dei rifiuti
1. Il produttore iniziale o altro detentore di rifiuti provvedono direttamente al loro trattamento, oppure li consegnano ad un intermediario, ad un commerciante, ad un ente o impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti, o ad un soggetto pubblico o privato addetto alla raccolta dei rifiuti, in conformità agli articoli 177 e 179. Fatto salvo quanto previsto ai successivi commi del presente articolo, il produttore iniziale o altro detentore conserva la responsabilità per l'intera catena di trattamento, restando inteso che qualora il produttore iniziale o il detentore trasferisca i rifiuti per il trattamento preliminare a uno dei soggetti consegnatari di cui al presente comma, tale responsabilità, di regola, comunque sussiste.
2. Al di fuori dei casi di concorso di persone nel fatto illecito e di quanto previsto dal regolamento (CE) n.1013/2006, qualora il produttore iniziale, il produttore e il detentore siano iscritti ed abbiano adempiuto agli obblighi del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lett. a), la responsabilità di ciascuno di tali soggetti è limitata alla rispettiva sfera di competenza stabilita dal predetto sistema.
3. Al di fuori dei casi di concorso di persone nel fatto illecito e di quanto previsto dal regolamento (CE) n.1013/2006, la responsabilità dei soggetti non iscritti al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lett. a), che, ai sensi dell'art. 212, comma 8, raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi è esclusa:
a) a seguito del conferimento di rifiuti al servizio pubblico di raccolta previa convenzione;
b) a seguito del conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle attività di recupero o di smaltimento, a condizione che il produttore sia in possesso del formulario di cui all'articolo 193 controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore, ovvero alla scadenza del predetto termine abbia provveduto a dare comunicazione alla provincia della mancata ricezione del formulario. Per le spedizioni transfrontaliere di rifiuti tale termine è elevato a sei mesi e la comunicazione è effettuata alla regione.
4. Gli enti o le imprese che provvedono alla raccolta o al trasporto dei rifiuti a titolo professionale, conferiscono i rifiuti raccolti e trasportati agli impianti autorizzati alla gestione dei rifiuti ai sensi degli articoli 208, 209, 211, 213, 214 e 216 e nel rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 177, comma 4.
5. I costi della gestione dei rifiuti sono sostenuti dal produttore iniziale dei rifiuti, dai detentori del momento o dai detentori precedenti dei rifiuti.
Art. 188-bis
Controllo della tracciabilità dei rifiuti
1. In attuazione di quanto stabilito all'articolo 177, comma 4, la tracciabilità dei rifiuti deve essere garantita dalla loro produzione sino alla loro destinazione finale.
2. A tale fine, la gestione dei rifiuti deve avvenire:
a) nel rispetto degli obblighi istituiti attraverso il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 14-bis del decreto-legge 1° luglio 2009, n.78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, e al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009; oppure
b) nel rispetto degli obblighi relativi alla tenuta dei registri di carico e scarico nonché del formulario di identificazione di cui agli articoli 190 e 193.
3. Il soggetto che aderisce al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui al comma 2, lett. a), non è tenuto ad adempiere agli obblighi relativi alla tenuta dei registri di carico e scarico di cui all'articolo 190, nonché dei formulari di identificazione dei rifiuti di cui all'articolo 193.
Durante il trasporto effettuato da enti o imprese i rifiuti sono accompagnati dalla copia cartacea della scheda di movimentazione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui al comma 2, lett. a). Il registro cronologico e le schede di movimentazione del predetto sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) sono resi disponibili all'autorità di controllo in qualsiasi momento ne faccia richiesta e sono conservate in formato elettronico da parte del soggetto obbligato per almeno tre anni dalla rispettiva data di registrazione o di movimentazione dei rifiuti, ad eccezione dei quelli relativi alle operazioni di smaltimento dei rifiuti in discarica, che devono essere conservati a tempo indeterminato ed al termine dell'attività devono essere consegnati all'autorità che ha rilasciato l'autorizzazione. Per gli impianti di discarica, fermo restando quanto disposto dal decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, il registro cronologico deve essere conservato fino al termine della fase di gestione post operativa della discarica.
4. Il soggetto che non aderisce al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui al comma 2, lett. a), deve adempiere agli obblighi relativi alla tenuta dei registri di carico e scarico di cui all'articolo 190, nonché dei formulari di identificazione dei rifiuti nella misura stabilita dall'articolo 193.
Art. 188-ter
Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI)
1. Sono tenuti ad aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a):
a) gli enti e le imprese produttori di rifiuti speciali pericolosi - ivi compresi quelli di cui all'articolo 212, comma 8;
b) le imprese e gli enti produttori di rifiuti speciali non pericolosi, di cui all'articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g) con più di dieci dipendenti, nonché le imprese e gli enti che effettuano operazioni di smaltimento o recupero di rifiuti e che producano per effetto di tale attività rifiuti non pericolosi, indipendentemente dal numero di dipendenti;
c) i commercianti e gli intermediari di rifiuti;
d) i consorzi istituiti per il recupero o il riciclaggio di particolari tipologie di rifiuti che organizzano la gestione di tali rifiuti per conto dei consorziati;
e) le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero o smaltimento di rifiuti;
f) gli enti e le imprese che raccolgono o trasportano rifiuti speciali a titolo professionale. Nel caso di trasporto navale, l'armatore o il noleggiatore che effettuano il trasporto o il raccomandatario marittimo di cui alla legge 4 aprile 1977, n. 135, delegato per gli adempimenti relativi al SISTRI dall'armatore o noleggiatore medesimi;
g) in caso di trasporto intermodale, i soggetti ai quali sono affidati i rifiuti speciali in attesa della presa in carico degli stessi da parte dell'impresa navale o ferroviaria o dell'impresa che effettua il successivo trasporto.
2. Possono aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), su base volontaria:
a) le imprese e gli enti produttori di rifiuti speciali non pericolosi di cui all'articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g) che non hanno più di dieci dipendenti;
b) gli enti e le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti speciali non pericolosi di cui all'articolo 212, comma 8;
c) gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile che producono rifiuti speciali non pericolosi;
d) le imprese e gli enti produttori di rifiuti speciali non pericolosi derivanti da attività diverse da quelle di cui all'articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g);
e) i comuni, i centri di raccolta e le imprese di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani nel territorio di regioni diverse dalla regione Campania.
3. Ai fini del presente articolo il numero dei dipendenti è calcolato con riferimento al numero delle persone occupate nell'unità locale dell'ente o dell'impresa con una posizione di lavoro indipendente o dipendente (a tempo pieno, a tempo parziale, con contratto di apprendistato o contratto di inserimento), anche se temporaneamente assenti (per servizio, ferie, malattia, sospensione dal lavoro, cassa integrazione guadagni, eccetera). I lavoratori stagionali sono considerati come frazioni di unità lavorative annue con riferimento alle giornate effettivamente retribuite.
4. Sono tenuti ad aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), i comuni e le imprese di trasporto dei rifiuti urbani del territorio della regione Campania.
5. Con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, può essere esteso l'obbligo di iscrizione al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), alle categorie di soggetti di cui al comma 2 ai produttori di rifiuti speciali pericolosi che non sono inquadrati in un'organizzazione di ente o di impresa, nonché ai soggetti di cui al decreto previsto dall'articolo 6, comma 1-bis, del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, recante modalità semplificate di gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) da parte dei distributori e degli installatori di apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE), nonché dei gestori dei centri di assistenza tecnica di tali apparecchiature.
6. Con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono stabiliti, nel rispetto delle norme comunitarie, i criteri e le condizioni per l'applicazione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), alle procedure relative alle spedizioni di rifiuti di cui al regolamento (CE) n. 1013/2006, e successive modificazioni, ivi compresa l'adozione di un sistema di interscambio di dati previsto dall'articolo 26, paragrafo 4, del predetto regolamento. Nelle more dell'adozione dei predetti decreti, sono fatti salvi gli obblighi stabiliti dal decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009, relativi alla tratta del territorio nazionale interessata dal trasporto transfrontaliero.
7. Con uno o più regolamenti, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, è effettuata la ricognizione delle disposizioni, ivi incluse quelle del presente decreto, le quali, a decorrere dalla data di entrata in vigore dei predetti decreti ministeriali, sono abrogate.
8. In relazione alle esigenze organizzative e operative delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, connesse, rispettivamente, alla difesa e alla sicurezza militare dello Stato, alla tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, al soccorso pubblico e alla difesa civile, le procedure e le modalità con le quali il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) si applica alle corrispondenti Amministrazioni centrali sono individuate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro dell'economia e delle finanze e, per quanto di rispettiva competenza, del Ministro della difesa e del Ministro dell'interno, da adottare entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.
9. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare potranno essere individuate modalità semplificate per l'iscrizione dei produttori di rifiuti pericolosi al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lett. a).
10. Nel caso di produzione accidentale di rifiuti pericolosi il produttore è tenuto a procedere alla richiesta di adesione al SISTRI entro tre giorni lavorativi dall'accertamento della pericolosità dei rifiuti.
Art. 189
Catasto dei rifiuti
1. Il catasto dei rifiuti, istituito dall'articolo 3 del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, è articolato in una Sezione nazionale, che ha sede in Roma presso l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), e in Sezioni regionali o delle province autonome di Trento e di Bolzano presso le corrispondenti Agenzie regionali e delle province autonome per la protezione dell'ambiente.
2. Il Catasto assicura un quadro conoscitivo completo e costantemente aggiornato dei dati acquisiti tramite il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lett. a), e delle informazioni di cui al comma 3, anche ai fini della pianificazione delle attività di gestione dei rifiuti.
3. I comuni o loro consorzi e le comunità montane comunicano annualmente alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, secondo le modalità previste dalla legge 25 gennaio 1994 n. 70, le seguenti informazioni relative all'anno precedente:
a) la quantità dei rifiuti urbani raccolti nel proprio territorio;
b) la quantità dei rifiuti speciali raccolti nel proprio territorio a seguito di apposita convenzione con soggetti pubblici o privati;
c) i soggetti che hanno provveduto alla gestione dei rifiuti, specificando le operazioni svolte, le tipologie e la quantità dei rifiuti gestiti da ciascuno;
d) i costi di gestione e di ammortamento tecnico e finanziario degli investimenti per le attività di gestione dei rifiuti, nonché i proventi della tariffa di cui all'articolo 238 ed i proventi provenienti dai consorzi finalizzati al recupero dei rifiuti;
e) i dati relativi alla raccolta differenziata;
f) le quantità raccolte, suddivise per materiali, in attuazione degli accordi con i consorzi finalizzati al recupero dei rifiuti.
4. Le disposizioni di cui al comma 3 non si applicano ai comuni della regione Campania, tenuti ad aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lett. a). Le informazioni di cui al comma 3, lettera d), sono trasmesse all'ISPRA, tramite interconnessione diretta tra il Catasto dei rifiuti e il sistema di tracciabilità dei rifiuti nella regione Campania di cui all'articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210 (SITRA). Le attività di cui al presente comma sono svolte nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
5. Le disposizioni di cui al comma 3, fatta eccezione per le informazioni di cui alla lettera d), non si applicano altresì ai comuni di cui all´articolo 188-ter, comma 2, lett. e) che aderiscono al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a).
6. Le sezioni regionali e provinciali del Catasto provvedono all'elaborazione dei dati di cui al comma 188-ter, commi 1 e 2, ed alla successiva trasmissione, entro trenta giorni dal ricevimento degli stessi, alla Sezione nazionale che provvede, a sua volta, all'invio alle amministrazioni regionali e provinciali competenti in materia rifiuti. L'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) elabora annualmente i dati e ne assicura la pubblicità. Le Amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente comma con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
7. Per le comunicazioni relative ai rifiuti di imballaggio si applica quanto previsto dall'articolo 220, comma 2.
Art. 190
Registri di carico e scarico
1. I soggetti di cui all'articolo 188-ter, comma 2, lett. a) e b), che non hanno aderito su base volontaria al sistema di tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lett. a), hanno l'obbligo di tenere un registro di carico e scarico su cui devono annotare le informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti. Le annotazioni devono essere effettuate almeno entro dieci giorni lavorativi dalla produzione del rifiuto e dallo scarico del medesimo.
2. I registri di carico e scarico sono tenuti presso ogni impianto di produzione o, nel caso in cui ciò risulti eccessivamente oneroso, nel sito di produzione, e integrati con i formulari di identificazione di cui all'articolo 193, comma 1, relativi al trasporto dei rifiuti, o con la copia della scheda del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), trasmessa dall'impianto di destinazione dei rifiuti stessi, sono conservati per cinque anni dalla data dell'ultima registrazione.
3. I soggetti di cui al comma 1, la cui produzione annua di rifiuti non eccede le dieci tonnellate di rifiuti non pericolosi, possono adempiere all'obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti anche tramite le associazioni imprenditoriali interessate o società di servizi di diretta emanazione delle stesse, che provvedono ad annotare i dati previsti con cadenza mensile, mantenendo presso la sede dell'impresa copia dei dati trasmessi.
4. Le informazioni contenute nel registro di carico e scarico sono rese disponibili in qualunque momento all'autorità di controllo qualora ne faccia richiesta.
5. I registri di carico e scarico sono numerati, vidimati e gestiti con le procedure e le modalità fissate dalla normativa sui registri IVA. Gli obblighi connessi alla tenuta dei registri di carico e scarico si intendono correttamente adempiuti anche qualora sia utilizzata carta formato A4, regolarmente numerata. I registri sono numerati e vidimati dalle Camere di commercio territorialmente competenti.
6. La disciplina di carattere nazionale relativa ai registri di carico e scarico è quella di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 1° aprile 1998, n. 148, come modificato dal comma 7.
7. Nell'Allegato C1, sezione III, lettera c), del decreto del Ministro dell'ambiente 1° aprile 1998, n. 148, dopo le parole: "in litri" la congiunzione: "e" è sostituita dalla disgiunzione: "o".
8. I produttori di rifiuti pericolosi che non sono inquadrati in un'organizzazione di ente o impresa, sono soggetti all'obbligo della tenuta del registro di carico e scarico e vi adempiono attraverso la conservazione, in ordine cronologico, delle copie delle schede del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), relative ai rifiuti prodotti, rilasciate dal trasportatore dei rifiuti stessi.
9. Le operazioni di gestione dei centri di raccolta di cui all'articolo 183, comma 1, lettera mm), sono escluse dagli obblighi del presente articolo limitatamente ai rifiuti non pericolosi. Per i rifiuti pericolosi la registrazione del carico e dello scarico può essere effettuata contestualmente al momento dell'uscita dei rifiuti stessi dal centro di raccolta e in maniera cumulativa per ciascun codice dell'elenco dei rifiuti.
Art. 191
Ordinanze contingibili e urgenti e poteri sostitutivi
1. Ferme restando le disposizioni vigenti in materia di tutela ambientale, sanitaria e di pubblica sicurezza, con particolare riferimento alle disposizioni sul potere di ordinanza di cui all'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, istitutiva del servizio nazionale della protezione civile, qualora si verifichino situazioni di eccezionale ed urgente necessità di tutela della salute pubblica e dell'ambiente, e non si possa altrimenti provvedere, il Presidente della Giunta regionale o il Presidente della provincia ovvero il Sindaco possono emettere, nell'ambito delle rispettive competenze, ordinanze contingibili ed urgenti per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti, anche in deroga alle disposizioni vigenti, garantendo un elevato livello di tutela della salute e dell'ambiente. Dette ordinanze sono comunicate al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle attività produttive, al Presidente della regione e all'autorità d'ambito di cui all'articolo 201 entro tre giorni dall'emissione ed hanno efficacia per un periodo non superiore a sei mesi.
2. Entro centoventi giorni dall'adozione delle ordinanze di cui al comma 1, il Presidente della Giunta regionale promuove ed adotta le iniziative necessarie per garantire la raccolta differenziata, il riutilizzo, il riciclaggio e lo smaltimento dei rifiuti. In caso di inutile decorso del termine e di accertata inattività, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare diffida il Presidente della Giunta regionale a provvedere entro un congruo termine e, in caso di protrazione dell'inerzia, può adottare in via sostitutiva tutte le iniziative necessarie ai predetti fini.
3. Le ordinanze di cui al comma 1 indicano le norme a cui si intende derogare e sono adottate su parere degli organi tecnici o tecnico-sanitari locali, che si esprimono con specifico riferimento alle conseguenze ambientali.
4. Le ordinanze di cui al comma 1 possono essere reiterate per un periodo non superiore a 18 mesi per ogni speciale forma di gestione dei rifiuti. Qualora ricorrano comprovate necessità, il Presidente della regione d'intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può adottare, dettando specifiche prescrizioni, le ordinanze di cui al comma 1 anche oltre i predetti termini.
5. Le ordinanze di cui al comma 1 che consentono il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti pericolosi sono comunicate dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare alla Commissione dell'Unione europea.
Art. 192
Divieto di abbandono
1. L'abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati.
2. È altresì vietata l'immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee.
3. Fatta salva l'applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate.
4. Qualora la responsabilità del fatto illecito sia imputabile ad amministratori o rappresentanti di persona giuridica ai sensi e per gli effetti del comma 3, sono tenuti in solido la persona giuridica ed i soggetti che siano subentrati nei diritti della persona stessa, secondo le previsioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni.
Giurisprudenza Collegata: Cass. Pen. 15177/2011; Cass. Pen. 41699/2018;
Art. 193
Trasporto dei rifiuti
1. Per gli enti e le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all'articolo 212, comma 8, e che non aderiscono su base volontaria al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a) i rifiuti devono essere accompagnati da un formulario di identificazione dal quale devono risultare almeno i seguenti dati:
a) nome ed indirizzo del produttore dei rifiuti e del detentore;
b) origine, tipologia e quantità del rifiuto;
c) impianto di destinazione;
d) data e percorso dell'istradamento;
e) nome ed indirizzo del destinatario.
2. Il formulario di identificazione di cui al comma 1 deve essere redatto in quattro esemplari, compilato, datato e firmato dal produttore dei rifiuti e controfirmate dal trasportatore che in tal modo dà atto di aver ricevuto i rifiuti. Una copia del formulario deve rimanere presso il produttore e le altre tre, controfirmate e datate in arrivo dal destinatario, sono acquisite una dal destinatario e due dal trasportatore, che provvede a trasmetterne una al predetto produttore dei rifiuti. Le copie del formulario devono essere conservate per cinque anni.
3. Il trasportatore non è responsabile per quanto indicato nella Scheda SISTRI - Area movimentazione o nel formulario di identificazione di cui al comma 1 dal produttore o dal detentore dei rifiuti e per le eventuali difformità tra la descrizione dei rifiuti e la loro effettiva natura e consistenza, fatta eccezione per le difformità riscontrabili con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico.
4. Durante la raccolta ed il trasporto i rifiuti pericolosi devono essere imballati ed etichettati in conformità alle norme vigenti in materia di imballaggio e etichettatura delle sostanze pericolose.
5. Fatto salvo quanto previsto per i comuni e le imprese di trasporto dei rifiuti urbani nel territorio della regione Campania, tenuti ad aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), nonché per i comuni e le imprese di trasporto di rifiuti urbani in regioni diverse dalla regione Campania di cui all´articolo 188-ter, comma 2, lett. e), che aderiscono al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano al trasporto di rifiuti urbani effettuato dal soggetto che gestisce il servizio pubblico, nè ai trasporti di rifiuti non pericolosi effettuati dal produttore dei rifiuti stessi, in modo occasionale e saltuario, che non eccedano la quantità di trenta chilogrammi o di trenta litri, nè al trasporto di rifiuti urbani effettuato dal produttore degli stessi ai centri di raccolta di cui all'articolo 183, comma 1, lett. mm). Sono considerati occasionali e saltuari i trasporti di rifiuti, effettuati complessivamente per non più di quattro volte l'anno non eccedenti i trenta chilogrammi o trenta litri al giorno e, comunque, i cento chilogrammi o cento litri l'anno.
6. In ordine alla definizione del modello e dei contenuti del formulario di identificazione, si applica il decreto del Ministro dell'ambiente 1° aprile 1998, n. 145.
7. I formulari di identificazione devono essere numerati e vidimati dagli uffici dell'Agenzia delle entrate o dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura o dagli uffici regionali e provinciali competenti in materia di rifiuti e devono essere annotati sul registro Iva acquisti. La vidimazione dei predetti formulari di identificazione è gratuita e non è soggetta ad alcun diritto o imposizione tributaria.
8. Per le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi che non aderiscono su base volontaria al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), il formulario di identificazione è validamente sostituito, per i rifiuti oggetto di spedizioni transfrontaliere, dai documenti previsti dalla normativa comunitaria di cui all'articolo 194, anche con riguardo alla tratta percorsa su territorio nazionale.
9. La scheda di accompagnamento di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, relativa all'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura, è sostituita dalla Scheda SISTRI - Area movimentazione di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009 o, per le imprese che non aderiscono su base volontaria al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), dal formulario di identificazione di cui al comma 1. Le specifiche informazioni di cui all'allegato IIIA del decreto legislativo n. 99 del 1992 devono essere indicate nello spazio relativo alle annotazioni della medesima Scheda SISTRI - Area movimentazione o nel formulario di identificazione. La movimentazione dei rifiuti esclusivamente all'interno di aree private non è considerata trasporto ai fini della parte quarta del presente decreto.
10. La microraccolta dei rifiuti, intesa come la raccolta di rifiuti da parte di un unico raccoglitore o trasportatore presso più produttori o detentori svolta con lo stesso automezzo, deve essere effettuata nel più breve tempo tecnicamente possibile. Nelle schede del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), relative alla movimentazione dei rifiuti, e nei formulari di identificazione dei rifiuti devono essere indicate, nello spazio relativo al percorso, tutte le tappe intermedie previste. Nel caso in cui il percorso dovesse subire delle variazioni, nello spazio relativo alle annotazioni deve essere indicato a cura del trasportatore il percorso realmente effettuato.
11. Gli stazionamenti dei veicoli in configurazione di trasporto, nonché le soste tecniche per le operazioni di trasbordo, ivi compreso quelle effettuate con cassoni e dispositivi scarrabili non rientrano nelle attività di stoccaggio di cui all'articolo 183, comma 1, lettera v), purché le stesse siano dettate da esigenze di trasporto e non superino le quarantotto ore, escludendo dal computo i giorni interdetti alla circolazione.
12. Nel caso di trasporto intermodale di rifiuti, le attività di carico e scarico, di trasbordo, nonché le soste tecniche all'interno dei porti e degli scali ferroviari, degli interporti, impianti di terminalizzazione e scali merci non rientrano nelle attività di stoccaggio di cui all'articolo 183, comma 1, lettera aa) purché siano effettuate nel più breve tempo possibile e non superino comunque, salvo impossibilità per caso fortuito o per forza maggiore, il termine massimo di sei giorni a decorrere dalla data in cui hanno avuto inizio predette attività. Ove si prospetti l'impossibilità del rispetto del predetto termine per caso fortuito o per forza maggiore, il detentore del rifiuto ha l'obbligo di darne indicazione nello spazio relativo alle annotazioni della medesima Scheda SISTRI - Area movimentazione e informare, senza indugio e comunque prima della scadenza del predetto termine, il comune e la provincia territorialmente competente indicando tutti gli aspetti pertinenti alla situazione. Ferme restando le competenze degli organi di controllo, il detentore del rifiuto dovrà adottare, senza indugio e a propri costi e spese, tutte le iniziative opportune per prevenire eventuali pregiudizi ambientali e effetti nocivi per la salute umana.
La decorrenza del termine massimo di sei giorni resta sospesa durante il periodo in cui perduri l'impossibilità per caso fortuito o per forza maggiore. In caso di persistente impossibilità per caso fortuito o per forza maggiore per un periodo superiore a 30 giorni a decorrere dalla data in cui ha avuto inizio l'attività di cui al primo periodo del presente comma, il detentore del rifiuto sarà obbligato a conferire, a propri costi e spese, i rifiuti ad un intermediario, ad un commerciante, ad un ente o impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti, o ad un soggetto pubblico o privato addetto alla raccolta dei rifiuti, in conformità agli articoli 177 e 179.
13. La copia cartacea della scheda del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), relativa alla movimentazione dei rifiuti e il formulario di identificazione di cui al comma 1 costituisce documentazione equipollente alla scheda di trasporto di cui all'articolo 7-bis del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286 e al decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 30 giugno 2009.
Giurisprudenza Collegata: T.A.R. Lombardia, 549/2011;
Art. 194
Spedizioni transfrontaliere
1. Le spedizioni transfrontaliere dei rifiuti sono disciplinate dai regolamenti comunitari che regolano la materia, dagli accordi bilaterali di cui agli articoli 41 e 43 del regolamento (CE) n. 1013/2006 e dal decreto di cui al comma 4.
2. Sono fatti salvi, ai sensi degli articoli 41 e 43 del regolamento (CE) n. 1013/2006 gli accordi in vigore tra lo Stato della Città del Vaticano, la Repubblica di San Marino e la Repubblica italiana. Alle importazioni di rifiuti urbani e assimilati provenienti dallo Stato della Città del Vaticano e dalla Repubblica di San Marino non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 42 del predetto regolamento.
3. Fatte salve le norme che disciplinano il trasporto internazionale di merci, le imprese che effettuano il trasporto transfrontaliero nel territorio italiano sono iscritte all'Albo nazionale gestori ambientali di cui all'articolo 212. L'iscrizione all'Albo, qualora effettuata per il solo esercizio dei trasporti transfrontalieri, non è subordinata alla prestazione delle garanzie finanziarie di cui al comma 10 del medesimo articolo 212.
4. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, della salute, dell'economia e delle finanze, delle infrastrutture e dei trasporti, nel rispetto delle norme del regolamento (CE) n. 1013/2006 sono disciplinati:
a) i criteri per il calcolo degli importi minimi delle garanzie finanziarie da prestare per le spedizioni dei rifiuti, di cui all'articolo 6 del predetto regolamento; tali garanzie sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001, e del quaranta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001;
b) le spese amministrative poste a carico dei notificatori ai sensi dell'articolo 29, del regolamento;
c) le specifiche modalità per il trasporto dei rifiuti negli Stati di cui al comma 2.
5. Sino all'adozione del decreto di cui al comma 4, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 3 settembre 1998, n. 370.
6. Ai sensi e per gli effetti del regolamento (CE) n. 1013/2006:
a) le autorità competenti di spedizione e di destinazione sono le regioni e le province autonome;
b) l'autorità di transito è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
c) corrispondente è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
7. Le regioni e le province autonome comunicano le informazioni di cui all'articolo 56 del regolamento (CE) 1013/2006 al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per il successivo inoltro alla Commissione dell'Unione europea, nonché, entro il 30 settembre di ogni anno, i dati, riferiti all'anno precedente, previsti dall'articolo 13, comma 3, della Convenzione di Basilea, ratificata con legge 18 agosto 1993, n. 340.
CAPO II
COMPETENZE
Art. 195
Competenze dello Stato
1. Ferme restando le ulteriori competenze statali previste da speciali disposizioni, anche contenute nella parte quarta del presente decreto, spettano allo Stato:
a) le funzioni di indirizzo e coordinamento necessarie all'attuazione della parte quarta del presente decreto, da esercitare ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, nei limiti di quanto stabilito dall'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131;
b) la definizione dei criteri generali e delle metodologie per la gestione integrata dei rifiuti, …;
b-bis): la definizione di linee guida, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sui contenuti minimi delle autorizzazioni rilasciate ai sensi degli artt. 208, 215 e 216;
b-ter) la definizione di linee guida, sentita la Conferenza Unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, per le attività di recupero energetico dei rifiuti;
c) l'individuazione delle iniziative e delle misure per prevenire e limitare, anche mediante il ricorso a forme di deposito cauzionale sui beni immessi al consumo, la produzione dei rifiuti, nonché per ridurne la pericolosità;
d) l'individuazione dei flussi omogenei di produzione dei rifiuti con più elevato impatto ambientale, che presentano le maggiori difficoltà di smaltimento o particolari possibilità di recupero sia per le sostanze impiegate nei prodotti base sia per la quantità complessiva dei rifiuti medesimi;
e) l'adozione di criteri generali per la redazione di piani di settore per la riduzione, il riciclaggio, il recupero e l'ottimizzazione dei flussi di rifiuti;
f) l'individuazione, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, degli impianti di recupero e di smaltimento di preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del paese; l'individuazione è operata, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, a mezzo di un programma, adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e inserito nel Documento di programmazione economico-finanziaria, con indicazione degli stanziamenti necessari per la loro realizzazione.
Nell'individuare le infrastrutture e gli insediamenti strategici di cui al presente comma il Governo procede secondo finalità di riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale. Il Governo indica nel disegno di legge finanziaria ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera i-ter), della legge 5 agosto 1978, n. 468, le risorse necessarie, anche ai fini del l'erogazione dei contributi compensativi a favore degli enti locali, che integrano i finanziamenti pubblici, comunitari e privati allo scopo disponibili;
g) la definizione, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, di un piano nazionale di comunicazione e di conoscenza ambientale. La definizione è operata, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, a mezzo di un Programma, formulato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, inserito nel Documento di programmazione economico-finanziaria, con indicazione degli stanziamenti necessari per la realizzazione;
h) l'indicazione … delle misure atte ad incoraggiare la razionalizzazione della raccolta, della cernita e del riciclaggio dei rifiuti;
i) l'individuazione delle iniziative e delle azioni, anche economiche, per favorire il riciclaggio e il recupero di … dai rifiuti, nonché per promuovere il mercato dei materiali recuperati dai rifiuti ed il loro impiego da parte delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti economici, anche ai sensi dell'articolo 52, comma 56, lettera a), della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 8 maggio 2003, n. 203;
l) l'individuazione di obiettivi di qualità dei servizi di gestione dei rifiuti;
m) la determinazione di criteri generali, differenziati per i rifiuti urbani e per i rifiuti speciali, ai fini della elaborazione dei piani regionali di cui all'articolo 199 con particolare riferimento alla determinazione, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, delle linee guida per la individuazione degli Ambiti territoriali ottimali, da costituirsi ai sensi dell'articolo 200, e per il coordinamento dei piani stessi;
n) la determinazione, relativamente all'assegnazione della concessione del servizio per la gestione integrata dei rifiuti, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, delle linee guida per la definizione delle gare d'appalto, ed in particolare dei requisiti di ammissione delle imprese, e dei relativi capitolati, anche con riferimento agli elementi economici relativi agli impianti esistenti;
o) la determinazione, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, delle linee guida inerenti le forme ed i modi della cooperazione fra gli enti locali, anche con riferimento alla riscossione della tariffa sui rifiuti urbani ricadenti nel medesimo ambito territoriale ottimale, secondo criteri di trasparenza, efficienza, efficacia ed economicità;
p) l'indicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti;
q) l'indicazione dei criteri generali, ivi inclusa l'emanazione di specifiche linee guida, per l'organizzazione e l'attuazione della raccolta differenziata dei rifiuti urbani;
r) la determinazione, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, delle linee guida, dei criteri generali e degli standard di bonifica dei siti inquinati, nonché la determinazione dei criteri per individuare gli interventi di bonifica che, in relazione al rilievo dell'impatto sull'ambiente connesso all'estensione dell'area interessata, alla quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, rivestono interesse nazionale;
s) la determinazione delle metodologie di calcolo e la definizione di materiale riciclato per l'attuazione dell'articolo 196, comma 1, lettera p);
t) l'adeguamento della parte quarta del presente decreto alle direttive, alle decisioni ed ai regolamenti dell'Unione europea.
2. Sono inoltre di competenza dello Stato:
a) l'indicazione dei criteri e delle modalità di adozione, secondo principi di unitarietà, compiutezza e coordinamento, delle norme tecniche per la gestione dei rifiuti, dei rifiuti pericolosi e di specifiche tipologie di rifiuti, con riferimento anche ai relativi sistemi di accreditamento e di certificazione ai sensi dell'articolo 178, comma 5;
b) l'adozione delle norme e delle condizioni per l'applicazione delle procedure semplificate di cui agli articoli 214, 215 e 216, ivi comprese le linee guida contenenti la specificazione della relazione da allegare alla comunicazione prevista da tali articoli;
c) la determinazione dei limiti di accettabilità e delle caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche di talune sostanze contenute nei rifiuti in relazione a specifiche utilizzazioni degli stessi;
d) la determinazione e la disciplina delle attività di recupero dei prodotti di amianto e dei beni e dei prodotti contenenti amianto, mediante decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro delle attività produttive;
e) la determinazione dei criteri qualitativi e quali-quantitativi per l'assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti speciali e dei rifiuti urbani. Ai rifiuti assimilati, entro due anni, si applica esclusivamente una tariffazione per le quantità conferite al servizio di gestione dei rifiuti urbani. La tariffazione per le quantità conferite che deve includere, nel rispetto del principio della copertura integrale dei costi del servizio prestato, una parte fissa ed una variabile e una quota dei costi dello spazzamento stradale, è determinata dall'amministrazione comunale tenendo conto anche della natura dei rifiuti, del tipo, delle dimensioni economiche e operative delle attività che li producono. A tale tariffazione si applica una riduzione, fissata dall'amministrazione comunale, in proporzione alle quantità dei rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero tramite soggetto diverso dal gestore dei rifiuti urbani. Non sono assimilabili ai rifiuti urbani i rifiuti che si formano nelle aree produttive, compresi i magazzini di materie prime e di prodotti finiti, salvo i rifiuti prodotti negli uffici, nelle mense, negli spacci, nei bar e nei locali al servizio dei lavoratori o comunque aperti al pubblico; allo stesso modo, non sono assimilabili ai rifiuti urbani i rifiuti che si formano nelle strutture di vendita con superficie due volte superiore ai limiti di cui all'articolo 4, comma 1, lettera d), del decreto legislativo n. 114 del 1998. Per gli imballaggi secondari e terziari per i quali risulti documentato il non conferimento al servizio di gestione dei rifiuti urbani e l'avvio a recupero e riciclo diretto tramite soggetti autorizzati, non si applica la predetta tariffazione. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con il Ministro dello sviluppo economico, sono definiti, entro novanta giorni, i criteri per l'assimilabilità ai rifiuti urbani.
f) la definizione dei metodi, delle procedure e degli standard per il campionamento e l'analisi dei rifiuti;
g) la determinazione dei requisiti e delle capacità tecniche e finanziarie per l'esercizio delle attività di gestione dei rifiuti, ivi compresi i criteri generali per la determinazione delle garanzie finanziarie in favore delle regioni, con particolare riferimento a quelle dei soggetti obbligati all'iscrizione all'Albo di cui all'articolo 212, secondo la modalità di cui al comma 9 dello stesso articolo;
h) la definizione del modello e dei contenuti del formulario di cui all'articolo 193 e la regolamentazione del trasporto dei rifiuti;
i) l'individuazione delle tipologie di rifiuti che per comprovate ragioni tecniche, ambientali ed economiche possono essere smaltiti direttamente in discarica;
l) l'adozione di un modello uniforme del registro di cui all'articolo 190 e la definizione delle modalità di tenuta dello stesso, nonché l'individuazione degli eventuali documenti sostitutivi del registro stesso;
m) l'individuazione dei rifiuti elettrici ed elettronici, di cui all'articolo 227, comma 1, lettera a);
n) l'aggiornamento degli Allegati alla parte quarta del presente decreto;
o) l'adozione delle norme tecniche, delle modalità e delle condizioni di utilizzo del prodotto ottenuto mediante compostaggio, con particolare riferimento all'utilizzo agronomico come fertilizzante, ai sensi del decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75, e del prodotto di qualità ottenuto mediante compostaggio da rifiuti organici selezionati alla fonte con raccolta differenziata;
p) l'autorizzazione allo smaltimento di rifiuti nelle acque marine, in conformità alle disposizioni stabilite dalle norme comunitarie e dalle convenzioni internazionali vigenti in materia, rilasciata dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, su proposta dell'autorità marittima nella cui zona di competenza si trova il porto più vicino al luogo dove deve essere effettuato lo smaltimento ovvero si trova il porto da cui parte la nave con il carico di rifiuti da smaltire;
q) l'individuazione della misura delle sostanze assorbenti e neutralizzanti, previamente testate da università o istituti specializzati, di cui devono dotarsi gli impianti destinati allo stoccaggio, ricarica, manutenzione, deposito e sostituzione di accumulatori, al fine di prevenire l'inquinamento del suolo, del sottosuolo e di evitare danni alla salute e all'ambiente derivanti dalla fuoriuscita di acido, tenuto conto della dimensione degli impianti, del numero degli accumulatori e del rischio di sversamento connesso alla tipologia dell'attività esercitata;
r) l'individuazione e la disciplina, nel rispetto delle norme comunitarie ed anche in deroga alle disposizioni della parte quarta del presente decreto, di forme di semplificazione degli adempimenti amministrativi per la raccolta e il trasporto di specifiche tipologie di rifiuti destinati al recupero e conferiti direttamente dagli utenti finali dei beni che originano i rifiuti ai produttori, ai distributori, a coloro che svolgono attività di istallazione e manutenzione presso le utenze domestiche dei beni stessi o ad impianti autorizzati alle operazioni di recupero di cui alle voci R2, R3, R4, R5, R6 e R9 dell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto, da adottarsi con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disciplina;
s) la riorganizzazione del Catasto dei rifiuti;
t) predisposizione di linee guida per l'individuazione di una codifica omogenea per le operazioni di recupero e smaltimento da inserire nei provvedimenti autorizzativi da parte delle autorità competenti, anche in conformità a quanto disciplinato in materia dalla direttiva 2008/12/CE, e sue modificazioni;
u) individuazione dei contenuti tecnici minimi da inserire nei provvedimenti autorizzativi di cui agli articoli 208, 209, 211;
v) predisposizione di linee guida per l'individuazione delle procedure analitiche, dei criteri e delle metodologie per la classificazione dei rifiuti pericolosi ai sensi dell'allegato D della parta quarta del presente decreto.
3. Salvo che non sia diversamente disposto dalla parte quarta del presente decreto, le funzioni di cui al comma 1 sono esercitate ai sensi della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e dell'interno, sentite la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
4. Salvo che non sia diversamente disposto dalla parte quarta del presente decreto, le norme regolamentari e tecniche di cui al comma 2 sono adottate, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e dell'interno, nonché, quando le predette norme riguardino i rifiuti agricoli ed il trasporto dei rifiuti, di concerto, rispettivamente, con i Ministri delle politiche agricole e forestali e delle infrastrutture e dei trasporti.
5. Fatto salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ai fini della sorveglianza e dell'accertamento degli illeciti in violazione della normativa in materia di rifiuti nonché della repressione dei traffici illeciti e degli smaltimenti illegali dei rifiuti provvedono il Comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.) e il Corpo delle Capitanerie di porto; può altresì intervenire il Corpo forestale dello Stato e possono concorrere la Guardia di finanza e la Polizia di Stato.
Art. 196
Competenze delle regioni
1. Sono di competenza delle regioni, nel rispetto dei principi previsti dalla normativa vigente e dalla parte quarta del presente decreto, ivi compresi quelli di cui all'articolo 195:
a) la predisposizione, l'adozione e l'aggiornamento, sentiti le province, i comuni e le Autorità d'ambito, dei piani regionali di gestione dei rifiuti, di cui all'articolo 199;
b) la regolamentazione delle attività di gestione dei rifiuti, ivi compresa la raccolta differenziata dei rifiuti urbani, anche pericolosi, secondo un criterio generale di separazione dei rifiuti di provenienza alimentare e degli scarti di prodotti vegetali e animali o comunque ad alto tasso di umidità dai restanti rifiuti;
c) l'elaborazione, l'approvazione e l'aggiornamento dei piani per la bonifica di aree inquinate di propria competenza;
d) l'approvazione dei progetti di nuovi impianti per la gestione dei rifiuti, anche pericolosi, e l'autorizzazione alle modifiche degli impianti esistenti, fatte salve le competenze statali di cui all'articolo 195, comma 1, lettera f);
e) l'autorizzazione all'esercizio delle operazioni di smaltimento e di recupero dei rifiuti, anche pericolosi;
f) le attività in materia di spedizioni transfrontaliere dei rifiuti che il regolamento (CEE) n. 259/93 del 1° febbraio 1993 attribuisce alle autorità competenti di spedizione e di destinazione;
g) la delimitazione, nel rispetto delle linee guida generali di cui all'articolo 195, comma 1, lettera m), degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei rifiuti urbani e assimilati;
h) la redazione di linee guida ed i criteri per la predisposizione e l'approvazione dei progetti di bonifica e di messa in sicurezza, nonché l'individuazione delle tipologie di progetti non soggetti ad autorizzazione, nel rispetto di quanto previsto all'articolo 195, comma 1, lettera r);
i) la promozione della gestione integrata dei rifiuti;
l) l'incentivazione alla riduzione della produzione dei rifiuti ed al recupero degli stessi;
m) la specificazione dei contenuti della relazione da allegare alla comunicazione di cui agli articoli 214, 215, e 216, nel rispetto di linee guida elaborate ai sensi dell'articolo 195, comma 2, lettera b);
n) la definizione di criteri per l'individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali indicati nell'articolo 195, comma 1, lettera p);
o) la definizione dei criteri per l'individuazione dei luoghi o impianti idonei allo smaltimento e la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui all'articolo 195, comma 2, lettera a), di disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare;
p) l'adozione, sulla base di metodologia di calcolo e di criteri stabiliti da apposito decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, delle disposizioni occorrenti affinché gli enti pubblici e le società a prevalente capitale pubblico, anche di gestione dei servizi, coprano il proprio fabbisogno annuale di manufatti e beni, indicati nel medesimo decreto, con una quota di prodotti ottenuti da materiale riciclato non inferiore al 30 per cento del fabbisogno medesimo. A tal fine i predetti soggetti inseriscono nei bandi di gara o di selezione per l'aggiudicazione apposite clausole di preferenza, a parità degli altri requisiti e condizioni. Sino all'emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della tu tela del territorio 8 maggio 2003, n. 203, e successive circolari di attuazione. Restano ferme, nel frattempo, le disposizioni regionali esistenti.
2. Per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 le regioni si avvalgono anche delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente.
3. Le regioni privilegiano la realizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti in aree industriali, compatibilmente con le caratteristiche delle aree medesime, incentivando le iniziative di autosmaltimento. Tale disposizione non si applica alle discariche.
Art. 197
Competenze delle province
1. In attuazione dell'articolo 19 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, alle province competono in linea generale le funzioni amministrative concernenti la programmazione ed organizzazione del recupero e dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, da esercitarsi con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, ed in particolare:
a) il controllo e la verifica degli interventi di bonifica ed il monitoraggio ad essi conseguenti;
b) il controllo periodico su tutte le attività di gestione, di intermediazione e di commercio dei rifiuti, ivi compreso l'accertamento delle violazioni delle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto;
c) la verifica ed il controllo dei requisiti previsti per l'applicazione delle procedure semplificate, con le modalità di cui agli articoli 214, 215, e 216;
d) l'individuazione, sulla base delle previsioni del piano territoriale di coordinamento di cui all'articolo 20, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove già adottato, e delle previsioni di cui all'articolo 199, comma 3, lettere d) e h), nonché sentiti l'Autorità d'ambito ed i comuni, delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti, nonché delle zone non idonee alla localizzazione di impianti di recupero e di smaltimento dei rifiuti.
2. Ai fini dell'esercizio delle proprie funzioni le province possono avvalersi, mediante apposite convenzioni, di organismi pubblici, ivi incluse le Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente (ARPA), con specifiche esperienze e competenze tecniche in materia, fermo restando quanto previsto dagli articoli 214, 215 e 216 in tema di procedure semplificate.
3. Gli addetti al controllo sono autorizzati ad effettuare ispezioni, verifiche e prelievi di campioni all'interno di stabilimenti, impianti o imprese che producono o che svolgono attività di gestione dei rifiuti. Il segreto industriale non può essere opposto agli addetti al controllo, che sono, a loro volta, tenuti all'obbligo della riservatezza ai sensi della normativa vigente.
4. Il personale appartenente al Comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.) è autorizzato ad effettuare le ispezioni e le verifiche necessarie ai fini dell'espletamento delle funzioni di cui all'articolo 8 della legge 8 luglio 1986, n. 349, istitutiva del Ministero dell'ambiente.
5. Nell'ambito delle competenze di cui al comma 1, le province sottopongono ad adeguati controlli periodici gli enti e le imprese che producono rifiuti pericolosi, le imprese che raccolgono e trasportano rifiuti a titolo professionale, gli stabilimenti e le imprese che smaltiscono o recuperano rifiuti, curando, in particolare, che vengano effettuati adeguati controlli periodici sulle attività sottoposte alle procedure semplificate di cui agli articoli 214, 215, e 216 e che i controlli concernenti la raccolta ed il trasporto di rifiuti pericolosi riguardino, in primo luogo, l'origine e la destinazione dei rifiuti.
5-bis. Le province, nella programmazione delle ispezioni e controlli di cui al presente articolo, possono tenere conto, nella determinazione della frequenza degli stessi, delle registrazioni ottenute dai destinatari nell'ambito del sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS).
6. Restano ferme le altre disposizioni vigenti in materia di vigilanza e controllo previste da disposizioni speciali.
Art. 198
Competenze dei comuni
1. I comuni concorrono, nell'ambito delle attività svolte a livello degli ambiti territoriali ottimali di cui all'articolo 200 e con le modalità ivi previste, alla gestione dei rifiuti urbani ed assimilati. Sino all'inizio delle attività del soggetto aggiudicatario della gara ad evidenza pubblica indetta dall'Autorità d'ambito ai sensi dell'articolo 202, i comuni continuano la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento in regime di privativa nelle forme di cui al l'articolo 113, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
2. I comuni concorrono a disciplinare la gestione dei rifiuti urbani con appositi regolamenti che, nel rispetto dei principi di trasparenza, efficienza, efficacia ed economicità e in coerenza con i piani d'ambito adottati ai sensi dell'articolo 201, comma 3, stabiliscono in particolare:
a) le misure per assicurare la tutela igienico-sanitaria in tutte le fasi della gestione dei rifiuti urbani;
b) le modalità del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani;
c) le modalità del conferimento, della raccolta differenziata e del trasporto dei rifiuti urbani ed assimilati al fine di garantire una distinta gestione delle diverse frazioni di rifiuti e promuovere il recupero degli stessi;
d) le norme atte a garantire una distinta ed adeguata gestione dei rifiuti urbani pericolosi e dei rifiuti da esumazione ed estumulazione di cui all'articolo 184, comma 2, lettera f);
e) le misure necessarie ad ottimizzare le forme di conferimento, raccolta e trasporto dei rifiuti primari di imballaggio in sinergia con altre frazioni merceologiche, fissando standard minimi da rispettare;
f) le modalità di esecuzione della pesata dei rifiuti urbani prima di inviarli al recupero e allo smaltimento;
g) l'assimilazione, per qualità e quantità, dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani, secondo i criteri di cui all'articolo 195, comma 2, lettera e), ferme restando le definizioni di cui all'articolo 184, comma 2, lettere c) e d).
3. I comuni sono tenuti a fornire alla regione, alla provincia ed alle Autorità d'ambito tutte le informazioni sulla gestione dei rifiuti urbani da esse richieste.
4. I comuni sono altresì tenuti ad esprimere il proprio parere in ordine all'approvazione dei progetti di bonifica dei siti inquinati rilasciata dalle regioni.
CAPO III
SERVIZIO DI GESTIONE INTEGRATA DEI RIFIUTI
Art. 199
Piani regionali
1. Le regioni, sentite le province, i comuni e, per quanto riguarda i rifiuti urbani, le Autorità d'ambito di cui all'articolo 201, nel rispetto dei principi e delle finalità di cui agli articoli 177, 178, 179, 180, 181, 182 e 182-bis ed in conformità ai criteri generali stabiliti dall'articolo 195, comma 1, lettera m), ed a quelli previsti dal presente articolo, predispongono e adottano piani regionali di gestione dei rifiuti. Per l'approvazione dei piani regionali si applica la procedura di cui alla Parte II del presente decreto in materia di VAS. Presso i medesimi uffici sono inoltre rese disponibili informazioni relative alla partecipazione del pubblico al procedimento e alle motivazioni sulle quali si è fondata la decisione, anche in relazione alle osservazioni scritte presentate.
2. I piani di gestione dei rifiuti di cui al comma 1 comprendono l'analisi della gestione dei rifiuti esistente nell'ambito geografico interessato, le misure da adottare per migliorare l'efficacia ambientale delle diverse operazioni di gestione dei rifiuti, nonché una valutazione del modo in cui i piani contribuiscono all'attuazione degli obiettivi e delle disposizioni della parte quarta del presente decreto.
3. I piani regionali di gestione dei rifiuti prevedono inoltre:
a) tipo, quantità e fonte dei rifiuti prodotti all'interno del territorio, suddivisi per ambito territoriale ottimale per quanto riguarda i rifiuti urbani, rifiuti che saranno prevedibilmente spediti da o verso il territorio nazionale e valutazione dell'evoluzione futura dei flussi di rifiuti, nonché la fissazione degli obiettivi di raccolta differenziata da raggiungere a livello regionale, fermo restando quanto disposto dall'articolo 205;
b) i sistemi di raccolta dei rifiuti e impianti di smaltimento e recupero esistenti, inclusi eventuali sistemi speciali per oli usati, rifiuti pericolosi o flussi di rifiuti disciplinati da una normativa comunitaria specifica;
c) una valutazione della necessità di nuovi sistemi di raccolta, della chiusura degli impianti esistenti per i rifiuti, di ulteriori infrastrutture per gli impianti per i rifiuti in conformità del principio di autosufficienza e prossimità di cui agli articoli 181, 182 e 182-bis e se necessario degli investimenti correlati;
d) informazioni sui criteri di riferimento per l'individuazione dei siti e la capacità dei futuri impianti di smaltimento o dei grandi impianti di recupero, se necessario;
e) politiche generali di gestione dei rifiuti, incluse tecnologie e metodi di gestione pianificata dei rifiuti, o altre politiche per i rifiuti che pongono problemi particolari di gestione;
f) la delimitazione di ogni singolo ambito territoriale ottimale sul territorio regionale, nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 195, comma 1, lettera m);
g) il complesso delle attività e dei fabbisogni degli impianti necessari a garantire la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di trasparenza, efficacia, efficienza, economicità e autosufficienza della gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all'interno di ciascuno degli ambiti territoriali ottimali di cui all'articolo 200, nonché ad assicurare lo smaltimento e il recupero dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire la riduzione della movimentazione di rifiuti;
h) la promozione della gestione dei rifiuti per ambiti territoriali ottimali, attraverso strumenti quali una adeguata disciplina delle incentivazioni, prevedendo per gli ambiti più meritevoli, tenuto conto delle risorse disponibili a legislazione vigente, una maggiorazione di contributi; a tal fine le regioni possono costituire nei propri bilanci un apposito fondo;
i) la stima dei costi delle operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti urbani;
l) i criteri per l'individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti nonché per l'individuazione dei luoghi o impianti adatti allo smaltimento dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali di cui all'articolo 195, comma 1, lettera p);
m) le iniziative volte a favorire, il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero dai rifiuti di materiale ed energia, ivi incluso il recupero e lo smaltimento dei rifiuti che ne derivino;
n) le misure atte a promuovere la regionalizzazione della raccolta, della cernita e dello smaltimento dei rifiuti urbani:
o) la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui all'articolo 195, comma 2, lettera a), di disposizioni speciali per specifiche tipologie di rifiuto;
p) le prescrizioni in materia di prevenzione e gestione degli imballaggi e rifiuti di imballaggio di cui all'articolo 225, comma 6;
q) il programma per la riduzione dei rifiuti biodegradabili da collocare in discarica di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36;
r) un programma di prevenzione della produzione dei rifiuti, elaborato sulla base del programma nazionale di prevenzione dei rifiuti di cui all'art. 180, che descriva le misure di prevenzione esistenti e fissi ulteriori misure adeguate. Il programma fissa anche gli obiettivi di prevenzione. Le misure e gli obiettivi sono finalizzati a dissociare la crescita economica dagli impatti ambientali connessi alla produzione dei rifiuti. Il programma deve contenere specifici parametri qualitativi e quantitativi per le misure di prevenzione al fine di monitorare e valutare i progressi realizzati, anche mediante la fissazione di indicatori.
4. Il piano di gestione dei rifiuti può contenere, tenuto conto del livello e della copertura geografica dell'area oggetto di pianificazione, i seguenti elementi:
a) aspetti organizzativi connessi alla gestione dei rifiuti;
b) valutazione dell'utilità e dell'idoneità del ricorso a strumenti economici e di altro tipo per la soluzione di problematiche riguardanti i rifiuti, tenuto conto della necessità di continuare ad assicurare il buon funzionamento del mercato interno;
c) campagne di sensibilizzazione e diffusione di informazioni destinate al pubblico in generale o a specifiche categorie di consumatori.
5. Il piano regionale di gestione dei rifiuti è coordinato con gli altri strumenti di pianificazione di competenza regionale previsti dalla normativa vigente.
6. Costituiscono parte integrante del piano regionale i piani per la bonifica delle aree inquinate che devono prevedere:
a) l'ordine di priorità degli interventi, basato su un criterio di valutazione del rischio elaborato dall'Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA);
b) l'individuazione dei siti da bonificare e delle caratteristiche generali degli inquinamenti presenti;
c) le modalità degli interventi di bonifica e risanamento ambientale, che privilegino prioritariamente l'impiego di materiali provenienti da attività di recupero di rifiuti urbani;
d) la stima degli oneri finanziari;
e) le modalità di smaltimento dei materiali da asportare.
7. L'approvazione del piano regionale o il suo adeguamento è requisito necessario per accedere ai finanziamenti nazionali.
8. La regione approva o adegua il piano entro il 12 dicembre 2013. Fino a tale momento, restano in vigore i piani regionali vigenti.
9. In caso di inutile decorso del termine di cui al comma 8 e di accertata inattività nell'approvare o adeguare il piano, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e tutela del territorio e del mare, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, diffida gli organi regionali competenti a provvedere entro un congruo termine e, in caso di ulteriore inerzia, adotta, in via sostitutiva, i provvedimenti necessari alla elaborazione e approvazione o adeguamento del piano regionale.
10. Le regioni, sentite le province interessate, d'intesa tra loro o singolarmente, per le finalità di cui alla parte quarta del presente decreto provvedono alla valutazione della necessità dell' aggiornamento del piano almeno ogni sei anni, nonché alla programmazione degli interventi attuativi occorrenti in conformità alle procedure e nei limiti delle risorse previste dalla normativa vigente.
11. Le regioni e le province autonome comunicano tempestivamente al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'adozione o la revisione dei piani di gestione e dei programmi di prevenzione dei rifiuti di cui al presente articolo, al fine del successivo invio degli stessi alla Commissione europea.
12. Le regioni e le province autonome assicurano la pubblicazione dei piani e dei programmi di cui al presente articolo, anche attraverso l'inserimento degli stessi sul sito WEB della regione o della provincia autonoma.
13. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
*La Corte Costituzionale, con sentenza 16 - 24 luglio 2009, n. 249 (in G.U. 1a s.s. 29/07/2009, n. 30) ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 9 del presente articolo nella parte in cui attribuisce al Ministro dell'ambiente il potere sostitutivo nel caso in cui "le autorità competenti non realizzino gli interventi previsti dal piano regionale" di gestione dei rifiuti "nei termini e con le modalità stabiliti e tali omissioni possano arrecare un grave pregiudizio all'attuazione del piano medesimo".
Art. 200
Organizzazione territoriale del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani
1. La gestione dei rifiuti urbani è organizzata sulla base di ambiti territoriali ottimali, di seguito anche denominati ATO, delimitati dal piano regionale di cui all'articolo 199, nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 195, comma 1, lettere m), n) ed o), e secondo i seguenti criteri:
a) superamento della frammentazione delle gestioni attraverso un servizio di gestione integrata dei rifiuti;
b) conseguimento di adeguate dimensioni gestionali, definite sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici e sulla base delle ripartizioni politico-amministrative;
c) adeguata valutazione del sistema stradale e ferroviario di comunicazione al fine di ottimizzare i trasporti all'interno dell'ATO;
d) valorizzazione di esigenze comuni e affinità nella produzione e gestione dei rifiuti;
e) ricognizione di impianti di gestione di rifiuti già realizzati e funzionanti;
f) considerazione delle precedenti delimitazioni affinché i nuovi ATO si discostino dai precedenti solo sulla base di motivate esigenze di efficacia, efficienza ed economicità.
2. Le regioni, sentite le province ed i comuni interessati, nell'ambito delle attività di programmazione e di pianificazione di loro competenza, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, provvedono alla delimitazione degli ambiti territoriali ottimali, nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 195, comma 1, lettera m). Il provvedimento è comunicato alle province ed ai comuni interessati.
3. Le regioni interessate, d'intesa tra loro, delimitano gli ATO qualora essi siano ricompresi nel territorio di due o più regioni.
4. Le regioni disciplinano il controllo, anche in forma sostitutiva, delle operazioni di gestione dei rifiuti, della funzionalità dei relativi impianti e del rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.
5. Le città o gli agglomerati di comuni, di dimensioni maggiori di quelle medie di un singolo ambito, possono essere suddivisi tenendo conto dei criteri di cui al comma 1.
6. I singoli comuni entro trenta giorni dalla comunicazione di cui al comma 2 possono presentare motivate e documentate richieste di modifica all'assegnazione ad uno specifico ambito territoriale e di spostamento in un ambito territoriale diverso, limitrofo a quello di assegnazione.
7. Le regioni possono adottare modelli alternativi o in deroga al modello degli Ambiti Territoriali Ottimali laddove predispongano un piano regionale dei rifiuti che dimostri la propria adeguatezza rispetto agli obiettivi strategici previsti dalla normativa vigente, con particolare riferimento ai criteri generali e alle linee guida riservati, in materia, allo Stato ai sensi dell'articolo 195.
Art. 201
Articolo abrogato dalla l. 23 dicembre 2009, n. 191
Art. 202
Affidamento del servizio
1. L'Autorità d'ambito aggiudica il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani mediante gara disciplinata dai principi e dalle disposizioni comunitarie, secondo la disciplina vigente in tema di affidamento dei servizi pubblici locali in conformità ai criteri di cui all'articolo 113, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché con riferimento all'ammontare del corrispettivo per la gestione svolta, tenuto conto delle garanzie di carattere tecnico e delle precedenti esperienze specifiche dei concorrenti, secondo modalità e termini definiti con decreto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel rispetto delle competenze regionali in materia.
2. I soggetti partecipanti alla gara devono formulare, con apposita relazione tecnico-illustrativa allegata all'offerta, proposte di miglioramento della gestione, di riduzione delle quantità di rifiuti da smaltire e di miglioramento dei fattori ambientali, proponendo un proprio piano di riduzione dei corrispettivi per la gestione al raggiungimento di obiettivi autonomamente definiti.
3. Nella valutazione delle proposte si terrà conto, in particolare, del peso che graverà sull'utente sia in termini economici, sia di complessità delle operazioni a suo carico.
4. Gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali di proprietà degli enti locali già esistenti al momento dell'assegnazione del servizio sono conferiti in comodato ai soggetti affidatari del medesimo servizio.
5. I nuovi impianti vengono realizzati dal soggetto affidatario del servizio o direttamente, ai sensi dell'articolo 113, comma 5-ter, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove sia in possesso dei requisiti prescritti dalla normativa vigente, o mediante il ricorso alle procedure di cui alla legge 11 febbraio 1994, n. 109, ovvero secondo lo schema della finanza di progetto di cui agli articoli 37 bis e seguenti della predetta legge n. 109 del 1994.
6. Il personale che, alla data del 31 dicembre 2005 o comunque otto mesi prima dell'affidamento del servizio, appartenga alle amministrazioni comunali, alle aziende ex municipalizzate o consortili e alle imprese private, anche cooperative, che operano nel settore dei servizi comunali per la gestione dei rifiuti sarà soggetto, ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro, al passaggio diretto ed immediato al nuovo gestore del servizio integrato dei rifiuti, con la salvaguardia delle condizioni contrattuali, collettive e individuali, in atto. Nel caso di passaggio di dipendenti di enti pubblici e di ex aziende municipalizzate o consortili e di imprese private, anche cooperative, al gestore del servizio integrato dei rifiuti urbani, si applica, ai sensi dell'articolo 31 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la disciplina del trasferimento del ramo di azienda di cui all'articolo 2112 del codice civile.
Art. 203
Schema tipo di contratto di servizio
1. I rapporti tra le Autorità d'ambito e i soggetti affidatari del servizio integrato sono regolati da contratti di servizio, da allegare ai capitolati di gara, conformi ad uno schema tipo adottato dalle regioni in conformità ai criteri ed agli indirizzi di cui all'articolo 195, comma 1, lettere m), n) ed o).
2. Lo schema tipo prevede:
a) il regime giuridico prescelto per la gestione del servizio;
b) l'obbligo del raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario della gestione;
c) la durata dell'affidamento, comunque non inferiore a quindici anni;
d) i criteri per definire il piano economico-finanziario per la gestione integrata del servizio;
e) le modalità di controllo del corretto esercizio del servizio;
f) i principi e le regole generali relativi alle attività ed alle tipologie di controllo, in relazione ai livelli del servizio ed al corrispettivo, le modalità, i termini e le procedure per lo svolgimento del controllo e le caratteristiche delle strutture organizzative all'uopo preposte;
g) gli obblighi di comunicazione e trasmissione di dati, informazioni e documenti del gestore e le relative sanzioni;
h) le penali, le sanzioni in caso di inadempimento e le condizioni di risoluzione secondo i principi del codice civile, diversificate a seconda della tipologia di controllo;
i) il livello di efficienza e di affidabilità del servizio da assicurare all'utenza, anche con riferimento alla manutenzione degli impianti;
l) la facoltà di riscatto secondo i principi di cui al titolo I, capo II, del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 4 ottobre 1986, n. 902;
m) l'obbligo di riconsegna delle opere, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali strumentali all'erogazione del servizio in condizioni di efficienza ed in buono stato di conservazione;
n) idonee garanzie finanziarie e assicurative;
o) i criteri e le modalità di applicazione delle tariffe determinate dagli enti locali e del loro aggiornamento, anche con riferimento alle diverse categorie di utenze.
p) l'obbligo di applicazione al personale, non dipendente da amministrazioni pubbliche, da parte del gestore del servizio integrato dei rifiuti, del contratto collettivo nazionale di lavoro del settore dell'igiene ambientale, stipulato dalle Organizzazioni Sindacali comparativamente più rappresentative, anche in conformità a quanto previsto dalla normativa in materia attualmente vigente.
3. Ai fini della definizione dei contenuti dello schema tipo di cui al comma 2, le Autorità d'ambito operano la ricognizione delle opere ed impianti esistenti, trasmettendo alla regione i relativi dati. Le Autorità d'ambito inoltre, ai medesimi fini, definiscono le procedure e le modalità, anche su base pluriennale, per il conseguimento degli obiettivi previsti dalla parte quarta del presente decreto ed elaborano, sulla base dei criteri e degli indirizzi fissati dalle regioni, un piano d'ambito comprensivo di un programma degli interventi necessari, accompagnato da un piano finanziario e dal connesso modello gestionale ed organizzativo. Il piano finanziario indica, in particolare, le risorse disponibili, quelle da reperire, nonché i proventi derivanti dall'applicazione della tariffa sui rifiuti per il periodo considerato.
Art. 204
Gestioni esistenti
1. I soggetti che esercitano il servizio, anche in economia, alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, continuano a gestirlo fino alla istituzione e organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti da parte delle Autorità d'ambito.
2. In relazione alla scadenza del termine di cui al comma 15-bis dell'articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, l'Autorità d'ambito dispone i nuovi affidamenti, nel rispetto delle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, entro nove mesi dall'entrata in vigore della medesima parte quarta.
3. Qualora l'Autorità d'ambito non provveda agli adempimenti di cui ai commi 1 e 2 nei termini ivi stabiliti, il Presidente della Giunta regionale esercita, dandone comunicazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, i poteri sostitutivi, nominando un commissario "ad acta" che avvia entro quarantacinque giorni le procedure di affidamento, determinando le scadenze dei singoli adempimenti procedimentali. Qualora il commissario regionale non provveda nei termini così stabiliti, spettano al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare i poteri sostitutivi preordinati al completamento della procedura di affidamento.*
4. Alla scadenza, ovvero alla anticipata risoluzione, delle gestioni di cui al comma 1, i beni e gli impianti delle imprese già concessionarie sono trasferiti direttamente all'ente locale concedente nei limiti e secondo le modalità previste dalle rispettive convenzioni di affidamento.
*La Corte Costituzionale, con sentenza 16 - 24 luglio 2009, n. 249 (in G.U. 1a s.s. 29/07/2009, n. 30) ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 3 del presente articolo "nella parte in cui disciplina l'esercizio del potere sostitutivo del Presidente della Giunta regionale in tema di gestioni esistenti del servizio di gestione dei rifiuti".
Art. 205
Misure per incrementare la raccolta differenziata
1. Fatto salvo quanto previsto al comma 1-bis, in ogni ambito territoriale ottimale deve essere assicurata una raccolta differenziata dei rifiuti urbani pari alle seguenti percentuali minime di rifiuti prodotti:
a) almeno il trentacinque per cento entro il 31 dicembre 2006;
b) almeno il quarantacinque per cento entro il 31 dicembre 2008;
c) almeno il sessantacinque per cento entro il 31 dicembre 2012.
1-bis. Nel caso in cui, dal punto di vista tecnico, ambientale ed economico, non sia realizzabile raggiungere gli obiettivi di cui al comma 1, il comune può richiedere al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una deroga al rispetto degli obblighi di cui al medesimo comma 1. Verificata la sussistenza dei requisiti stabiliti al primo periodo, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può autorizzare la predetta deroga, previa stipula senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica di un accordo di programma tra Ministero, regione ed enti locali interessati, che stabilisca:
a) le modalità attraverso le quali il comune richiedente intende conseguire gli obiettivi di cui all'articolo 181, comma 1. Le predette modalità possono consistere in compensazioni con gli obiettivi raggiunti in altri comuni;
b) la destinazione a recupero di energia della quota di rifiuti indifferenziati che residua dalla raccolta differenziata e dei rifiuti derivanti da impianti di trattamento dei rifiuti indifferenziati, qualora non destinati al recupero di materia;
c) la percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani, da destinare al riciclo, che il comune richiedente si obbliga ad effettuare.
1-ter. L'accordo di programma di cui al comma precedente può stabilire obblighi, in linea con le disposizioni vigenti, per il comune richiedente finalizzati al perseguimento delle finalità di cui alla parte quarta, titolo I, del presente decreto nonché stabilire modalità di accertamento dell'adempimento degli obblighi assunti nell'ambito dell'accordo di programma e prevedere una disciplina per l'eventuale inadempimento. I piani regionali si conformano a quanto previsto dagli accordi di programma di cui al presente articolo.
2. …
3. Nel caso in cui a livello di ambito territoriale ottimale non siano conseguiti gli obiettivi minimi previsti dal presente articolo, è applicata un'addizionale del venti per cento al tributo di conferimento dei rifiuti in discarica a carico dell'Autorità d'ambito, istituito dall'articolo 3, comma 24, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, che ne ripartisce l'onere tra quei comuni del proprio territorio che non abbiano raggiunto le percentuali previste dal comma 1 sulla base delle quote di raccolta differenziata raggiunte nei singoli comuni.
4. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, vengono stabilite la metodologia e i criteri di calcolo delle percentuali di cui ai commi 1 e 2, nonché la nuova determinazione del coefficiente di correzione di cui all'articolo 3, comma 29, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, in relazione al conseguimento degli obiettivi di cui ai commi 1 e 2.
5. Sino all'emanazione del decreto di cui al comma 4 continua ad applicarsi la disciplina attuativa di cui all'articolo 3, commi da 24 a 40, della legge 28 dicembre 1995, n. 549.
6. Le regioni tramite apposita legge, e previa intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, possono indicare maggiori obiettivi di riciclo e recupero.*
*La Corte Costituzionale, con sentenza 16 - 24 luglio 2009, n. 249 (in G.U. 1a s.s. 29/07/2009, n. 30) ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 6 del presente articolo "nella parte in cui assoggetta ad una previa intesa con il Ministro dell'ambiente l'adozione delle leggi con cui le Regioni possono indicare maggiori obiettivi di riciclo e di recupero dei rifiuti".
Art. 206
Accordi, contratti di programma, incentivi
1. Nel rispetto dei principi e degli obiettivi stabiliti dalle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto al fine di perseguire la razionalizzazione e la semplificazione delle procedure, con particolare riferimento alle piccole imprese, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e le altre autorità competenti possono stipulare appositi accordi e contratti di programma con enti pubblici, con imprese di settore, soggetti pubblici o privati ed associazioni di categoria. Gli accordi ed i contratti di programma hanno ad oggetto: a) l'attuazione di specifici piani di settore di riduzione, recupero e ottimizzazione dei flussi di rifiuti; b) la sperimentazione, la promozione, l'attuazione e lo sviluppo di processi produttivi e distributivi e di tecnologie pulite idonei a prevenire o ridurre la produzione dei rifiuti e la loro pericolosità e ad ottimizzare il recupero dei rifiuti; c) lo sviluppo di innovazioni nei sistemi produttivi per favorire metodi di produzione di beni con impiego di materiali meno inquinanti e comunque riciclabili; d) le modifiche del ciclo produttivo e la riprogettazione di componenti, macchine e strumenti di controllo; e) la sperimentazione, la promozione e la produzione di beni progettati, confezionati e messi in commercio in modo da ridurre la quantità e la pericolosità dei rifiuti e i rischi di inquinamento; f) la sperimentazione, la promozione e l'attuazione di attività di riutilizzo, riciclaggio e recupero di rifiuti; g) l'adozione di tecniche per il reimpiego ed il riciclaggio dei rifiuti nell'impianto di produzione; h) lo sviluppo di tecniche appropriate e di sistemi di controllo per l'eliminazione dei rifiuti e delle sostanze pericolose contenute nei rifiuti; i) l'impiego da parte dei soggetti economici e dei soggetti pubblici dei materiali recuperati dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani; l) l'impiego di sistemi di controllo del recupero e della riduzione di rifiuti.
2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può altresì stipulare appositi accordi e contratti di programma con soggetti pubblici e privati o con le associazioni di categoria per: a) promuovere e favorire l'utilizzo dei sistemi di certificazione ambientale di cui al regolamento (Cee) n. 761/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 marzo 2001; b) attuare programmi di ritiro dei beni di consumo al termine del loro ciclo di utilità ai fini del riutilizzo, del riciclaggio e del recupero.
3. Gli accordi e i contratti di programma di cui al presente articolo non possono stabilire deroghe alla normativa comunitaria e possono prevedere semplificazioni amministrative.
4. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e dell'economia e delle finanze, sono individuate le risorse finanziarie da destinarsi, sulla base di apposite disposizioni legislative di finanziamento, agli accordi ed ai contratti di programma di cui ai commi 1 e 2 e sono fissate le modalità di stipula dei medesimi.
5. Ai sensi della comunicazione 2002/412 del 17 luglio 2002 della Commissione delle Comunità europee è inoltre possibile concludere accordi ambientali che la Commissione può utilizzare nell'ambito della autoregolamentazione, intesa come incoraggiamento o riconoscimento dei medesimi accordi, oppure della coregolamentazione, intesa come proposizione al legislatore di utilizzare gli accordi, quando opportuno.
Art. 206-bis
Osservatorio nazionale sui rifiuti
1. Al fine di garantire l'attuazione delle norme di cui alla parte quarta del presente decreto con particolare riferimento alla prevenzione della produzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti ed all'efficacia, all'efficienza ed all'economicità della gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, nonché alla tutela della salute pubblica e dell'ambiente, è istituito, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, l'Osservatorio nazionale sui rifiuti, in appresso denominato Osservatorio. L'Osservatorio svolge, in particolare, le seguenti funzioni:
a) vigila sulla gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio;
b) provvede all'elaborazione ed all'aggiornamento permanente di criteri e specifici obiettivi d'azione, nonché alla definizione ed all'aggiornamento permanente di un quadro di riferimento sulla prevenzione e sulla gestione dei rifiuti, anche attraverso l'elaborazione di linee guida sulle modalità di gestione dei rifiuti per migliorarne efficacia, efficienza e qualità, per promuovere la diffusione delle buone pratiche e delle migliori tecniche disponibili per la prevenzione, le raccolte differenziate, il riciclo e lo smaltimento dei rifiuti;
c) predispone il Programma generale di prevenzione di cui all'articolo 225 qualora il Consorzio nazionale imballaggi non provveda nei termini previsti;
d) verifica l'attuazione del Programma generale di cui all'articolo 225 ed il raggiungimento degli obiettivi di recupero e di riciclaggio;
e) verifica i costi di gestione dei rifiuti, delle diverse componenti dei costi medesimi e delle modalità di gestione ed effettua analisi comparative tra i diversi ambiti di gestione, evidenziando eventuali anomalie;
f) verifica livelli di qualità dei servizi erogati;
g) predispone, un rapporto annuale sulla gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio e ne cura la trasmissione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
2. L'Osservatorio nazionale sui rifiuti è composto da nove membri, scelti tra persone, esperte in materia di rifiuti, di elevata qualificazione giuridico/amministrativa e tecnico/scientifica nel settore pubblico e privato, nominati, nel rispetto del principio dell'equilibrio di genere, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, di cui:
a) tre designati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di cui uno con funzione di Presidente;
b) due designati dal Ministro dello sviluppo economico, di cui uno con funzioni di vice-presidente;
c) uno designato dal Ministro della salute;
d) uno designato dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali;
e) uno designato dal Ministro dell'economia e delle finanze;
f) uno designato dalla Conferenza Stato-regioni.
3. La durata in carica dei componenti dell'Osservatorio è disciplinata dal decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 90. Il trattamento economico dei componenti dell'Osservatorio è determinato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
4. Per l'espletamento dei propri compiti e funzioni, l'Osservatorio si avvale di una segreteria tecnica, costituita con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, utilizzando allo scopo le risorse umane strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
5. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono definite le modalità organizzative e di funzionamento dell'Osservatorio, nonché gli enti e le agenzie di cui esso può avvalersi.
6. All'onere derivante dalla costituzione e dal funzionamento dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti e della Segreteria tecnica, pari a due milioni di euro, aggiornato annualmente al tasso di inflazione, provvedono, tramite contributi di pari importo complessivo, il Consorzio Nazionale Imballaggi di cui all'articolo 224, i soggetti di cui all'articolo 221, comma 3, lettere a) e c) e i Consorzi di cui agli articoli 233, 234, 235, 236 nonché quelli istituiti ai sensi degli articoli 227 e 228. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con decreto da emanarsi entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente provvedimento e successivamente entro il 31 gennaio di ogni anno, determina l'entità del predetto onere da porre in capo ai Consorzi e soggetti predetti. Dette somme sono versate dal Consorzio Nazionale Imballaggi e dagli altri soggetti e Consorzi all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, con decreto del Ministro dell'economia e della finanze, ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Art. 207
Articolo abrogato dal d.lgs. 8 novembre 2006, n. 284 2
CAPO IV
AUTORIZZAZIONI E ISCRIZIONI
Art. 208
Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti
1. I soggetti che intendono realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi, devono presentare apposita domanda alla regione competente per territorio, allegando il progetto definitivo dell'impianto e la documentazione tecnica prevista per la realizzazione del progetto stesso dalle disposizioni vigenti in materia urbanistica, di tutela ambientale, di salute di sicurezza sul lavoro e di igiene pubblica. Ove l'impianto debba essere sottoposto alla procedura di valutazione di impatto ambientale ai sensi della normativa vigente, alla domanda è altresì allegata la comunicazione del progetto all'autorità competente ai predetti fini; i termini di cui ai commi 3 e 8 restano sospesi fino all'acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale ai sensi della parte seconda del presente decreto.
2. Resta ferma l'applicazione della normativa nazionale di attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento, per gli impianti rientranti nel campo di applicazione della medesima, con particolare riferimento al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59.
3. Entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di cui al comma 1, la regione individua il responsabile del procedimento e convoca apposita conferenza di servizi. Alla conferenza dei servizi partecipano, con un preavviso di almeno 20 giorni, i responsabili degli uffici regionali competenti e i rappresentanti delle autorità d'ambito e degli enti locali sul cui territorio è realizzato l'impianto, nonché il richiedente l'autorizzazione o un suo rappresentante al fine di acquisire documenti, informazioni e chiarimenti. Nel medesimo termine di 20 giorni, la documentazione di cui al comma 1 è inviata ai componenti della conferenza di servizi.
La decisione della conferenza dei servizi è assunta a maggioranza e le relative determinazioni devono fornire una adeguata motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza.
4. Entro novanta giorni dalla sua convocazione, la Conferenza di servizi:
a) procede alla valutazione dei progetti;
b) acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con quanto previsto dall'articolo 177, comma 4;
c) acquisisce, ove previsto dalla normativa vigente, la valutazione di compatibilità ambientale;
d) trasmette le proprie conclusioni con i relativi atti alla regione.
5. Per l'istruttoria tecnica della domanda le regioni possono avvalersi delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente.
6. Entro 30 giorni dal ricevimento delle conclusioni della Conferenza dei servizi, valutando le risultanze della stessa, la regione, in caso di valutazione positiva del progetto, autorizza la realizzazione e la gestione dell'impianto. L'approvazione sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori.
7. Nel caso in cui il progetto riguardi aree vincolate ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, si applicano le disposizioni dell'articolo 146 di tale decreto in materia di autorizzazione.
8. L'istruttoria si conclude entro centocinquanta giorni dalla presentazione della domanda di cui al comma 1 con il rilascio dell'autorizzazione unica o con il diniego motivato della stessa.
9. I termini di cui al comma 8 sono interrotti, per una sola volta, da eventuali richieste istruttorie fatte dal responsabile del procedimento al soggetto interessato e ricominciano a decorrere dal ricevimento degli elementi forniti dall'interessato.
10. Ferma restando la valutazione delle eventuali responsabilità ai sensi della normativa vigente, ove l'autorità competente non provveda a concludere il procedimento di rilascio dell'autorizzazione unica entro i termini previsti al comma 8, si applica il potere sostitutivo di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
11. L'autorizzazione individua le condizioni e le prescrizioni necessarie per garantire l'attuazione dei principi di cui all'articolo 178 e contiene almeno i seguenti elementi:
a) i tipi ed i quantitativi di rifiuti che possono essere trattati;
b) Per ciascun tipo di operazione autorizzata, i requisiti tecnici con particolare riferimento alla compatibilità del sito, alle attrezzature utilizzate, ai tipi ed ai quantitativi massimi di rifiuti e alla modalità di verifica, monitoraggio e controllo della conformità dell'impianto al progetto approvato;
c) le misure precauzionali e di sicurezza da adottare;
d) la localizzazione dell'impianto autorizzato;
e) il metodo da utilizzare per ciascun tipo di operazione;
f) le disposizioni relative alla chiusura e agli interventi ad essa successivi che si rivelino necessarie;
g) le garanzie finanziarie richieste, che devono essere prestate solo al momento dell'avvio effettivo dell'esercizio dell'impianto; le garanzie finanziarie per la gestione della discarica, anche per la fase successiva alla sua chiusura, dovranno essere prestate conformemente a quanto disposto dall'articolo 14 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36;
h) la data di scadenza dell'autorizzazione, in conformità con quanto previsto al comma 12;
i) i limiti di emissione in atmosfera per i processi di trattamento termico dei rifiuti, anche accompagnati da recupero energetico.
11-bis. Le autorizzazioni concernenti l'incenerimento o il coincenerimento con recupero di energia sono subordinate alla condizione che il recupero avvenga con un livello elevato di efficienza energetica, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili.
12. L'autorizzazione di cui al comma 1 è concessa per un periodo di dieci anni ed è rinnovabile. A tale fine, almeno centottanta giorni prima della scadenza dell'autorizzazione, deve essere presentata apposita domanda alla regione che decide prima della scadenza dell'autorizzazione stessa. In ogni caso l'attività può essere proseguita fino alla decisione espressa, previa estensione delle garanzie finanziarie prestate. Le prescrizioni dell'autorizzazione possono essere modificate, prima del termine di scadenza e dopo almeno cinque anni dal rilascio, nel caso di condizioni di criticità ambientale, tenendo conto dell'evoluzione delle migliori tecnologie disponibili e nel rispetto delle garanzie procedimentali di cui alla legge n. 241 del 1990.
13. Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo VI della parte quarta del presente decreto, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione:
a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze;
b) alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente;
c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente.
14. Il controllo e l'autorizzazione delle operazioni di carico, scarico, trasbordo, deposito e maneggio di rifiuti in aree portuali sono disciplinati dalle specifiche disposizioni di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84 e di cui al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182 di attuazione della direttiva 2000/59/CE sui rifiuti prodotti sulle navi e dalle altre disposizioni previste in materia dalla normativa vigente. Nel caso di trasporto transfrontaliero di rifiuti, l'autorizzazione delle operazioni di imbarco e di sbarco non può essere rilasciata se il richiedente non dimostra di avere ottemperato agli adempimenti di cui all'articolo 193, comma 1, del presente decreto.
15. Gli impianti mobili di smaltimento o di recupero, esclusi gli impianti mobili che effettuano la disidratazione dei fanghi generati da impianti di depurazione e reimmettono l'acqua in testa al processo depurativo presso il quale operano, ed esclusi i casi in cui si provveda alla sola riduzione volumetrica e separazione delle frazioni estranee, sono autorizzati, in via definitiva, dalla regione ove l'interessato ha la sede legale o la società straniera proprietaria dell'impianto ha la sede di rappresentanza. Per lo svolgimento delle singole campagne di attività sul territorio nazionale, l'interessato, almeno sessanta giorni prima dell'installazione dell'impianto, deve comunicare alla regione nel cui territorio si trova il sito prescelto le specifiche dettagliate relative alla campagna di attività, allegando l'autorizzazione di cui al comma 1 e l'iscrizione all'Albo nazionale gestori ambientali, nonché l'ulteriore documentazione richiesta. La regione può adottare prescrizioni integrative oppure può vietare l'attività con provvedi mento motivato qualora lo svolgimento della stessa nello specifico sito non sia compatibile con la tutela dell'ambiente o della salute pubblica.
16. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, eccetto quelli per i quali sia completata la procedura di valutazione di impatto ambientale.
17. Fatti salvi l'obbligo di tenuta dei registri di carico e scarico da parte dei soggetti di cui all'articolo 190 ed il divieto di miscelazione di cui all'articolo 187, le disposizioni del presente articolo non si applicano al deposito temporaneo effettuato nel rispetto delle condizioni stabilite dall'articolo 183, comma 1, lettera m).
17-bis. L'autorizzazione di cui al presente articolo deve essere comunicata, a cura dell'amministrazione competente al rilascio della stessa, al Catasto dei rifiuti di cui all'articolo 189 attraverso il Catasto telematico e secondo gli standard concordati con ISPRA che cura l'inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, dei seguenti elementi identificativi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica:
a) ragione sociale;
b) sede legale dell'impresa autorizzata;
c) sede dell'impianto autorizzato;
d) attività di gestione autorizzata;
e) i rifiuti oggetto dell'attività di gestione;
f) quantità autorizzate;
g) scadenza dell'autorizzazione.
17-ter. La comunicazione dei dati di cui al comma 17-bis deve avvenire senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica tra i sistemi informativi regionali esistenti, e il Catasto telematico secondo standard condivisi.
18. In caso di eventi incidenti sull'autorizzazione, questi sono comunicati, previo avviso all'interessato, al Catasto dei rifiuti di cui all'articolo 189.
19. Le procedure di cui al presente articolo si applicano anche per la realizzazione di varianti sostanziali in corso d'opera o di esercizio che comportino modifiche a seguito delle quali gli impianti non sono più conformi all'autorizzazione rilasciata.
20. …
Giurisprudenza Collegata: T.A.R. Lombardia, 549/2011; Cass. Pen. 12876/2019;
Art. 209
Rinnovo delle autorizzazioni alle imprese in possesso di certificazione ambientale
1. Nel rispetto delle normative comunitarie, in sede di espletamento delle procedure previste per il rinnovo delle autorizzazioni all'esercizio di un impianto ovvero per il rinnovo dell'iscrizione all'Albo di cui all'articolo 212, le imprese che risultino registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 1221/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, sull'adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit, che abroga il regolamento (CE) n. 761/2001 e le decisioni della Commissione 2001/681/CE e 2006/193/CE o certificati Uni En Iso 14001, possono sostituire tali autorizzazioni con autocertificazione resa alle autorità competenti, ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
2. L'autocertificazione di cui al comma 1 deve essere accompagnata da una copia conforme del certificato di registrazione ottenuto ai sensi dei regolamenti e degli standard parametrici di cui al medesimo comma 1, nonché da una denuncia di prosecuzione delle attività, attestante la conformità dell'impresa, dei mezzi e degli impianti alle prescrizioni legislative e regolamentari, con allegata una certificazione dell'esperimento di prove a ciò destinate, ove previste.
3. L'autocertificazione e i relativi documenti, di cui ai commi 1 e 2, sostituiscono a tutti gli effetti l'autorizzazione alla prosecuzione, ovvero all'esercizio delle attività previste dalle norme di cui al comma 1 e ad essi si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1992, n. 300. Si applicano, altresì, le disposizioni sanzionatorie di cui all'articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
4. L'autocertificazione e i relativi documenti mantengono l'efficacia sostitutiva di cui al comma 3 fino ad un periodo massimo di centottanta giorni successivi alla data di comunicazione all'interessato della decadenza, a qualsiasi titolo avvenuta, della registrazione ottenuta ai sensi dei regolamenti e degli standard parametrici di cui al comma 1.
5. Salva l'applicazione delle sanzioni specifiche e salvo che il fatto costituisca più grave reato, in caso di accertata falsità delle attestazioni contenute nell'autocertificazione e dei relativi documenti, si applica l'articolo 483 del codice penale nei confronti di chiunque abbia sottoscritto la documentazione di cui ai commi 1 e 2.
6. Resta ferma l'applicazione del titolo II-bis della parte seconda del presente decreto, relativo alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento, per gli impianti rientranti nel campo di applicazione del medesimo.
7. I titoli abilitativi di cui al presente articolo devono essere comunicati, a cura dell'amministrazione che li rilascia, all'ISPRA che cura l'inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, degli elementi identificativi di cui all'articolo 208, comma 17, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
7-bis. La comunicazione dei dati di cui al comma 7 deve avvenire senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica tra i sistemi informativi regionali esistenti, e il Catasto telematico secondo standard condivisi.
Art. 210
Articolo abrogato dal d.lgs. 3 dicembre 2010, n. 205
Art. 211
Autorizzazione di impianti di ricerca e di sperimentazione
1. I termini di cui agli articoli 208 e 210 sono ridotti alla metà per l'autorizzazione alla realizzazione ed all'esercizio di impianti di ricerca e di sperimentazione qualora siano rispettate le seguenti condizioni:
a) le attività di gestione degli impianti non comportino utile economico;
b) gli impianti abbiano una potenzialità non superiore a 5 tonnellate al giorno, salvo deroghe giustificate dall'esigenza di effettuare prove di impianti caratterizzati da innovazioni, che devono però essere limitate alla durata di tali prove.
2. La durata dell'autorizzazione di cui al comma 1 è di due anni, salvo proroga che può essere concessa previa verifica annuale dei risultati raggiunti e non può comunque superare altri due anni.
3. Qualora il progetto o la realizzazione dell'impianto non siano stati approvati e autorizzati entro il termine di cui al comma 1, l'interessato può presentare istanza al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che si esprime nei successivi sessanta giorni di concerto con i Ministri delle attività produttive e dell'istruzione, dell'università e della ricerca. La garanzia finanziaria in tal caso è prestata a favore dello Stato.
4. In caso di rischio di agenti patogeni o di sostanze sconosciute e pericolose dal punto di vista sanitario, l'autorizzazione di cui al comma 1 è rilasciata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che si esprime nei successivi sessanta giorni, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
5. L'autorizzazione di cui al presente articolo deve essere comunicata, a cura dell'amministrazione che la rilascia, all'ISPRA che cura l'inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, degli elementi identificativi di cui all'articolo 208, comma 16 senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
5-bis. La comunicazione dei dati di cui al comma 5 deve avvenire senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica tra i sistemi informativi regionali esistenti, e il Catasto telematico secondo standard condivisi.
Art. 212
Albo nazionale gestori ambientali
1. È costituito, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, l'Albo nazionale gestori ambientali, di seguito denominato Albo, articolato in un Comitato nazionale, con sede presso il medesimo Ministero, ed in Sezioni regionali e provinciali, istituite presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura dei capoluoghi di regione e delle province autonome di Trento e di Bolzano. I componenti del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali e provinciali durano in carica cinque anni.
2. Con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sono istituite sezioni speciali del Comitato nazionale per ogni singola attività soggetta ad iscrizione all'Albo, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, e ne vengono fissati composizione e competenze. Il Comitato nazionale dell'Albo ha potere deliberante ed è composto da diciannove membri effettivi di comprovata e documentata esperienza tecnico-economica o giuridica nelle materie ambientali nominati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e designati rispettivamente:
a) due dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di cui uno con funzioni di Presidente;
b) uno dal Ministro dello sviluppo economico, con funzioni di vice-Presidente;
c) uno dal Ministro della salute;
d) uno dal Ministro dell'economia e delle finanze e) uno dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
f) uno dal Ministro dell'interno;
g) tre dalle regioni;
h) uno dall'Unione italiana delle Camere di commercio industria, artigianato e agricoltura;
i) otto dalle organizzazioni imprenditoriali maggiormente rappresentative delle categorie economiche interessate, di cui due dalle organizzazioni rappresentative della categoria degli autotrasportatori e due dalle organizzazioni che rappresentano i gestori dei rifiuti e uno delle organizzazioni rappresentative delle imprese che effettuano attività di bonifica dei siti e di bonifica di beni contenenti amianto. Per ogni membro effettivo è nominato un supplente.
3. Le Sezioni regionali e provinciali dell'Albo sono istituite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e sono composte:
a) dal Presidente della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura o da un membro del Consiglio camerale all'uopo designato dallo stesso, con funzioni di Presidente;
b) da un funzionario o dirigente di comprovata esperienza nella materia ambientale designato dalla regione o dalla provincia autonoma, con funzioni di vice-Presidente;
c) da un funzionario o dirigente di comprovata esperienza nella materia ambientale, designato dall'Unione regionale delle province o dalla provincia autonoma;
d) da un esperto di comprovata esperienza nella materia ambientale, designato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
e) - f) …
4. …
5. L'iscrizione all'Albo è requisito per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti, di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi. Sono esonerati dall'obbligo di cui al presente comma le organizzazioni di cui agli articoli 221, comma 3, lettere a) e c), 223, 224, 228, 233, 234, 235 e 236, al decreto legislativo 20 novembre 2008, n. 188, e al decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, limitatamente all'attività di intermediazione e commercio senza detenzione di rifiuti oggetto previste nei citati articoli. Per le aziende speciali, i consorzi di comuni e le società di gestione dei servizi pubblici ci cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, l'iscrizione all'Albo è effettuata con apposita comunicazione del comune o del consorzio di comuni alla sezione regionale territorialmente competente ed è valida per i servizi di gestione dei rifiuti urbani prodotti nei medesimi comuni. Le iscrizioni di cui al presente comma, già effettuate alla data di entrata in vigore della presente disposizione, rimangono efficaci fino alla loro naturale scadenza.
6. L'iscrizione deve essere rinnovata ogni cinque anni e costituisce titolo per l'esercizio delle attività di raccolta, di trasporto, di commercio e di intermediazione dei rifiuti; per le altre attività l'iscrizione abilita allo svolgimento delle attività medesime.
7. Gli enti e le imprese iscritte all'Albo per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti pericolosi sono esonerate dall'obbligo di iscrizione per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti non pericolosi a condizione che tale ultima attività non comporti variazione della classe per la quale le imprese sono iscritte.
8. I produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti, nonché i produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti pericolosi in quantità non eccedenti trenta chilogrammi o trenta litri al giorno, non sono soggetti alle disposizioni di cui ai commi 5, 6, e 7 a condizione che tali operazioni costituiscano parte integrante ed accessoria dell'organizzazione dell'impresa dalla quale i rifiuti sono prodotti.
Detti soggetti non sono tenuti alla prestazione delle garanzie finanziarie e sono iscritti in un'apposita sezione dell'Albo in base alla presentazione di una comunicazione alla sezione regionale o provinciale dell'Albo territorialmente competente che rilascia il relativo provvedimento entro i successivi trenta giorni. Con la comunicazione l'interessato attesta sotto la sua responsabilità, ai sensi dell'articolo 21 della legge n. 241 del 1990: a) la sede dell'impresa, l'attività o le attività dai quali sono prodotti i rifiuti; b) le caratteristiche, la natura dei rifiuti prodotti; c) gli estremi identificativi e l'idoneità tecnica dei mezzi utilizzati per il trasporto dei rifiuti, tenuto anche conto delle modalità di effettuazione del trasporto medesimo; d) l'avvenuto versamento del diritto annuale di registrazione di 50 euro rideterminabile ai sensi dell'articolo 21 del decreto del Ministro dell'ambiente 28 aprile 1998, n. 406. L'iscrizione deve essere rinnovata ogni 10 anni e l'impresa è tenuta a comunicare ogni variazione intervenuta successivamente all'iscrizione. Le iscrizioni di cui al presente comma, effettuate entro il 14 aprile 2008 ai sensi e per gli effetti della normativa vigente a quella data, dovranno essere aggiornate entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.
9. Le imprese di cui ai commi 5 e 8 tenute ad aderire sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), procedono, in relazione a ciascun autoveicolo utilizzato per la raccolta e il trasporto dei rifiuti, all'adempimento degli obblighi stabiliti dall'articolo 3, comma 6, lettera c), del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in data in data 17 dicembre 2009. La Sezione regionale dell'Albo procede, in sede di prima applicazione entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, alla sospensione d'ufficio dall'Albo degli autoveicoli per i quali non è stato adempiuto l'obbligo di cui al precedente periodo. Trascorsi tre mesi dalla sospensione senza che l'obbligo di cui sopra sia stato adempiuto, l'autoveicolo è di diritto e con effetto immediato cancellato dall'Albo.
10. L'iscrizione all'Albo per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti pericolosi, per l'attività di intermediazione e di commercio dei rifiuti senza detenzione dei medesimi, è subordinata alla prestazione di idonee garanzie finanziarie a favore dello Stato i cui importi e modalità sono stabiliti con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze. Tali garanzie sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 1221/2009, e del quaranta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001. Fino alla data di entrata in vigore dei predetti decreti si applicano la modalità e gli importi previsti dal decreto del Ministro dell'ambiente in data 8 ottobre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 1 del 2 gennaio 1997, come modificato dal decreto del Ministro dell'ambiente in data 23 aprile 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 148 del 26 giugno 1999.
11. Le imprese che effettuano le attività di bonifica dei siti e di bonifica dei beni contenenti amianto devono prestare idonee garanzie finanziarie a favore della regione territorialmente competente per ogni intervento di bonifica nel rispetto dei criteri generali di cui all'articolo 195, comma 2, lettera g). Tali garanzie sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, e del quaranta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001.
12. Sono iscritti all'Albo le imprese e gli operatori logistici presso le stazioni ferroviarie, gli interporti, gli impianti di terminalizzazione, gli scali merci e i porti ai quali, nell'ambito del trasporto intermodale, sono affidati rifiuti in attesa della presa in carico degli stessi da parte dell'impresa ferroviaria o navale o dell'impresa che effettua il successivo trasporto, nel caso di trasporto navale, il raccomandatario marittimo di cui alla legge 4 aprile 1977, n. 135, è delegato dall'armatore o noleggiatore, che effettuano il trasporto, per gli adempimenti relativi al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a). L'iscrizione deve essere rinnovata ogni cinque anni e non è subordinata alla prestazione delle garanzie finanziarie.
13. L'iscrizione all'Albo ed i provvedimenti di sospensione, di revoca, di decadenza e di annullamento dell'iscrizione, nonché l'accettazione, la revoca e lo svincolo delle garanzie finanziarie che devono essere prestate a favore dello Stato sono deliberati dalla Sezione regionale dell'Albo della regione ove ha sede legale l'impresa interessata, in base alla normativa vigente ed alle direttive emesse dal Comitato nazionale.
14. Avverso i provvedimenti delle Sezioni regionali dell'Albo gli interessati possono proporre, nel termine di decadenza di trenta giorni dalla notifica dei provvedimenti stessi, ricorso al Comitato nazionale dell'Albo
15. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il parere del Comitato nazionale, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, sono definite le attribuzioni e le modalità organizzative dell'Albo, i requisiti tecnici e finanziari delle imprese, i requisiti dei responsabili tecnici delle medesime, i termini e le modalità di iscrizione, i diritti annuali d'iscrizione. Fino all'adozione dei predetto decreto, continuano ad applicarsi, per quanto compatibili, le disposizioni del decreto del Ministro dell'ambiente 28 aprile 1998, n. 406, e delle deliberazioni del Comitato nazionale dell'Albo.
Il decreto di cui al presente comma si informa ai seguenti principi:
a) individuazione di requisiti per l'iscrizione, validi per tutte le sezioni, al fine di uniformare le procedure;
b) coordinamento con la vigente normativa sull'autotrasporto, sul trasporto ferroviario, sul trasporto via mare e per via navigabile interna, in coerenza con la finalità di cui alla lettera a);
c) effettiva copertura delle spese attraverso i diritti di segreteria e i diritti annuali di iscrizione;
d) ridefinizione dei diritti annuali d'iscrizione relativi alle imprese di trasporto dei rifiuti iscritte all'Albo nazionale gestori ambientali;
e) interconnessione e interoperabilità con le pubbliche amministrazioni competenti alla tenuta di pubblici registri;
f) riformulazione del sistema disciplinare-sanzionatorio dell'Albo e delle cause di cancellazione dell'iscrizione;
g) definizione delle competenze e delle responsabilità del responsabile tecnico.
16. Nelle more dell'emanazione dei decreti di cui al presente articolo, continuano ad applicarsi le disposizioni disciplinanti l'Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti vigenti alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, la cui abrogazione è differita al momento della pubblicazione dei suddetti decreti.
17. Agli oneri per il funzionamento del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali e provinciali si provvede con le entrate derivanti dai diritti di segreteria e dai diritti annuali d'iscrizione, secondo le previsioni, anche relative alle modalità di versamento e di utilizzo, che saranno determinate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Fino all'adozione del citato decreto, si applicano le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente in data 29 dicembre 1993, e successive modificazioni, e le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente in data 13 dicembre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 51 del 1° marzo 1995. Le somme di cui all'articolo 7 comma 7, del decreto del Ministro dell'ambiente 29 in data dicembre 1993 sono versate al Capo XXXII, capitolo 2592, articolo 04, dell'entrata del Bilancio dello Stato, per essere riassegnate, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, al Capitolo 7082 dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
18. I compensi da corrispondere ai componenti del Comitato nazionale dell'Albo e delle Sezioni regionali dell'Albo sono determinati ai sensi dell'articolo 7, comma 5, del decreto del Ministro dell'ambiente 28 aprile 1998, 406.
19. La disciplina regolamentare dei casi in cui, ai sensi degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, l'esercizio di un'attività privata può essere intrapreso sulla base della denuncia di inizio dell'attività non si applica alle domande di iscrizione e agli atti di competenza dell'Albo.
20 - 28 ….
Art. 213
Autorizzazioni integrate ambientali
1. Le autorizzazioni integrate ambientali rilasciate ai sensi del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sostituiscono ad ogni effetto, secondo le modalità ivi previste:
a) le autorizzazioni di cui al presente capo;
b) la comunicazione di cui all'articolo 216, limitatamente alle attività non ricadenti nella categoria 5 dell'Allegato I del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, che, se svolte in procedura semplificata, sono escluse dall'autorizzazione ambientale integrata, ferma restando la possibilità di utilizzare successivamente le procedure semplificate previste dal capo V.
2. …
CAPO V
PROCEDURE SEMPLIFICATE
Art. 214
Determinazione delle attività e delle caratteristiche dei rifiuti per l'ammissione alle procedure semplificate
1. Le procedure semplificate di cui al presente capo devono garantire in ogni caso un elevato livello di protezione ambientale e controlli efficaci ai sensi e nel rispetto di quanto disposto dall'articolo 177, comma 4.
2. Con decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, della salute e, per i rifiuti agricoli e le attività che generano i fertilizzanti, con il Ministro delle politiche agricole e forestali, sono adottate per ciascun tipo di attività le norme, che fissano i tipi e le quantità di rifiuti e le condizioni in base alle quali le attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuate dai produttori nei luoghi di produzione degli stessi e le attività di recupero di cui all'Allegato C alla parte quarta del presente decreto sono sottoposte alle procedure semplificate di cui agli articoli 215 e 216. Con la medesima procedura si provvede all'aggiornamento delle predette norme tecniche e condizioni.
3. Le norme e le condizioni di cui al comma 2 e le procedure semplificate devono garantire che i tipi o le quantità di rifiuti ed i procedimenti e metodi di smaltimento o di recupero siano tali da non costituire un pericolo per la salute dell'uomo e da non recare pregiudizio all'ambiente. In particolare, ferma restando la disciplina del decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, per accedere alle procedure semplificate, le attività di trattamento termico e di recupero energetico devono, inoltre, rispettare le seguenti condizioni:
a) siano utilizzati combustibili da rifiuti urbani oppure rifiuti speciali individuati per frazioni omogenee;
b) i limiti di emissione non siano superiori a quelli stabiliti per gli impianti di incenerimento e coincenerimento dei rifiuti dalla normativa vigente, con particolare riferimento al decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133;
c) sia garantita la produzione di una quota minima di trasformazione del potere calorifico dei rifiuti in energia utile calcolata su base annuale;
d) siano rispettate le condizioni, le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui agli articoli 215, commi 1 e 2, e 216, commi 1, 2 e 3.
4. Sino all'adozione dei decreti di cui al comma 2 relativamente alle attività di recupero continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998 e 12 giugno 2002, n. 161.
5. L'adozione delle norme e delle condizioni di cui al comma 2 deve riguardare, in primo luogo, i rifiuti indicati nella lista verde di cui all'Allegato III del regolamento (CE), n. 1013/2006.
6. Per la tenuta dei registri di cui agli articoli 215, comma 3, e 216, comma 3, e per l'effettuazione dei controlli periodici, l'interessato è tenuto a versare alla provincia territorialmente competente un diritto di iscrizione annuale determinato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e dell'economia e delle finanze. Nelle more dell'emanazione del predetto decreto, si applicano le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 21 luglio 1998, n. 350.All'attuazione dei compiti indicati dal presente comma le Province provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
7. La costruzione di impianti che recuperano rifiuti nel rispetto delle condizioni, delle prescrizioni e delle norme tecniche di cui ai commi 2 e 3 è disciplinata dalla normativa nazionale e comunitaria in materia di qualità dell'aria e di inquinamento atmosferico da impianti industriali e dalle altre disposizioni che regolano la costruzione di impianti industriali.
L'autorizzazione all'esercizio nei predetti impianti di operazioni di recupero di rifiuti non individuati ai sensi del presente articolo resta comunque sottoposta alle disposizioni di cui agli articoli 208, 209 e 211.
8. Alle denunce, alle comunicazioni e alle domande disciplinate dal presente capo si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni relative alle attività private sottoposte alla disciplina degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
Si applicano, altresì, le disposizioni di cui all'articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241. A condizione che siano rispettate le condizioni, le norme tecniche e le prescrizioni specifiche adottate ai sensi dei commi 1, 2 e 3 dell'articolo 216, l'esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti può essere intrapresa decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia.
9. Le province comunicano al catasto dei rifiuti di cui all'articolo 189, attraverso il Catasto telematico e secondo gli standard concordati con ISPRA, che cura l'inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, dei seguenti elementi identificativi delle imprese iscritte nei registri di cui agli articoli 215, comma 3, e 216, comma 3:
a) ragione sociale;
b) sede legale dell'impresa;
c) sede dell'impianto;
d) tipologia di rifiuti oggetto dell'attività di gestione;
e) relative quantità;
f) attività di gestione;
g) data di iscrizione nei registri di cui agli articoli 215, comma 3, e 216, comma 3.
10. La comunicazione dei dati di cui al comma 9 deve avvenire senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica tra i sistemi informativi regionali esistenti, e il Catasto telematico secondo standard condivisi.
11. Con uno o più decreti, emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministro dello sviluppo economico, sono individuate le condizioni alle quali l'utilizzo di un combustibile alternativo, in parziale sostituzione dei combustibili fossili tradizionali, in impianti soggetti al regime di cui al Titolo III-bis della Parte II, dotati di certificazione di qualità ambientale, sia da qualificarsi, ad ogni effetto, come modifica non sostanziale. I predetti decreti possono stabilire, nel rispetto dell'articolo 177, comma 4, le opportune modalità di integrazione ed unificazione delle procedure, anche presupposte, per l'aggiornamento dell'autorizzazione integrata ambientale, con effetto di assorbimento e sostituzione di ogni altro prescritto atto di assenso. Alle strutture eventualmente necessarie, ivi incluse quelle per lo stoccaggio e l'alimentazione del combustibile alternativo, realizzate nell'ambito del sito dello stabilimento qualora non già autorizzate ai sensi del precedente periodo, si applica il regime di cui agli articoli 22 e 23 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni.
Art. 214-bis
Sgombero della neve
1. Le attività di sgombero della neve effettuate dalle pubbliche amministrazioni o da loro delegati, dai concessionari di reti infrastrutturali o infrastrutture non costituisce detenzione ai fini della lettera a) comma 1 dell'articolo 183.
Art. 215
Autosmaltimento
1. A condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui all'articolo 214, commi 1, 2 e 3, e siano tenute in considerazione le migliori tecniche disponibili, le attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuate nel luogo di produzione dei rifiuti stessi possono essere intraprese decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia territorialmente competente, …
2. Le norme tecniche di cui al comma 1 prevedono in particolare:
a) il tipo, la quantità e le caratteristiche dei rifiuti da smaltire;
b) il ciclo di provenienza dei rifiuti;
c) le condizioni per la realizzazione e l'esercizio degli impianti;
d) le caratteristiche dell'impianto di smaltimento;
e) la qualità delle emissioni e degli scarichi idrici nell'ambiente.
3. La provincia iscrive in un apposito registro le imprese che effettuano la comunicazione di inizio di attività ed entro il termine di cui al comma 1 verifica d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti. A tal fine, alla comunicazione di inizio di attività, a firma del legale rappresentante dell'impresa, è allegata una relazione dalla quale deve risultare:
a) il rispetto delle condizioni e delle norme tecniche specifiche di cui al comma 1;
b) il rispetto delle norme tecniche di sicurezza e delle procedure autorizzative previste dalla normativa vigente.
4. Qualora la provincia, qualora accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1, dispone con provvedimento motivato il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell'attività, salvo che l'interessato non provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine e secondo le prescrizioni stabiliti dall'amministrazione.
5. La comunicazione di cui al comma 1 deve essere rinnovata ogni cinque anni e, comunque, in caso di modifica sostanziale delle operazioni di autosmaltimento.
6. Restano sottoposte alle disposizioni di cui agli articoli 208, 209, 210 e 211 le attività di autosmaltimento di rifiuti pericolosi e la discarica di rifiuti.
Art. 216
Operazioni di recupero
1. A condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui all'articolo 214, commi 1, 2 e 3, l'esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti può essere intrapreso decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia territorialmente competente …
Nelle ipotesi di rifiuti elettrici ed elettronici di cui all'articolo 227, comma 1, lettera a), di veicoli fuori uso di cui all'articolo 227, comma 1, lettera c), e di impianti di coincenerimento, l'avvio delle attività è subordinato all'effettuazione di una visita preventiva, da parte della provincia competente per territorio, da effettuarsi entro sessanta giorni dalla presentazione della predetta comunicazione.
2. Le condizioni e le norme tecniche di cui al comma 1, in relazione a ciascun tipo di attività, prevedono in particolare:
a) per i rifiuti non pericolosi:
1) le quantità massime impiegabili;
2) la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti utilizzabili nonché le condizioni specifiche alle quali le attività medesime sono sottoposte alla disciplina prevista dal presente articolo;
3) le prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione ai tipi o alle quantità dei rifiuti ed ai metodi di recupero, i rifiuti stessi siano recuperati senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente;
b) per i rifiuti pericolosi:
1) le quantità massime impiegabili;
2) la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti;
3) le condizioni specifiche riferite ai valori limite di sostanze pericolose contenute nei rifiuti, ai valori limite di emissione per ogni tipo di rifiuto ed al tipo di attività e di impianto utilizzato, anche in relazione alle altre emissioni presenti in sito;
4) gli altri requisiti necessari per effettuare forme diverse di recupero;
5) le prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione al tipo ed alle quantità di sostanze pericolose contenute nei rifiuti ed ai metodi di recupero, i rifiuti stessi siano recuperati senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti e metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente.
3. La provincia iscrive in un apposito registro le imprese che effettuano la comunicazione di inizio di attività e, entro il termine di cui al comma 1, verifica d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti. A tal fine, alla comunicazione di inizio di attività, a firma del legale rappresentante dell'impresa, è allegata una relazione dalla quale risulti:
a) il rispetto delle nonne tecniche e delle condizioni specifiche di cui al comma 1;
b) il possesso dei requisiti soggettivi richiesti per la gestione dei rifiuti;
c) le attività di recupero che si intendono svolgere;
d) lo stabilimento, la capacità di recupero e il ciclo di trattamento o di combustione nel quale i rifiuti stessi sono destinati ad essere recuperati, nonché l'utilizzo di eventuali impianti mobili;
e) le caratteristiche merceologiche dei prodotti derivanti dai cicli di recupero.
4. Qualora la competente Sezione regionale dell'Albo accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1, la medesima sezione propone alla provincia di disporre, con provvedimento motivato, il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell'attività, salvo che l'interessato non provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine e secondo le prescrizioni stabiliti dall'amministrazione.
5. La comunicazione di cui al comma 1 deve essere rinnovata ogni cinque anni e comunque in caso di modifica sostanziale delle operazioni di recupero.
6. La procedura semplificata di cui al presente articolo sostituisce, limitatamente alle variazioni qualitative e quantitative delle emissioni determinate dai rifiuti individuati dalle norme tecniche di cui al comma 1 che già fissano i limiti di emissione in relazione alle attività di recupero degli stessi, l'autorizzazione di cui all'articolo 269 in caso di modifica sostanziale dell'impianto.
7. Alle attività di cui al presente articolo si applicano integralmente le norme ordinarie per il recupero e lo smaltimento qualora i rifiuti non vengano destinati in modo effettivo al recupero.
8. Fermo restando il rispetto dei limiti di emissione in atmosfera di cui all'articolo 214, comma 4, lettera b), e dei limiti delle altre emissioni inquinanti stabilite da disposizioni vigenti e fatta salva l'osservanza degli altri vincoli a tutela dei profili sanitari e ambientali, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive, determina modalità, condizioni e misure relative alla concessione di incentivi finanziari previsti da disposizioni legislative vigenti a favore dell'utilizzazione dei rifiuti in via prioritaria in operazioni di riciclaggio e di recupero per ottenere materie, sostanze, oggetti, nonché come combustibile per produrre energia elettrica, tenuto anche conto del prevalente interesse pubblico al recupero energetico nelle centrali elettriche di rifiuti urbani sottoposti a preventive operazioni di trattamento finalizzate alla produzione di combustibile da rifiuti e di quanto previsto dal decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e successive modificazioni, nonché dalla direttiva 2009/28/CE e dalle relative disposizioni di recepimento.
8-bis. Le operazioni di messa in riserva dei rifiuti pericolosi individuati ai sensi del presente articolo sono sottoposte alle procedure semplificate di comunicazione di inizio di attività solo se effettuate presso l'impianto dove avvengono le operazioni di riciclaggio e di recupero previste ai punti da R1 a R9 dell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto.
8-ter. Fatto salvo quanto previsto dal comma 8, le norme tecniche di cui ai commi 1, 2 e 3 stabiliscono le caratteristiche impiantistiche dei centri di messa in riserva di rifiuti non pericolosi non localizzati presso gli impianti dove sono effettuate le operazioni di riciclaggio e di recupero individuate ai punti da R1 a R9 dell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto, nonché le modalità di stoccaggio e i termini massimi entro i quali i rifiuti devono essere avviati alle predette operazioni.
9 - 15 …
Art. 216-bis
Oli usati
1. Fatti salvi gli obblighi riguardanti la gestione dei rifiuti pericolosi, gli oli usati sono gestiti in base alla classificazione attribuita ad essi ai sensi e per gli effetti dell´articolo 184, nel rispetto delle disposizioni della parte IV del presente decreto e, in particolare, secondo l´ordine di priorità di cui all'articolo 179, comma 1.
2. Fermo quanto previsto dall'articolo 187, il deposito temporaneo, la raccolta e il trasporto degli oli usati sono realizzati in modo da tenere costantemente separate, per quanto tecnicamente possibile, tipologie di oli usati da destinare, secondo l´ordine di priorità di cui all'articolo 179, comma 1, a processi di trattamento diversi fra loro. È fatto comunque divieto di miscellare gli oli minerali usati con altri tipi di rifiuti o di sostanze.
3. Gli oli usati devono essere gestiti:
a) in via prioritaria, tramite rigenerazione tesa alla produzione di basi lubrificanti;
b) in via sussidiaria e, comunque, nel rispetto dell´ordine di priorità di cui all'articolo 179, comma 1, qualora la rigenerazione sia tecnicamente non fattibile ed economicamente impraticabile, tramite combustione, nel rispetto delle disposizioni di cui al titolo III-bis della parte II del presente decreto e al decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133;
c) in via residuale, qualora le modalità di trattamento di cui alle precedenti lettere a) e b) non siano tecnicamente praticabili a causa della composizione degli oli usati, tramite operazioni di smaltimento di cui all'Allegato B della parte IV del presente decreto.
4. Al fine di dare priorità alla rigenerazione degli oli usati, le spedizioni transfrontaliere di oli usati dal territorio italiano verso impianti di incenerimento e coincenerimento collocati al di fuori del territorio nazionale, sono escluse nella misura in cui ricorrano le condizioni di cui agli articoli 11 e 12 del regolamento (CE) n. 1013/2006. Si applicano i principi di cui agli articoli 177 e 178, nonché il principio di prossimità.
5. Le spedizioni transfrontaliere di oli usati dal territorio italiano verso impianti di rigenerazione collocati al di fuori del territorio nazionale sono valutate ai sensi del regolamento (CE) n. 1013/2006 e, in particolare, dell'articolo 12 del predetto regolamento.
6. Ai fini di cui al comma 5, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può individuare con uno o più decreti gli elementi da valutare secondo le facoltà concesse alle autorità di spedizione o di transito nell'esercizio delle competenze di cui agli articoli 11 e 12 del regolamento (CE) n. 1013/2006.
7. Con uno o più regolamenti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare da adottarsi, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono definite le norme tecniche per la gestione di oli usati in conformità a quanto disposto dal presente articolo.
8. I composti usati fluidi o liquidi solo parzialmente formati di olio minerale o sintetico, compresi i residui oleosi di cisterna, i miscugli di acqua e olio, le emulsioni ed altre miscele oleose sono soggette alla disciplina sugli oli usati.
Art. 216-ter
Comunicazioni alla Commissione europea
1. I piani di gestione ed i programmi di prevenzione di cui all'articolo 199, commi 1 e 3, lettera r) e le loro eventuali revisioni sostanziali, sono comunicati al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, utilizzando il formato adottato in sede comunitaria, per la successiva trasmissione alla Commissione europea.
2. Con cadenza triennale, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare comunica alla Commissione europea le informazioni sull'applicazione della direttiva 2008/98/CE, inviando una relazione settoriale in formato elettronico sulla base di un questionario o di uno schema inviato dalla Commissione europea stessa sei mesi prima del periodo contemplato dalla citata relazione settoriale.
3. La relazione di cui al comma 2, trasmessa la prima volta alla Commissione europea entro nove mesi dalla fine del triennio che decorre dal 12 dicembre 2010, prevede, tra l'altro, le informazioni sulla gestione degli oli usati, sui progressi compiuti nell'attuazione dei programmi di prevenzione dei rifiuti, di cui all'articolo 199, comma 3, lettera r), e sulla misure previste dall'eventuale attuazione del principio della responsabilità estesa del produttore, di cui all'articolo 178-bis, comma 1, lettera a).
4. Gli obiettivi di cui all'articolo 181 relativi alla preparazione per il riutilizzo e al riciclaggio di rifiuti, sono comunicati alla Commissione europea con i tempi e le modalità descritte nei commi 2 e 3.
5. La parte quarta del presente decreto nonché i provvedimenti inerenti la gestione dei rifiuti, sono comunicati alla Commissione europea.
TITOLO II
GESTIONE DEGLI IMBALLAGGI
Art. 217
Ambito di applicazione
1. Il presente titolo disciplina la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sia per prevenirne e ridurne l'impatto sull'ambiente ed assicurare un elevato livello di tutela dell'ambiente, sia per garantire il funzionamento del mercato, nonché per evitare discriminazioni nei confronti dei prodotti importati, prevenire l'insorgere di ostacoli agli scambi e distorsioni della concorrenza e garantire il massimo rendimento possibile degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, in conformità alla direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994, come integrata e modificata dalla direttiva 2004/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, di cui la parte quarta del presente decreto costituisce recepimento nell'ordinamento interno. I sistemi di gestione devono essere aperti alla partecipazione degli operatori economici interessati.
2. La disciplina di cui al comma 1 riguarda la gestione di tutti gli imballaggi immessi sul mercato nazionale e di tutti i rifiuti di imballaggio derivanti dal loro impiego, utilizzati o prodotti da industrie, esercizi commerciali, uffici, negozi, servizi, nuclei domestici, a qualsiasi titolo, qualunque siano i materiali che li compongono. Gli operatori delle rispettive filiere degli imballaggi nel loro complesso garantiscono, secondo i principi della "responsabilità condivisa", che l'impatto ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sia ridotto al minimo possibile per tutto il ciclo di vita.
3. Restano fermi i vigenti requisiti in materia di qualità degli imballaggi, come quelli relativi alla sicurezza, alla protezione della salute e all'igiene dei prodotti imballati, nonché le vigenti disposizioni in materia di trasporto e sui rifiuti pericolosi.
Art. 218
Definizioni
1. Ai fini dell'applicazione del presente titolo si intende per:
a) imballaggio: il prodotto, composto di materiali di qualsiasi natura, adibito a contenere determinate merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, a proteggerle, a consentire la loro manipolazione e la loro consegna dal produttore al consumatore o all'utilizzatore, ad assicurare la loro presentazione, nonché gli articoli a perdere usati allo stesso scopo;
b) imballaggio per la vendita o imballaggio primario: imballaggio concepito in modo da costituire, nel punto di vendita, un'unità di vendita per l'utente finale o per il consumatore;
c) imballaggio multiplo o imballaggio secondario: imballaggio concepito in modo da costituire, nel punto di vendita, il raggruppamento di un certo numero di unità di vendita, indipendentemente dal fatto che sia venduto come tale all'utente finale o al consumatore, o che serva soltanto a facilitare il rifornimento degli scaffali nel punto di vendita. Esso può essere rimosso dal prodotto senza alterarne le caratteristiche;
d) imballaggio per il trasporto o imballaggio terziario: imballaggio concepito in modo da facilitare la manipolazione ed il trasporto di merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, di un certo numero di unità di vendita oppure di imballaggi multipli per evitare la loro manipolazione ed i danni connessi al trasporto, esclusi i container per i trasporti stradali, ferroviari marittimi ed aerei;
e) imballaggio riutilizzabile: imballaggio o componente di imballaggio che è stato concepito e progettato per sopportare nel corso del suo ciclo di vita un numero minimo di viaggi o rotazioni all'interno di un circuito di riutilizzo;
f) rifiuto di imballaggio: ogni imballaggio o materiale di imballaggio, rientrante nella definizione di rifiuto di cui all'articolo 183, comma 1, lettera a), esclusi i residui della produzione;
g) gestione dei rifiuti di imballaggio: le attività di gestione di cui all'articolo 183, comma 1, lettera d);
h) prevenzione: riduzione, in particolare attraverso lo sviluppo di prodotti e di tecnologie non inquinanti, della quantità e della nocività per l'ambiente sia delle materie e delle sostanze utilizzate negli imballaggi e nei rifiuti di imballaggio, sia degli imballaggi e rifiuti di imballaggio nella fase del processo di produzione, nonché in quella della commercializzazione, della distribuzione, dell'utilizzazione e della gestione post-consumo;
i) riutilizzo: qualsiasi operazione nella quale l'imballaggio concepito e progettato per poter compiere, durante il suo ciclo di vita, un numero minimo di spostamenti o rotazioni è riempito di nuovo o reimpiegato per un uso identico a quello per il quale è stato concepito, con o senza il supporto di prodotti ausiliari presenti sul mercato che consentano il riempimento dell'imballaggio stesso; tale imballaggio riutilizzato diventa rifiuto di imballaggio quando cessa di essere reimpiegato;
l) riciclaggio: ritrattamento in un processo di produzione dei rifiuti di imballaggio per la loro funzione originaria o per altri fini, incluso il riciclaggio organico e ad esclusione del recupero di energia;
m) recupero dei rifiuti generati da imballaggi: le operazioni che utilizzano rifiuti di imballaggio per generare materie prime secondarie, prodotti o combustibili, attraverso trattamenti meccanici, termici, chimici o biologici, inclusa la cernita, e, in particolare, le operazioni previste nell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto;
n) recupero di energia: l'utilizzazione di rifiuti di imballaggio combustibili quale mezzo per produrre energia mediante termovalorizzazione con o senza altri rifiuti ma con recupero di calore;
o) riciclaggio organico: il trattamento aerobico (compostaggio) o anaerobico (biometanazione), ad opera di microrganismi e in condizioni controllate, delle parti biodegradabili dei rifiuti di imballaggio, con produzione di residui organici stabilizzanti o di biogas con recupero energetico, ad esclusione dell'interramento in discarica, che non può essere considerato una forma di riciclaggio organico;
p) smaltimento: ogni operazione finalizzata a sottrarre definitivamente un imballaggio o un rifiuto di imballaggio dal circuito economico e/o di raccolta e, in particolare, le operazioni previste nell'Allegato B alla parte quarta del presente decreto;
q) operatori economici: i produttori, gli utilizzatori, i recuperatori, i riciclatori, gli utenti finali, le pubbliche amministrazioni e i gestori;
r) produttori: i fornitori di materiali di imballaggio, i fabbricanti, i trasformatori e gli importatori di imballaggi vuoti e di materiali di imballaggio;
s) utilizzatori: i commercianti, i distributori, gli addetti al riempimento, gli utenti di imballaggi e gli importatori di imballaggi pieni;
t) pubbliche amministrazioni e gestori: i soggetti e gli enti che provvedono alla organizzazione, controllo e gestione del servizio di raccolta, trasporto, recupero e smaltimento di rifiuti urbani nelle forme di cui alla parte quarta del presente decreto o loro concessionari;
u) utente finale: il soggetto che nell'esercizio della sua attività professionale acquista, come beni strumentali, articoli o merci imballate;
v) consumatore: il soggetto che fuori dall'esercizio di una attività professionale acquista o importa per proprio uso imballaggi, articoli o merci imballate;
z) accordo volontario: accordo formalmente concluso tra le pubbliche amministrazioni competenti e i settori economici interessati, aperto a tutti i soggetti interessati, che disciplina i mezzi, gli strumenti e le azioni per raggiungere gli obiettivi di cui all'articolo 220;
aa) filiera: organizzazione economica e produttiva che svolge la propria attività, dall'inizio del ciclo di lavorazione al prodotto finito di imballaggio, nonché svolge attività di recupero e riciclo a fine vita dell'imballaggio stesso;
bb) ritiro: l'operazione di ripresa dei rifiuti di imballaggio primari o comunque conferiti al servizio pubblico, nonché dei rifiuti speciali assimilati, gestita dagli operatori dei servizi di igiene urbana o simili;
cc) ripresa: l'operazione di restituzione degli imballaggi usati secondari e terziari dall'utilizzatore o utente finale, escluso il consumatore, al fornitore della merce o distributore e, a ritroso, lungo la catena logistica di fornitura fino al produttore dell' imballaggio stesso;
dd) imballaggio usato: imballaggio secondario o terziario già utilizzato e destinato ad essere ritirato o ripreso.
2. La definizione di imballaggio di cui alle lettere da a) ad e) del comma 1 è inoltre basata sui criteri interpretativi indicati nell'articolo 3 della direttiva 94/62/CEE, così come modificata dalla direttiva 2004/12/CE e sugli esempi illustrativi riportati nell'Allegato E alla parte quarta del presente decreto.
Art. 219
Criteri informatori dell'attività di gestione dei rifiuti di imballaggio
1. L'attività di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio si informa ai seguenti principi generali:
a) incentivazione e promozione della prevenzione alla fonte della quantità e della pericolosità nella fabbricazione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, soprattutto attraverso iniziative, anche di natura economica in conformità ai principi del diritto comunitario, volte a promuovere lo sviluppo di tecnologie pulite ed a ridurre a monte la produzione e l'utilizzazione degli imballaggi, nonché a favorire la produzione di imballaggi riutilizzabili ed il loro concreto riutilizzo;
b) incentivazione del riciclaggio e del recupero di materia prima, sviluppo della raccolta differenziata di rifiuti di imballaggio e promozione di opportunità di mercato per incoraggiare l'utilizzazione dei materiali ottenuti da imballaggi riciclati e recuperati;
c) riduzione del flusso dei rifiuti di imballaggio destinati allo smaltimento finale attraverso le altre forme di recupero;
d) applicazione di misure di prevenzione consistenti in programmi nazionali o azioni analoghe da adottarsi previa consultazione degli operatori economici interessati.
2. Al fine di assicurare la responsabilizzazione degli operatori economici conformemente al principio "chi inquina paga" nonché la cooperazione degli stessi secondo i principi della "responsabilità condivisa", l'attività di gestione dei rifiuti di imballaggio si ispira, inoltre, ai seguenti principi:
a) individuazione degli obblighi di ciascun operatore economico, garantendo che il costo della raccolta differenziata, della valorizzazione e dell'eliminazione dei rifiuti di imballaggio sia sostenuto dai produttori e dagli utilizzatori in proporzione alle quantità di imballaggi immessi sul mercato nazionale e che la pubblica amministrazione organizzi la raccolta differenziata;
b) promozione di forme di cooperazione tra i soggetti pubblici e privati;
c) informazione agli utenti degli imballaggi ed in particolare ai consumatori secondo le disposizioni del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, di attuazione della direttiva 2003/4/CE sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale;
d) incentivazione della restituzione degli imballaggi usati e del conferimento dei rifiuti di imballaggio in raccolta differenziata da parte del consumatore.
3. Le informazioni di cui alla lettera c) del comma 2 riguardano in particolare:
a) i sistemi di restituzione, di raccolta e di recupero disponibili;
b) il ruolo degli utenti di imballaggi e dei consumatori nel processo di riutilizzazione, di recupero e di riciclaggio degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio;
c) il significato dei marchi apposti sugli imballaggi quali si presentano sul mercato;
d) gli elementi significativi dei programmi di gestione per gli imballaggi ed i rifiuti di imballaggio, di cui all'articolo 225, comma 1, e gli elementi significativi delle specifiche previsioni contenute nei piani regionali ai sensi dell'articolo 225, comma 6.
4. In conformità alle determinazioni assunte dalla Commissione dell'Unione europea, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive, sono adottate le misure tecniche necessarie per l'applicazione delle disposizioni del presente titolo, con particolare riferimento agli imballaggi pericolosi, anche domestici, nonché agli imballaggi primari di apparecchiature mediche e prodotti farmaceutici, ai piccoli imballaggi ed agli imballaggi di lusso.
Qualora siano coinvolti aspetti sanitari, il predetto decreto è adottato di concerto con il Ministro della salute.
5. Tutti gli imballaggi devono essere opportunamente etichettati secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive in conformità alle determinazioni adottate dalla Commissione dell'Unione europea, per facilitare la raccolta, il riutilizzo, il recupero ed il riciclaggio degli imballaggi, nonché per dare una corretta informazione ai consumatori sulle destinazioni finali degli imballaggi. Il predetto decreto dovrà altresì prescrivere l'obbligo di indicare, ai fini della identificazione e classificazione dell'imballaggio da parte dell'industria interessata, la natura dei materiali di imballaggio utilizzati, sulla base della decisione 97/129/CE della Commissione.
Art. 220
Obiettivi di recupero e di riciclaggio
1. Per conformarsi ai principi di cui all'articolo 219, i produttori e gli utilizzatori devono conseguire gli obiettivi finali di riciclaggio e di recupero dei rifiuti di imballaggio in conformità alla disciplina comunitaria indicati nell'Allegato E alla parte quarta del presente decreto.
2. Per garantire il controllo del raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio e di recupero, il Consorzio nazionale degli imballaggi di cui all'articolo 224 acquisisce da tutti i soggetti che operano nel settore degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggi i dati relativi al riciclaggio e al recupero degli stessi e comunica annualmente alla Sezione nazionale del Catasto dei rifiuti, utilizzando il modello unico di dichiarazione di cui all'articolo 1 della legge 25 gennaio 1994, n. 70, i dati, riferiti all'anno solare precedente, relativi al quantitativo degli imballaggi per ciascun materiale e per tipo di imballaggio immesso sul mercato, nonché, per ciascun materiale, la quantità degli imballaggi riutilizzati e dei rifiuti di imballaggio riciclati e recuperati provenienti dal mercato nazionale. Le predette comunicazioni possono essere presentate dai soggetti di cui all'articolo 221, comma 3, lettere a) e c), per coloro i quali hanno aderito ai sistemi gestionali ivi previsti ed inviate contestualmente al Consorzio nazionale imballaggi. I rifiuti di imballaggio esportati dalla Comunità sono presi in considerazione, ai fini dell'adempimento degli obblighi e del conseguimento degli obiettivi di cui al comma 1, solo se sussiste idonea documentazione comprovante che l'operazione di recupero e/o di riciclaggio è stata effettuata con modalità equivalenti a quelle previste al riguardo dalla legislazione comunitaria. L'Autorità di cui all'articolo 207, entro centoventi giorni dalla sua istituzione, redige un elenco dei Paesi extracomunitari in cui le operazioni di recupero e/o di riciclaggio sono considerate equivalenti a quelle previste al riguardo dalla legislazione comunitaria, tenendo conto anche di eventuali decisioni e orientamenti dell'Unione europea in materia.
3. …
4. Le pubbliche amministrazioni e i gestori incoraggiano, ove opportuno, l'uso di materiali ottenuti da rifiuti di imballaggio riciclati per la fabbricazione di imballaggi e altri prodotti mediante:
a) il miglioramento delle condizioni di mercato per tali materiali;
b) la revisione delle norme esistenti che impediscono l'uso di tali materiali.
5. Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 224, comma 3, lettera e), qualora gli obiettivi complessivi di riciclaggio e di recupero dei rifiuti di imballaggio come fissati al comma 1 non siano raggiunti alla scadenza prevista, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro delle attività produttive, alle diverse tipologie di materiali di imballaggi sono applicate misure di carattere economico, proporzionate al mancato raggiungimento di singoli obiettivi, il cui introito è versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze ad apposito capitolo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Dette somme saranno utilizzate per promuovere la prevenzione, la raccolta differenziata, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio.
6. Gli obiettivi di cui al comma 1 sono riferiti ai rifiuti di imballaggio generati sul territorio nazionale, nonché a tutti i sistemi di riciclaggio e di recupero al netto degli scarti e sono adottati ed aggiornati in conformità alla normativa comunitaria con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive.
7. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro delle attività produttive notificano alla Commissione dell'Unione europea, ai sensi e secondo le modalità di cui agli articoli 12, 16 e 17 della direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994, la relazione sull'attuazione delle disposizioni del presente titolo accompagnata dai dati acquisiti ai sensi del comma 2 e i progetti delle misure che si intendono adottare nell'ambito del titolo medesimo.
8. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro delle attività produttive forniscono periodicamente all'Unione europea e agli altri Paesi membri i dati sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio secondo le tabelle e gli schemi adottati dalla Commissione dell'Unione europea con la decisione 2005/270/CE del 22 marzo 2005.
Art. 221
Obblighi dei produttori e degli utilizzatori
1. I produttori e gli utilizzatori sono responsabili della corretta ed efficace gestione ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio generati dal consumo dei propri prodotti.
2. Nell'ambito degli obiettivi di cui agli articoli 205 e 220 e del Programma di cui all'articolo 225, i produttori e gli utilizzatori, su richiesta del gestore del servizio e secondo quanto previsto dall'accordo di programma di cui all'articolo 224, comma 5, adempiono all'obbligo del ritiro dei rifiuti di imballaggio primari o comunque conferiti al servizio pubblico della stessa natura e raccolti in modo differenziato. A tal fine, per garantire il necessario raccordo con l'attività di raccolta differenziata organizzata dalle pubbliche amministrazioni e per le altre finalità indicate nell'articolo 224, i produttori e gli utilizzatori partecipano al Consorzio nazionale imballaggi, salvo il caso in cui venga adottato uno dei sistemi di cui al comma 3, lettere a) e c) del presente articolo.
3. Per adempiere agli obblighi di riciclaggio e di recupero nonché agli obblighi della ripresa degli imballaggi usati e della raccolta dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari su superfici private, e con riferimento all'obbligo del ritiro, su indicazione del Consorzio nazionale imballaggi di cui all'articolo 224, dei rifiuti di imballaggio conferiti dal servizio pubblico, i produttori possono alternativamente:
a) organizzare autonomamente, la gestione dei propri rifiuti di imballaggio su tutto il territorio nazionale;
b) aderire ad uno dei consorzi di cui all'articolo 223;
c) attestare sotto la propria responsabilità che è stato messo in atto un sistema di restituzione dei propri imballaggi, mediante idonea documentazione che dimostri l'autosufficienza del sistema, nel rispetto dei criteri e delle modalità di cui ai commi 5 e 6.
4. Ai fini di cui al comma 3 gli utilizzatori sono tenuti a consegnare gli imballaggi usati secondari e terziari e i rifiuti di imballaggio secondari e terziari in un luogo di raccolta organizzato dai produttori e con gli stessi concordato. Gli utilizzatori possono tuttavia conferire al servizio pubblico i suddetti imballaggi e rifiuti di imballaggio nei limiti derivanti dai criteri determinati ai sensi dell'articolo 195, comma 2, lettera e). Periodo soppresso dal D. Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.
5. I produttori che non intendono aderire al Consorzio Nazionale Imballaggi e a un Consorzio di cui all'articolo 223, devono presentare all'Osservatorio nazionale sui rifiuti il progetto del sistema di cui al comma 3, lettere a) o c) richiedendone il riconoscimento sulla base di idonea documentazione. Il progetto va presentato entro novanta giorni dall'assunzione della qualifica di produttore ai sensi dell'articolo 218, comma 1, lettera r) o prima del recesso da uno dei suddetti Consorzi. Il recesso è, in ogni caso, efficace solo dal momento in cui, intervenuto il riconoscimento, l'Osservatorio accerti il funzionamento del sistema e ne dia comunicazione al Consorzio, permanendo fino a tale momento l'obbligo di corrispondere il contributo ambientale di cui all'articolo 224, comma 3, lettera h). Per ottenere il riconoscimento i produttori devono dimostrare di aver organizzato il sistema secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, che il sistema sarà effettivamente ed autonomamente funzionante e che sarà in grado di conseguire, nell'ambito delle attività svolte, gli obiettivi di recupero e di riciclaggio di cui all'articolo 220. I produttori devono inoltre garantire che gli utilizzatori e gli utenti finali degli imballaggi siano informati sulle modalità del sistema adottato. L'Osservatorio, sulla base dei necessari elementi di valutazione forniti dal Consorzio nazionale imballaggi, si esprime entro novanta giorni dalla richiesta. In caso di mancata risposta nel termine sopra indicato, l'interessato chiede al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'adozione dei relativi provvedimenti sostitutivi da emanarsi nei successivi sessanta giorni. L'Osservatorio sarà tenuto a presentare una relazione annuale di sintesi relativa a tutte le istruttorie esperite. Sono fatti salvi i riconoscimenti già operati ai sensi della previgente normativa.
6. I produttori di cui al comma 5 elaborano e trasmettono al Consorzio nazionale imballaggi di cui all'articolo 224 un proprio Programma specifico di prevenzione che costituisce la base per l'elaborazione del programma generale di cui all'articolo 225.
7. Entro il 30 settembre di ogni anno i produttori di cui al comma 5 presentano all'Autorità prevista dall'articolo 207 e al Consorzio nazionale imballaggi un piano specifico di prevenzione e gestione relativo all'anno solare successivo, che sarà inserito nel programma generale di prevenzione e gestione di cui all'articolo 225.
8. Entro il 31 maggio di ogni anno, i produttori di cui al comma 5 sono inoltre tenuti a presentare all'Autorità prevista dall'articolo 207 ed al Consorzio nazionale imballaggi una relazione sulla gestione relativa all'anno solare precedente, comprensiva dell'indicazione nominativa degli utilizzatori che, fino al consumo, partecipano al sistema di cui al comma 3, lettere a) o c), del programma specifico e dei risultati conseguiti nel recupero e nel riciclo dei rifiuti di imballaggio; nella stessa relazione possono essere evidenziati i problemi inerenti il raggiungimento degli scopi istituzionali e le eventuali proposte di adeguamento della normativa.
9. Il mancato riconoscimento del sistema ai sensi del comma 5, o la revoca disposta dall'Autorità, previo avviso all'interessato, qualora i risultati ottenuti siano insufficienti per conseguire gli obiettivi di cui all'articolo 220 ovvero siano stati violati gli obblighi previsti dai commi 6 e 7, comportano per i produttori l'obbligo di partecipare ad uno dei consorzi di cui all'articolo 223 e, assieme ai propri utilizzatori di ogni livello fino al consumo, al consorzio previsto dall'articolo 224. I provvedimenti dell'Autorità sono comunicati ai produttori interessati e al Consorzio nazionale imballaggi. L'adesione obbligatoria ai consorzi disposta in applicazione del presente comma ha effetto retroattivo ai soli fini della corresponsione del contributo ambientale previsto dall'articolo 224, comma 3, lettera h), e dei relativi interessi di mora. Ai produttori e agli utilizzatori che, entro novanta giorni dal ricevimento della comunicazione dell'Autorità, non provvedano ad aderire ai consorzi e a versare le somme a essi dovute si applicano inoltre le sanzioni previste dall'articolo 261.
10. Sono a carico dei produttori e degli utilizzatori:
a) i costi per il ritiro degli imballaggi usati e la raccolta dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari;
b) il corrispettivo per i maggiori oneri relativi alla raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio conferiti al servizio pubblico per i quali l'Autorità d'ambito richiede al Consorzio nazionale imballaggi o per esso ai soggetti di cui al comma 3 di procedere al ritiro;
c) i costi per il riutilizzo degli imballaggi usati;
d) i costi per il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio;
e) i costi per lo smaltimento dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari.
11. La restituzione di imballaggi usati o di rifiuti di imballaggio, ivi compreso il conferimento di rifiuti in raccolta differenziata, non deve comportare oneri economici per il consumatore.
Art. 222
Raccolta differenziata e obblighi della pubblica amministrazione
1. La pubblica amministrazione deve organizzare sistemi adeguati di raccolta differenziata in modo da permettere al consumatore di conferire al servizio pubblico rifiuti di imballaggio selezionati dai rifiuti domestici e da altri tipi di rifiuti di imballaggio. In particolare:
a) deve essere garantita la copertura omogenea del territorio in ciascun ambito territoriale ottimale, tenuto conto del contesto geografico;
b) la gestione della raccolta differenziata deve essere effettuata secondo criteri che privilegino l'efficacia, l'efficienza e l'economicità del servizio, nonché il coordinamento con la gestione di altri rifiuti.
2. Nel caso in cui l'Autorità di cui all'articolo 207 accerti che le pubbliche amministrazioni non abbiano attivato sistemi adeguati di raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio, anche per il raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo 205, ed in particolare di quelli di recupero e riciclaggio di cui all'articolo 220, può richiedere al Consorzio nazionale imballaggi di sostituirsi ai gestori dei servizi di raccolta differenziata, anche avvalendosi di soggetti pubblici o privati individuati dal Consorzio nazionale imballaggi medesimo mediante procedure trasparenti e selettive, in via temporanea e d'urgenza, comunque per un periodo non superiore a ventiquattro mesi, sempre che ciò avvenga all'interno di ambiti ottimali opportunamente identificati, per l'organizzazione e/o integrazione del servizio ritenuto insufficiente. Qualora il Consorzio nazionale imballaggi, per raggiungere gli obiettivi di recupero e riciclaggio previsti dall'articolo 220, decida di aderire alla richiesta, verrà al medesimo corrisposto il valore della tariffa applicata per la raccolta dei rifiuti urbani corrispondente, al netto dei ricavi conseguiti dalla vendita dei materiali e del corrispettivo dovuto sul ritiro dei rifiuti di imballaggio e delle frazioni merceologiche omogenee. Ove il Consorzio nazionale imballaggi non dichiari di accettare entro quindici giorni dalla richiesta, l'Autorità, nei successivi quindici giorni, individua, mediante procedure trasparenti e selettive, un soggetto di comprovata e documentata affidabilità e capacità a cui affidare la raccolta differenziata e conferire i rifiuti di imballaggio in via temporanea e d'urgenza, fino all'espletamento delle procedure ordinarie di aggiudicazione del servizio e comunque per un periodo non superiore a dodici mesi, prorogabili di ulteriori dodici mesi in caso di impossibilità oggettiva e documentata di aggiudicazione.
3. Le pubbliche amministrazioni incoraggiano, ove opportuno, l'utilizzazione di materiali provenienti da rifiuti di imballaggio riciclati per la fabbricazione di imballaggi e altri prodotti.
4. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro delle attività produttive curano la pubblicazione delle misure e degli obiettivi oggetto delle campagne di informazione di cui all'articolo 224, comma 3, lettera g).
5. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive cura la pubblicazione delle norme nazionali che recepiscono le norme armonizzate di cui all'articolo 226, comma 3, e ne dà comunicazione alla Commissione dell'Unione europea.
Art. 223
Consorzi
1. I produttori che non provvedono ai sensi dell'articolo 221, comma 3, lettere a) e c), costituiscono un Consorzio per ciascun materiale di imballaggio di cui all'allegato E della parte quarta del presente decreto, operante su tutto il territorio nazionale. Ai Consorzi possono partecipare i recuperatori, ed i riciclatori che non corrispondono alla categoria dei produttori, previo accordo con gli altri consorziati ed unitamente agli stessi.
2. I consorzi di cui al comma 1 hanno personalità giuridica di diritto privato senza fine di lucro e sono retti da uno statuto adottato in conformità ad uno schema tipo, redatto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, conformemente ai principi del presente decreto e, in particolare, a quelli di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Lo statuto adottato da ciascun consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che lo approva nei successivi novanta giorni, con suo provvedimento adottato di concerto con il Ministro delle attività produttive. Ove il Ministro ritenga di non approvare lo statuto trasmesso, per motivi di legittimità o di merito, lo ritrasmette al consorzio richiedente con le r elative osservazioni. Entro il 31 dicembre 2008 i Consorzi già riconosciuti dalla previgente normativa adeguano il proprio statuto in conformità al nuovo schema tipo e ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera Concorrenza nelle attività di settore, ai sensi dell'articolo 221, comma 2. Nei consigli di amministrazione dei consorzi il numero dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei riciclatori e dei recuperatori deve essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori di materie prime di imballaggio. Lo statuto adottato da ciascun Consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze, salvo motivate osservazioni cui i Consorzi sono tenuti ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora i Consorzi non ottemperino nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico. Il decreto ministeriale di approvazione dello statuto dei consorzi è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.
3. I consorzi di cui al comma 1 e 2 sono tenuti a garantire l'equilibrio della propria gestione finanziaria. A tal fine i mezzi finanziari per il funzionamento dei predetti consorzi derivano dai contributi dei consorziati e dai versamenti effettuati dal Consorzio nazionale imballaggi ai sensi dell'articolo 224, comma 3, lettera h), secondo le modalità indicate dall'articolo 224, comma 8, dai proventi della cessione, nel rispetto dei principi della concorrenza e della corretta gestione ambientale, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio ripresi, raccolti o ritirati, nonché da altri eventuali proventi e contributi di consorziati o di terzi.
4. Ciascun Consorzio mette a punto e trasmette al CONAI e all'Osservatorio nazionale sui rifiuti un proprio programma pluriennale di prevenzione della produzione di rifiuti d'imballaggio entro il 30 settembre di ogni anno.
5. Entro il 30 settembre di ogni anno i consorzi di cui al presente articolo presentano all'Autorità prevista dall'articolo 207 e al Consorzio nazionale imballaggi un piano specifico di prevenzione e gestione relativo all'anno solare successivo, che sarà inserito nel programma generale di prevenzione e gestione.
6. Entro il 31 maggio di ogni anno, i consorzi di cui al presente articolo sono inoltre tenuti a presentare all'Osservatorio nazionale sui rifiuti ed al Consorzio nazionale imballaggi una relazione sulla gestione relativa all'anno precedente, con l'indicazione nominativa dei consorziati, il programma specifico ed i risultati conseguiti nel recupero e nel riciclo dei rifiuti di imballaggio.
Art. 224
Consorzio nazionale imballaggi
1. Per il raggiungimento degli obiettivi globali di recupero e di riciclaggio e per garantire il necessario coordinamento dell'attività di raccolta differenziata, i produttori e gli utilizzatori, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 221, comma 2, partecipano in forma paritaria al Consorzio nazionale imballaggi, in seguito denominato CONAI, che ha personalità giuridica di diritto privato senza fine di lucro ed è retto da uno statuto approvato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive.
2. Entro il 30 giugno 2008, il CONAI adegua il proprio statuto ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore, ai sensi dell'articolo 221, comma 2. Lo statuto adottato è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che lo approva di concerto con il Ministro delle attività produttive, salvo motivate osservazioni cui il CONAI è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il CONAI non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive.
3. Il CONAI svolge le seguenti funzioni:
a) definisce, in accordo con le regioni e con le pubbliche amministrazioni interessate, gli ambiti territoriali in cui rendere operante un sistema integrato che comprenda la raccolta, la selezione e il trasporto dei materiali selezionati a centri di raccolta o di smistamento;
b) definisce, con le pubbliche amministrazioni appartenenti ai singoli sistemi integrati di cui alla lettera a), le condizioni generali di ritiro da parte dei produttori dei rifiuti selezionati provenienti dalla raccolta differenziata;
c) elabora ed aggiorna, valutati i programmi specifici di prevenzione di cui agli articoli 221, comma 6, e 223, comma 4, il Programma generale per la prevenzione e la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio di cui all'articolo 225;
d) promuove accordi di programma con gli operatori economici per favorire il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio e ne garantisce l'attuazione;
e) assicura la necessaria cooperazione tra i consorzi di cui all'articolo 223, i soggetti di cui all'articolo 221, comma 3, lettere a) e c) e gli altri operatori economici, anche eventualmente destinando una quota del contributo ambientale CONAI, di cui alla lettera h), ai consorzi che realizzano percentuali di recupero o di riciclo superiori a quelle minime indicate nel Programma generale, al fine del conseguimento degli obiettivi globali di cui all'Allegato E alla parte quarta del presente decreto. Ai consorzi che non raggiungono i singoli obiettivi di recupero è in ogni caso ridotta la quota del contributo ambientale ad essi riconosciuto dal Conai;
f) indirizza e garantisce il necessario raccordo tra le amministrazioni pubbliche, i consorzi e gli altri operatori economici;
g) organizza, in accordo con le pubbliche amministrazioni, le campagne di informazione ritenute utili ai fini dell'attuazione del Programma generale;
h) ripartisce tra i produttori e gli utilizzatori il corrispettivo per i maggiori oneri della raccolta differenziata di cui all'articolo 221, comma 10, lettera b), nonché gli oneri per il riciclaggio e per il recupero dei rifiuti di imballaggio conferiti al servizio di raccolta differenziata, in proporzione alla quantità totale, al peso ed alla tipologia del materiale di imballaggio immessi sul mercato nazionale, al netto delle quantità di imballaggi usati riutilizzati nell'anno precedente per ciascuna tipologia di materiale. A tal fine determina e pone a carico dei consorziati, con le modalità individuate dallo statuto, anche in base alle utilizzazioni e ai criteri di cui al comma 8, il contributo denominato contributo ambientale CONAI;
i) promuove il coordinamento con la gestione di altri rifiuti previsto dall'articolo 222, comma 1, lettera b), anche definendone gli ambiti di applicazione;
l) promuove la conclusione, su base volontaria, di accordi tra i consorzi di cui all'articolo 223 e i soggetti di cui all'articolo 221, comma 3, lettere a) e c), con soggetti pubblici e privati. Tali accordi sono relativi alla gestione ambientale della medesima tipologia di materiale oggetto dell'intervento dei consorzi con riguardo agli imballaggi, esclusa in ogni caso l'utilizzazione del contributo ambientale CONAI;
m) fornisce i dati e le informazioni richieste dall'Autorità di cui all'articolo 207 e assicura l'osservanza degli indirizzi da questa tracciati.
n) acquisisce da enti pubblici o privati, nazionali o esteri, i dati relativi ai flussi degli imballaggi in entrata e in uscita dal territorio nazionale e i dati degli operatori economici coinvolti. Il conferimento di tali dati al CONAI e la raccolta, l'elaborazione e l'utilizzo degli stessi da parte di questo si considerano, ai fini di quanto previsto dall'articolo 178, comma 1, di rilevante interesse pubblico ai sensi dell'articolo 53 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
4. Per il raggiungimento degli obiettivi pluriennali di recupero e riciclaggio, gli eventuali avanzi di gestione accantonati dal CONAI e dai consorzi di cui all'articolo 223 nelle riserve costituenti il loro patrimonio netto non concorrono alla formazione del reddito, a condizione che sia rispettato il divieto di distribuzione, sotto qualsiasi forma, ai consorziati ed agli aderenti di tali avanzi e riserve, anche in caso di scioglimento dei predetti sistemi gestionali, dei consorzi e del CONAI.
5. Il CONAI può stipulare un accordo di programma quadro su base nazionale con l'Associazione nazionale Comuni italiani (ANCI), con l'Unione delle province italiane (UPI) o con le Autorità d'ambito al fine di garantire l'attuazione del principio di corresponsabilità gestionale tra produttori, utilizzatori e pubbliche amministrazioni.
In particolare, tale accordo stabilisce:
a) l'entità dei maggiori oneri per la raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio, di cui all'articolo 221, comma 10, lettera
b), da versare alle competenti pubbliche amministrazioni, determinati secondo criteri di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza di gestione del servizio medesimo, nonché sulla base della tariffa di cui all'articolo 238, dalla data di entrata in vigore della stessa;
b) gli obblighi e le sanzioni posti a carico delle parti contraenti;
c) le modalità di raccolta dei rifiuti da imballaggio in relazione alle esigenze delle attività di riciclaggio e di recupero.
6. L'accordo di programma di cui al comma 5 è trasmesso all'Autorità di cui all'articolo 207, che può richiedere eventuali modifiche ed integrazioni entro i successivi sessanta giorni.
7. Ai fini della ripartizione dei costi di cui al comma 3, lettera h), sono esclusi dal calcolo gli imballaggi riutilizzabili immessi sul mercato previa cauzione.
8. Il contributo ambientale del Conai è utilizzato in via prioritaria per il ritiro degli imballaggi primari o comunque conferiti al servizio pubblico e, in via accessoria, per l'organizzazione dei sistemi di raccolta, recupero e riciclaggio dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari. A tali fini, tale contributo è attribuito dal Conai, sulla base di apposite convenzioni, ai soggetti di cui all'articolo 223, in proporzione alla quantità totale, al peso ed alla tipologia del materiale di imballaggio immessi sul mercato nazionale, al netto delle quantità di imballaggi usati riutilizzati nell'anno precedente per ciascuna tipologia di materiale. Il CONAI provvede ai mezzi finanziari necessari per lo svolgimento delle proprie funzioni con i proventi dell'attività, con i contributi dei consorziati e con una quota del contributo ambientale CONAI, determinata nella misura necessaria a far fronte alle spese derivanti dall'espletamento, nel rispetto dei criteri di contenimento dei costi e di efficienza della gestione, delle funzioni conferitegli dal presente titolo. nonché con altri contributi e proventi di consorziati e di terzi, compresi quelli dei soggetti di cui all'articolo 221, lettere a) e c), per le attività svolte in loro favore in adempimento alle prescrizioni di legge.
9. L'applicazione del contributo ambientale CONAI esclude l'assoggettamento del medesimo bene e delle materie prime che lo costituiscono ad altri contributi con finalità ambientali previsti dalla parte quarta del presente decreto o comunque istituiti in applicazione del presente decreto.
10. Al Consiglio di amministrazione del CONAI partecipa con diritto di voto un rappresentante dei consumatori indicato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dal Ministro delle attività produttive.
11. …
12. In caso di mancata stipula dell'accordo di cui al comma 5, entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare invita le parti a trovare un'intesa entro sessanta giorni, decorsi i quali senza esito positivo, provvede direttamente, d'intesa con Ministro dello sviluppo economico, a definire il corrispettivo di cui alla lettera a) del comma 5. L'accordo di cui al comma 5 è sottoscritto, per le specifiche condizioni tecniche ed economiche relative al ritiro dei rifiuti di ciascun materiale d'imballaggio, anche dal competente Consorzio di cui all'articolo 223. Nel caso in cui uno di questi Consorzi non lo sottoscriva e/o non raggiunga le intese necessarie con gli enti locali per il ritiro dei rifiuti d'imballaggio, il Conai subentra nella conclusione delle convenzioni locali al fine di assicurare il raggiungimento degli obiettivi di recupero e di riciclaggio previsti dall'articolo 220.
13. Nel caso siano superati, a livello nazionale, gli obiettivi finali di riciclaggio e di recupero dei rifiuti di imballaggio indicati nel programma generale di prevenzione e gestione degli imballaggi di cui all'articolo 225, il CONAI adotta, nell'ambito delle proprie disponibilità finanziarie, forme particolari di incentivo per il ritiro dei rifiuti di imballaggi nelle aree geografiche che non abbiano ancora raggiunto gli obiettivi di raccolta differenziata di cui all'articolo 205, comma 1, entro i limiti massimi di riciclaggio previsti dall'Allegato E alla parte quarta del presente decreto.
Art. 225
Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio
1. Sulla base dei programmi specifici di prevenzione di cui agli articoli 221, comma 6, e 223, comma 4, il CONAI elabora annualmente un Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio che individua, con riferimento alle singole tipologie di materiale di imballaggio, le misure per conseguire i seguenti obiettivi:
a) prevenzione della formazione dei rifiuti di imballaggio;
b) accrescimento della proporzione della quantità di rifiuti di imballaggio riciclabili rispetto alla quantità di imballaggi non riciclabili;
c) accrescimento della proporzione della quantità di rifiuti di imballaggio riutilizzabili rispetto alla quantità di imballaggi non riutilizzabili;
d) miglioramento delle caratteristiche dell'imballaggio allo scopo di permettere ad esso di sopportare più tragitti o rotazioni nelle condizioni di utilizzo normalmente prevedibili;
e) realizzazione degli obiettivi di recupero e riciclaggio.
2. Il Programma generale di prevenzione determina, inoltre:
a) la percentuale in peso di ciascuna tipologia di rifiuti di imballaggio da recuperare ogni cinque anni e, nell'ambito di questo obiettivo globale, sulla base della stessa scadenza, la percentuale in peso da riciclare delle singole tipologie di materiali di imballaggio, con un minimo percentuale in peso per ciascun materiale;
b) gli obiettivi intermedi di recupero e riciclaggio rispetto agli obiettivi di cui alla lettera a).
3. Entro il 30 novembre di ogni anno il CONAI trasmette all'Osservatorio nazionale sui rifiuti un piano specifico di prevenzione e gestione relativo all'anno solare successivo, che sarà inserito nel programma generale di prevenzione e gestione.
4. La relazione generale consuntiva relativa all'anno solare precedente è trasmessa per il parere all'Autorità di cui all'articolo 207, entro il 30 giugno di ogni anno. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro delle attività produttive, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e l'ANCI si provvede alla approvazione ed alle eventuali modificazioni e integrazioni del Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio.
5. Nel caso in cui il Programma generale non sia predisposto, lo stesso è elaborato in via sostitutiva dall'Autorità di cui all'articolo 207. In tal caso gli obiettivi di recupero e riciclaggio sono quelli massimi previsti dall'allegato E alla parte quarta del presente decreto.
6. I piani regionali di cui all'articolo 199 sono integrati con specifiche previsioni per la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sulla base del programma di cui al presente articolo.
Art. 226
Divieti
1. È vietato lo smaltimento in discarica degli imballaggi e dei contenitori recuperati, ad eccezione degli scarti derivanti dalle operazioni di selezione, riciclo e recupero dei rifiuti di imballaggio.
2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 221, comma 4, è vietato immettere nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani imballaggi terziari di qualsiasi natura. Eventuali imballaggi secondari non restituiti all'utilizzatore dal commerciante al dettaglio possono essere conferiti al servizio pubblico solo in raccolta differenziata, ove la stessa sia stata attivata nei limiti previsti dall'articolo 221, comma 4.
3. Possono essere commercializzati solo imballaggi rispondenti agli standard europei fissati dal Comitato europeo normalizzazione in conformità ai requisiti essenziali stabiliti dall'articolo 9 della direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive sono aggiornati i predetti standard, tenuto conto della comunicazione della Commissione europea 2005/C44/13.
Sino all'emanazione del predetto decreto si applica l'Allegato F alla parte quarta del presente decreto.
4. È vietato immettere sul mercato imballaggi o componenti di imballaggio, ad eccezione degli imballaggi interamente costituiti di cristallo, con livelli totali di concentrazione di piombo, mercurio, cadmio e cromo esavalente superiore a 100 parti per milione (ppm) in peso. Per gli imballaggi in vetro si applica la decisione 2001/171/CE del 19 febbraio 2001 e per gli imballaggi in plastica si applica la decisione 1999/177/CE del 8 febbraio 1999.
5. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive sono determinate, in conformità alle decisioni dell'Unione europea:
a) le condizioni alle quali i livelli di concentrazione di cui al comma 4 non si applicano ai materiali riciclati e ai circuiti di produzione localizzati in una catena chiusa e controllata;
b) le tipologie di imballaggio esonerate dal requisito di cui al comma 4.
TITOLO III
GESTIONE DI PARTICOLARI CATEGORIE DI RIFIUTI
Art. 227
Rifiuti elettrici ed elettronici, rifiuti sanitari, veicoli fuori uso e prodotti contenenti amianto
1. Restano ferme le disposizioni speciali, nazionali e comunitarie relative alle altre tipologie di rifiuti, ed in particolare quelle riguardanti:
a) rifiuti elettrici ed elettronici: direttiva 2000/53/CE, direttiva 2002/95/CE e direttiva 2003/108/CE e relativo decreto legislativo di attuazione 25 luglio 2005, n. 151. Relativamente alla data di entrata in vigore delle singole disposizioni del citato provvedimento, nelle more dell'entrata in vigore di tali disposizioni, continua ad applicarsi la disciplina di cui all'articolo 44 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.
b) rifiuti sanitari: decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 2003, n. 254;
c) veicoli fuori uso: direttiva 2000/53/CE e decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, ferma restando la ripartizione degli oneri, a carico degli operatori economici, per il ritiro e trattamento dei veicoli fuori uso in conformità a quanto previsto dall'articolo 5, comma 4, della citata direttiva 2000/53/CE;
d) recupero dei rifiuti dei beni e prodotti contenenti amianto: decreto ministeriale 29 luglio 2004, n. 248.
Art. 228
Pneumatici fuori uso
1. Fermo restando il disposto di cui al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, nonché il disposto di cui agli articoli 179 e 180 del presente decreto, al fine di garantire il perseguimento di finalità di tutela ambientale secondo le migliori tecniche disponibili, ottimizzando, anche tramite attività di ricerca, sviluppo e formazione, il recupero dei pneumatici fuori uso e per ridurne la formazione anche attraverso la ricostruzione è fatto obbligo ai produttori e importatori di pneumatici di provvedere, singolarmente o in forma associata e con periodicità almeno annuale, alla gestione di quantitativi di pneumatici fuori uso pari a quelli dai medesimi immessi sul mercato e destinati alla vendita sul territorio nazionale, provvedendo anche ad attività di ricerca, sviluppo e formazione finalizzata ad ottimizzare la gestione dei pneumatici fuori uso nel rispetto dell'articolo 177, comma 1.
2. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi nel termine di giorni centoventi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, sono disciplinati i tempi e le modalità attuative dell'obbligo di cui al comma 1. In tutte le fasi della commercializzazione dei pneumatici è indicato in fattura il contributo a carico degli utenti finali necessario, anche in relazione alle diverse tipologie di pneumatici, per far fronte agli oneri derivanti dall'obbligo di cui al comma 1.
3. Il trasferimento all'eventuale struttura operativa associata, da parte dei produttori e importatori di pneumatici che ne fanno parte, delle somme corrispondenti al contributo per la gestione, calcolato sul quantitativo di pneumatici immessi sul mercato nell'anno precedente costituisce adempimento dell'obbligo di cui al comma 1 con esenzione del produttore o importatore da ogni relativa responsabilità.
4. I produttori e gli importatori di pneumatici inadempienti agli obblighi di cui al comma 1 sono assoggettati ad una sanzione amministrativa pecuniaria proporzionata alla gravità dell'inadempimento, comunque non superiore al doppio del contributo incassato per il periodo considerato.
Art. 229
Articolo abrogato dal d.lgs. 3 dicembre 2010, n. 205
Giurisprudenza Collegata: Cass. Pen. 38982/2017;
Art. 230
Rifiuti derivanti da attività di manutenzione delle infrastrutture
1. Il luogo di produzione dei rifiuti derivanti da attività di manutenzione alle infrastrutture, effettuata direttamente dal gestore dell'infrastruttura a rete e degli impianti per l'erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico o tramite terzi, può coincidere con la sede del cantiere che gestisce l'attività manutentiva o con la sede locale del gestore della infrastruttura nelle cui competenze rientra il tratto di infrastruttura interessata dai lavori di manutenzione ovvero con il luogo di concentramento dove il materiale tolto d'opera viene trasportato per la successiva valutazione tecnica, finalizzata all'individuazione del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento.
1-bis. I rifiuti derivanti dalla attività di raccolta e pulizia delle infrastrutture autostradali, con esclusione di quelli prodotti dagli impianti per l'erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico o da altre attività economiche, sono raccolti direttamente dal gestore della infrastruttura a rete che provvede alla consegna a gestori del servizio dei rifiuti solidi urbani.
2. La valutazione tecnica del gestore della infrastruttura di cui al comma 1 è eseguita non oltre sessanta giorni dalla data di ultimazione dei lavori. La documentazione relativa alla valutazione tecnica è conservata, unitamente ai registri di carico e scarico, per cinque anni.
3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche ai rifiuti derivanti da attività manutentiva, effettuata direttamente da gestori erogatori di pubblico servizio o tramite terzi, dei mezzi e degli impianti fruitori delle infrastrutture di cui al comma 1.
4. Fermo restando quanto previsto nell'articolo 190, comma 3, i registri di carico e scarico relativi ai rifiuti prodotti dai soggetti e dalle attività di cui al presente articolo possono essere tenuti nel luogo di produzione dei rifiuti così come definito nel comma 1.
5. I rifiuti provenienti dalle attività di pulizia manutentiva delle reti fognarie di qualsiasi tipologia, sia pubbliche che asservite ad edifici privati, si considerano prodotti dal soggetto che svolge l'attività di pulizia manutentiva. Tali rifiuti potranno essere conferiti direttamente ad impianti di smaltimento o recupero o, in alternativa, raggruppati temporaneamente presso la sede o unità locale del soggetto che svolge l'attività di pulizia manutentiva. I soggetti che svolgono attività di pulizia manutentiva delle reti fognarie aderiscono al sistema SISTRI ai sensi dell'articolo dell'art. 188-ter, comma 1, lettera f). Il soggetto che svolge l'attività di pulizia manutentiva è comunque tenuto all'iscrizione all'Albo dei gestori ambientali, prevista dall'articolo 212, comma 5, per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti.
Art. 231
Veicoli fuori uso non disciplinati dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209
1. Il proprietario di un veicolo a motore o di un rimorchio, con esclusione di quelli disciplinati dal decreto legislativo 24 giugno 2002, n. 209, che intenda procedere alla demolizione dello stesso deve consegnarlo ad un centro di raccolta per la messa in sicurezza, la demolizione, il recupero dei materiali e la rottamazione, autorizzato ai sensi degli articoli 208, 209 e 210. Tali centri di raccolta possono ricevere anche rifiuti costituiti da parti di veicoli a motore.
2. Il proprietario di un veicolo a motore o di un rimorchio di cui al comma 1 destinato alla demolizione può altresì consegnarlo ai concessionari o alle succursali delle case costruttrici per la consegna successiva ai centri di cui al comma 1, qualora intenda cedere il predetto veicolo o rimorchio per acquistarne un altro.
3. I veicoli a motore o i rimorchi di cui al comma 1 rinvenuti da organi pubblici o non reclamati dai proprietari e quelli acquisiti per occupazione ai sensi degli articoli 927, 928, 929 e 923 del codice civile sono conferiti ai centri di raccolta di cui al comma 1 nei casi e con le procedure determinate con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, dell'ambiente e della tutela del territorio e delle infrastrutture e dei trasporti. Fino all'adozione di tale decreto, trova applicazione il decreto 22 ottobre 1999, n. 460.
4. I centri di raccolta ovvero i concessionari o le succursali delle case costruttrici rilasciano al proprietario del veicolo o del rimorchio consegnato per la demolizione un certificato dal quale deve risultare la data della consegna, gli estremi dell'autorizzazione del centro, le generalità del proprietario e gli estremi di identificazione del veicolo, nonché l'assunzione, da parte del gestore del centro stesso ovvero del concessionario o del titolare della succursale, dell'impegno a provvedere direttamente alle pratiche di cancellazione dal Pubblico registro automobilistico (PRA).
5. La cancellazione dal PRA dei veicoli e dei rimorchi avviati a demolizione avviene esclusivamente a cura del titolare del centro di raccolta o del concessionario o del titolare della succursale senza oneri di agenzia a carico del proprietario del veicolo o del rimorchio. A tal fine, entro novanta giorni dalla consegna del veicolo o del rimorchio da parte del proprietario, il gestore del centro di raccolta, il concessionario o il titolare della succursale deve comunicare l'avvenuta consegna per la demolizione del veicolo e consegnare il certificato di proprietà, la carta di circolazione e le targhe al competente Ufficio del PRA che provvede ai sensi e per gli effetti dell'articolo 103, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.
6. Il possesso del certificato di cui al comma 4 libera il proprietario del veicolo dalla responsabilità civile, penale e amministrativa connessa con la proprietà dello stesso.
7. I gestori dei centri di raccolta, i concessionari e i titolari delle succursali delle case costruttrici di cui ai commi 1 e 2 non possono alienare, smontare o distruggere i veicoli a motore e i rimorchi da avviare allo smontaggio ed alla successiva riduzione in rottami senza aver prima adempiuto ai compiti di cui al comma 5.
8. Gli estremi della ricevuta dell'avvenuta denuncia e consegna delle targhe e dei documenti agli uffici competenti devono essere annotati sull'apposito registro di entrata e di uscita dei veicoli da tenersi secondo le norme del regolamento di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.
9. Agli stessi obblighi di cui ai commi 7 e 8 sono soggetti i responsabili dei centri di raccolta o altri luoghi di custodia di veicoli rimossi ai sensi dell'articolo 159 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, nel caso di demolizione del veicolo ai sensi dell'articolo 215, comma 4 del predetto decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.
10. È consentito il commercio delle parti di ricambio recuperate dalla demolizione dei veicoli a motore o dei rimorchi ad esclusione di quelle che abbiano attinenza con la sicurezza dei veicoli.
L'origine delle parti di ricambio immesse alla vendita deve risultare dalle fatture e dalle ricevute rilasciate al cliente.
11. Le parti di ricambio attinenti alla sicurezza dei veicoli sono cedute solo agli esercenti l'attività di autoriparazione di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 122, e, per poter essere utilizzate, ciascuna impresa di autoriparazione è tenuta a certificarne l'idoneità e la funzionalità.
12. L'utilizzazione delle parti di ricambio di cui ai commi 10 e 11 da parte delle imprese esercenti attività di autoriparazione deve risultare dalle fatture rilasciate al cliente.
13. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle attività produttive e delle infrastrutture e dei trasporti, emana le norme tecniche relative alle caratteristiche degli impianti di demolizione, alle operazioni di messa in sicurezza e all'individuazione delle parti di ricambio attinenti la sicurezza di cui al comma 11. Fino all'adozione di tale decreto, si applicano i requisiti relativi ai centri di raccolta e le modalità di trattamento dei veicoli di cui all'Allegato I del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209.
Art. 232
Rifiuti prodotti dalle navi e residui di carico
1. La disciplina di carattere nazionale relativa ai rifiuti prodotti dalle navi ed ai residui di carico è contenuta nel decreto legislativo 24 giugno 2003 n. 182.
2. Gli impianti che ricevono acque di sentina già sottoposte a un trattamento preliminare in impianti autorizzati ai sensi della legislazione vigente possono accedere alle procedure semplificate di cui al decreto 17 novembre 2005, n. 269, fermo restando che le materie prime e i prodotti ottenuti devono possedere le caratteristiche indicate al punto 6.6.4 dell'Allegato 3 del predetto decreto, come modificato dal comma 3 del presente articolo.
3. Ai punti 2.4 dell'allegato 1 e 6.6.4 dell'Allegato 3 del decreto 17 novembre 2005, n. 269 la congiunzione: "e" è sostituita dalla disgiunzione: "o".
Art. 233
Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali ed animali esausti
1. Al fine di razionalizzare ed organizzare la gestione degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti, tutti gli operatori della filiera costituiscono un Consorzio. I sistemi di gestione adottati devono conformarsi ai principi di cui all'articolo 237.
2. il Consorzio di cui al comma 1, già riconosciuto dalla previgente normativa, ha personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro e adegua il proprio statuto in conformità allo schema tipo approvato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro centoventi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, e ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Nel consiglio di amministrazione del Consorzio il numero dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei raccoglitori e dei riciclatori dei rifiuti deve essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori di materie prime. Lo statuto adottato dal consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, salvo motivate osservazioni cui il Consorzio è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni.
Qualora il Consorzio non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico; il decreto ministeriale di approvazione dello statuto del Consorzio è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.
3. I Consorzio svolgono per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti:
a) assicurano la raccolta presso i soggetti di cui al comma 12, il trasporto, lo stoccaggio, il trattamento e il recupero degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti;
b) assicurano, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di inquinamento, lo smaltimento di oli e grassi vegetali e animali esausti raccolti dei quali non sia possibile o conveniente la rigenerazione;
c) promuovono lo svolgimento di indagini di mercato e di studi di settore al fine di migliorare, economicamente e tecnicamente, il ciclo di raccolta, trasporto, stoccaggio, trattamento e recupero degli oli e grassi vegetali e animali esausti.
4. Le deliberazioni degli organi dei Consorzio, adottate in relazione alle finalità della parte quarta del presente decreto ed a norma dello statuto, sono vincolanti per tutte le imprese partecipanti.
5. Partecipano ai Consorzio:
a) le imprese che producono, importano o detengono oli e grassi vegetali ed animali esausti;
b) le imprese che riciclano e recuperano oli e grassi vegetali e animali esausti;
c) le imprese che effettuano la raccolta, il trasporto e lo stoccaggio di oli e grassi vegetali e animali esausti;
d) eventualmente, le imprese che abbiano versato contributi di riciclaggio ai sensi del comma 10, lettera d).
6. Le quote di partecipazione ai Consorzio sono determinate in base al rapporto tra la capacità produttiva di ciascun consorziato e la capacità produttiva complessivamente sviluppata da tutti i consorziati appartenenti alla medesima categoria.
7. La determinazione e l'assegnazione delle quote compete al consiglio di amministrazione dei Consorzio che vi provvede annualmente secondo quanto stabilito dallo statuto.
8. Nel caso di incapacità o di impossibilità di adempiere, per mezzo delle stesse imprese consorziate, agli obblighi di raccolta, trasporto, stoccaggio, trattamento e riutilizzo degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti stabiliti dalla parte quarta del presente decreto, il consorzio può, nei limiti e nei modi determinati dallo statuto, stipulare con le imprese pubbliche e private contratti per l'assolvimento degli obblighi medesimi.
9. Gli operatori che non provvedono ai sensi del comma 1 possono, entro centoventi giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dello Statuto tipo ai sensi del comma 2, organizzare autonomamente, la gestione degli oli e grassi vegetali e animali esausti su tutto il territorio nazionale. In tale ipotesi gli operatori stessi devono richiedere all'Autorità di cui all'articolo 207, previa trasmissione di idonea documentazione, il riconoscimento del sistema adottato. A tal fine i predetti operatori devono dimostrare di aver organizzato il sistema secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, che il sistema è effettivamente ed autonomamente funzionante e che è in grado di conseguire, nell'ambito delle attività svolte, gli obiettivi fissati dal presente articolo. Gli operatori devono inoltre garantire che gli utilizzatori e gli utenti finali siano informati sulle modalità del sistema adottato. L'Autorità, dopo aver acquisito i necessari elementi di valutazione, si esprime entro novanta giorni dalla richiesta. In caso di mancata risposta nel termine sopra indicato, l'interessato chiede al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'adozione dei relativi provvedimenti sostitutivi da emanarsi nei successivi sessanta giorni. L'Autorità è tenuta a presentare una relazione annuale di sintesi relativa a tutte le istruttorie esperite.
10. I Consorzio sono tenuti a garantire l'equilibrio della propria gestione finanziaria. Le risorse finanziarie dei Consorzio sono costituite:
a) dai proventi delle attività svolte dai Consorzio;
b) dalla gestione patrimoniale del fondo consortile;
c) dalle quote consortili;
d) dal contributo ambientale a carico dei produttori e degli importatori di oli e grassi vegetali e animali per uso alimentare destinati al mercato interno e ricadenti nelle finalità consortili di cui al comma 1, determinati annualmente con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive, al fine di garantire l'equilibrio di gestione dei Consorzio.
11. I Consorzio di cui al comma 1 ed i soggetti di cui al comma 9 trasmettono annualmente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Ministro delle attività produttive i bilanci preventivo e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro approvazione; inoltre, entro il 31 maggio di ogni anno, tali soggetti presentano agli stessi Ministri una relazione tecnica sull'attività complessiva sviluppata dagli stessi e dai loro singoli aderenti nell'anno solare precedente.
12. Decorsi novanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di approvazione dello Statuto di cui al comma 2, chiunque, in ragione della propria attività professionale, detiene oli e grassi vegetali e animali esausti è obbligato a conferirli ai Consorzio direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati dai Consorzio, fermo restando quanto previsto al comma 9. L'obbligo di conferimento non esclude la facoltà per il detentore di cedere oli e grassi vegetali e animali esausti ad imprese di altro Stato membro della Comunità europea.
13. Chiunque, in ragione della propria attività professionale ed in attesa del conferimento ai Consorzio, detenga oli e grassi animali e vegetali esausti è obbligato a stoccare gli stessi in apposito contenitore conforme alle disposizioni vigenti in materia di smaltimento.
14. Restano ferme le disposizioni comunitarie e nazionali vigenti in materia di prodotti, sottoprodotti e rifiuti di origine animale.
15. I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 5 che vengano costituiti o inizino comunque una delle attività proprie delle categorie medesime successivamente all'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto aderiscono ad uno dei Consorzio di cui al comma 1 o adottano il sistema di cui al comma 9, entro sessanta giorni dalla data di costituzione o di inizio della propria attività. …
Art. 234
Consorzio Nazionale per il riciclaggio di rifiuti di beni in Polietilene
1. Al fine di razionalizzare, organizzare e gestire la raccolta e il trattamento dei rifiuti di beni in polietilene destinati allo smaltimento, è istituito il Consorzio per il riciclaggio dei rifiuti di beni in polietilene, esclusi gli imballaggi di cui all'articolo 218, comma 1, lettere a), b), c), d), e) e dd), i beni, ed i relativi rifiuti, di cui agli articoli 227, comma 1, lettere a), b) e c), e 231,. I sistemi di gestione adottati devono conformarsi ai principi di cui all'articolo 237.
2. Con decreto del Ministro dell'ambiente delle tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, sono definiti, entro novanta giorni, i beni in polietilene, che per caratteristiche ed usi, possono essere considerati beni di lunga durata per i quali deve essere versato un contributo per il riciclo in misura ridotta in ragione del lungo periodo di impiego o per i quali non deve essere versato tale contributo in ragione di una situazione di fatto di non riciclabilità a fine vita. In attesa di tale decreto tali beni di lunga durata restano esclusi dal versamento di tale contributo.
3. Il consorzio di cui al comma 1, già riconosciuto dalla previgente normativa, ha personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro e adegua il proprio statuto in conformità allo schema tipo approvato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro centoventi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, e ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Nei consigli di amministrazione del consorzio il numero dei consiglieri dì amministrazione in rappresentanza dei raccoglitori e dei riciclatori dei rifiuti deve essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori con materie prime. Lo statuto adottato dal consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, salvo motivate osservazioni cui il consorzio è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni.
Qualora il consorzio non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico; Il decreto ministeriale di approvazione dello statuto del consorzio è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.
4. Ai Consorzio partecipano:
a) i produttori e gli importatori di beni in polietilene;
b) gli utilizzatori e i distributori di beni in polietilene;
c) i riciclatori e i recuperatori di rifiuti di beni in polietilene.
5. Ai Consorzio possono partecipare in qualità di soci aggiunti i produttori ed importatori di materie prime in polietilene per la produzione di beni in polietilene e le imprese che effettuano la raccolta, il trasporto e lo stoccaggio dei beni in polietilene. Le modalità di partecipazione vengono definite nell'ambito dello statuto di cui al comma 3.
6. I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 4 che vengano costituiti o inizino comunque una delle attività proprie delle categorie medesime successivamente all'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto aderiscono ad uno dei Consorzio di cui al comma 1 o adottano il sistema di cui al comma 7, entro sessanta giorni dalla data di costituzione o di inizio della propria attività. …
7. Gli operatori che non provvedono ai sensi del comma 1 possono entro centoventi giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dello Statuto tipo ai sensi del comma 2:
a) organizzare autonomamente, la gestione dei rifiuti di beni in polietilene su tutto il territorio nazionale;
b) mettere in atto un sistema di raccolta e restituzione dei beni in polietilene al termine del loro utilizzo, con avvio al riciclo o al recupero, previo accordi con aziende che svolgono tali attività, con quantità definite e documentate;
Nelle predette ipotesi gli operatori stessi devono richiedere all'osservatorio nazionale sui Rifiuti, previa trasmissione di idonea documentazione, il riconoscimento del sistema adottato. A tal fine i predetti operatori devono dimostrare di aver organizzato il sistema secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, che il sistema è effettivamente ed autonomamente funzionante e che è in grado di conseguire, nell'ambito delle attività svolte, gli obiettivi fissati dal presente articolo. Gli operatori devono inoltre garantire che gli utilizzatori e gli utenti finali siano informati sulle modalità del sistema adottato. L'Autorità, dopo aver acquisito i necessari elementi di valutazione, si esprime entro novanta giorni dalla richiesta. In caso di mancata risposta nel termine sopra indicato, l'interessato chiede al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'adozione dei relativi provvedimenti sostitutivi da emanarsi nei successivi sessanta giorni. L'Autorità presenta una relazione annuale di sintesi relativa a tutte le istruttorie esperite.
8. I Consorzio di cui al comma 1 si propongono come obiettivo primario di favorire il ritiro dei beni a base di polietilene al termine del ciclo di utilità per avviarli ad attività di riciclaggio e di recupero. A tal fine i Consorzio svolgono per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti:
a) promuovono la gestione del flusso dei beni a base di polietilene;
b) assicurano la raccolta, il riciclaggio e le altre forme di recupero dei rifiuti di beni in polietilene;
c) promuovono la valorizzazione delle frazioni di polietilene non riutilizzabili;
d) promuovono l'informazione degli utenti, intesa a ridurre il consumo dei materiali ed a favorire forme corrette di raccolta e di smaltimento;
e) assicurano l'eliminazione dei rifiuti di beni in polietilene nel caso in cui non sia possibile o economicamente conveniente il riciclaggio, nel rispetto delle disposizioni contro l'inquinamento.
9. Nella distribuzione dei prodotti dei consorziati, i Consorzio possono ricorrere a forme di deposito cauzionale.
10. I Consorzio sono tenuti a garantire l'equilibrio della propria gestione finanziaria. I mezzi finanziari per il funzionamento del Consorzio sono costituiti:
a) dai proventi delle attività svolte dai Consorzio;
b) dai contributi dei soggetti partecipanti;
c) dalla gestione patrimoniale del fondo consortile;
d) dall'eventuale contributo percentuale di riciclaggio di cui al comma 13.
11. Le deliberazioni degli organi dei Consorzio, adottate in relazione alle finalità della parte quarta del presente decreto ed a norma dello statuto, sono vincolanti per tutti i soggetti partecipanti.
12. I Consorzio di cui al comma 1 ed i soggetti di cui al comma 7 trasmettono annualmente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Ministro delle attività produttive il bilancio preventivo e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro approvazione. I Consorzio di cui al comma 1 ed i soggetti di cui al comma 7, entro il 31 maggio di ogni anno, presentano una relazione tecnica sull'attività complessiva sviluppata dagli stessi e dai loro singoli aderenti nell'anno solare precedente.
13. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive determina ogni due anni con proprio decreto gli obiettivi minimi di riciclaggio e, in caso di mancato raggiungimento dei predetti obiettivi, può stabilire un contributo percentuale di riciclaggio da applicarsi sull'importo netto delle fatture emesse dalle imprese produttrici ed importatrici di beni di polietilene per il mercato interno. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive determina gli obiettivi di riciclaggio a valere per il primo biennio entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto.
14. Decorsi novanta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del decreto di approvazione dello statuto di cui al comma 3, chiunque, in ragione della propria attività, detiene rifiuti di beni in polietilene è obbligato a conferirli a uno dei Consorzio riconosciuti o direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati dai Consorzio stessi, fatto comunque salvo quanto previsto dal comma 7. L'obbligo di conferimento non esclude la facoltà per il detentore di cedere i rifiuti di bene in polietilene ad imprese di altro Stato membro della Comunità europea.
Art. 235
Articolo abrogato dal d.lgs. 20 novembre 2008, n. 188
Art. 236
Consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati
1. Al fine di razionalizzare e organizzare la gestione degli oli minerali usati, da avviare obbligatoriamente alla rigenerazione tesa alla produzione di oli base, le imprese di cui al comma 4, sono tenute a partecipare all'assolvimento dei compiti previsti al comma 12 tramite adesione al consorzio di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, . I consorzio adottano sistemi di gestione conformi ai principi di cui all'articolo 237.
2. Il consorzio di cui al comma 1, già riconosciuto dalla previgente normativa, ha personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro e adegua il proprio statuto in conformità allo schema tipo approvato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro centoventi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Nei consigli di amministrazione del consorzio il numero dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei raccoglitori e dei riciclatori dei rifiuti deve essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori. Lo statuto adottato dal consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, salvo motivate osservazioni cui il consorzio è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il consorzio non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico; Il decreto ministeriale di approvazione dello statuto del consorzio è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.
3. ... Le imprese che eliminano gli oli minerali usati tramite co-combustione e all'uopo debitamente autorizzate e gli altri consorzio di cui al presente articolo sono tenute a fornire al Consorzio di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, i dati tecnici di cui al comma 12, lettera h), affinché tale consorzio comunichi annualmente tutti i dati raccolti su base nazionale ai Ministeri che esercitano il controllo, corredati da una relazione illustrativa. Alla violazione dell'obbligo si applicano le sanzioni di cui all'articolo 258 per la mancata comunicazione di cui all'articolo 189, comma 3.
4. Ai consorzio partecipano in forma Paritetica tutte le imprese che:
a) le imprese che producono, importano o mettono in commercio oli base vergini;
b) le imprese che producono oli base mediante un processo di rigenerazione;
c) le imprese che effettuano il recupero e la raccolta degli oli usati;
d) le imprese che effettuano la sostituzione e la vendita degli oli lubrificanti.
5. Le quote di partecipazione ai consorzio sono ripartite fra le categorie di imprese di cui al comma 4 e nell'ambito di ciascuna di esse sono attribuite in proporzione delle quantità di lubrificanti prodotti, commercializzati rigenerati o recuperati.
6. Le deliberazioni degli organi del consorzio, adottate in relazione alle finalità della parte quarta del presente decreto ed a norma dello statuto, sono vincolanti per tutti i consorziati. …
7. I consorzio determinano annualmente, con riferimento ai costi sopportati nell'anno al netto dei ricavi per l'assolvimento degli obblighi di cui al presente articolo, il contributo per chilogrammo dell'olio lubrificante che sarà messo a consumo nell'anno successivo. Ai fini della parte quarta del presente decreto si considerano immessi al consumo gli oli lubrificanti di base e finiti all'atto del pagamento dell'imposta di consumo.
8. Le imprese partecipanti sono tenute a versare al consorzio i contributi dovuti da ciascuna di esse secondo le modalità ed i termini fissati ai sensi del comma 9.
9. Le modalità e i termini di accertamento, riscossione e versamento dei contributi di cui al comma 8, sono stabiliti con decreto del Ministro della economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e delle attività produttive, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale entro un mese dall'approvazione dello statuto del consorzio.
10. Il consorzio di cui al comma 1 trasmettono annualmente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Ministro delle attività produttive i bilanci preventivo e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro approvazione. I consorzio di cui al comma 1, entro il 31 maggio di ogni anno, presentano al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Ministro delle attività produttive una relazione tecnica sull'attività complessiva sviluppata dagli stessi e dai loro singoli aderenti nell'anno solare precedente.
11. Lo statuto di cui al comma 2, prevede, in particolare, gli organi dei consorzio e le relative modalità di nomina.
12. I consorzio svolgono per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti:
a) promuovere la sensibilizzazione dell'opinione pubblica sulle tematiche della raccolta;
b) assicurare ed incentivare la raccolta degli oli usati ritirandoli dai detentori e dalle imprese autorizzate;
c) espletare direttamente la attività di raccolta degli oli usati dai detentori che ne facciano richiesta nelle aree in cui la raccolta risulti difficoltosa o economicamente svantaggiosa;
d) selezionare gli oli usati raccolti ai fini della loro corretta eliminazione tramite rigenerazione, combustione o smaltimento;
e) cedere gli oli usati raccolti:
1) in via prioritaria, alla rigenerazione tesa alla produzione di oli base;
2) in caso ostino effettivi vincoli di carattere tecnico economico e organizzativo, alla combustione o coincenerimento;
3) in difetto dei requisiti per l'avvio agli usi di cui ai numeri precedenti, allo smaltimento tramite incenerimento o deposito permanente;
f) perseguire ed incentivare lo studio, la sperimentazione e la realizzazione di nuovi processi di trattamento e di impiego alternativi;
g) operare nel rispetto dei principi di concorrenza, di libera circolazione dei beni, di economicità della gestione, nonché della tutela della salute e dell'ambiente da ogni inquinamento dell'aria, delle acque e del suolo;
h) annotare ed elaborare tutti i dati tecnici relativi alla raccolta ed eliminazione degli oli usati e comunicarli annualmente al Consorzio di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, affinché tale Consorzio li trasmetta ai Ministeri che esercitano il controllo, corredati da una relazione illustrativa;
i) concordare con le imprese che svolgono attività di rigenerazione i parametri tecnici per la selezione degli oli usati idonei per l'avvio alla rigenerazione;
l) incentivare la raccolta di oli usati rigenerabili;
l-bis) cedere gli oli usati rigenerabili raccolti alle imprese di rigenerazione che ne facciano richiesta in ragione del rapporto fra quantità raccolte e richieste, delle capacità produttive degli impianti previste dalle relative autorizzazioni e, per gli impianti già in funzione, della pregressa produzione di basi lubrificanti rigenerate di qualità idonea per il consumo;
l-ter) corrispondere alle imprese di rigenerazione un corrispettivo a fronte del trattamento determinato in funzione della situazione corrente del mercato delle basi lubrificanti rigenerate, dei costi di raffinazione e del prezzo ricavabile dall'avvio degli oli usati al riutilizzo tramite combustione; tale corrispettivo sarà erogato con riferimento alla quantità di base lubrificante ottenuta per tonnellata di olio usato, di qualità idonea per il consumo ed effettivamente ricavata dal processo di rigenerazione degli oli usati ceduti dal consorzio all'impresa stessa;
l-quater) assicurare l'avvio alla combustione dell'olio usato non rigenerabile ma riutilizzabile ovvero dell'olio rigenerabile non ritirato dalle imprese di rigenerazione e lo smaltimento dell'olio usato non riutilizzabile nel rispetto delle disposizioni contro l'inquinamento.
13. I consorzio possono svolgere le proprie funzioni sia direttamente che tramite mandati conferiti ad imprese per determinati e limitati settori di attività o determinate aree territoriali.
L'attività dei mandatari è svolta sotto la direzione e la responsabilità dei consorzio stessi.
14. I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 4 che vengano costituiti o inizino comunque una delle attività proprie delle categorie medesime successivamente all'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto aderiscono ad uno dei consorzio di cui al comma 1, entro sessanta giorni dalla data di costituzione o di inizio della propria attività. …
15. Decorsi novanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di approvazione dello statuto di cui al comma 2, chiunque detiene oli minerali esausti è obbligato al loro conferimento ai consorzio di cui al comma 1, direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati del consorzio o autorizzati, in base alla normativa vigente, a esercitare le attività di gestione di tali rifiuti. L'obbligo di conferimento non esclude la facoltà per il detentore di cedere gli oli minerali esausti ad imprese di altro Stato membro della Comunità europea.
16. Per il raggiungimento degli obiettivi pluriennali di recupero e riciclaggio, gli eventuali avanzi di gestione accantonati dai consorzio di cui al comma 1 nelle riserve costituenti il patrimonio netto non concorrono alla formazione del reddito, a condizione che sia rispettato il divieto di distribuzione, sotto qualsiasi forma, ai consorziati di tali avanzi e riserve, anche in caso di scioglimento dei consorzi medesimi.
Art. 237
Criteri direttivi dei sistemi di gestione
1. I sistemi di gestione adottati devono, in ogni caso, essere aperti alla partecipazione di tutti gli operatori e concepiti in modo da assicurare il principio di trasparenza, di non discriminazione, di non distorsione della concorrenza, di libera circolazione nonché il massimo rendimento possibile.
TITOLO IV
TARIFFA PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI
Art. 238
Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani
1. Chiunque possegga o detenga a qualsiasi titolo locali, o aree scoperte ad uso privato o pubblico non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale, che producano rifiuti urbani, è tenuto al pagamento di una tariffa. La tariffa costituisce il corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e ricomprende anche i costi indicati dall'articolo 15 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36. La tariffa di cui all'articolo 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, è soppressa a decorrere dall'entrata in vigore del presente articolo, salvo quanto previsto dal comma 11.
2. La tariffa per la gestione dei rifiuti è commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte, sulla base di parametri, determinati con il regolamento di cui al comma 6, che tengano anche conto di indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali.
3. La tariffa è determinata, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 6, dalle Autorità d'ambito ed è applicata e riscossa dai soggetti affidatari del servizio di gestione integrata sulla base dei criteri fissati dal regolamento di cui al comma 6. Nella determinazione della tariffa è prevista la copertura anche di costi accessori relativi alla gestione dei rifiuti urbani quali, ad esempio, le spese di spazzamento delle strade.
Qualora detti costi vengano coperti con la tariffa ciò deve essere evidenziato nei piani finanziari e nei bilanci dei soggetti affidatari del servizio.
4. La tariffa è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti, nonché da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all'entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio.
5. Le Autorità d'ambito approvano e presentano all'Autorità di cui all'articolo 207 il piano finanziario e la relativa relazione redatta dal soggetto affidatario del servizio di gestione integrata. Entro quattro anni dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 6, dovrà essere gradualmente assicurata l'integrale copertura dei costi.
6. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive, sentiti la Conferenza Stato regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, le rappresentanze qualificate degli interessi economici e sociali presenti nel Consiglio economico e sociale per le politiche ambientali (CESPA) e i soggetti interessati, disciplina, con apposito regolamento da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto e nel rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo, i criteri generali sulla base dei quali vengono definite le componenti dei costi e viene determinata la tariffa, anche con riferimento alle agevolazioni di cui al comma 7, garantendo comunque l'assenza di oneri per le autorità interessate.
7. Nella determinazione della tariffa possono essere previste agevolazioni per le utenze domestiche e per quelle adibite ad uso stagionale o non continuativo, debitamente documentato ed accertato, che tengano anche conto di indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali. In questo caso, nel piano finanziario devono essere indicate le risorse necessarie per garantire l'integrale copertura dei minori introiti derivanti dalle agevolazioni, secondo i criteri fissati dal regolamento di cui al comma 6.
8. Il regolamento di cui al comma 6 tiene conto anche degli obiettivi di miglioramento della produttività e della qualità del servizio fornito e del tasso di inflazione programmato.
9. L'eventuale modulazione della tariffa tiene conto degli investimenti effettuati dai comuni o dai gestori che risultino utili ai fini dell'organizzazione del servizio.
10. Alla tariffa è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l'attività di recupero dei rifiuti stessi.
11. Sino alla emanazione del regolamento di cui al comma 6 e fino al compimento degli adempimenti per l'applicazione della tariffa continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti.
12. La riscossione volontaria e coattiva della tariffa può essere effettuata secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, mediante convenzione con l'Agenzia delle entrate.
TITOLO V
BONIFICA DI SITI CONTAMINATI
Art. 239
Principi e campo di applicazione
1. Il presente titolo disciplina gli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti contaminati e definisce le procedure, i criteri e le modalità per lo svolgimento delle operazioni necessarie per l'eliminazione delle sorgenti dell'inquinamento e comunque per la riduzione delle concentrazioni di sostanze inquinanti, in armonia con i principi e le norme comunitari, con particolare riferimento al principio "chi inquina paga".
2. Ferma restando la disciplina dettata dal titolo I della parte quarta del presente decreto, le disposizioni del presente titolo non si applicano:
a) all'abbandono dei rifiuti disciplinato dalla parte quarta del presente decreto. In tal caso qualora, a seguito della rimozione, avvio a recupero, smaltimento dei rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato, si accerti il superamento dei valori di attenzione, si dovrà procedere alla caratterizzazione dell'area ai fini degli eventuali interventi di bonifica e ripristino ambientale da effettuare ai sensi del presente titolo;
b) agli interventi di bonifica disciplinati da leggi speciali, se non nei limiti di quanto espressamente richiamato dalle medesime o di quanto dalle stesse non disciplinato.
3. Gli interventi di bonifica e ripristino ambientale per le aree caratterizzate da inquinamento diffuso sono disciplinati dalle regioni con appositi piani, fatte salve le competenze e le procedure previste per i siti oggetto di bonifica di interesse nazionale e comunque nel rispetto dei criteri generali di cui al presente titolo.
Art. 240
Definizioni
1. Ai fini dell'applicazione del presente titolo, si definiscono:
a) sito: l'area o porzione di territorio, geograficamente definita e determinata, intesa nelle diverse matrici ambientali (suolo, sottosuolo ed acque sotterranee) e comprensiva delle eventuali strutture edilizie e impiantistiche presenti;
b) concentrazioni soglia di contaminazione (CSC): i livelli di contaminazione delle matrici ambientali che costituiscono valori al di sopra dei quali è necessaria la caratterizzazione del sito e l'analisi di rischio sito specifica, come individuati nell'Allegato 5 alla parte quarta del presente decreto. Nel caso in cui il sito potenzialmente contaminato sia ubicato in un'area interessata da fenomeni antropici o naturali che abbiano determinato il superamento di una o più concentrazioni soglia di contaminazione, queste ultime si assumono pari al valore di fondo esistente per tutti i parametri superati;
c) concentrazioni soglia di rischio (CSR): i livelli di contaminazione delle matrici ambientali, da determinare caso per caso con l'applicazione della procedura di analisi di rischio sito specifica secondo i principi illustrati nell'Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto e sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione, il cui superamento richiede la messa in sicurezza e la bonifica. I livelli di concentrazione così definiti costituiscono i livelli di accettabilità per il sito;
d) sito potenzialmente contaminato: un sito nel quale uno o più valori di concentrazione delle sostanze inquinanti rilevati nelle matrici ambientali risultino superiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione (CSC), in attesa di espletare le operazioni di caratterizzazione e di analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica, che ne permettano di determinare lo stato o meno di contaminazione sulla base delle concentrazioni soglia di rischio (CSR);
e) sito contaminato: un sito nel quale i valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR), determinati con l'applicazione della procedura di analisi di rischio di cui all'Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione, risultano superati;
f) sito non contaminato: un sito nel quale la contaminazione rilevata nelle matrice ambientali risulti inferiore ai valori di concentrazione soglia di contaminazione (CSC) oppure, se superiore, risulti comunque inferiore ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR) determinate a seguito dell'analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica;
g) sito con attività in esercizio: un sito nel quale risultano in esercizio attività produttive sia industriali che commerciali nonché le aree pertinenziali e quelle adibite ad attività accessorie economiche, ivi comprese le attività di mantenimento e tutela del patrimonio ai fini della successiva ripresa delle attività;
h) sito dismesso: un sito in cui sono cessate le attività produttive;
i) misure di prevenzione: le iniziative per contrastare un evento, un atto o un'omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l'ambiente, intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia;
l) misure di riparazione: qualsiasi azione o combinazione di azioni, tra cui misure di attenuazione o provvisorie dirette a riparare, risanare o sostituire risorse naturali e/o servizi naturali danneggiati, oppure a fornire un'alternativa equivalente a tali risorse o servizi;
m) messa in sicurezza d'emergenza: ogni intervento immediato o a breve termine, da mettere in opera nelle condizioni di emergenza di cui alla lettera t) in caso di eventi di contaminazione repentini di qualsiasi natura, atto a contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito e a rimuoverle, in attesa di eventuali ulteriori interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente;
n) messa in sicurezza operativa: l'insieme degli interventi eseguiti in un sito con attività in esercizio atti a garantire un adeguato livello di sicurezza per le persone e per l'ambiente, in attesa di ulteriori interventi di messa in sicurezza permanente o bonifica da realizzarsi alla cessazione dell'attività. Essi comprendono altresì gli interventi di contenimento della contaminazione da mettere in atto in via transitoria fino all'esecuzione della bonifica o della messa in sicurezza permanente, al fine di evitare la diffusione della contaminazione all'interno della stessa matrice o tra matrici differenti. In tali casi devono essere predisposti idonei piani di monitoraggio e controllo che consentano di verificare l'efficacia delle soluzioni adottate;
o) messa in sicurezza permanente: l'insieme degli interventi atti a isolare in modo definitivo le fonti inquinanti rispetto alle matrici ambientali circostanti e a garantire un elevato e definitivo livello di sicurezza per le persone e per l'ambiente. In tali casi devono essere previsti piani di monitoraggio e controllo e limitazioni d'uso rispetto alle previsioni degli strumenti urbanistici;
p) bonifica: l'insieme degli interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee ad un livello uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR);
q) ripristino e ripristino ambientale: gli interventi di riqualificazione ambientale e paesaggistica, anche costituenti complemento degli interventi di bonifica o messa in sicurezza permanente, che consentono di recuperare il sito alla effettiva e definitiva fruibilità per la destinazione d'uso conforme agli strumenti urbanistici;
r) inquinamento diffuso: la contaminazione o le alterazioni chimiche, fisiche o biologiche delle matrici ambientali determinate da fonti diffuse e non imputabili ad una singola origine;
s) analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica: analisi sito specifica degli effetti sulla salute umana derivanti dall'esposizione prolungata all'azione delle sostanze presenti nelle matrici ambientali contaminate, condotta con i criteri indicati nell'Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto;
t) condizioni di emergenza: gli eventi al verificarsi dei quali è necessaria l'esecuzione di interventi di emergenza, quali ad esempio:
1) concentrazioni attuali o potenziali dei vapori in spazi confinati prossime ai livelli di esplosività o idonee a causare effetti nocivi acuti alla salute;
2) presenza di quantità significative di prodotto in fase separata sul suolo o in corsi di acqua superficiali o nella falda;
3) contaminazione di pozzi ad utilizzo idropotabile o per scopi agricoli;
4) pericolo di incendi ed esplosioni.
Art. 241
Regolamento aree agricole
1. Il regolamento relativo agli interventi di bonifica, ripristino ambientale e di messa in sicurezza, d'emergenza, operativa e permanente, delle aree destinate alla produzione agricola e all'allevamento è adottato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e delle politiche agricole e forestali.*
*La Corte Costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (in G.U. 1a s.s. 29/07/2009 n. 30) ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non prevede che, prima dell'adozione del regolamento da esso disciplinato, sia sentita la Conferenza unificata di cui all'art. 8 del d.lgs. n. 281 del 1997.
Art. 242
Procedure operative ed amministrative
1. Al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito, il responsabile dell'inquinamento mette in opera entro ventiquattro ore le misure necessarie di prevenzione e ne dà immediata comunicazione ai sensi e con le modalità di cui all'articolo 304, comma 2. La medesima procedura si applica all'atto di individuazione di contaminazioni storiche che possano ancora comportare rischi di aggravamento della situazione di contaminazione.
2. Il responsabile dell'inquinamento, attuate le necessarie misure di prevenzione, svolge, nelle zone interessate dalla contaminazione, un'indagine preliminare sui parametri oggetto dell'inquinamento e, ove accerti che il livello delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) non sia stato superato, provvede al ripristino della zona contaminata, dandone notizia, con apposita autocertificazione, al comune ed alla provincia competenti per territorio entro quarantotto ore dalla comunicazione. L'autocertificazione conclude il procedimento di notifica di cui al presente articolo, ferme restando le attività di verifica e di controllo da parte dell'autorità competente da effettuarsi nei successivi quindici giorni. Nel caso in cui l'inquinamento non sia riconducibile ad un singolo evento, i parametri da valutare devono essere individuati, caso per caso, sulla base della storia del sito e delle attività ivi svolte nel tempo.
3. Qualora l'indagine preliminare di cui al comma 2 accerti l'avvenuto superamento delle CSC anche per un solo parametro, il responsabile dell'inquinamento ne dà immediata notizia al comune ed alle province competenti per territorio con la descrizione delle misure di prevenzione e di messa in sicurezza di emergenza adottate.
Nei successivi trenta giorni, presenta alle predette amministrazioni, nonché alla regione territorialmente competente il piano di caratterizzazione con i requisiti di cui all'Allegato 2 alla parte quarta del presente decreto. Entro i trenta giorni successivi la regione, convocata la conferenza di servizi, autorizza il piano di caratterizzazione con eventuali prescrizioni integrative.
L'autorizzazione regionale costituisce assenso per tutte le opere connesse alla caratterizzazione, sostituendosi ad ogni altra autorizzazione, concessione, concerto, intesa, nulla osta da parte della pubblica amministrazione.
4. Sulla base delle risultanze della caratterizzazione, al sito è applicata la procedura di analisi del rischio sito specifica per la determinazione delle concentrazioni soglia di rischio (CSR). I criteri per l'applicazione della procedura di analisi di rischio sono stabiliti con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e della salute entro il 30 giugno 2008. Nelle more dell'emanazione del predetto decreto, i criteri per l'applicazione della procedura di analisi di rischio sono riportati nell'Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto. Entro sei mesi dall'approvazione del piano di caratterizzazione, il soggetto responsabile presenta alla regione i risultati dell'analisi di rischio. La conferenza di servizi convocata dalla regione, a seguito dell'istruttoria svolta in contraddittorio con il soggetto responsabile, cui è dato un preavviso di almeno venti giorni, approva il documento di analisi di rischio entro i sessanta giorni dalla ricezione dello stesso. Tale documento è inviato ai componenti della conferenza di servizi almeno venti giorni prima della data fissata per la conferenza e, in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione fornisce una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza.
5. Qualora gli esiti della procedura dell'analisi di rischio dimostrino che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito è inferiore alle concentrazioni soglia di rischio, la conferenza dei servizi, con l'approvazione del documento dell'analisi del rischio, dichiara concluso positivamente il procedimento. In tal caso la conferenza di servizi può prescrivere lo svolgimento di un programma di monitoraggio sul sito circa la stabilizzazione della situazione riscontrata in relazione agli esiti dell'analisi di rischio e all'attuale destinazione d'uso del sito. A tal fine, il soggetto responsabile, entro sessanta giorni dall'approvazione di cui sopra, invia alla provincia ed alla regione competenti per territorio un piano di monitoraggio nel quale sono individuati:
a) i parametri da sottoporre a controllo;
b) la frequenza e la durata del monitoraggio.
6. La regione, sentita la provincia, approva il piano di monitoraggio entro trenta giorni dal ricevimento dello stesso.
L'anzidetto termine può essere sospeso una sola volta, qualora l'autorità competente ravvisi la necessità di richiedere, mediante atto adeguatamente motivato, integrazioni documentali o approfondimenti del progetto, assegnando un congruo termine per l'adempimento. In questo caso il termine per l'approvazione decorre dalla ricezione del progetto integrato. Alla scadenza del periodo di monitoraggio il soggetto responsabile ne dà comunicazione alla regione ed alla provincia, inviando una relazione tecnica riassuntiva degli esiti del monitoraggio svolto. Nel caso in cui le attività di monitoraggio rilevino il superamento di uno o più delle concentrazioni soglia di rischio, il soggetto responsabile dovrà avviare la procedura di bonifica di cui al comma 7.
7. Qualora gli esiti della procedura dell'analisi di rischio dimostrino che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito è superiore ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR), il soggetto responsabile sottopone alla regione, nei successivi sei mesi dall'approvazione del documento di analisi di rischio, il progetto operativo degli interventi di bonifica o di messa in sicurezza, operativa o permanente, e, ove necessario, le ulteriori misure di riparazione e di ripristino ambientale, al fine di minimizzare e ricondurre ad accettabilità il rischio derivante dallo stato di contaminazione presente nel sito. La regione, acquisito il parere del comune e della provincia interessati mediante apposita conferenza di servizi e sentito il soggetto responsabile, approva il progetto, con eventuali prescrizioni ed integrazioni entro sessanta giorni dal suo ricevimento. Tale termine può essere sospeso una sola volta, qualora la regione ravvisi la necessità di richiedere, mediante atto adeguatamente motivato, integrazioni documentali o approfondimenti al progetto, assegnando un congruo termine per l'adempimento. In questa ipotesi il termine per l'approvazione del progetto decorre dalla presentazione del progetto integrato. Ai soli fini della realizzazione e dell'esercizio degli impianti e delle attrezzature necessarie all'attuazione del progetto operativo e per il tempo strettamente necessario all'attuazione medesima, l'autorizzazione regionale di cui al presente comma sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e gli assensi previsti dalla legislazione vigente compresi, in particolare, quelli relativi alla valutazione di impatto ambientale, ove necessaria, alla gestione delle terre e rocce da scavo all'interno dell'area oggetto dell'intervento ed allo scarico delle acque emunte dalle falde. L'autorizzazione costituisce, altresì, variante urbanistica e comporta dichiarazione di pubblica utilità, di urgenza ed indifferibilità dei lavori. Con il provvedimento di approvazione del progetto sono stabiliti anche i tempi di esecuzione, indicando altresì le eventuali prescrizioni necessarie per l'esecuzione dei lavori ed è fissata l'entità delle garanzie finanziarie, in misura non superiore al cinquanta per cento del costo stimato dell'intervento, che devono essere prestate in favore della regione per la corretta esecuzione ed il completamento degli interventi medesimi.
8. I criteri per la selezione e l'esecuzione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale, di messa in sicurezza operativa o permanente, nonché per l'individuazione delle migliori tecniche di intervento a costi sostenibili (B.A.T.N.E.E.C. - Best Available Technology Not Entailing Excessive Costs) ai sensi delle normative comunitarie sono riportati nell'Allegato 3 alla parte quarta del presente decreto.
9. La messa in sicurezza operativa, riguardante i siti contaminati con attività in esercizio, garantisce una adeguata sicurezza sanitaria ed ambientale ed impedisce un'ulteriore propagazione dei contaminanti. I progetti di messa in sicurezza operativa sono accompagnati da accurati piani di monitoraggio dell'efficacia delle misure adottate ed indicano se all'atto della cessazione dell'attività si renderà necessario un intervento di bonifica o un intervento di messa in sicurezza permanente.
10. Nel caso di caratterizzazione, bonifica, messa in sicurezza e ripristino ambientale di siti con attività in esercizio, la regione, fatto salvo l'obbligo di garantire la tutela della salute pubblica e dell'ambiente, in sede di approvazione del progetto assicura che i suddetti interventi siano articolati in modo tale da risultare compatibili con la prosecuzione della attività.
11. Nel caso di eventi avvenuti anteriormente all'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto che si manifestino successivamente a tale data in assenza di rischio immediato per l'ambiente e per la salute pubblica, il soggetto interessato comunica alla regione, alla provincia e al comune competenti l'esistenza di una potenziale contaminazione unitamente al piano di caratterizzazione del sito, al fine di determinarne l'entità e l'estensione con riferimento ai parametri indicati nelle CSC ed applica le procedure di cui ai commi 4 e seguenti.
12. Le indagini ed attività istruttorie sono svolte dalla provincia, che si avvale della competenza tecnica dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente e si coordina con le altre amministrazioni.
13. La procedura di approvazione della caratterizzazione e del progetto di bonifica si svolge in Conferenza di servizi convocata dalla regione e costituita dalle amministrazioni ordinariamente competenti a rilasciare i permessi, autorizzazioni e concessioni per la realizzazione degli interventi compresi nel piano e nel progetto.
La relativa documentazione è inviata ai componenti della conferenza di servizi almeno venti giorni prima della data fissata per la discussione e, in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza.
Compete alla provincia rilasciare la certificazione di avvenuta bonifica. Qualora la provincia non provveda a rilasciare tale certificazione entro trenta giorni dal ricevimento della delibera di adozione, al rilascio provvede la regione.
Art. 243
Acque di falda
1. Le acque di falda emunte dalle falde sotterranee, nell'ambito degli interventi di bonifica o messa in sicurezza di un sito, possono essere scaricate, direttamente o dopo essere state utilizzate in cicli produttivi in esercizio nel sito stesso, nel rispetto dei limiti di emissione di acque reflue industriali in acque superficiali di cui al presente decreto.
2. In deroga a quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 104, ai soli fini della bonifica dell'acquifero, è ammessa la reimmissione, previo trattamento, delle acque sotterranee nella stessa unità geologica da cui le stesse sono state estratte, indicando la tipologia di trattamento, le caratteristiche quali-quantitative delle acque reimmesse, le modalità di reimmissione e le misure di messa in sicurezza della porzione di acquifero interessato dal sistema di estrazione/reimmissione. Le acque reimmesse devono essere state sottoposte ad un trattamento finalizzato alla bonifica dell'acquifero e non devono contenere altre acque di scarico o altre sostanze pericolose diverse, per qualità e quantità, da quelle presenti nelle acque prelevate.
Art. 244
Ordinanze
1. Le pubbliche amministrazioni che nell'esercizio delle proprie funzioni individuano siti nei quali accertino che i livelli di contaminazione sono superiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione, ne danno comunicazione alla regione, alla provincia e al comune competenti.
2. La provincia, ricevuta la comunicazione di cui al comma 1, dopo aver svolto le opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell'evento di superamento e sentito il comune, diffida con ordinanza motivata il responsabile della potenziale contaminazione a provvedere ai sensi del presente titolo.
3. L'ordinanza di cui al comma 2 è comunque notificata anche al proprietario del sito ai sensi e per gli effetti dell'articolo 253.
4. Se il responsabile non sia individuabile o non provveda e non provveda il proprietario del sito nè altro soggetto interessato, gli interventi che risultassero necessari ai sensi delle disposizioni di cui al presente titolo sono adottati dall'amministrazione competente in conformità a quanto disposto dall'articolo 250.
Art. 245
Obblighi di intervento e di notifica da parte dei soggetti non responsabili della potenziale contaminazione
1. Le procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale disciplinate dal presente titolo possono essere comunque attivate su iniziativa degli interessati non responsabili.
2. Fatti salvi gli obblighi del responsabile della potenziale contaminazione di cui all'articolo 242, il proprietario o il gestore dell'area che rilevi il superamento o il pericolo concreto e attuale del superamento delle concentrazione soglia di contaminazione (CSC) deve darne comunicazione alla regione, alla provincia ed al comune territorialmente competenti e attuare le misure di prevenzione secondo la procedura di cui all'articolo 242. La provincia, una volta ricevute le comunicazioni di cui sopra, si attiva, sentito il comune, per l'identificazione del soggetto responsabile al fine di dar corso agli interventi di bonifica. È comunque riconosciuta al proprietario o ad altro soggetto interessato la facoltà di intervenire in qualunque momento volontariamente per la realizzazione degli interventi di bonifica necessari nell'ambito del sito in proprietà o disponibilità.
3. Qualora i soggetti interessati procedano ai sensi dei commi 1 e 2 entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, ovvero abbiano già provveduto in tal senso in precedenza, la decorrenza dell'obbligo di bonifica di siti per eventi anteriori all'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto verrà definita dalla regione territorialmente competente in base alla pericolosità del sito, determinata in generale dal piano regionale delle bonifiche o da suoi eventuali stralci, salva in ogni caso la facoltà degli interessati di procedere agli interventi prima del suddetto termine.
Art. 246
Accordi di programma
1. I soggetti obbligati agli interventi di cui al presente titolo ed i soggetti altrimenti interessati hanno diritto di definire modalità e tempi di esecuzione degli interventi mediante appositi accordi di programma stipulati, entro sei mesi dall'approvazione del documento di analisi di rischio di cui all'articolo 242, con le amministrazioni competenti ai sensi delle disposizioni di cui al presente titolo.
2. Nel caso in cui vi siano soggetti che intendano o siano tenuti a provvedere alla contestuale bonifica di una pluralità di siti che interessano il territorio di più regioni, i tempi e le modalità di intervento possono essere definiti con appositi accordi di programma stipulati, entro dodici mesi dall'approvazione del documento di analisi di rischio di cui all'articolo 242, con le regioni interessate.
3. Nel caso in cui vi siano soggetti che intendano o siano tenuti a provvedere alla contestuale bonifica di una pluralità di siti dislocati su tutto il territorio nazionale o vi siano più soggetti interessati alla bonifica di un medesimo sito di interesse nazionale, i tempi e le modalità di intervento possono essere definiti con accordo di programma da stipularsi, entro diciotto mesi dall'approvazione del documento di analisi di rischio di cui all'articolo 242, con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con i Ministri della salute e delle attività produttive, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni.
Art. 247
Siti soggetti a sequestro
1. Nel caso in cui il sito inquinato sia soggetto a sequestro, l'autorità giudiziaria che lo ha disposto può autorizzare l'accesso al sito per l'esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale delle aree, anche al fine di impedire l'ulteriore propagazione degli inquinanti ed il conseguente peggioramento della situazione ambientale.
Art. 248
Controlli
1. La documentazione relativa al piano della caratterizzazione del sito e al progetto operativo, comprensiva delle misure di riparazione, dei monitoraggi da effettuare, delle limitazioni d'uso e delle prescrizioni eventualmente dettate ai sensi dell'articolo 242, comma 4, è trasmessa alla provincia e all'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente competenti ai fini dell'effettuazione dei controlli sulla conformità degli interventi ai progetti approvati.
2. Il completamento degli interventi di bonifica, di messa in sicurezza permanente e di messa in sicurezza operativa, nonché la conformità degli stessi al progetto approvato sono accertati dalla provincia mediante apposita certificazione sulla base di una relazione tecnica predisposta dall'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente territorialmente competente.
3. La certificazione di cui al comma 2 costituisce titolo per lo svincolo delle garanzie finanziarie di cui all'articolo 242, comma 7.
Art. 249
Aree contaminate di ridotte dimensioni
1. Per le aree contaminate di ridotte dimensioni si applicano le procedure semplificate di intervento riportate nell'Allegato 4 alla parte quarta del presente decreto.
Art. 250
Bonifica da parte dell'amministrazione
1. Qualora i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano direttamente agli adempimenti disposti dal presente titolo ovvero non siano individuabili e non provvedano nè il proprietario del sito nè altri soggetti interessati, le procedure e gli interventi di cui all'articolo 242 sono realizzati d'ufficio dal comune territorialmente competente e, ove questo non provveda, dalla regione, secondo l'ordine di priorità fissati dal piano regionale per la bonifica delle aree inquinate, avvalendosi anche di altri soggetti pubblici o privati, individuati ad esito di apposite procedure ad evidenza pubblica. Al fine di anticipare le somme per i predetti interventi le regioni possono istituire appositi fondi nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio.
Art. 251
Censimento ed anagrafe dei siti da bonificare
1. Le regioni, sulla base dei criteri definiti dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), predispongono l'anagrafe dei siti oggetto di procedimento di bonifica, la quale deve contenere:
a) l'elenco dei siti sottoposti ad intervento di bonifica e ripristino ambientale nonché degli interventi realizzati nei siti medesimi;
b) l'individuazione dei soggetti cui compete la bonifica;
c) gli enti pubblici di cui la regione intende avvalersi, in caso di inadempienza dei soggetti obbligati, ai fini dell'esecuzione d'ufficio, fermo restando l'affidamento delle opere necessarie mediante gara pubblica ovvero il ricorso alle procedure dell'articolo 242.
2. Qualora, all'esito dell'analisi di rischio sito specifica venga accertato il superamento delle concentrazioni di rischio, tale situazione viene riportata dal certificato di destinazione urbanistica, nonché dalla cartografia e dalle norme tecniche di attuazione dello strumento urbanistico generale del comune e viene comunicata all'Ufficio tecnico erariale competente.
3. Per garantire l'efficacia della raccolta e del trasferimento dei dati e delle informazioni, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) definisce, in collaborazione con le regioni e le agenzie regionali per la protezione dell'ambiente, i contenuti e la struttura dei dati essenziali dell'anagrafe, nonché le modalità della loro trasposizione in sistemi informativi collegati alla rete del Sistema informativo nazionale dell'ambiente (SINA).
Art. 252
Siti di interesse nazionale
1. I siti di interesse nazionale, ai fini della bonifica, sono individuabili in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, al rilievo dell'impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico, nonché di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali.
2. All'individuazione dei siti di interesse nazionale si provvede con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con le regioni interessate, secondo i seguenti principi e criteri direttivi:
a) gli interventi di bonifica devono riguardare aree e territori, compresi i corpi idrici, di particolare pregio ambientale;
b) la bonifica deve riguardare aree e territori tutelati ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
c) il rischio sanitario ed ambientale che deriva dal rilevato superamento delle concentrazioni soglia di rischio deve risultare particolarmente elevato in ragione della densità della popolazione o dell'estensione dell'area interessata;
d) l'impatto socio economico causato dall'inquinamento dell'area deve essere rilevante;
e) la contaminazione deve costituire un rischio per i beni di interesse storico e culturale di rilevanza nazionale;
f) gli interventi da attuare devono riguardare siti compresi nel territorio di più regioni.
3. Ai fini della perimetrazione del sito sono sentiti i comuni, le province, le regioni e gli altri enti locali, assicurando la partecipazione dei responsabili nonché dei proprietari delle aree da bonificare, se diversi dai soggetti responsabili.
4. La procedura di bonifica di cui all'articolo 242 dei siti di interesse nazionale è attribuita alla competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministero delle attività produttive. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può avvalersi anche dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente delle regioni interessate e dell'Istituto superiore di sanità nonché di altri soggetti qualificati pubblici o privati.
5. Nel caso in cui il responsabile non provveda o non sia individuabile oppure non provveda il proprietario del sito contaminato nè altro soggetto interessato, gli interventi sono predisposti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, avvalendosi dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), dell'Istituto superiore di sanità e dell'E.N.E.A. nonché di altri soggetti qualificati pubblici o privati.
6. L'autorizzazione del progetto e dei relativi interventi sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e gli assensi previsti dalla legislazione vigente, ivi compresi, tra l'altro, quelli relativi alla realizzazione e all'esercizio degli impianti e delle attrezzature necessarie alla loro attuazione. L'autorizzazione costituisce, altresì, variante urbanistica e comporta dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori.
7. Se il progetto prevede la realizzazione di opere sottoposte a procedura di valutazione di impatto ambientale, l'approvazione del progetto di bonifica comprende anche tale valutazione.
8. In attesa del perfezionamento del provvedimento di autorizzazione di cui ai commi precedenti, completata l'istruttoria tecnica, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può autorizzare in via provvisoria, su richiesta dell'interessato, ove ricorrano motivi d'urgenza e fatta salva l'acquisizione della pronuncia positiva del giudizio di compatibilità ambientale, ove prevista, l'avvio dei lavori per la realizzazione dei relativi interventi di bonifica, secondo il progetto valutato positivamente, con eventuali prescrizioni, dalla conferenza di servizi convocata dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. L'autorizzazione provvisoria produce gli effetti di cui all'articolo 242, comma 7.
9. È qualificato sito di interesse nazionale ai sensi della normativa vigente l'area interessata dalla bonifica della ex discarica delle Strillaie (Grosseto). Con successivo decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si provvederà alla perimetrazione della predetta area.
Art. 252-bis
Siti di preminente interesse pubblico per la riconversione Industriale
1. Con uno o più decreti del Ministro per lo sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, sono individuati i siti di interesse pubblico ai fini dell'attuazione di programmi ed interventi di riconversione industriale e di sviluppo economico produttivo, contaminati da eventi antecedenti al 30 aprile 2006, anche non compresi nel Programma Nazionale di bonifica di cui al decreto ministeriale 18 settembre 2001, n. 468 e successive modifiche ed integrazioni, nonché il termine, compreso fra novanta e trecentosessanta giorni, per la conclusione delle conferenze di servizi di cui al comma 5. In tali siti sono attuati progetti di riparazione dei terreni e delle acque contaminate assieme ad interventi mirati allo sviluppo economico produttivo. Nei siti con aree demaniali e acque di falda contaminate tali progetti sono elaborati ed approvati, entro dodici mesi dall'adozione del decreto di cui al presente comma, con appositi accordi di programma stipulati tra i soggetti interessati, i Ministri per lo sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute e il Presidente della Regione territorialmente competente, sentiti il Presidente della Provincia e il Sindaco del Comune territorialmente competenti. Gli interventi di riparazione sono approvati in deroga alle procedure di bonifica di cui alla parte IV del titolo V del presente decreto.
2. Gli oneri connessi alla messa in sicurezza e alla bonifica nonché quelli conseguenti all'accertamento di ulteriori danni ambientali sono a carico del soggetto responsabile della contaminazione, qualora sia individuato, esistente e solvibile. Il proprietario del sito contaminato è obbligato in via sussidiaria previa escussione del soggetto responsabile dell'inquinamento.
3. Gli accordi di programma assicurano il coordinamento delle azioni per determinarne i tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso e funzionale adempimento per l'attuazione dei programmi di cui al comma 1 e disciplinano in particolare:
a) gli obiettivi di reindustrializzazione e di sviluppo economico produttivo e il piano economico finanziario degli investimenti da parte di ciascuno dei proprietari delle aree comprese nel sito contaminato al fine di conseguire detti obiettivi;
b) il coordinamento delle risultanze delle caratterizzazioni eseguite e di quelle che si intendono svolgere;
c) gli obiettivi degli interventi di bonifica e riparazione, i relativi obblighi dei responsabili della contaminazione e del proprietario del sito, l'eventuale costituzione di consorzi pubblici o a partecipazione mista per l'attuazione di tali obblighi nonché le iniziative e le azioni che le pubbliche amministrazioni si impegnano ad assumere ed a finanziare;
d) la quantificazione degli effetti temporanei in termini di perdita di risorse e servizi causati dall'inquinamento delle acque;
e) le azioni idonee a compensare le perdite temporanee di risorse e servizi, sulla base dell'Allegato II della direttiva 2004/35/CE; a tal fine sono preferite le misure di miglioramento della sostenibilità ambientale degli impianti esistenti, sotto il profilo del miglioramento tecnologico produttivo e dell'implementazione dell'efficacia dei sistemi di depurazione e abbattimento delle emissioni.
f) la prestazione di idonee garanzie finanziarie da parte dei privati per assicurare l'adempimento degli impegni assunti;
g) l'eventuale finanziamento di attività di ricerca e di sperimentazione di tecniche e metodologie finalizzate al trattamento delle matrici ambientali contaminate e all'abbattimento delle concentrazioni di contaminazione, nonché ai sistemi di misurazione e analisi delle sostanze contaminanti e di monitoraggio della qualità ecologica del sito;
h) le modalità di monitoraggio per il controllo dell'adempimento degli impegni assunti e della realizzazione dei progetti.
4. La stipula dell'accordo di programma costituisce riconoscimento dell'interesse pubblico generale alla realizzazione degli impianti, delle opere e di ogni altro intervento connesso e funzionale agli obiettivi di risanamento e di sviluppo economico e produttivo.
5. I provvedimenti relativi agli interventi di cui al comma 3 sono approvati ai sensi del comma 6 previo svolgimento di due conferenze di servizi, aventi ad oggetto rispettivamente l'intervento di bonifica e l'intervento di reindustrializzazione. La conferenza di servizi relativa all'intervento di bonifica è indetta dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che costituisce l'amministrazione procedente. La conferenza di servizi relativa all'intervento di reindustrializzazione è indetta dal Ministero dello sviluppo economico, che costituisce l'amministrazione procedente. Le due conferenze di servizi sono indette ai sensi dell'articolo 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 e ad esse partecipano i soggetti pubblici coinvolti nell'accordo di programma di cui al comma 1 e i soggetti privati proponenti le opere e gli interventi nei siti di cui al medesimo comma 1. L'assenso espresso dai rappresentanti degli enti locali, sulla base delle determinazioni a provvedere degli organi competenti, sostituisce ogni atto di pertinenza degli enti medesimi. Alle conferenze dei servizi sono ammessi gli enti, le associazioni e le organizzazioni sindacali interessati alla realizzazione del programma.
6. Fatta salva l'applicazione delle norme in materia di valutazione di impatto ambientale e di autorizzazione ambientale integrata, all'esito delle due conferenze di servizi, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro dello sviluppo economico, d'intesa con la regione interessata, si autorizzano la bonifica e la eventuale messa in sicurezza nonché la costruzione e l'esercizio degli impianti e delle opere annesse.
7. In considerazione delle finalità di tutela e ripristino ambientale perseguite dal presente articolo, l'attuazione da parte dei privati degli impegni assunti con l'accordo di programma costituisce anche attuazione degli obblighi di cui alla direttiva 2004/35/CE e delle relative disposizioni di attuazione di cui alla parte VI del presente decreto.
8. Gli obiettivi di bonifica dei suoli e delle acque sono stabiliti dalla Tabella I dell'Allegato 5 al titolo V del presente decreto.
Qualora il progetto preliminare dimostri che tali limiti non possono essere raggiunti nonostante l'applicazione, secondo i principi della normativa comunitaria, delle migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili, la Conferenza di Servizi indetta dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare può autorizzare interventi di bonifica e ripristino ambientale con misure di sicurezza che garantiscano, comunque, la tutela ambientale e sanitaria anche se i valori di concentrazione residui previsti nel sito risultano superiori a quelli stabiliti dalla Tabella I dell'Allegato 5 al titolo V del presente decreto. Tali valori di concentrazione residui sono determinati in base ad una metodologia di analisi di rischio riconosciuta a livello internazionale.
9. In caso di mancata partecipazione all'accordo di programma di cui al comma 1 di uno o più responsabili della contaminazione, gli interventi sono progettati ed effettuati d'ufficio dalle amministrazioni che hanno diritto di rivalsa nei confronti dei soggetti che hanno determinato l'inquinamento, ciascuno per la parte di competenza. La presente disposizione si applica anche qualora il responsabile della contaminazione non adempia a tutte le obbligazioni assunte in base all'accordo di programma.
10. Restano ferme la titolarità del procedimento di bonifica e le altre competenze attribuite alle Regioni per i siti contaminati che non rientrano fra quelli di interesse nazionale di cui all'articolo 252.
Art. 253
Oneri reali e privilegi speciali
1. Gli interventi di cui al presente titolo costituiscono onere reale sui siti contaminati qualora effettuati d'ufficio dall'autorità competente ai sensi dell'articolo 250. L'onere reale viene iscritto a seguito della approvazione del progetto di bonifica e deve essere indicato nel certificato di destinazione urbanistica.
2. Le spese sostenute per gli interventi di cui al comma 1 sono assistite da privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2748, secondo comma, del codice civile. Detto privilegio si può esercitare anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi sull'immobile.
3. Il privilegio e la ripetizione delle spese possono essere esercitati, nei confronti del proprietario del sito incolpevole dell'inquinamento o del pericolo di inquinamento, solo a seguito di provvedimento motivato dell'autorità competente che giustifichi, tra l'altro, l'impossibilità di accertare l'identità del soggetto responsabile ovvero che giustifichi l'impossibilità di esercitare azioni di rivalsa nei confronti del medesimo soggetto ovvero la loro infruttuosità.
4. In ogni caso, il proprietario non responsabile dell'inquinamento può essere tenuto a rimborsare, sulla base di provvedimento motivato e con l'osservanza delle disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, le spese degli interventi adottati dall'autorità competente soltanto nei limiti del valore di mercato del sito determinato a seguito dell'esecuzione degli interventi medesimi. Nel caso in cui il proprietario non responsabile dell'inquinamento abbia spontaneamente provveduto alla bonifica del sito inquinato, ha diritto di rivalersi nei confronti del responsabile dell'inquinamento per le spese sostenute e per l'eventuale maggior danno subito.
5. Gli interventi di bonifica dei siti inquinati possono essere assistiti, sulla base di apposita disposizione legislativa di finanziamento, da contributi pubblici entro il limite massimo del cinquanta per cento delle relative spese qualora sussistano preminenti interessi pubblici connessi ad esigenze di tutela igienico-sanitaria e ambientale o occupazionali. Ai predetti contributi pubblici non si applicano le disposizioni di cui ai commi 1 e 2.
TITOLO VI
SISTEMA SANZIONATORIO E DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
CAPO I
SANZIONI
Art. 254
Norme speciali
1. Restano ferme le sanzioni previste da norme speciali vigenti in materia.
Art. 255
Abbandono di rifiuti
1. Fatto salvo quanto disposto dall'articolo 256, comma 2, chiunque, in violazione delle disposizioni di cui agli articoli 192, commi 1 e 2, 226, comma 2, e 231, commi 1 e 2, abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da trecento euro a tremila euro. Se l'abbandono riguarda rifiuti pericolosi, la sanzione amministrativa è aumentata fino al doppio.
2. Il titolare del centro di raccolta, il concessionario o il titolare della succursale della casa costruttrice che viola le disposizioni di cui all'articolo 231, comma 5, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duecentosessanta a euro millecinquecentocinquanta.
3. Chiunque non ottempera all'ordinanza del Sindaco, di cui all'articolo 192, comma 3, o non adempie all'obbligo di cui all'articolo 187, comma 3, è punito con la pena dell'arresto fino ad un anno. Nella sentenza di condanna o nella sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla esecuzione di quanto disposto nella ordinanza di cui all'articolo 192, comma 3, ovvero all'adempimento dell'obbligo di cui all'articolo 187, comma 3.
Art. 256
Attività di gestione di rifiuti non autorizzata
1. Chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 è punito:
a) con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;
b) con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.
2. Le pene di cui al comma 1 si applicano ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee in violazione del divieto di cui all'articolo 192, commi 1 e 2.
3. Chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro. Si applica la pena dell'arresto da uno a tre anni e dell'ammenda da euro cinquemiladuecento a euro cinquantaduemila se la discarica è destinata, anche in parte, allo smaltimento di rifiuti pericolosi.
Alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, consegue la confisca dell'area sulla quale è realizzata la discarica abusiva se di proprietà dell'autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi.
4. Le pene di cui ai commi 1, 2 e 3 sono ridotte della metà nelle ipotesi di inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni, nonché nelle ipotesi di carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per le iscrizioni o comunicazioni.
5. Chiunque, in violazione del divieto di cui all'articolo 187, effettua attività non consentite di miscelazione di rifiuti, è punito con la pena di cui al comma 1, lettera b).
6. Chiunque effettua il deposito temporaneo presso il luogo di produzione di rifiuti sanitari pericolosi, con violazione delle disposizioni di cui all'articolo 227, comma 1, lettera b), è punito con la pena dell'arresto da tre mesi ad un anno o con la pena dell'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro. Si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro per i quantitativi non superiori a duecento litri o quantità equivalenti.
7. Chiunque viola gli obblighi di cui agli articoli 231, commi 7, 8 e 9, 233, commi 12 e 13, e 234, comma 14, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duecentosessanta euro a millecinquecentocinquanta euro.
8. I soggetti di cui agli articoli 233, 234, 235 e 236 che non adempiono agli obblighi di partecipazione ivi previsti sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da ottomila euro a quarantacinquemila euro, fatto comunque salvo l'obbligo di corrispondere i contributi pregressi. Sino all'adozione del decreto di cui all'articolo 234, comma 2, le sanzioni di cui al presente comma non sono applicabili ai soggetti di cui al medesimo articolo 234.
9. Le sanzioni di cui al comma 8 sono ridotte della metà nel caso di adesione effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine per adempiere agli obblighi di partecipazione previsti dagli articoli 233, 234, 235 e 236.
Giurisprudenza Collegata: T.A.R. Lombardia, 549/2011; Cass. Pen. 15177/2011; Cass. Pen. 3634/2011; Cass. Pen. 40527/2014; Cass. Pen. 32358/2015; Cass. Pen. 42368/2015; Cass. Pen. 9841/2016; Cass. Pen. 26434/2016; Cass. Pen. 31210/2016; Cass. Pen. 41699/2018;
Art. 257
Bonifica dei siti
1. Chiunque cagiona l'inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee con il superamento delle concentrazioni soglia di rischio è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a un anno o con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro, se non provvede alla bonifica in conformità al progetto approvato dall'autorità competente nell'ambito del procedimento di cui agli articoli 242 e seguenti. In caso di mancata effettuazione della comunicazione di cui all'articolo 242, il trasgressore è punito con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l'ammenda da mille euro a ventiseimila euro.
2. Si applica la pena dell'arresto da un anno a due anni e la pena dell'ammenda da cinquemiladuecento euro a cinquantaduemila euro se l'inquinamento è provocato da sostanze pericolose.
3. Nella sentenza di condanna per la contravvenzione di cui ai commi 1 e 2, o nella sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla esecuzione degli interventi di emergenza, bonifica e ripristino ambientale.
4. L'osservanza dei progetti approvati ai sensi degli articoli 242 e seguenti costituisce condizione di non punibilità per i reati ambientali contemplati da altre leggi per il medesimo evento e per la stessa condotta di inquinamento di cui al comma 1.
Art. 258
Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari
1. I soggetti di cui all'articolo 190, comma 1, che non abbiano aderito al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), e che omettano di tenere ovvero tengano in modo incompleto il registro di carico e scarico di cui al medesimo articolo, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro.
2. I produttori di rifiuti pericolosi che non sono inquadrati in un'organizzazione di ente o di impresa che non adempiano all'obbligo della tenuta del registro di carico e scarico con le modalità di cui all'articolo 1, comma 1, della legge 25 gennaio 2006, n. 29, e all'articolo 6, comma 1 del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 9 del 13 gennaio 2010, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro.
3. Nel caso di imprese che occupino un numero di unità lavorative inferiore a 15 dipendenti, le misure minime e massime di cui al comma 1 sono ridotte rispettivamente da millequaranta euro a seimiladuecento euro … Il numero di unità lavorative è calcolato con riferimento al numero di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni di unità lavorative annue; ai predetti fini l'anno da prendere in considerazione è quello dell'ultimo esercizio contabile approvato, precedente il momento di accertamento dell'infrazione.
4. Le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all'articolo 212, comma 8, che non aderiscono, su base volontaria, al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lettera a), ed effettuano il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all'articolo 193 ovvero indicano nel formulario stesso dati incompleti o inesatti sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da milleseicento euro a novemilatrecento euro. Si applica la pena di cui all'articolo 483 del codice penale a chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto.
5. Se le indicazioni di cui ai commi 1 e 2 sono formalmente incomplete o inesatte ma i dati riportati nella comunicazione al catasto, nei registri di carico e scarico, nei formulari di identificazione dei rifiuti trasportati e nelle altre scritture contabili tenute per legge consentono di ricostruire le informazioni dovute, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da duecentosessanta euro a millecinquecentocinquanta euro. La stessa pena si applica se le indicazioni di cui al comma 4 sono formalmente incomplete o inesatte ma contengono tutti gli elementi per ricostruire le informazioni dovute per legge, nonché nei casi di mancato invio alle autorità competenti e di mancata conservazione dei registri di cui all'articolo 190, comma 1, o del formulario di cui all'articolo 193 da parte dei soggetti obbligati.
5-bis. I soggetti di cui all'articolo 220, comma 2, che non effettuino la comunicazione ivi prescritta ovvero la effettuino in modo incompleto o inesatto sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro; se la comunicazione è effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro.
5-ter. Il sindaco del comune che non effettui la comunicazione di cui all'articolo 189, comma 3, ovvero la effettui in modo incompleto o inesatto, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro; se la comunicazione è effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro.
Art. 259
Traffico illecito di rifiuti
1. Chiunque effettua una spedizione di rifiuti costituente traffico illecito ai sensi dell'articolo 26 del regolamento (CEE) 1° febbraio 1993, n. 259, o effettua una spedizione di rifiuti elencati nell'Allegato II del citato regolamento in violazione dell'articolo 1, comma 3, lettere a), b), c) e d), del regolamento stesso è punito con la pena dell'ammenda da millecinquecentocinquanta euro a ventiseimila euro e con l'arresto fino a due anni. La pena è aumentata in caso di spedizione di rifiuti pericolosi.
2. Alla sentenza di condanna, o a quella emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i reati relativi al traffico illecito di cui al comma 1 o al trasporto illecito di cui agli articoli 256 e 258, comma 4, consegue obbligatoriamente la confisca del mezzo di trasporto.
Art. 260
Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti
1. Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l'allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a sei anni.
2. Se si tratta di rifiuti ad alta radioattività si applica la pena della reclusione da tre a otto anni.
3. Alla condanna conseguono le pene accessorie di cui agli articoli 28, 30, 32-bis e 32-ter del codice penale, con la limitazione di cui all'articolo 33 del medesimo codice.
4. Il giudice, con la sentenza di condanna o con quella emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, ordina il ripristino dello stato dell'ambiente e può subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena all'eliminazione del danno o del pericolo per l'ambiente.
Giurisprudenza Collegata: Cass. Pen. 15657/2011; Cass. Pen. 3634/2011; Cass. Pen. 30557/2016;
Articolo 260-bis
Sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti
1. I soggetti obbligati che omettono l'iscrizione al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lett. a), nei termini previsti, sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. In caso di rifiuti pericolosi, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro.
2. I soggetti obbligati che omettono, nei termini previsti, il pagamento del contributo per l'iscrizione al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lett. a), sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. In caso di rifiuti pericolosi, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro. All'accertamento dell'omissione del pagamento consegue obbligatoriamente, la sospensione immediata dal servizio fornito dal predetto sistema di controllo della tracciabilità nei confronti del trasgressore. In sede di rideterminazione del contributo annuale di iscrizione al predetto sistema di tracciabilità occorre tenere conto dei casi di mancato pagamento disciplinati dal presente comma.
3. Chiunque omette di compilare il registro cronologico o la scheda SISTRI - AREA MOVIMENTAZIONE, secondo i tempi, le procedure e le modalità stabilite dal sistema informatico di controllo di cui al comma 1, ovvero fornisce al suddetto sistema informazioni incomplete, o inesatte, altera fraudolentemente uno qualunque dei dispositivi tecnologici accessori al predetto sistema informatico di controllo, o comunque ne impedisce in qualsiasi modo il corretto funzionamento, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. Nel caso di imprese che occupino un numero di unità lavorative inferiore a quindici dipendenti,si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da millequaranta euro a seimiladuecento. Il numero di unità lavorative è calcolato con riferimento al numero di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni di unità lavorative annue; ai predetti fini l'anno da prendere in considerazione è quello dell'ultimo esercizio contabile approvato, precedente il momento di accertamento dell'infrazione. Se le indicazioni riportate pur incomplete o inesatte non pregiudicano la tracciabilità dei rifiuti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duecentosessanta ad euro millecinquecentocinquanta.
4. Qualora le condotte di cui al comma 3 siano riferibili a rifiuti pericolosi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro quindicimilacinquecento ad euro novantatremila, nonché la sanzione amministrativa accessoria della sospensione da un mese a un anno dalla carica rivestita dal soggetto cui l'infrazione è imputabile ivi compresa la sospensione dalla carica di amministratore. Nel caso di imprese che occupino un numero di unità lavorative inferiore a quindici dipendenti, le misure minime e massime di cui al periodo precedente sono ridotte rispettivamente da duemilasettanta euro a dodicimilaquattrocento euro per i rifiuti pericolosi. Le modalità di calcolo dei numeri di dipendenti avviene nelle modalità di cui al comma 3. Se le indicazioni riportate pur incomplete o inesatte non pregiudicano la tracciabilità dei rifiuti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro cinquecentoventi ad euro tremilacento.
5. Al di fuori di quanto previsto nei commi da 1 a 4, i soggetti che si rendono inadempienti agli ulteriori obblighi su di loro incombenti ai sensi del predetto sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) sono puniti, per ciascuna delle suddette violazioni, con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duemilaseicento ad euro quindicimilacinquecento. In caso di rifiuti pericolosi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro quindicimilacinquecento ad euro novantatremila.
6. Si applica la pena di cui all'articolo 483 c.p. a colui che, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, utilizzato nell'ambito del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi inserisce un certificato falso nei dati da fornire ai fini della tracciabilità dei rifiuti.
7. Il trasportatore che omette di accompagnare il trasporto dei rifiuti con la copia cartacea della scheda SISTRI - AREA MOVIMENTAZIONE e, ove necessario sulla base della normativa vigente, con la copia del certificato analitico che identifica le caratteristiche dei rifiuti è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.600 euro a 9.300 euro. Si applica la pena di cui all'art. 483 del codice penale in caso di trasporto di rifiuti pericolosi. Tale ultima pena si applica anche a colui che, durante il trasporto fa uso di un certificato di analisi di rifiuti contenente false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti trasportati.
8. Il trasportatore che accompagna il trasporto di rifiuti con una copia cartacea della scheda SISTRI - AREA Movimentazione fraudolentemente alterata è punito con la pena prevista dal combinato disposto degli articoli 477 e 482 del codice penale. La pena è aumentata fino ad un terzo nel caso di rifiuti pericolosi.
9. Se le condotte di cui al comma 7 non pregiudicano la tracciabilità dei rifiuti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duecentosessanta ad euro millecinquecentocinquanta.
Art. 260-ter
Sanzioni amministrative accessorie. Confisca
1. All'accertamento delle violazioni di cui ai commi 8 e 9 dell'articolo 260-bis, consegue obbligatoriamente la sanzione accessoria del fermo amministrativo del veicolo utilizzato per l'attività di trasporto dei rifiuti di mesi 12, nel caso in cui il responsabile si trovi nelle situazioni di cui all'art. 99 c.p. o all'articolo 8-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689, o abbia commesso in precedenza illeciti amministrativi con violazioni della stessa indole o comunque abbia violato norme in materia di rifiuti.
2. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 213, 214, 214 bis e 224-ter del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e relative norme di attuazione.
3. All'accertamento delle violazioni di cui al comma 1 dell'articolo 260-bis, consegue la sanzione accessoria del fermo amministrativo di mesi 12 del veicolo utilizzato dal trasportatore.
In ogni caso restituzione del veicolo sottoposto al fermo amministrativo non può essere disposta in mancanza dell' iscrizione e del correlativo versamento del contributo.
4. In caso di trasporto non autorizzato di rifiuti pericolosi, è sempre disposta la confisca del veicolo e di qualunque altro mezzo utilizzato per il trasporto del rifiuto, ai sensi dell'articolo 240, secondo comma, del codice penale, salvo che gli stessi che appartengano, non fittiziamente a persona estranea al reato.
5. Il fermo di cui al comma 1 e la confisca di cui al comma 4 conseguono obbligatoriamente anche all'accertamento delle violazioni di cui al comma 1 dell'articolo 256.
Art. 261
Imballaggi
1. I produttori e gli utilizzatori che non adempiano all'obbligo di raccolta di cui all'articolo 221, comma 2, o non adottino, in alternativa, sistemi gestionali ai sensi del medesimo articolo 221, comma 3, lettere a) e c), sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria pari a sei volte le somme dovute al CONAI, fatto comunque salvo l'obbligo di corrispondere i contributi pregressi.
2. I produttori di imballaggi che non provvedono ad organizzare un sistema per l'adempimento degli obblighi di cui all'articolo 221, comma 3, e non aderiscono ai consorzi di cui all'articolo 223, nè adottano un sistema di restituzione dei propri imballaggi ai sensi dell'articolo 221, comma 3, lettere a) e c), sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a quarantaseimilacinquecento euro. La stessa pena si applica agli utilizzatori che non adempiono all'obbligo di cui all'articolo 221, comma 4.
3. La violazione dei divieti di cui all'articolo 226, commi 1 e 4, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da cinquemiladuecento euro a quarantamila euro. La stessa pena si applica a chiunque immette nel mercato interno imballaggi privi dei requisiti di cui all'articolo 219, comma 5. 4. La violazione del disposto di cui all'articolo 226, comma 3, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro.
Art. 262
Competenza e giurisdizione
1. Fatte salve le altre disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689 in materia di accertamento degli illeciti amministrativi, all'irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla parte quarta del presente decreto provvede la provincia nel cui territorio è stata commessa la violazione, ad eccezione delle sanzioni previste dall'articolo 261, comma 3, in relazione al divieto di cui all'articolo 226, comma 1, per le quali è competente il comune.
2. Avverso le ordinanze-ingiunzione relative alle sanzioni amministrative di cui al comma 1 è esperibile il giudizio di opposizione di cui all'articolo 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
3. Per i procedimenti penali pendenti alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto l'autorità giudiziaria, se non deve pronunziare decreto di archiviazione o sentenza di proscioglimento, dispone la trasmissione degli atti agli Enti indicati al comma 1 ai fini dell'applicazione delle sanzioni amministrative.
Giurisprudenza Collegata: Cass. Pen. 38982/2017;
Art. 263
Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie
1. I proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per le violazioni di cui alle disposizioni della parte quarta del presente decreto sono devoluti alle province e sono destinati all'esercizio delle funzioni di controllo in materia ambientale, fatti salvi i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all'articolo 261, comma 3, in relazione al divieto di cui all'articolo 226, comma 1, che sono devoluti ai comuni.
CAPO II
DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
Art. 264
Abrogazione di norme
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto restano o sono abrogati, escluse le disposizioni di cui il presente decreto prevede l'ulteriore vigenza:
a) la legge 20 marzo 1941, n. 366;
b) il decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915;
c) il decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, ad eccezione dell'articolo 9 e dell'articolo 9-quinquies come riformulato dal presente decreto. Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi dell'articolo 9-quinquies, del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n, 475, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto;
d) il decreto-legge 31 agosto 1987, n. 361, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1987, n. 441, ad eccezione degli articoli 1, 1-bis, I-ter, 1-quater e 1-quinquies;
e) il decreto-legge 14 dicembre 1988, n. 527, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 febbraio 1988, n. 45; f) l'articolo 29-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427;
g) i commi 3, 4 e 5, secondo periodo, dell'articolo 103 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285;
h) l'articolo 5, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 8 agosto 1994, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 251 del 26 ottobre 1994;
i) il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22. Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi del citato decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto;
l) l'articolo 14 del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dall'articolo 14 della legge 8 agosto 2002, n. 178;
m) l'articolo 9, comma 2-bis, della legge 21 novembre 2000, n. 342, ultimo periodo, dalle parole: "i soggetti di cui all'artico 38, comma 3, lettera a)" sino alla parola: "CONAI";
n) …
o) gli articoli 4, 5, 8, 12, 14 e 15 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95. Restano valide ai fini della gestione degli oli usati, fino al conseguimento o diniego di quelle richieste ai sensi del presente decreto e per un periodo comunque non superiore ad un triennio dalla data della sua entrata in vigore, tutte le autorizzazioni concesse, alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, ai sensi della normativa vigente, ivi compresi il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, e il decreto 16 maggio 1996, n. 392, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 173 del 25 luglio 1996.
Al fine di assicurare che non vi sia soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi dell'articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto;
p) l'articolo 19 della legge 23 marzo 2001, n. 93.
2. Il Governo, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, adotta, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si esprimono entro trenta giorni dalla trasmissione del relativo schema alle Camere, apposito regolamento con il quale sono individuati gli ulteriori atti normativi incompatibili con le disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, che sono abrogati con effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento medesimo.
Art. 264-bis
Abrogazioni e modifiche di disposizioni del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 27 aprile 2010
1. All'Allegato "Articolazione del MUD" del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 27 aprile 2010, pubblicato nel Supplemento Ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 98 del 28 aprile 2010, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al capitolo 1 - Rifiuti, al punto "4. Istruzione per la compilazione delle singole sezioni" la "Sezione comunicazione semplificata" è abrogata e sono abrogati il punto 6 " Sezione rifiuti" e il punto 8 " Sezione intermediari e commercio";
b) i capitoli 2 e 3 sono abrogati a decorrere dalla dichiarazione relativa al 2011.
Art. 264-ter
Abrogazioni e modifiche di disposizioni del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209
1. All'articolo 11 del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, il comma 3 è sostituito dal seguente: "3. A decorrere dal giorno successivo alla scadenza del termine di cui all'articolo 12, comma 2 del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009, e successive modificazioni, i dati relativi ai veicoli fuori uso ed ai pertinenti materiali e componenti sottoposti a trattamento, nonché i dati relativi ai materiali, ai prodotti ed ai componenti ottenuti ed avviati al reimpiego, al riciclaggio e al recupero, sono forniti attraverso il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), e all'articolo 14-bis del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102.".
Art. 264-quater
Abrogazioni e modifiche di disposizioni del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151
1. All'articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, il comma 4 è sostituito dal seguente: "4. Al fine di verificare il raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 2, a decorrere dal giorno successivo alla scadenza del termine di cui all'articolo 12, comma 2 del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009, e successive modificazioni, i dati relativi ai RAEE esportati, trattati ed ai materiali derivanti da essi ed avviati al recupero ed al reimpiego sono forniti attraverso il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a e all'articolo 14-bis del decreto-legge n.78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009. Le informazioni specificano la categoria di appartenenza secondo l'allegato 1A, il peso o, se non rilevabile, il numero di pezzi degli stessi RAEE.".
Art. 265
Disposizioni transitorie
1. Le vigenti norme regolamentari e tecniche che disciplinano la raccolta, il trasporto il recupero e lo smaltimento dei rifiuti restano in vigore sino all'adozione delle corrispondenti specifiche norme adottate in attuazione della parte quarta del presente decreto.
Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, le pubbliche amministrazioni, nell'esercizio delle rispettive competenze, adeguano la previgente normativa di attuazione alla disciplina contenuta nella parte quarta del presente decreto, nel rispetto di quanto stabilito dall'articolo 264, comma 1, lettera i). Ogni riferimento ai rifiuti tossici e nocivi continua ad intendersi riferito ai rifiuti pericolosi.
2. In attesa delle specifiche norme regolamentari e tecniche in materia di trasporto dei rifiuti, di cui all'articolo 195, comma 2, lettera 1), e fermo restando quanto previsto dall'articolo 188-ter e dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182 in materia di rifiuti prodotti dalle navi e residui di carico, i rifiuti sono assimilati alle merci per quanto concerne il regime normativo in materia di trasporti via mare e la disciplina delle operazioni di carico, scarico, trasbordo, deposito e maneggio in aree portuali. In particolare i rifiuti pericolosi sono assimilati alle merci pericolose.
3. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il Ministro delle attività produttive, individua con apposito decreto le forme di promozione e di incentivazione per la ricerca e per lo sviluppo di nuove tecnologie di bonifica presso le università, nonché presso le imprese e i loro consorzi.*
4. Fatti salvi gli interventi realizzati alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, entro centottanta giorni da tale data, può essere presentata all'autorità competente adeguata relazione tecnica al fine di rimodulare gli obiettivi di bonifica già autorizzati sulla base dei criteri definiti dalla parte quarta del presente decreto. L'autorità competente esamina la documentazione e dispone le varianti al progetto necessarie.
5. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive sono disciplinati modalità, presupposti ed effetti economici per l'ipotesi in cui i soggetti aderenti ai vigenti consorzi pongano in essere o aderiscano a nuovi consorzi o a forme ad essi alternative, in conformità agli schemi tipo di statuto approvati dai medesimi Ministri, senza che da ciò derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
6. Le aziende siderurgiche e metallurgiche operanti alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto e sottoposte alla disciplina di cui al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sono autorizzate in via transitoria, previa presentazione della relativa domanda, e fino al rilascio o al definitivo diniego dell'autorizzazione medesima, ad utilizzare, impiegandoli nel proprio ciclo produttivo, i rottami ferrosi individuati dal codice GA 430 dell'Allegato II (lista verde dei rifiuti) del regolamento (CE) 1° febbraio 1993, n. 259 e i rottami non ferrosi individuati da codici equivalenti del medesimo Allegato.
6-bis. I soggetti che alla data di entrata in vigore del presente decreto svolgono attività di recupero di rottami ferrosi e non ferrosi che erano da considerarsi escluse dal campo di applicazione della parte quarta del medesimo decreto n. 152 del 2006 possono proseguire le attività di gestione in essere alle condizioni di cui alle disposizioni previgenti fino al rilascio o al diniego delle autorizzazioni necessarie allo svolgimento di dette attività nel nuovo regime. Le relative istanze di autorizzazione o iscrizione sono presentate entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
*La Corte Costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (in G.U. 1a s.s. 29/07/2009 n. 30) ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo comma 3, nella parte in cui non prevede che, prima dell'adozione del decreto ministeriale da esso disciplinato, sia sentita la Conferenza unificata di cui all'art. 8 del d.lgs. n. 281 del 1997.
Art. 266
Disposizioni finali
1. Nelle attrezzature sanitarie di cui all'articolo 4, comma 2, lettera g), della legge 29 settembre 1964, n. 847, sono ricomprese le opere, le costruzioni e gli impianti destinati allo smaltimento, al riciclaggio o alla distruzione dei rifiuti urbani, speciali, pericolosi, solidi e liquidi, alla bonifica di aree inquinate.
2. Dall'attuazione delle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri o minori entrate a carico dello Stato.
3. Le spese per l'indennità e per il trattamento economico del personale di cui all'articolo 9 del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, restano a carico del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, salvo quanto previsto dal periodo seguente. Il trattamento economico resta a carico delle istituzioni di appartenenza, previa intesa con le medesime, nel caso in cui il personale svolga attività di comune interesse.
4. I rifiuti provenienti da attività di manutenzione o assistenza sanitaria si considerano prodotti presso la sede o il domicilio del soggetto che svolge tali attività.
5. Le disposizioni di cui agli articoli 189, 190, 193 e 212 non si applicano alle attività di raccolta e trasporto di rifiuti effettuate dai soggetti abilitati allo svolgimento delle attività medesime in forma ambulante, limitatamente ai rifiuti che formano oggetto del loro commercio.
6. Fatti salvi gli effetti dei provvedimenti sanzionatori adottati con atti definitivi, dalla data di pubblicazione del presente decreto non trovano applicazione le disposizioni recanti gli obblighi di cui agli articoli 48, comma 2, e 51, comma 6-ter, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, nonché le disposizioni sanzionatorie previste dal medesimo articolo 51, commi 6-bis, 6-ter e 6-quinquies, anche con riferimento a fattispecie verificatesi dopo il 31 marzo 2004.
7. Con successivo decreto, adottato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle attività produttive e della salute, è dettata la disciplina per la semplificazione amministrativa delle procedure relative ai materiali, ivi incluse le terre e le rocce da scavo, provenienti da cantieri di piccole dimensioni la cui produzione non superi i seimila metri cubi di materiale nel rispetto delle disposizioni comunitarie in materia.
PARTE QUINTA
NORME IN MATERIA DI TUTELA DELL'ARIA E DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA
TITOLO I
PREVENZIONE E LIMITAZIONE DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA DI IMPIANTI E ATTIVITÀ
Art. 267
Campo di applicazione
1. Il presente titolo, ai fini della prevenzione e della limitazione dell'inquinamento atmosferico, si applica agli impianti, inclusi gli impianti termici civili non disciplinati dal titolo II, ed alle attività che producono emissioni in atmosfera e stabilisce i valori di emissione, le prescrizioni, i metodi di campionamento e di analisi delle emissioni ed i criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite.
2. Per gli impianti di incenerimento e coincenerimento e gli altri impianti di trattamento termico dei rifiuti i valori limite di emissione e altre prescrizioni sono stabiliti nell'autorizzazione di cui all'articolo 208. I valori limite e le prescrizioni sono stabiliti, per gli impianti di incenerimento e coincenerimento, sulla base del decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, e dei piani regionali di qualità dell'aria e, per gli altri impianti di trattamento termico dei rifiuti, sulla base degli articoli 270 e 271 del presente titolo. Resta ferma l'applicazione del presente titolo per gli altri impianti e le altre attività presenti nello stesso stabilimento, nonché nei casi previsti dall'articolo 214, comma 8.
3. Resta fermo, per gli impianti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale, quanto previsto dal Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto; per tali impianti l'autorizzazione integrata ambientale sostituisce l'autorizzazione alle emissioni prevista dal presente titolo ai fini sia della costruzione che dell'esercizio.
4. Al fine di consentire il raggiungimento degli obiettivi derivanti dal Protocollo di Kyoto e di favorire comunque la riduzione delle emissioni in atmosfera di sostanze inquinanti, la normativa di cui alla parte quinta del presente decreto intende determinare l'attuazione di tutte le più opportune azioni volte a promuovere l'impiego dell'energia elettrica prodotta da impianti di produzione alimentati da fonti rinnovabili ai sensi della normativa comunitaria e nazionale vigente e, in particolare, della direttiva 2001/77/CE e del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, determinandone il dispacciamento prioritario. In particolare:
a) potranno essere promosse dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con i Ministri delle attività produttive e per lo sviluppo e la coesione territoriale misure atte a favorire la produzione di energia elettrica tramite fonti rinnovabili ed al contempo sviluppare la base produttiva di tecnologie pulite, con particolare riferimento al Mezzogiorno;
b) con decreto del Ministro delle attività produttive di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto, sono determinati i compensi dei componenti dell'Osservatorio di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, da applicarsi a decorrere dalla data di nomina, nel limite delle risorse di cui all'articolo 16, comma 6, del medesimo decreto legislativo e senza che ne derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;
c) i certificati verdi maturati a fronte di energia prodotta ai sensi dell'articolo 1, comma 71, della legge 23 agosto 2004, n. 239, possono essere utilizzati per assolvere all'obbligo di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, solo dopo che siano stati annullati tutti i certificati verdi maturati dai produttori di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili così come definite dall'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 387 del 2003;
d) al fine di prolungare il periodo di validità dei certificati verdi, all'articolo 20, comma 5, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, le parole "otto anni" sono sostituite dalle parole "dodici anni".
Art. 268
Definizioni
1. Ai fini del presente titolo si applicano le seguenti definizioni:
a) inquinamento atmosferico: ogni modificazione dell'aria atmosferica, dovuta all'introduzione nella stessa di una o di più sostanze in quantità e con caratteristiche tali da ledere o da costituire un pericolo per la salute umana o per la qualità dell'ambiente oppure tali da ledere i beni materiali o compromettere gli usi legittimi dell'ambiente;
b) emissione: qualsiasi sostanza solida, liquida o gassosa introdotta nell'atmosfera che possa causare inquinamento atmosferico e, per le attività di cui all'articolo 275, qualsiasi scarico di COV nell'ambiente;
c) emissione convogliata: emissione di un effluente gassoso effettuata attraverso uno o più appositi punti;
d) emissione diffusa: emissione diversa da quella ricadente nella lettera c); per le lavorazioni di cui all'articolo 275 le emissioni diffuse includono anche i COV contenuti negli scarichi idrici, nei rifiuti e nei prodotti, fatte salve le diverse indicazioni contenute nella parte III dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto;
e) emissione tecnicamente convogliabile: emissione diffusa che deve essere convogliata sulla base delle migliori tecniche disponibili o in presenza di situazioni o di zone che richiedono una particolare tutela;
f) emissioni totali: la somma delle emissioni diffuse e delle emissioni convogliate;
g) effluente gassoso: lo scarico gassoso, contenente emissioni solide, liquide o gassose; la relativa portata volumetrica è espressa in metri cubi all'ora riportate in condizioni normali (Nm3/ora), previa detrazione del tenore di vapore acqueo, se non diversamente stabilito dalla parte quinta del presente decreto;
h) stabilimento: il complesso unitario e stabile, che si configura come un complessivo ciclo produttivo, sottoposto al potere decisionale di un unico gestore, in cui sono presenti uno o più impianti o sono effettuate una o più attività che producono emissioni attraverso, per esempio, dispositivi mobili, operazioni manuali, deposizioni e movimentazioni. Si considera stabilimento anche il luogo adibito in modo stabile all'esercizio di una o più attività;
i) stabilimento anteriore al 1988: uno stabilimento che, alla data del 1° luglio 1988, era in esercizio o costruito in tutte le sue parti o autorizzato ai sensi della normativa previgente, e che è stato autorizzato ai sensi degli articoli 12 e 13 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203;
i-bis) stabilimento anteriore al 2006: uno stabilimento che è stato autorizzato ai sensi dell'articolo 6 o dell'articolo 11 o dell'articolo 15, comma 1, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, purché in funzione o messo in funzione entro il 29 aprile 2008;
i-ter) stabilimento nuovo: uno stabilimento che non ricade nelle definizioni di cui alle lettere i) e i-bis);
l) impianto: il dispositivo o il sistema o l'insieme di dispositivi o sistemi fisso e destinato a svolgere in modo autonomo una specifica attività, anche nell'ambito di un ciclo più ampio;
m) modifica dello stabilimento: installazione di un impianto o avvio di una attività presso uno stabilimento o modifica di un impianto o di una attività presso uno stabilimento, la quale comporti una variazione di quanto indicato nel progetto o nella relazione tecnica di cui all'articolo 269, comma 2, o nell'autorizzazione di cui all'articolo 269, comma 3, o nella domanda di adesione all'autorizzazione generale di cui all'articolo 272, o nell'autorizzazione rilasciata ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, o nei documenti previsti dall'articolo 12 di tale decreto; ricadono nella definizione anche le modifiche relative alle modalità di esercizio o ai combustibili utilizzati;
m-bis) modifica sostanziale: modifica che comporta un aumento o una variazione qualitativa delle emissioni o che altera le condizioni di convogliabilità tecnica delle stesse; per le attività di cui all'articolo 275 valgono le definizioni di cui ai commi 21 e 22 del medesimo;
n) gestore: la persona fisica o giuridica che ha potere decisionale circa l'installazione o l'esercizio dello stabilimento e che è responsabile dell'applicazione dei limiti e delle prescrizioni disciplinate nel presente decreto;
o) autorità competente: la regione o la provincia autonoma o la diversa autorità indicata dalla legge regionale quale autorità competente al rilascio dell'autorizzazione alle emissioni e all'adozione degli altri provvedimenti previsti dal presente titolo; per le piattaforme off-shore …, l'autorità competente è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; per gli stabilimenti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale e per gli adempimenti a questa connessi, l'autorità competente è quella che rilascia tale autorizzazione;
p) autorità competente per il controllo: l'autorità a cui la legge regionale attribuisce il compito di eseguire in via ordinaria i controlli circa il rispetto dell'autorizzazione e delle disposizioni del presente titolo, ferme restando le competenze degli organi di polizia giudiziaria; in caso di stabilimenti soggetti ad autorizzazione alle emissioni tale autorità coincide, salvo diversa indicazione della legge regionale, con quella di cui alla lettera o); per stabilimenti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale e per i controlli a questa connessi, l'autorità competente per il controllo è quella prevista dalla normativa che disciplina tale autorizzazione; per le piattaforme off-shore e per i terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto off-shore l'autorità competente è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che si avvale eventualmente dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale e del sistema delle Agenzie ambientali, con oneri a carico del gestore. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze da adottarsi entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente disposizione sono determinate e aggiornate ogni due anni, sulla base del costo effettivo del servizio, le tariffe a carico del gestore e le relative modalità di versamento per la copertura delle spese relative ai controlli finalizzati alla verifica del rispetto delle condizioni stabilite dalle procedure di cui alla presente Parte V in relazione alle piattaforme off-shore e ai terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto off-shore;
q) valore limite di emissione: il fattore di emissione, la concentrazione, la percentuale o il flusso di massa di sostanze inquinanti nelle emissioni che non devono essere superati. I valori di limite di emissione espressi come concentrazione sono stabiliti con riferimento al funzionamento dell'impianto nelle condizioni di esercizio più gravose e, salvo diversamente disposto dal presente titolo o dall'autorizzazione, si intendono stabiliti come media oraria.
r) fattore di emissione: rapporto tra massa di sostanza inquinante emessa e unità di misura specifica di prodotto o di servizio;
s) concentrazione: rapporto tra massa di sostanza inquinante emessa e volume dell'effluente gassoso; per gli impianti di combustione i valori di emissione espressi come concentrazione (mg/Nm3) sono calcolati considerando, se non diversamente stabilito dalla parte quinta del presente decreto, un tenore volumetrico di ossigeno di riferimento del 3 per cento in volume dell'effluente gassoso per i combustibili liquidi e gassosi, del 6 per cento in volume per i combustibili solidi e del 15 per cento in volume per le turbine a gas;
t) percentuale: rapporto tra massa di sostanza inquinante emessa e massa della stessa sostanza utilizzata nel processo produttivo, moltiplicato per cento;
u) flusso di massa: massa di sostanza inquinante emessa per unità di tempo;
v) soglia di rilevanza dell'emissione: flusso di massa, per singolo inquinante o per singola classe di inquinanti, calcolato a monte di eventuali sistemi di abbattimento, e nelle condizioni di esercizio più gravose dell'impianto, al di sotto del quale non si applicano i valori limite di emissione;
z) condizioni normali: una temperatura di 273,15 K ed una pressione di 101,3 kPa;
aa) migliori tecniche disponibili: la più efficiente ed avanzata fase di sviluppo di attività e relativi metodi di esercizio indicanti l'idoneità pratica di determinate tecniche ad evitare ovvero, se ciò risulti impossibile, a ridurre le emissioni; a tal fine, si intende per:
1) tecniche: sia le tecniche impiegate, sia le modalità di progettazione, costruzione, manutenzione, esercizio e chiusura degli impianti e delle attività;
2) disponibili: le tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l'applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente valide nell'ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purché il gestore possa avervi accesso a condizioni ragionevoli;
3) migliori: le tecniche più efficaci per ottenere un elevato livello di protezione dell'ambiente nel suo complesso;
bb) periodo di avviamento: salva diversa disposizione autorizzativa, il tempo in cui l'impianto, a seguito dell'erogazione di energia, combustibili o materiali, è portato da una condizione nella quale non esercita l'attività a cui è destinato, o la esercita in situazione di carico di processo inferiore al minimo tecnico, ad una condizione nella quale tale attività è esercitata in situazione di carico di processo pari o superiore al minimo tecnico;
cc) periodo di arresto: salva diversa disposizione autorizzativa, il tempo in cui l'impianto, a seguito dell'interruzione dell'erogazione di energia, combustibili o materiali, non dovuta ad un guasto, è portato da una condizione nella quale esercita l'attività a cui è destinato in situazione di carico di processo pari o superiore al minimo tecnico ad una condizione nella quale tale funzione è esercitata in situazione di carico di processo inferiore al minimo tecnico o non è esercitata;
dd) carico di processo: il livello percentuale di produzione rispetto alla potenzialità nominale dell'impianto;
ee) minimo tecnico: il carico minimo di processo compatibile con l'esercizio dell'attività cui l'impianto è destinato;;
ff) impianto di combustione: qualsiasi dispositivo tecnico in cui sono ossidati combustibili al fine di utilizzare il calore così prodotto;
gg) grande impianto di combustione: impianto di combustione di potenza termica nominale non inferiore a 50MW; L'impianto di combustione si considera anteriore al 1988, anteriore al 2006 o nuovo sulla base dei criteri previsti dalle lettere i), i-bis) e i-ter);
hh) potenza termica nominale dell'impianto di combustione: prodotto del potere calorifico inferiore del combustibile utilizzato e della portata massima di combustibile bruciato al singolo impianto di combustione, così come dichiarata dal costruttore, espressa in Watt termici o suoi multipli;
ii) composto organico: qualsiasi composto contenente almeno l'elemento carbonio e uno o più degli elementi seguenti: idrogeno, alogeni, ossigeno, zolfo, fosforo, silicio o azoto, ad eccezione degli ossidi di carbonio e dei carbonati e bicarbonati inorganici;
ll) composto organico volatile (COV): qualsiasi composto organico che abbia a 293,15 K una pressione di vapore di 0,01 kPa o superiore, oppure che abbia una volatilità corrispondente in condizioni particolari di uso. Ai fini della parte quinta del presente decreto, è considerata come COV la frazione di creosoto che alla temperatura di 293,15 K ha una pressione di vapore superiore a 0,01 kPa;
mm) solvente organico: qualsiasi COV usato da solo o in combinazione con altri agenti al fine di dissolvere materie prime, prodotti o rifiuti, senza subire trasformazioni chimiche, o usato come agente di pulizia per dissolvere contaminanti oppure come dissolvente, mezzo di dispersione, correttore di viscosità, correttore di tensione superficiale, plastificante o conservante;
nn) capacità nominale: la massa giornaliera massima di solventi organici utilizzati per le attività di cui all'articolo 275, svolte in condizioni di normale funzionamento ed in funzione della potenzialità di prodotto per cui le attività sono progettate;
oo) consumo di solventi: il quantitativo totale di solventi organici utilizzato in uno stabilimento per le attività di cui all'articolo 275 per anno civile ovvero per qualsiasi altro periodo di dodici mesi, detratto qualsiasi COV recuperato per riutilizzo;
pp) consumo massimo teorico di solventi: il consumo di solventi calcolato sulla base della capacità nominale riferita, se non diversamente stabilito dall'autorizzazione, a trecentotrenta giorni all'anno in caso di attività effettuate su tutto l'arco della settimana ed a duecentoventi giorni all'anno per le altre attività;
qq) riutilizzo di solventi organici: l'utilizzo di solventi organici prodotti da una attività e successivamente recuperati al fine di essere alla stessa destinati per qualsiasi finalità tecnica o commerciale, ivi compreso l'uso come combustibile;
rr) soglia di consumo: il consumo di solvente espresso in tonnellate/anno stabilito dalla parte II dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto, per le attività ivi previste;
ss) …
tt) impianti di distribuzione di carburante: impianti in cui il carburante viene erogato ai serbatoi dei veicoli a motore da impianti di deposito;
uu) benzina: ogni derivato del petrolio, con o senza additivi, corrispondente ai seguenti codici doganali: NC 2710 1131 - 2710 1141 - 2710 1145 - 2710 1149 - 2710 1151 - 2710 1159 o che abbia una tensione di vapore Reid pari o superiore a 27,6 kilopascal, pronto all'impiego quale carburante per veicoli a motore, ad eccezione del gas di petrolio liquefatto (GPL); vv) terminale: ogni struttura adibita al caricamento e allo scaricamento di benzina in/da veicolo-cisterna, carro-cisterna o nave-cisterna, ivi compresi gli impianti di deposito presenti nel sito della struttura;
zz) impianto di deposito: ogni serbatoio fisso adibito allo stoccaggio di combustibile;
aaa) impianto di caricamento: ogni impianto di un terminale ove la benzina può essere caricata in cisterne mobili. Gli impianti di caricamento per i veicoli-cisterna comprendono una o più torri di caricamento;
bbb) torre di caricamento: ogni struttura di un terminale mediante la quale la benzina può essere, in un dato momento, caricata in un singolo veicolo-cisterna;
ccc) deposito temporaneo di vapori: il deposito temporaneo di vapori in un impianto di deposito a tetto fisso presso un terminale prima del trasferimento e del successivo recupero in un altro terminale. Il trasferimento dei vapori da un impianto di deposito ad un altro nello stesso terminale non è considerato deposito temporaneo di vapori ai sensi della parte quinta del presente decreto;
ddd) cisterna mobile: una cisterna di capacità superiore ad 1 m3, trasportata su strada, per ferrovia o per via navigabile e adibita al trasferimento di benzina da un terminale ad un altro o da un terminale ad un impianto di distribuzione di carburanti;
eee) veicolo-cisterna: un veicolo adibito al trasporto su strada della benzina che comprenda una o più cisterne montate stabilmente o facenti parte integrante del telaio o una o più cisterne rimuovibili.
Art. 269
Autorizzazione alle emissioni in atmosfera per gli stabilimenti
1. Fatto salvo quanto stabilito dall'articolo 267, commi 2 e 3, dal comma 10 del presente articolo e dall'articolo 272, commi 1 e 5, per tutti gli stabilimenti che producono emissioni deve essere richiesta una autorizzazione ai sensi della parte quinta del presente decreto. L'autorizzazione è rilasciata con riferimento allo stabilimento. I singoli impianti e le singole attività presenti nello stabilimento non sono oggetto di distinte autorizzazioni.
2. Il gestore che intende installare uno stabilimento nuovo o trasferire uno stabilimento da un luogo ad un altro presenta all'autorità competente una domanda di autorizzazione, accompagnata:
a) dal progetto dello stabilimento in cui sono descritti gli impianti e le attività, le tecniche adottate per limitare le emissioni e la quantità e la qualità di tali emissioni, le modalità di esercizio, la quota dei punti di emissione individuata in modo da garantire l'adeguata dispersione degli inquinanti, i parametri che caratterizzano l'esercizio e la quantità, il tipo e le caratteristiche merceologiche dei combustibili di cui si prevede l'utilizzo, nonché, per gli impianti soggetti a tale condizione, il minimo tecnico definito tramite i parametri di impianto che lo caratterizzano;
b) da una relazione tecnica che descrive il complessivo ciclo produttivo in cui si inseriscono gli impianti e le attività ed indica il periodo previsto intercorrente tra la messa in esercizio e la messa a regime degli impianti.
3. Per il rilascio dell'autorizzazione all'installazione di stabilimenti nuovi, l'autorità competente indice, entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta, una conferenza di servizi ai sensi dell'articolo 14, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, nel corso della quale si procede anche, in via istruttoria, ad un contestuale esame degli interessi coinvolti in altri procedimenti amministrativi e, in particolare, nei procedimenti svolti dal comune ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265. Per il rinnovo e per l'aggiornamento dell'autorizzazione l'autorità competente, previa informazione al comune interessato il quale può esprimere un parere nei trenta giorni successivi, avvia un autonomo procedimento entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta. In sede di conferenza di servizi o di autonomo procedimento, eventuali integrazioni della domanda devono essere trasmesse all'autorità competente entro trenta giorni dalla relativa richiesta; se l'autorità competente non si pronuncia in un termine pari a centoventi giorni o, in caso di integrazione della domanda di autorizzazione, pari a centocinquanta giorni dalla ricezione della domanda stessa, il gestore può, entro i successivi sessanta giorni, richiedere al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di provvedere, notificando tale richiesta anche all'autorità competente. Il Ministro si esprime sulla richiesta, di concerto con i Ministri della salute e delle attività produttive, sentito il comune interessato, entro novanta giorni o, nei casi previsti dall'articolo 281, comma 1, entro centocinquanta giorni dalla ricezione della stessa; in caso di richiesta di integrazioni tali termini sono sospesi fino alla ricezione delle stesse e, comunque, per un periodo non superiore a trenta giorni; decorsi tali termini, si applica l'articolo 2, comma 8, della legge 7 agosto 1990, n. 241.
4. L'autorizzazione stabilisce, ai sensi degli articoli 270 e 271:
a) per le emissioni che risultano tecnicamente convogliabili, le modalità di captazione e di convogliamento;
b) per le emissioni convogliate o di cui è stato disposto il convogliamento, i valori limite di emissione, le prescrizioni, i metodi di campionamento e di analisi, i criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite e la periodicità dei controlli di competenza del gestore, la quota dei punti di emissione individuata tenuto conto delle relative condizioni tecnico-economiche, il minimo tecnico per gli impianti soggetti a tale condizione e le portate di progetto tali da consentire che le emissioni siano diluite solo nella misura inevitabile dal punto di vista tecnologico e dell'esercizio; devono essere specificamente indicate le sostanze a cui si applicano i valori limite di emissione, le prescrizioni ed i relativi controlli.
c) per le emissioni diffuse, apposite prescrizioni finalizzate ad assicurarne il contenimento.
5. In aggiunta a quanto previsto dal comma 4, l'autorizzazione può stabilire, per ciascun inquinante, valori limite di emissione espressi come flussi di massa annuali riferiti al complesso delle emissioni, eventualmente incluse quelle diffuse, degli impianti e delle attività di uno stabilimento. Per gli impianti di cui all'allegato XII alla parte seconda del presente decreto, in tutti i casi in cui sia tecnicamente possibile individuare valori limite di emissione espressi come concentrazione, l'autorizzazione integrata ambientale, fatto salvo quanto disposto dall'articolo 275, comma 2, non può stabilire esclusivamente valori espressi come flusso di massa fattore di emissione o percentuale.
6. L'autorizzazione stabilisce il periodo che deve intercorrere tra la messa in esercizio e la messa a regime dell'impianto. La messa in esercizio deve essere comunicata all'autorità competente con un anticipo di almeno quindici giorni. L'autorizzazione stabilisce la data entro cui devono essere comunicati all'autorità competente i dati relativi alle emissioni effettuate in un periodo continuativo di marcia controllata decorrente dalla messa a regime, e la durata di tale periodo, nonché il numero dei campionamenti da realizzare; tale periodo deve avere una durata non inferiore a dieci giorni, salvi i casi in cui il progetto di cui al comma 2, lettera a) preveda che l'impianto funzioni esclusivamente per periodi di durata inferiore.
L'autorità competente per il controllo effettua il primo accertamento circa il rispetto dell'autorizzazione entro sei mesi dalla data di messa a regime di uno o più impianti o dall'avvio di una o più attività dello stabilimento autorizzato.
7. L'autorizzazione rilasciata ai sensi del presente articolo ha una durata di quindici anni. La domanda di rinnovo deve essere presentata almeno un anno prima della scadenza. Nelle more dell'adozione del provvedimento sulla domanda di rinnovo dell'autorizzazione rilasciata ai sensi del presente articolo, l'esercizio dell'impianto può continuare anche dopo la scadenza dell'autorizzazione in caso di mancata pronuncia in termini del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a cui sia stato richiesto di provvedere ai sensi del comma 3.
L'autorità competente può imporre il rinnovo dell'autorizzazione prima della scadenza ed il rinnovo delle autorizzazioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, prima dei termini previsti dall'articolo 281, comma 1, se una modifica delle prescrizioni autorizzative risulti necessaria al rispetto dei valori limite di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa.
Il rinnovo dell'autorizzazione comporta il decorso di un periodo di quindici anni.
8. Il gestore che intende effettuare una modifica dello stabilimento ne dà comunicazione all'autorità competente o, se la modifica è sostanziale, presenta, ai sensi del presente articolo, una domanda di autorizzazione. Se la modifica per cui è stata data comunicazione è sostanziale, l'autorità competente ordina al gestore di presentare una domanda di autorizzazione ai sensi del presente articolo. Se la modifica è sostanziale l'autorità competente aggiorna l'autorizzazione dello stabilimento con un'istruttoria limitata agli impianti e alle attività interessati dalla modifica o, a seguito di eventuale apposita istruttoria che dimostri tale esigenza in relazione all'evoluzione della situazione ambientale o delle migliori tecniche disponibili, la rinnova con un'istruttoria estesa all'intero stabilimento.... Se la modifica non è sostanziale, l'autorità competente provvede, ove necessario, ad aggiornare l'autorizzazione in atto. Se l'autorità competente non si esprime entro sessanta giorni, il gestor e può procedere all'esecuzione della modifica non sostanziale comunicata, fatto salvo il potere dell'autorità competente di provvedere successivamente. Per modifica sostanziale si intende quella che comporta un aumento o una variazione qualitativa delle emissioni o che altera le condizioni di convogliabilità tecnica delle stesse.
È fatto salvo quanto previsto dall'articolo 275, comma 11. Il rinnovo dell'autorizzazione comporta, a differenza dell'aggiornamento, il decorso di un nuovo periodo di quindici anni.
Con apposito decreto da adottare ai sensi dell'articolo 281, comma 5, si provvede ad integrare l'allegato I alla parte quinta del presente decreto con indicazione degli ulteriori criteri per la qualificazione delle modifiche sostanziali di cui all'articolo 268, comma 1, lettera m bis), e con l'indicazione modifiche di cui all'articolo 268, comma 1, lettera m) per le quali non vi è l'obbligo di effettuare la comunicazione.
9. L'autorità competente per il controllo è autorizzata ad effettuare presso gli impianti tutte le ispezioni che ritenga necessarie per accertare il rispetto dell'autorizzazione.
10. Non sono sottoposti ad autorizzazione gli impianti di deposito di oli minerali, compresi i gas liquefatti. I gestori sono comunque tenuti ad adottare apposite misure per contenere le emissioni diffuse ed a rispettare le ulteriori prescrizioni eventualmente disposte, per le medesime finalità, con apposito provvedimento dall'autorità competente.
11. Il trasferimento di uno stabilimento da un luogo ad un altro equivale all'installazione di uno stabilimento nuovo.
12 - 16 ….
Giurisprudenza Collegata: Cass. Pen. 34760/2011; Cass. Pen. 38982/2017;
Art. 270
Individuazione degli impianti e convogliamento delle emissioni
1. In sede di autorizzazione, l'autorità competente verifica se le emissioni diffuse di ciascun impianto e di ciascuna attività sono tecnicamente convogliabili sulla base delle migliori tecniche disponibili e sulla base delle pertinenti prescrizioni dell'Allegato I alla parte quinta del presente decreto e, in tal caso, ne dispone la captazione ed il convogliamento.
2. In presenza di particolari situazioni di rischio sanitario o di zone che richiedono una particolare tutela ambientale, l'autorità competente dispone la captazione ed il convogliamento delle emissioni diffuse ai sensi del comma 1 anche se la tecnica individuata non soddisfa il requisito della disponibilità di cui all'articolo 268, comma 1, lettera aa), numero 2).
3. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute, sono stabiliti i criteri da utilizzare per la verifica di cui ai commi 1 e 2.
4. Se più impianti con caratteristiche tecniche e costruttive simili, aventi emissioni con caratteristiche chimico-fisiche omogenee e localizzati nello stesso stabilimento sono destinati a specifiche attività tra loro identiche, l'autorità competente, tenendo conto delle condizioni tecniche ed economiche, può considerare gli stessi come un unico impianto disponendo il convogliamento ad un solo punto di emissione. L'autorità competente deve, in qualsiasi caso, considerare tali impianti come un unico impianto ai fini della determinazione dei valori limite di emissione.
Resta fermo quanto previsto dall'articolo 282, comma 2.
5. In caso di emissioni convogliate o di cui è stato disposto il convogliamento, ciascun impianto . . . deve avere un solo punto di emissione, fatto salvo quanto previsto nei commi 6 e 7. Salvo quanto diversamente previsto da altre disposizioni del presente titolo, i valori limite di emissione si applicano a ciascun punto di emissione.
6. Ove non sia tecnicamente possibile, anche per ragioni di sicurezza, assicurare il rispetto del comma 5, l'autorità competente può consentire un impianto avente più punti di emissione. In tal caso, i valori limite di emissione espressi come flusso di massa, fattore di emissione e percentuale sono riferiti al complesso delle emissioni dell'impianto e quelli espressi come concentrazione sono riferiti alle emissioni dei singoli punti. L'autorizzazione può prevedere che i valori limite di emissione si riferiscano alla media ponderata delle emissioni di sostanze inquinanti uguali o appartenenti alla stessa classe ed aventi caratteristiche chimiche omogenee, provenienti dai diversi punti di emissione dell'impianto; in tal caso, il flusso di massa complessivo dell'impianto non può essere superiore a quello che si avrebbe se i valori limite di emissione si applicassero ai singoli punti di emissione.
7. Ove opportuno, l'autorità competente, tenuto conto delle condizioni tecniche ed economiche, può consentire il convogliamento delle emissioni di più impianti in uno o più punti di emissione comuni, purché le emissioni di tutti gli impianti presentino caratteristiche chimico-fisiche omogenee. In tal caso a ciascun punto di emissione comune si applica il più restrittivo dei valori limite di emissione espressi come concentrazione previsti per i singoli impianti e, se del caso, si prevede un tenore di ossigeno di riferimento coerente con i flussi inviati a tale punto.
L'autorizzazione stabilisce apposite prescrizioni volte a limitare la diluizione delle emissioni ai sensi dell'articolo 269, comma 4, lettera b).
8. L'adeguamento alle disposizioni del comma 5 o, ove ciò non sia tecnicamente possibile, alle disposizioni dei commi 6 e 7 è realizzato entro i tre anni successivi al primo rinnovo o all'ottenimento dell'autorizzazione ai sensi dell'articolo 281, commi 1, 2, 3 o 4, o dell'articolo 272, comma 3, ovvero nel più breve termine stabilito dall'autorizzazione. Ai fini dell'applicazione dei commi 4, 5, 6 e 7 l'autorità competente tiene anche conto della documentazione elaborata dalla commissione di cui all'articolo 281, comma 9.
Art. 271
Valori limite di emissione e prescrizioni per gli impianti e le attività
1. Il presente articolo disciplina i valori di emissione e le prescrizioni da applicare agli impianti ed alle attività degli stabilimenti.
2. Con decreto da adottare ai sensi dell'articolo 281, comma 5, sono individuati, sulla base delle migliori tecniche disponibili, i valori di emissione e le prescrizioni da applicare alle emissioni convogliate e diffuse degli impianti ed alle emissioni diffuse delle attività presso gli stabilimenti anteriori al 1988, anteriori al 2006 e nuovi, attraverso la modifica e l'integrazione degli allegati I e V alla parte quinta del presente decreto.
3. La normativa delle regioni e delle province autonome in materia di valori limite e di prescrizioni per le emissioni in atmosfera degli impianti e delle attività deve tenere conto, ove esistenti, dei piani e programmi di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa. Restano comunque in vigore le normative adottate dalle regioni o dalle province autonome in conformità al decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, ed al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 luglio 1989, in cui si stabiliscono appositi valori limite di emissione e prescrizioni. Per tutti gli impianti e le attività previsti dall'articolo 272, comma 1, la regione o la provincia autonoma, può stabilire, anche con legge o provvedimento generale, sulla base delle migliori tecniche disponibili, appositi valori limite di emissione e prescrizioni, anche inerenti le condizioni di costruzione o di esercizio e i combustibili utilizzati. Con legge o provvedimento generale la regione o la provincia autonoma può inoltre stabilire, ai fini della valutazione dell'entità della diluizione delle emissioni, portate caratteristiche di specifiche tipologie di impianti.
4. I piani e i programmi di qualità dell'aria previsti dalla normativa vigente possono stabilire appositi valori limite di emissione e prescrizioni più restrittivi di quelli contenuti negli Allegati I, II e III e V alla parte quinta del presente decreto, anche inerenti le condizioni di costruzione o di esercizio, purché ciò sia necessario al perseguimento ed al rispetto dei valori e degli obiettivi di qualità dell'aria.
5. Per gli impianti e le attività degli stabilimenti anteriori al 1988, anteriori al 2006 o nuovi l'autorizzazione stabilisce i valori limite di emissione e le prescrizioni, anche inerenti le condizioni di costruzione o di esercizio ed i combustibili utilizzati, a seguito di un'istruttoria che si basa sulle migliori tecniche disponibili e sui valori e sulle prescrizioni fissati nelle normative di cui al comma 3 e nei piani e programmi di cui al comma 4. Si devono altresì valutare il complesso di tutte le emissioni degli impianti e delle attività presenti, le emissioni provenienti da altre fonti e lo stato di qualità dell'aria nella zona interessata. I valori limite di emissione e le prescrizioni fissati sulla base di tale istruttoria devono essere non meno restrittivi di quelli previsti dagli Allegati I, II, III e V alla parte quinta del presente decreto e di quelli applicati per effetto delle autorizzazioni soggette al rinnovo.
6. Per le sostanze per cui non sono fissati valori di emissione, l'autorizzazione stabilisce appositi valori limite con riferimento a quelli previsti per sostanze simili sotto il profilo chimico e aventi effetti analoghi sulla salute e sull'ambiente.
7. Anche a seguito dell'adozione del decreto di cui al comma 2, l'autorizzazione degli stabilimenti anteriori al 1988, anteriori al 2006 e nuovi può sempre stabilire, per effetto dell'istruttoria prevista dal comma 5, valori limite e prescrizioni più severi di quelli contenuti negli allegati I, II, III e V alla parte quinta del presente decreto, nelle normative di cui al comma 3 e nei piani e programmi di cui al comma 4.
8 -10 …
11. I valori limite di emissione e il tenore volumetrico dell'ossigeno di riferimento si riferiscono al volume di effluente gassoso rapportato alle condizioni normali, previa detrazione, salvo quanto diversamente indicato nell'Allegato I alla parte quinta del presente decreto, del tenore volumetrico di vapore acqueo.
12. Salvo quanto diversamente indicato nell'Allegato I alla parte quinta del presente decreto, il tenore volumetrico dell'ossigeno di riferimento è quello derivante dal processo. Se nell'emissione il tenore volumetrico di ossigeno è diverso da quello di riferimento, le concentrazioni misurate devono essere corrette mediante la seguente formula:
E =
21 - O2
* EM
21 - O2M
dove:
EM = concentrazione misurata
E = concentrazione
O2M = tenore di ossigeno misurato
O2 = tenore di ossigeno di riferimento
13. I valori limite di emissione si riferiscono alla quantità di emissione diluita nella misura che risulta inevitabile dal punto di vista tecnologico e dell'esercizio. In caso di ulteriore diluizione dell'emissione le concentrazioni misurate devono essere corrette mediante la seguente formula:
E =
EM * PM
* EM
P
dove:
PM = portata misurata
EM = concentrazione misurata
P = portata di effluente gassoso diluita nella misura che risulta inevitabile dal punto di vista tecnologico e dell'esercizio
E = concentrazione riferita alla P
14. Salvo quanto diversamente stabilito dalla parte quinta del presente decreto, i valori limite di emissione si applicano ai periodi di normale funzionamento dell'impianto, intesi come i periodi in cui l'impianto è in funzione con esclusione dei periodi di avviamento e di arresto e dei periodi in cui si verificano anomalie o guasti tali da non permettere il rispetto dei valori stessi.
L'autorizzazione può stabilire specifiche prescrizioni per tali periodi di avviamento e di arresto e per l'eventualità di tali anomalie o guasti ed individuare gli ulteriori periodi transitori nei quali non si applicano i valori limite di emissione. In caso di emissione di sostanze di cui all'articolo 272, comma 4, lettera a), l'autorizzazione, ove tecnicamente possibile, deve stabilire prescrizioni volte a consentire la stima delle quantità di tali sostanze emesse durante i periodi in cui si verificano anomalie o guasti o durante gli altri periodi transitori e fissare appositi valori limite di emissione, riferiti a tali periodi, espressi come flussi di massa annuali. Se si verifica un'anomalia o un guasto tale da non permettere il rispetto di valori limite di emissione, l'autorità competente deve essere informata entro le otto ore successive e può disporre la riduzione o la cessazione delle attività o altre prescrizioni, fermo restando l'obbligo del gestore di procedere al ripristino funzionale dell'impianto nel più breve tempo possibile e di sospendere l'esercizio dell'impianto se l'anomalia o il guasto può determinare un pericolo per la salute umana. Il gestore è comunque tenuto ad adottare tutte le precauzioni opportune per ridurre al minimo le emissioni durante le fasi di avviamento e di arresto. Sono fatte salve le diverse disposizioni contenute nella parte quinta del presente decreto per specifiche tipologie di impianti. Non costituiscono in ogni caso periodi di avviamento o di arresto i periodi di oscillazione che si verificano regolarmente nello svolgimento della funzione dell'impianto.
15. Il presente articolo si applica anche ai grandi impianti di combustione di cui all'articolo 273 ed agli impianti e alle attività di cui all'articolo 275.
16. Per gli impianti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale i valori limite e le prescrizioni di cui al presente articolo si applicano ai fini del rilascio di tale autorizzazione, fermo restando il potere dell'autorità competente di stabilire valori limite e prescrizioni più severi.
17. L'Allegato VI alla parte quinta del presente decreto stabilisce i criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite di emissione. Con apposito decreto ai sensi dell'articolo 281, comma 5, si provvede ad integrare tale Allegato VI, prevedendo i metodi di campionamento e di analisi delle emissioni, con l'indicazione di quelli di riferimento, i principi di misura e le modalità atte a garantire la qualità dei sistemi di monitoraggio delle emissioni. Fino all'adozione di tale decreto si applicano i metodi precedentemente in uso e, per il rilascio, il rinnovo ed il riesame delle autorizzazioni integrate ambientali e delle autorizzazioni di cui all'articolo 269, i metodi stabiliti dall'autorità competente sulla base delle pertinenti norme tecniche CEN o, ove queste non siano disponibili, sulla base delle pertinenti norme tecniche nazionali, oppure, ove anche queste ultime non siano disponibili, sulla base delle pertinenti norme tecniche ISO o di altre norme internazionali o delle norme nazionali previgenti. Nel periodo di vigenza delle autorizzazioni rilasciate prima dell'entrata in vigore di tale decreto, i controlli, da parte dell'autorità o degli organi di cui all'articolo 268, comma 1, lett. p), e l'accertamento del superamento dei valori limite di emissione sono effettuati sulla base dei metodi specificamente indicati nell'autorizzazione o, se l'autorizzazione non indica specificamente i metodi, sulla base di uno tra i metodi sopra elencati. I successivi commi 18, 19 e 20, fatta salva l'immediata applicazione degli obblighi di comunicazione relativi ai controlli di competenza del gestore, si applicano a decorrere dal rilascio o dal primo rinnovo dell'autorizzazione effettuati successivamente all'entrata in vigore di tale decreto.
18. Le autorizzazioni alle emissioni e le autorizzazioni integrate ambientali, rilasciate, anche in sede di rinnovo, dopo l'entrata in vigore del decreto di cui al comma 17, indicano, per le emissioni in atmosfera, i metodi di campionamento e di analisi, individuandoli tra quelli elencati nell'Allegato VI alla parte quinta del presente decreto, e i sistemi per il monitoraggio delle emissioni. In caso di modifica delle prescrizioni relative ai metodi ed ai sistemi di monitoraggio nell'ambito dell'autorizzazione, l'autorità competente provvede a modificare anche, ove opportuno, i valori limite di emissione autorizzati. I controlli, da parte dell'autorità o degli organi di cui all'articolo 268, comma 1, lett. p), possono essere effettuati solo sulla base dei metodi elencati nell'Allegato VI alla parte quinta del presente decreto, anche se diversi da quelli di competenza del gestore indicati dall'autorizzazione. Nel caso in cui, in sede di autorizzazione o di controllo, si ricorra a metodi diversi da quelli elencati nell'Allegato VI alla parte quinta del presente decreto o a sistemi di monitoraggio non conformi alle prescrizioni di tale allegato, i risultati della relativa applicazione non sono validi ai sensi ed agli effetti del presente titolo. Il gestore effettua i controlli di propria competenza sulla base dei metodi e dei sistemi di monitoraggio indicati nell'autorizzazione e mette i risultati a disposizione dell'autorità competente per il controllo nei modi previsti dall'Allegato VI alla parte quinta del presente decreto e dall'autorizzazione; in caso di ricorso a metodi o a sistemi di monitoraggio diversi o non conformi alle prescrizioni dell'autorizzazione, i risultati della relativa applicazione non sono validi ai sensi ed agli effetti del presente titolo e si applica la pena prevista dall'articolo 279, comma 2.
19. Se i controlli di competenza del gestore e i controlli dell'autorità o degli organi di cui all'articolo 268, comma 1, lett. p), simultaneamente effettuati, forniscono risultati diversi, l'accertamento deve essere ripetuto sulla base del metodo di riferimento. In caso di divergenza tra i risultati ottenuti sulla base del metodo di riferimento e quelli ottenuti sulla base dei metodi e sistemi di monitoraggio indicati dall'autorizzazione, l'autorità competente provvede ad aggiornare tempestivamente l'autorizzazione nelle parti relative ai metodi ed ai sistemi di monitoraggio ed, ove ne consegua la necessità, ai valori limite di emissione.
20. Si verifica un superamento dei valori limite di emissione, ai fini del reato di cui all'articolo 279, comma 2, soltanto se i controlli effettuati dall'autorità o dagli organi di cui all'articolo 268, comma 1, lett. p), accertano una difformità tra i valori misurati e i valori limite prescritti, sulla base di metodi di campionamento e di analisi elencati nell'Allegato V alla parte quinta del presente decreto e di sistemi di monitoraggio conformi alle prescrizioni di tale allegato. Le difformità accertate nei controlli di competenza del gestore devono essere da costui specificamente comunicate all'autorità competente per il controllo entro 24 ore dall'accertamento. Se i risultati dei controlli di competenza del gestore e i risultati dei controlli dell'autorità o degli organi di cui all'articolo 268, comma 1, lett. p), simultaneamente effettuati, divergono in merito alla conformità dei valori misurati ai valori limite prescritti, si procede nei modi previsti dal comma 19; i risultati di tali controlli, inclusi quelli ottenuti in sede di ripetizione dell'accertamento, non possono essere utilizzati ai fini della contestazione del reato previsto dall'articolo 279, comma 2, per il superamento dei valori limite di emissione. Resta ferma, in tutti i casi, l'applicazione dell'articolo 279, comma 2, se si verificano le circostanze previste dall'ultimo periodo del comma 18.
Art. 272
Impianti e attività in deroga
1. Non sono sottoposti ad autorizzazione di cui al presente titolo gli stabilimenti in cui sono presenti esclusivamente impianti e attività elencati nella parte I dell'Allegato IV alla parte quinta del presente decreto. L'elenco si riferisce a impianti e ad attività le cui emissioni sono scarsamente rilevanti agli effetti dell'inquinamento atmosferico. Si applicano esclusivamente i valori limite di emissione e le prescrizioni specificamente previsti, per tali impianti e attività, dai piani e programmi o dalle normative di cui all'articolo 271, commi 3 e 4. Al fine di stabilire le soglie di produzione e di consumo e le potenze termiche nominali indicate nella parte I dell'Allegato IV alla parte quinta del presente decreto si deve considerare l'insieme degli impianti e delle attività che, nello stabilimento, ricadono in ciascuna categoria presente nell'elenco. Gli impianti che utilizzano i combustibili soggetti alle condizioni previste dalla parte II, sezioni 4 e 6, dell'Allegato X alla parte quinta del presente decreto, devono in ogni caso rispettare almeno i valori limite appositamente previsti per l'uso di tali combustibili nella parte III II, dell'Allegato I alla parte quinta del presente decreto. Se in uno stabilimento sono presenti sia impianti o attività inclusi nell'elenco della parte I dell'allegato IV alla parte quinta del presente decreto, sia impianti o attività non inclusi nell'elenco, l'autorizzazione di cui al presente titolo considera solo quelli esclusi. Il presente comma si applica anche ai dispositivi mobili utilizzati all'interno di uno stabilimento da un gestore diverso da quello dello stabilimento o non utilizzati all'interno di uno stabilimento. Il gestore di uno stabilimento in cui i dispositivi mobili di un altro gestore sono collocati ed utilizzati in modo non occasionale deve comunque ricomprendere tali dispositivi nella domanda di autorizzazione dell'articolo 269 salva la possibilità di aderire alle autorizzazioni generali del comma 2 nei casi ivi previsti. L'autorità competente può altresì prevedere, con proprio provvedimento generale, che i gestori comunichino alla stessa o ad altra autorità da questa delegata, in via preventiva, la data di messa in esercizio dell'impianto o di avvio dell'attività ovvero, in caso di dispositivi mobili, la data di inizio di ciascuna campagna di utilizzo. Gli elenchi contenuti nell'allegato IV alla parte quinta del presente decreto possono essere aggiornati ed integrati, con le modalità di cui all'articolo 281, comma 5, anche su indicazione delle regioni, delle province autonome e delle associazioni rappresentative di categorie produttive.
2. Per specifiche categorie di stabilimenti, individuate in relazione al tipo e alle modalità di produzione, l'autorità competente può adottare apposite autorizzazioni di carattere generale, relative a ciascuna singola categoria, nelle quali sono stabiliti i valori limite di emissione, le prescrizioni, anche inerenti le condizioni di costruzione o di esercizio e i combustibili utilizzati, i tempi di adeguamento, i metodi di campionamento e di analisi e la periodicità dei controlli. I valori limite di emissione e le prescrizioni sono stabiliti in conformità all'articolo 271, commi da 5 a 7. L'autorizzazione generale stabilisce i requisiti della domanda di adesione e può prevedere appositi modelli semplificati di domanda, nei quali le quantità e le qualità delle emissioni sono deducibili dalle quantità di materie prime ed ausiliarie utilizzate.. All'adozione di tali autorizzazioni generali l'autorità competente deve in ogni caso procedere entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto, per gli stabilimenti in cui sono presenti esclusivamente gli impianti e le attività di cui alla parte II dell'Allegato IV alla parte quinta del presente decreto. Al fine di stabilire le soglie di produzione e di consumo e le potenze termiche nominali indicate nella parte II dell'Allegato IV alla parte quinta del presente decreto si deve considerare l'insieme degli impianti e delle attività che, nello stabilimento, ricadono in ciascuna categoria presente nell'elenco.. In caso di mancata adozione dell'autorizzazione generale, nel termine prescritto, la stessa è rilasciata con apposito decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e i gestori degli stabilimenti interessati comunicano la propria adesione all'autorità competente o ad altra autorità da questa delegata; è fatto salvo il potere di tale autorità di adottare successivamente nuove autorizzazioni di carattere generale, l'adesione obbligatoria alle quali comporta, per il soggetto interessato, la decadenza di quella adottata dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Per gli stabilimenti in cui sono presenti anche impianti o attività a cui l'autorizzazione generale non si riferisce, il gestore deve presentare domanda di autorizzazione ai sensi dell'articolo 269. I gestori degli stabilimenti per cui è stata adottata una autorizzazione generale possono comunque presentare domanda di autorizzazione ai sensi dell'articolo 269.
3. Almeno quarantacinque giorni prima dell'installazione il gestore degli stabilimenti di cui al comma 2, presenta all'autorità competente o ad altra autorità da questa delegata una domanda di adesione all'autorizzazione generale corredata dai documenti ivi prescritti. L'autorità che riceve la domanda può, con proprio provvedimento, negare l'adesione nel caso in cui non siano rispettati i requisiti previsti dall'autorizzazione generale o i requisiti previsti dai piani e dai programmi o dalle normative di cui all'articolo 271, commi 3 e 4, o in presenza di particolari situazioni di rischio sanitario o di zone che richiedono una particolare tutela ambientale. Tale procedura si applica anche nel caso in cui il gestore intenda effettuare una modifica dello stabilimento. Resta fermo l'obbligo di sottoporre lo stabilimento all'autorizzazione di cui all'articolo 269 in caso di modifiche per effetto delle quali lo stabilimento non sia più conforme alle previsioni dell'autorizzazione generale. L'autorizzazione generale si applica a chi vi ha aderito, anche se sostituita da successive autorizzazioni generali, per un periodo pari ai dieci anni successivi all'adesione. Non hanno effetto su tale termine le domande di adesione relative alle modifiche dello stabilimento. Almeno quarantacinque giorni prima della scadenza di tale periodo il gestore presenta una domanda di adesione all'autorizzazione generale vigente, corredata dai documenti ivi prescritti. L'autorità competente procede, almeno ogni dieci anni, al rinnovo delle autorizzazioni generali adottate ai sensi del presente articolo. Per le autorizzazioni generali rilasciate ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 luglio 1989 e del decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1991, il primo rinnovo è effettuato entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto e i soggetti autorizzati presentano una domanda di adesione, corredata dai documenti ivi prescritti, nei sei mesi che seguono al rinnovo o nei diversi termini stabiliti dall'autorizzazione stessa, durante i quali l'esercizio può essere continuato. In caso di mancata presentazione della domanda di adesione nei termini previsti dal presente comma lo stabilimento si considera in esercizio senza autorizzazione alle emissioni.
4. Le disposizioni dei commi 1, 2 e 3 non si applicano:
a) in caso di emissione di sostanze cancerogene, tossiche per la riproduzione o mutagene o di sostanze di tossicità e cumulabilità particolarmente elevate, come individuate dalla parte II dell'Allegato I alla parte quinta del presente decreto, o
b) nel caso in cui siano utilizzate, nell'impianto o nell'attività, le sostanze o i preparati classificati dal decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, come cancerogeni, mutageni o tossici per la riproduzione, a causa del loro tenore di COV, e ai quali sono state assegnate etichette con le frasi di rischio R45, R46, R49, R60, R61.
4-bis. Con apposito decreto, da adottare ai sensi dell'articolo 281, comma 5, si provvede ad integrare l'allegato IV, parte II, alla parte quinta del presente decreto con l'indicazione dei casi in cui, in deroga al comma precedente, l'autorità competente può permettere, nell'autorizzazione generale, l'utilizzo di sostanze inquinanti classificate con frasi di rischio R45, R46, R49, R60, R61, R68, in considerazione degli scarsi quantitativi d'impiego o delle ridotte percentuali di presenza nelle materie prime o nelle emissioni.
5. Il presente titolo non si applica agli stabilimenti destinati alla difesa nazionale e dalle emissioni provenienti da sfiati e ricambi d'aria esclusivamente adibiti alla protezione e alla sicurezza degli ambienti di lavoro. Agli impianti di distribuzione dei carburanti si applicano esclusivamente le pertinenti disposizioni degli articoli 276 e 277.
Giurisprudenza Collegata: Cass. Pen. 23292/2016;
Art. 273
Grandi impianti di combustione
1. L'Allegato Il alla parte quinta del presente decreto stabilisce, in relazione ai grandi impianti di combustione, i valori limite di emissione, inclusi quelli degli impianti multicombustibili, le modalità di monitoraggio e di controllo delle emissioni, i criteri per la verifica della conformità ai valori limite e le ipotesi di anomalo funzionamento o di guasto degli impianti.
2. Ai grandi impianti di combustione nuovi si applicano i valori limite di emissione di cui alla parte II, sezioni da 1 a 5, lettera B, e sezione 6 dell'Allegato II alla parte quinta del presente decreto.
3. Ai grandi impianti di combustione anteriori al 2006 i valori limite di emissione di cui alla parte II, sezioni da 1 a 5, lettera A, e sezione 6 dell'Allegato II alla parte quinta del presente decreto si applicano a partire dal 1° gennaio 2008. Fino a tale data si applicano gli articoli 3, comma 1, 6, comma 2, e 14, comma 3, nonché gli Allegati 4, 5, 6 e 9 del decreto del Ministro dell'ambiente 8 maggio 1989. Sono fatti salvi i diversi termini previsti nel suddetto Allegato II.
4. Ai grandi impianti di combustione anteriori al 1988 i valori limite di emissione di cui alla parte II, sezioni da 1 a 5, lettera A, e sezioni 6 e 7 dell'Allegato II alla parte quinta del presente decreto si applicano a partire dal 1° gennaio 2008. Fino a tale data si applicano i valori limite di emissione per il biossido di zolfo, gli ossidi di azoto, le polveri e per i metalli e loro composti previsti dal decreto del Ministro dell'ambiente 12 luglio 1990, o contenuti nelle autorizzazioni rilasciate ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, nonché le prescrizioni relative alle anomalie degli impianti di abbattimento stabilite all'Allegato II, parte A, lettera E, dello stesso decreto ministeriale. Fino a tale data si applicano altresì i massimali e gli obiettivi di riduzione delle emissioni, fissati nella parte V dell'Allegato II alla parte quinta del presente decreto. Sono fatti salvi i diversi termini previsti in tale Allegato II.
5. I gestori dei grandi impianti di combustione di cui al comma 4 possono essere esentati dall'obbligo di osservare i valori limite di emissione previsti dalla parte II, sezioni da 1 a 5, lettera A, e sezione 6 dell'Allegato II alla parte quinta del presente decreto, sulla base della procedura disciplinata dalla parte I dello stesso Allegato II.
6. Ai fini dell'adeguamento degli impianti di cui ai commi 3 e 4 ai valori limite di emissione ivi previsti, il gestore, nell'ambito della richiesta di autorizzazione integrata ambientale, presenta all'autorità competente una relazione tecnica contenente la descrizione dell'impianto, delle tecnologie adottate per prevenire l'inquinamento e della qualità e quantità delle emissioni, dalla quale risulti il rispetto delle prescrizioni di cui al presente titolo, oppure un progetto di adeguamento finalizzato al rispetto delle medesime.
7. Per gli impianti di potenza termica nominale pari a 50 MW, la relazione tecnica o il progetto di adeguamento di cui al comma 6 devono essere presentati entro il 1°agosto 2007 e, in caso di approvazione, l'autorità competente provvede, ai sensi dell'articolo 269, a rinnovare le autorizzazioni in atto.
8. In aggiunta a quanto previsto dall'articolo 271, comma 14, i valori limite di emissione non si applicano ai grandi impianti di combustione nei casi di anomalo funzionamento previsti dalla parte I dell'Allegato II alla parte quinta del presente decreto, nel rispetto delle condizioni ivi previste.
9. Se più impianti di combustione, anche di potenza termica nominale inferiore a 50 MW, sono localizzati nello stesso stabilimento l'autorità competente deve, in qualsiasi caso, considerare tali impianti come un unico impianto ai fini della determinazione della potenza termica nominale in base alla quale stabilire i valori limite di emissione. L'autorità competente, tenendo conto delle condizioni tecniche ed economiche, può altresì disporre il convogliamento delle emissioni di tali impianti ad un solo punto di emissione ed applicare i valori limite che, in caso di mancato convogliamento, si applicherebbero all'impianto più recente.
10. L'adeguamento alle disposizioni del comma 9 è effettuato nei tempi a tal fine stabiliti dall'autorizzazione.
11. Nel caso in cui un grande impianto di combustione sia sottoposto alle modifiche qualificate come sostanziali dalla normativa vigente in materia di autorizzazione integrata ambientale, si applicano i valori limite di emissione stabiliti nella parte II, sezioni da 1 a 5, lettera B, e sezione 6 dell'Allegato II alla parte quinta del presente decreto.
12. Fermo restando quanto previsto dalla normativa vigente in materia di autorizzazione integrata ambientale, per gli impianti nuovi o in caso di modifiche ai sensi del comma 11, la domanda di autorizzazione deve essere corredata da un apposito studio concernente la fattibilità tecnica ed economica della generazione combinata di calore e di elettricità. Nel caso in cui tale fattibilità sia accertata, anche alla luce di elementi diversi da quelli contenuti nello studio, l'autorità competente, tenuto conto della situazione del mercato e della distribuzione, condiziona il rilascio del provvedimento autorizzativo alla realizzazione immediata o differita di tale soluzione.
13. Dopo il 1° gennaio 2008, agli impianti di combustione di potenza termica nominale inferiore a 50MW ed agli altri impianti esclusi dal campo di applicazione della parte quinta del presente decreto, facenti parte di una raffineria, continuano ad applicarsi, fatto salvo quanto previsto dalla normativa vigente in materia di autorizzazione integrata ambientale, i valori limite di emissione calcolati, su un intervallo mensile o inferiore, come rapporto ponderato tra la somma delle masse inquinanti emesse e la somma dei volumi delle emissioni di tutti gli impianti della raffineria, inclusi quelli ricadenti nel campo di applicazione del presente articolo.
14. In caso di realizzazione di grandi impianti di combustione che potrebbero arrecare un significativo pregiudizio all'ambiente di un altro Stato della Comunità europea, l'autorità competente informa il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per l'adempimento degli obblighi di cui alla convenzione sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, stipulata a Espoo il 25 febbraio 1991, ratificata con la legge 3 novembre 1994, n. 640.
15. Le disposizioni del presente articolo si applicano agli impianti di combustione destinati alla produzione di energia, ad esclusione di quelli che utilizzano direttamente i prodotti di combustione in procedimenti di fabbricazione. Sono esclusi in particolare:
a) gli impianti in cui i prodotti della combustione sono utilizzati per il riscaldamento diretto, l'essiccazione o qualsiasi altro trattamento degli oggetti o dei materiali, come i forni di riscaldo o i forni di trattamento termico;
b) gli impianti di postcombustione, cioè qualsiasi dispositivo tecnico per la depurazione dell'effluente gassoso mediante combustione, che non sia gestito come impianto indipendente di combustione;
c) i dispositivi di rigenerazione dei catalizzatori di craking catalitico;
d) i dispositivi di conversione del solfuro di idrogeno in zolfo;
e) i reattori utilizzati nell'industria chimica;
f) le batterie di forni per il coke;
g) i cowpers degli altiforni;
h) qualsiasi dispositivo tecnico usato per la propulsione di un veicolo, una nave, o un aeromobile;
i) le turbine a gas usate su piattaforme off-shore e sugli impianti di rigassificazione di gas naturale liquefatto off-shore;
l) …
m) gli impianti azionati da motori diesel, a benzina o a gas.
16. Le disposizioni del presente articolo si applicano alle turbine a gas autorizzate successivamente all'entrata in vigore della parte quinta del presente decreto. Alle turbine a gas autorizzate precedentemente si applicano esclusivamente le disposizioni alle stesse riferite dall'Allegato II alla parte quinta del presente decreto in materia di monitoraggio e controllo delle emissioni, nonché di anomalie e guasti degli impianti di abbattimento.
Art. 274
Raccolta e trasmissione dei dati sulle emissioni dei grandi impianti di combustione
1. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare trasmette alla Commissione europea, ogni tre anni, una relazione inerente le emissioni di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri di tutti i grandi impianti di combustione di cui alla parte quinta del presente decreto, nella quale siano separatamente indicate le emissioni delle raffinerie. Tale relazione è trasmessa per la prima volta entro il 31 dicembre 2007 in relazione al periodo di tre anni che decorre dal 1°gennaio 2004 e, in seguito, entro dodici mesi dalla fine di ciascun successivo periodo di tre anni preso in esame. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare trasmette inoltre alla Commissione europea, su richiesta, i dati annuali relativi alle emissioni di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri dei singoli impianti di combustione.
2. A partire dal 1° gennaio 2008, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare presenta ogni anno alla Commissione europea una relazione concernente gli impianti anteriori al 1988 per i quali è stata concessa l'esenzione prevista dall'articolo 273, comma 5, con l'indicazione dei tempi utilizzati e non utilizzati che sono stati autorizzati per il restante periodo di funzionamento degli impianti. A tal fine l'autorità competente, se diversa dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, comunica a tale Ministero le predette esenzioni contestualmente alla concessione delle stesse.
3. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare presenta ogni anno alla Commissione europea una relazione circa i casi in cui sono applicate le deroghe di cui alla parte II, sezioni 1 e 4, lettera A, paragrafo 2, dell'Allegato II alla parte quinta del presente decreto e le deroghe di cui alle note delle lettere A e B del medesimo Allegato II, parte II, sezione 1. A tal fine l'autorità competente, se diversa dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, comunica a tale Ministero le predette deroghe contestualmente all'applicazione delle stesse.
4. Entro il 31 maggio di ogni anno, a partire dal 2006, i gestori dei grandi impianti di combustione comunicano all'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), con le modalità previste dalla parte III dell'Allegato II alla parte quinta del presente decreto, le emissioni totali, relative all'anno precedente, di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri, determinate conformemente alle prescrizioni della parte IV dell'Allegato II alla parte quinta del presente decreto, nonché la quantità annua totale di energia prodotta rispettivamente dalle biomasse, dagli altri combustibili solidi, dai combustibili liquidi, dal gas naturale e dagli altri gas, riferita al potere calorifico netto, e la caratterizzazione dei sistemi di abbattimento delle emissioni. In caso di mancata comunicazione dei dati e delle informazioni di cui al presente comma, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche ai fini di quanto previsto dall'articolo 650 del codice penale, ordina al gestore inadempiente di provvedere.
5. L' Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), sulla base delle informazioni di cui al comma 4, elabora una relazione in cui sono riportate le emissioni di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri di tutti i grandi impianti di combustione di cui alla parte quinta del presente decreto. Tale relazione deve indicare le emissioni totali annue di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri e la quantità annua totale di energia prodotta rispettivamente dalle biomasse, dagli altri combustibili solidi, dai combustibili liquidi, dal gas naturale e dagli altri gas, riferita al potere calorifico netto. Almeno due mesi prima della scadenza prevista dal comma 1 per la trasmissione dei dati alla Commissione europea, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) trasmette al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la suddetta relazione, nonché i dati disaggregati relativi a ciascun impianto.
6. I dati di cui al comma 4 sono raccolti e inviati in formato elettronico. A tal fine debbono essere osservate, ove disponibili, le procedure indicate sul sito internet del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. La relazione di cui al comma 5, nonché i dati disaggregati raccolti dall' Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) sono resi disponibili alle autorità competenti sul sito internet del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
7. Il presente articolo si applica anche alle turbine a gas autorizzate prima dell'entrata in vigore della parte quinta del presente decreto.
Art. 275
Emissioni di COV
1. L'Allegato III alla parte quinta del presente decreto stabilisce, relativamente alle emissioni di composti organici volatili, i valori limite di emissione, le modalità di monitoraggio e di controllo delle emissioni, i criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite e le modalità di redazione del piano di gestione dei solventi.
2. Se nello stesso stabilimento sono esercitate, mediante uno o più impianti o macchinari e sistemi non fissi o operazioni manuali, una o più attività individuate nella parte II dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto le quali superano singolarmente le soglie di consumo di solvente ivi stabilite, a ciascuna di tali attività si applicano secondo le modalità di cui al comma 7, i valori limite per le emissioni convogliate e per le emissioni diffuse di cui al medesimo Allegato III, parte III, oppure i valori limite di emissione totale di cui a tale Allegato III, parti III e IV, nonché le prescrizioni ivi previste. Tale disposizione si applica anche alle attività che, nello stesso stabilimento, sono direttamente collegate e tecnicamente connesse alle attività individuate nel suddetto Allegato III, parte II, e che possono influire sulle emissioni di COV. Il superamento delle soglie di consumo di solvente è valutato
con riferimento al consumo massimo teorico di solvente . . .. Le attività di cui alla parte II dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto comprendono la pulizia delle apparecchiature e non comprendono la pulizia dei prodotti, fatte salve le diverse disposizioni ivi previste.
3. Ai fini di quanto previsto dal comma 2, i valori limite per le emissioni convogliate si applicano a ciascun impianto che produce tali emissioni ed i valori limite per le emissioni diffuse si applicano alla somma delle emissioni non convogliate di tutti gli impianti, di tutti i macchinari e sistemi non fissi e di tutte le operazioni.
4. Il gestore che intende effettuare le attività di cui al comma 2 presenta all'autorità competente una domanda di autorizzazione dello stabilimento in conformità all'articolo 269 e a quanto previsto nel presente articolo e nell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto oppure, ricorrendone i presupposti, una domanda di adesione all'autorizzazione generale di cui all'articolo 272, comma 3... . . In aggiunta ai casi previsti dall'articolo 269, comma 8, la domanda di autorizzazione deve essere presentata anche dal gestore dello stabilimento in cui sono esercitate delle attività che, a seguito di una modifica del consumo massimo teorico di solvente, rientrano tra quelle di cui al comma 2.
5. L'autorizzazione stabilisce, sulla base dei commi 2 e 7, i valori limite di emissione e le prescrizioni che devono essere rispettati. Per la captazione e il convogliamento si applica l'articolo 270.
6. L'autorizzazione indica il consumo massimo teorico di solvente e l'emissione totale annua conseguente all'applicazione dei valori limite di cui al comma 2, individuata sulla base di detto consumo, nonché la periodicità dell'aggiornamento del piano di gestione di cui alla parte V dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto.
7. Il rispetto dei valori limite di emissione previsti dal comma 2 è assicurato mediante l'applicazione delle migliori tecniche disponibili e, in particolare, utilizzando materie prime a ridotto o nullo tenore di solventi organici, ottimizzando l'esercizio e la gestione delle attività e, ove necessario, installando idonei dispositivi di abbattimento, in modo da minimizzare le emissioni di composti organici volatili.
8. Se le attività di cui al comma 2 sono esercitate presso uno stabilimento autorizzato ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, prima del 13 marzo 2004, le emissioni devono essere adeguate alle pertinenti prescrizioni dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto e alle altre prescrizioni del presente articolo entro il 31 ottobre 2007, ovvero, in caso di adeguamento a quanto previsto dal medesimo Allegato III, parte IV, entro le date ivi stabilite. Fermo restando quanto stabilito dalla normativa vigente in materia di autorizzazione integrata ambientale, l'adeguamento è effettuato sulla base dei progetti presentati all'autorità competente ai sensi del decreto ministeriale 14 gennaio 2004, n. 44. Tali stabilimenti si considerano anteriori al 2006 o anteriori al 1988 sulla base dei criteri di cui all'articolo 268, comma 1, lettere i) e i-bis). In caso di mancata presentazione del progetto o di diniego all'approvazione del progetto da parte dell'autorità competente, le attività si considerano in esercizio senza autorizzazione. I termini di adeguamento previsti dal presente comma si applicano altresì agli stabilimenti di cui al comma 20, in esercizio al 12 marzo 2004, i cui gestori aderiscano all'autorizzazione generale ivi prevista entro sei mesi dall'entrata in vigore della parte quinta del presente decreto o abbiano precedentemente aderito alle autorizzazioni generali adottate ai sensi dell'articolo 9 del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 16 gennaio 2004, n. 44.
9. Se le attività di cui al comma 2 sono effettuate esclusivamente da macchinari e sistemi non fissi o da operazioni manuali, in esercizio prima dell'entrata in vigore della parte quinta del presente decreto, le emissioni devono essere adeguate alle pertinenti prescrizioni dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto e alle altre prescrizioni del presente articolo entro il 31 ottobre 2007. A tal fine l'autorizzazione di cui al comma 4 deve essere richiesta entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto. In caso di mancata presentazione della richiesta entro tale termine le attività si considerano in esercizio senza autorizzazione.
10. Sono fatte salve le autorizzazioni rilasciate prima del 13 marzo 2004 che conseguono un maggiore contenimento delle emissioni di composti organici volatili rispetto a quello ottenibile con l'applicazione delle indicazioni di cui alle parti III e IV dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto. In tal caso rimangono validi i metodi di campionamento e di analisi precedentemente in uso. È fatta salva la facoltà del gestore di chiedere all'autorità competente di rivedere dette autorizzazioni sulla base delle disposizioni della parte quinta del presente decreto.
11. La domanda di autorizzazione di cui al comma 4 deve essere presentata anche dal gestore degli stabilimenti nei quali sono esercitate le attività di cui al comma 2, effettuate ai sensi dei commi 8 e 9, ove le stesse siano sottoposte a modifiche sostanziali.
L'autorizzazione prescrive che le emissioni provenienti dagli stabilimenti in cui si effettuano le attività oggetto di modifica sostanziale:
a) siano immediatamente adeguate alle prescrizioni del presente articolo o
b) siano adeguate alle prescrizioni del presente articolo entro il 31 ottobre 2007 se le emissioni totali di tutte le attività svolte dal gestore nello stesso luogo non superano quelle che si producono in caso di applicazione della lettera a).
12. Se il gestore comprova all'autorità competente che, pur utilizzando la migliore tecnica disponibile, non è possibile rispettare il valore limite per le emissioni diffuse, tale autorità può autorizzare deroghe a detto valore limite, purché ciò non comporti rischi per la salute umana o per l'ambiente.
13. Nei casi previsti nella parte III dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto, l'autorità competente può esentare il gestore dall'applicazione delle prescrizioni ivi stabilite se le emissioni non possono essere convogliate ai sensi dell'articolo 270, commi 1 e 2. In tal caso si applica quanto previsto dalla parte IV dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto, salvo il gestore comprovi all'autorità competente che il rispetto di detto Allegato non è, nel caso di specie, tecnicamente ed economicamente fattibile e che l'impianto utilizza la migliore tecnica disponibile.
14. L'autorità competente comunica al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nella relazione di cui al comma 18, le deroghe autorizzate ai sensi dei commi 12 e 13.
15. Se due o più attività effettuate nello stesso luogo superano singolarmente le soglie di cui al comma 2, l'autorità competente può:
a) applicare i valori limite previsti da tale comma a ciascuna singola attività o
b) applicare un valore di emissione totale, riferito alla somma delle emissioni di tali attività, non superiore a quello che si avrebbe applicando quanto previsto dalla lettera a); la presente opzione non si estende alle emissioni delle sostanze indicate nel comma 17.
16. Il gestore che, nei casi previsti dal comma 8, utilizza un dispositivo di abbattimento che consente il rispetto di un valore limite di emissione pari a 50 mgC/Nm3, in caso di combustione, e pari a 150 mgC/Nm3, in tutti gli altri casi, deve rispettare i valori limite per le emissioni convogliate di cui alla parte III dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto entro il 1° aprile 2013, purché, sin dalle date di adeguamento previste dal comma 8, le emissioni totalinon superino quelle che si sarebbero prodotte in caso di applicazione delle prescrizioni della parte III dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto.
17. La parte I dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto stabilisce appositi valori limite di emissione per le sostanze caratterizzate da particolari rischi per la salute e l'ambiente.
18. Le autorità competenti trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ogni tre anni ed entro il 30 aprile, a partire dal 2005, una relazione relativa all'applicazione del presente articolo, in conformità a quanto previsto dalla decisione 2007/531/CE del 26 luglio 2007 della Commissione europea. Copia della relazione è inviata dalle autorità competenti alla regione o alla provincia autonoma. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare invia tali informazioni alla Commissione europea.
19. …
20. I gestori degli stabilimenti costituiti da uno o più impianti a ciclo chiuso di pulizia a secco di tessuti e di pellami, escluse le pellicce, e delle pulitintolavanderie a ciclo chiuso, per i quali l'autorità competente non abbia adottato autorizzazioni di carattere generale, comunicano a tali autorità di aderire all'autorizzazione di cui alla parte VII dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto. È fatto salvo il potere delle medesime autorità di adottare successivamente nuove autorizzazioni di carattere generale, ai sensi dell'articolo 272, l'obbligatoria adesione alle quali comporta, per il soggetto interessato, la decadenza di quella prevista dalla parte VII dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto relativamente al territorio a cui tali nuove autorizzazioni si riferiscono. A tali attività non si applicano le prescrizioni della parte I, paragrafo 3, punti 3.2, 3.3. e 3.4 dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto.
21. Costituisce modifica sostanziale, ai sensi del presente articolo:
a) per le attività di ridotte dimensioni, una modifica del consumo massimo teorico di solventi che comporta un aumento delle emissioni di composti organici volatili superiore al venticinque per cento;
b) per tutte le altre attività, una modifica del consumo massimo teorico di solventi che comporta un aumento delle emissioni di composti organici volatili superiore al dieci per cento;
c) qualsiasi modifica che, a giudizio dell'autorità competente, potrebbe avere effetti negativi significativi sulla salute umana o sull'ambiente;
d) qualsiasi modifica del consumo massimo teorico di solventi che comporti la variazione dei valori limite applicabili;
22. Per attività di ridotte dimensioni, ai sensi del comma 21, si intendono le attività di cui alla parte III, punti 1, 3, 4, 5, 8, 10, 13, 16 o 17 dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto aventi un consumo massimo teorico di solventi inferiore o uguale alla più bassa tra le soglie di consumo ivi indicate in terza colonna e le altre attività di cui alla parte III del medesimo Allegato III aventi un consumo massimo teorico di solventi inferiore a 10 tonnellate l'anno.
Art. 276
Controllo delle emissioni di COV derivanti dal deposito della benzina e dalla sua distribuzione dai terminali agli impianti di distribuzione
1. L'Allegato VII alla parte quinta del presente decreto stabilisce le prescrizioni che devono essere rispettate ai fini del controllo delle emissioni di COV relativamente:
a) agli impianti di deposito presso i terminali;
b) agli impianti di caricamento di benzina presso i terminali;
c) agli impianti adibiti al deposito temporaneo di vapori presso i terminali;
d) alle cisterne mobili e ai veicoli cisterna;
e) agli impianti di deposito presso gli impianti di distribuzione dei carburanti;
f) alle attrezzature per le operazioni di trasferimento della benzina presso gli impianti di distribuzione e presso terminali in cui è consentito il deposito temporaneo di vapori.
2. Per impianti di deposito ai sensi del presente articolo si intendono i serbatoi fissi adibiti allo stoccaggio di benzina. Per tali impianti di deposito situati presso i terminali le pertinenti prescrizioni dell'Allegato VII alla parte quinta del presente decreto costituiscono le misure che i gestori devono adottare ai sensi dell'articolo 269, comma 10. Con apposito provvedimento l'autorità competente può disporre deroghe a tali prescrizioni, relativamente agli obblighi di rivestimento, ove necessario ai fini della tutela di aree di particolare pregio sotto il profilo paesaggistico.
3. Per impianti di distribuzione, ai sensi del presente articolo, si intendono gli impianti in cui la benzina viene erogata ai serbatoi di tutti i veicoli a motore da impianti di deposito.
4. Nei terminali all'interno dei quali è movimentata una quantità di benzina inferiore a 10.000 tonnellate/anno e la cui costruzione è stata autorizzata prima del 3 dicembre 1997, ai sensi della normativa vigente al momento dell'autorizzazione, gli impianti di caricamento si adeguano alle disposizioni della parte II, paragrafo 2, dell'Allegato VII alla parte quinta del presente decreto entro il 17 maggio 2010. Fino alla data di adeguamento deve essere garantita l'agibilità delle operazioni di caricamento anche per i veicoli-cisterna con caricamento dall'alto. Per quantità movimentata si intende la quantità totale annua massima di benzina caricata in cisterne mobili dagli impianti di deposito del terminale nei tre anni precedenti il 17 maggio 2000.
5. Le prescrizioni di cui alla parte II, punto 3.2, dell'Allegato VII alla parte quinta del presente decreto si applicano ai veicoli cisterna collaudati dopo il 17 novembre 2000 e si estendono agli altri veicoli cisterna a partire dal 17 maggio 2010. Tali prescrizioni non si applicano ai veicoli cisterna a scomparti tarati, collaudati dopo il 1° gennaio 1990 e attrezzati con un dispositivo che garantisca la completa tenuta di vapori durante la fase di caricamento. A tali veicoli cisterna a scomparti tarati deve essere consentita l'agibilità delle operazioni di caricamento presso gli impianti di deposito dei terminali.
6. Gli stabilimenti in cui sono presenti gli impianti di cui al comma 1, lettera b), sono soggetti, ove producano emissioni in atmosfera, all'autorizzazione di cui all'articolo 269.
Art. 277
Recupero di COV prodotti durante le operazioni di rifornimento degli autoveicoli presso gli impianti di distribuzione carburanti
1. I distributori degli impianti di distribuzione dei carburanti devono essere attrezzati con sistemi di recupero dei vapori di benzina che si producono durante le operazioni di rifornimento degli autoveicoli. gli impianti di distribuzione, i distributori e i sistemi di recupero dei vapori devono essere conformi alle pertinenti prescrizioni dell'Allegato VIII alla parte quinta del presente decreto, relative ai requisiti di efficienza, ai requisiti costruttivi, ai requisiti di installazione, ai controlli periodici ed agli obblighi di documentazione.
2. Ai fini del presente articolo si intende per:
a) impianti di distribuzione: ogni impianto in cui la benzina viene erogata ai serbatoi degli autoveicoli da impianti di deposito;
b) impianti di deposito: i serbatoi fissi adibiti allo stoccaggio di benzina presso gli impianti di distribuzione;
c) distributore: ogni apparecchio finalizzato all'erogazione di benzina; il distributore deve essere dotato di idonea pompa di erogazione in grado di aspirare dagli impianti di deposito o, in alternativa, essere collegato a un sistema di pompaggio centralizzato; se inserito in un impianto di distribuzione di carburanti in rapporto con il pubblico, il distributore deve essere inoltre dotato di un idoneo dispositivo per l'indicazione ed il calcolo delle quantità di benzina erogate;
d) sistema di recupero dei vapori: l'insieme dei dispositivi atti a prevenire l'emissione in atmosfera di COV durante i rifornimenti di benzina di autoveicoli. Tale insieme di dispositivi comprende pistole di erogazione predisposte per il recupero dei vapori, tubazioni flessibili coassiali o gemellate, ripartitori per la separazione della linea dei vapori dalla linea di erogazione del carburante, collegamenti interni ai distributori, linee interrate per il passaggio dei vapori verso i serbatoi, e tutte le apparecchiature e i dispositivi atti a garantire il funzionamento degli impianti in condizioni di sicurezza ed efficienza.
3. I dispositivi componenti i sistemi di recupero dei vapori devono essere omologati dal Ministero dell'interno, a cui il costruttore presenta apposita istanza corredata della documentazione necessaria ad identificare i dispositivi e dalla certificazione di cui al paragrafo 2, punto 2.3, dell'Allegato VIII alla parte quinta del presente decreto. Ai fini del rilascio dell'omologazione, il Ministero dell'interno verifica la rispondenza dei dispositivi ai requisiti di efficienza di cui al comma 1 ed ai requisiti di sicurezza antincendio previsti dalla vigente normativa. In caso di mancata pronuncia l'omologazione si intende negata.
4. I dispositivi componenti i sistemi di recupero dei vapori che sono stati omologati delle competenti autorità di altri Paesi appartenenti all'Unione europea possono essere utilizzati per attrezzare i distributori degli impianti di distribuzione, previo riconoscimento da parte del Ministero dell'interno, a cui il costruttore presenta apposita istanza, corredata dalla documentazione necessaria ad identificare i dispositivi, dalle certificazioni di prova rilasciate dalle competenti autorità estere e da una traduzione giurata in lingua italiana di tali documenti e certificazioni. Ai fini del riconoscimento, il Ministero dell'interno verifica i documenti e le certificazioni trasmessi e la rispondenza dei dispositivi ai requisiti di sicurezza antincendio previsti dalla vigente normativa. In caso di mancata pronuncia il riconoscimento si intende negato.
5. Durante le operazioni di rifornimento degli autoveicoli i gestori degli impianti di distribuzione devono mantenere in funzione i sistemi di recupero dei vapori di cui al comma 1.
Art. 278
Poteri di ordinanza
1. In caso di inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione, ferma restando l'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 279 e delle misure cautelari disposte dall'autorità giudiziaria, l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione:
a) alla diffida, con l'assegnazione di un termine entro il quale le irregolarità devono essere eliminate;
b) alla diffida ed alla contestuale temporanea sospensione dell'autorizzazione con riferimento agli impianti e alle attività per i quali vi è stata violazione delle prescrizioni autorizzative, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute o per l'ambiente;
c) alla revoca dell'autorizzazione con riferimento agli impianti e alle attività per i quali vi è stata violazione delle prescrizioni autorizzative, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida o qualora la reiterata inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione determini situazioni di pericolo o di danno per la salute o per l'ambiente.
Giurisprudenza Collegata: Cass. Pen. 39328/2018;
Art. 279
Sanzioni
1. Chi inizia a installare o esercisce uno stabilimento in assenza della prescritta autorizzazione ovvero continua l'esercizio con l'autorizzazione scaduta, decaduta, sospesa o revocata è punito con la pena dell'arresto da due mesi a due anni o dell'ammenda da 258 euro a 1.032 euro. Con la stessa pena è punito chi sottopone uno stabilimento ad una modifica sostanziale senza l'autorizzazione prevista dall'articolo 269, comma 8. Chi sottopone uno stabilimento ad una modifica non sostanziale senza effettuare la comunicazione prevista dall'articolo 269, comma 8, è assoggettato ad una sanzione amministrativa pecuniaria pari a 1.000 euro, alla cui irrogazione provvede l'autorità competente.
2. Chi, nell'esercizio di uno stabilimento, viola i valori limite di emissione o le prescrizioni stabiliti dall'autorizzazione, dagli Allegati I, II, III o V alla parte quinta del presente decreto, dai piani e dai programmi o dalla normativa di cui all'articolo 271 o le prescrizioni altrimenti imposte dall'autorità competente ai sensi del presente titolo è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda fino a 1.032 euro. Se i valori limite o le prescrizioni violati sono contenuti nell'autorizzazione integrata ambientale si applicano le sanzioni previste dalla normativa che disciplina tale autorizzazione.
3. Chi mette in esercizio un impianto o inizia ad esercitare un'attività senza averne dato la preventiva comunicazione prescritta ai sensi dell'articolo 269, comma 6, o ai sensi dell'articolo 272, comma 1, è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda fino a milletrentadue euro.
4. Chi non comunica all'autorità competente i dati relativi alle emissioni ai sensi dell'articolo 269, comma 6, è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino a milletrentadue euro.
5. Nei casi previsti dal comma 2 si applica sempre la pena dell'arresto fino ad un anno se il superamento dei valori limite di emissione determina anche il superamento dei valori limite di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa.
6. Chi, nei casi previsti dall'articolo 281, comma 1, non adotta tutte le misure necessarie ad evitare un aumento anche temporaneo delle emissioni è punito con la pena dell'arresto fino ad un anno o dell'ammenda fino a milletrentadue euro.
7. Per la violazione delle prescrizioni dell'articolo 276, nel caso in cui la stessa non sia soggetta alle sanzioni previste dai commi da 1 a 6, e per la violazione delle prescrizioni dell'articolo 277 si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da Quindicimilaquattrocentonovantatre euro a centocinquantaquattromilanovecentotrentasette euro. All'irrogazione di tale sanzione provvede, ai sensi degli articoli 17 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, la regione o la diversa autorità indicata dalla legge regionale. La sospensione delle autorizzazioni in essere è sempre disposta in caso di recidiva.
Giurisprudenza Collegata: Cass. Pen. 34760/2011; Cass. Pen. 40527/2014; Cass. Pen. 42368/2015; Cass. Pen. 23292/2016; Cass. Pen. 38982/2017; Cass. Pen. 39328/2018;
Art. 280
Abrogazioni
1. Sono abrogati, escluse le disposizioni di cui il presente decreto preveda l'ulteriore vigenza e fermo restando quanto stabilito dall'articolo 14 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351:
a) il decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203;
b) l'articolo 4 della legge 4 novembre 1997, n. 413;
c) l'articolo 12, comma 8, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387;
d) il decreto del Ministro dell'ambiente 10 marzo 1987, n. 105;
e) il decreto del Ministro dell'ambiente 8 maggio 1989;
f) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 luglio 1989;
g) il decreto del Ministro dell'ambiente 12 luglio 1990;
h) il decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1991;
i) il decreto del Ministro dell'ambiente 21 dicembre 1995;
l) il decreto del Ministro dell'ambiente del 16 maggio 1996;
m) il decreto del Ministro dell'ambiente 20 gennaio 1999, n. 76;
n) il decreto del Ministro dell'ambiente 21 gennaio 2000, n. 107;
o) il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 16 gennaio 2004, n. 44.
Art. 281
Disposizioni transitorie e finali
1. I gestori degli stabilimenti autorizzati, anche in via provvisoria o in forma tacita, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, ad esclusione di quelli dotati di autorizzazione generale che sono sottoposti alla disciplina di cui all'articolo 272, comma 3, devono presentare una domanda di autorizzazione ai sensi dell'articolo 269 entro i termini di seguito indicati. Le regioni e le province autonome adottano, nel rispetto di tali termini, appositi calendari per la presentazione delle domande; in caso di mancata adozione dei calendari, la domanda di autorizzazione deve essere comunque presentata nei termini stabiliti dal presente comma. La mancata presentazione della domanda nei termini, inclusi quelli fissati dai calendari, comporta la decadenza della precedente autorizzazione. L'autorità competente si pronuncia in un termine pari a otto mesi o, in caso di integrazione della domanda di autorizzazione, pari a dieci mesi dalla ricezione della domanda stessa. Se la domanda è presentata nei termini, l'esercizio degli stabilimenti può essere proseguito fino alla pronuncia dell'autorità competente; in caso di mancata pronuncia entro i termini previsti. . . l'esercizio può essere proseguito fino alla scadenza del termine previsto per la pronuncia del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a cui sia stato richiesto di provvedere ai sensi dell'articolo 269. In caso di stabilimenti autorizzati in via provvisoria o in forma tacita, il gestore deve adottare, fino alla pronuncia dell'autorità competente, tutte le misure necessarie ad evitare un aumento anche temporaneo delle emissioni. La domanda di autorizzazione di cui al presente comma deve essere presentata entro i seguenti termini:
a) tra la data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto ed il 31 dicembre 2011, per stabilimenti anteriori al 1988;
b) tra il 1° gennaio 2012 ed il 31 dicembre 2013, per stabilimenti anteriori al 2006 che siano stati autorizzati in data anteriore al 1° gennaio 2000;
c) tra il 1° gennaio 2014 ed il 31 dicembre 2015, per stabilimenti anteriori al 2006 che siano stati autorizzati in data successiva al 31 dicembre 1999.
2. Non sono sottoposti alla procedura autorizzativa prevista dal comma 1, gli stabilimenti per cui l'autorizzazione è stata rinnovata ai sensi dell'articolo 269, commi 7 o 8. Se uno stabilimento anteriore al 1988 è sottoposto ad una modifica sostanziale, ai sensi dell'articolo 269, comma 8, prima del termine previsto dal comma 1, l'autorità competente procede, in ogni caso, al rinnovo dell'autorizzazione.
3. I gestori degli stabilimenti in esercizio alla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto che ricadono nel campo di applicazione del presente titolo e che non ricadevano nel campo di applicazione del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, si adeguano alle disposizioni del presente titolo entro il 1° settembre 2013 o nel più breve termine stabilito dall'autorizzazione alle emissioni. Se lo stabilimento è soggetto a tale autorizzazione la relativa domanda deve essere presentata, ai sensi dell'articolo 269 o dell'articolo 272, commi 2 e 3, entro il 31 luglio 2012. L'autorità competente si pronuncia in un termine pari a otto mesi o, in caso di integrazione della domanda di autorizzazione, pari a dieci mesi dalla ricezione della domanda stessa. Dopo la presentazione della domanda, le condizioni di esercizio ed i combustibili utilizzati non possono essere modificati fino all'ottenimento dell'autorizzazione. In caso di mancata presentazione della domanda entro il termine previsto o in caso di realizzazione di modifiche prima dell'ottenimento dell'autorizzazione, lo stabilimento si considera in esercizio senza autorizzazione alle emissioni. Se la domanda è presentata nel termine previsto, l'esercizio può essere proseguito fino alla pronuncia dell'autorità competente; in caso di mancata pronuncia entro i termini previsti, l'esercizio può essere proseguito fino alla scadenza del termine previsto per la pronuncia del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a cui sia stato richiesto di provvedere ai sensi dell'articolo 269. Ai soli fini della determinazione dei valori limite e delle prescrizioni di cui agli articoli 271 e 272, tali stabilimenti si considerano nuovi. La procedura prevista dal presente articolo si applica anche in caso di stabilimenti in esercizio alla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto che ricadevano nel campo di applicazione del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, ma erano esentati dall'autorizzazione ivi disciplinata e che, per effetto di tale parte quinta, siano soggetti all'autorizzazione alle emissioni in atmosfera.
4. Per gli stabilimenti in esercizio alla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto che ricadono nel campo di applicazione del presente titolo e che ricadevano nel campo di applicazione della legge 13 luglio 1966, n. 615, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1970, n. 1391, o del titolo II del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002, aventi potenza termica nominale inferiore a 10 MW, l'autorità competente, ai fini dell'applicazione del comma 3, adotta le autorizzazioni generali di cui all'articolo 272, comma 2, entro cinque anni da tale data. In caso di mancata adozione dell'autorizzazione generale, nel termine prescritto, la stessa è rilasciata con apposito decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e i gestori comunicano la propria adesione all'autorità competente o all'autorità da questa delegata; è fatto salvo il potere dell'autorità competente di adottare successivamente nuove autorizzazioni di carattere generale, ai sensi dell'articolo 272, l'obbligatoria adesione alle quali comporta, per il soggetto interessato, la decadenza di quella adottata dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.
5. All'integrazione e alla modifica degli allegati alla parte quinta del presente decreto provvede il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, … di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. All'adozione di tali atti si procede altresì di concerto con il Ministro delle politiche agricole e forestali, relativamente alle emissioni provenienti da attività agricole, e di concerto con i Ministri dell'interno, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze, relativamente alla modifica degli allegati VII e VIII alla parte quinta del presente decreto. I decreti sono adottati sulla base dell'articolo 17, comma 2, della legge 17 agosto 1988, n. 400, e, in caso di attuazione di direttive comunitarie che modificano modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico previste negli allegati, sulla base dell'articolo 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11. L'allegato I e l'allegato VI alla parte quinta del presente decreto sono aggiornati per la prima volta rispettivamente entro il 30 giugno 2011 ed entro il 31 dicembre 2010.
6. Alla modifica ed integrazione degli Allegati alla parte quinta del presente decreto, al fine di dare attuazione alle direttive comunitarie per le parti in cui le stesse comportino modifiche delle modalità esecutive e delle caratteristiche di ordine tecnico stabilite dalle norme vigenti, si provvede ai sensi dell'articolo 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11.
7. Le domande di autorizzazione, i provvedimenti adottati dall'autorità competente e i risultati delle attività di controllo, ai sensi del presente titolo, nonché gli elenchi delle attività autorizzate in possesso dell'autorità competente sono messi a disposizione del pubblico ai sensi di quanto previsto dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195.
8. L'adozione, da parte dell'autorità competente o della regione che abbia delegato la propria competenza, di un atto precedentemente omesso preclude la conclusione del procedimento con il quale il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio esercita i poteri sostitutivi previsti dal presente titolo. A tal fine l'autorità che adotta l'atto ne dà tempestiva comunicazione al Ministero.
9. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è istituita, senza oneri a carico della finanza pubblica, una commissione per la raccolta, l'elaborazione e la diffusione, tra le autorità competenti, dei dati e delle informazioni rilevanti ai fini dell'applicazione della parte quinta del presente decreto e per la valutazione delle migliori tecniche disponibili di cui all'articolo 268, comma 1, lettera aa). La commissione è composta da un rappresentante nominato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con funzioni di presidente, un rappresentante nominato dal Ministro delle attività produttive, un rappresentante nominato dal Ministro della salute e cinque rappresentanti nominati dalla Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
Alle riunioni della Commissione possono partecipare uno o più rappresentanti di ciascuna regione o provincia autonoma. Il decreto istitutivo disciplina anche le modalità di funzionamento della commissione, inclusa la periodicità delle riunioni, e le modalità di partecipazione di soggetti diversi dai componenti. Ai componenti della commissione e agli altri soggetti che partecipano alle riunioni della stessa non spetta la corresponsione di compensi, indennità, emolumenti a qualsiasi titolo riconosciuti o rimborsi spese.
10. A fini di informazione le autorità competenti rendono disponibili al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, in formato digitale, le autorizzazioni rilasciate ai sensi degli articoli 269 e 272.40
11. Per l'esercizio dei poteri sostitutivi previsti dal presente titolo, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio si può avvalere dell'ISPRA ai sensi dell'articolo 2, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 3 agosto 2009, n. 140, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
TITOLO II
IMPIANTI TERMICI CIVILI
Art. 282
Campo di applicazione
1. Il presente titolo disciplina, ai fini della prevenzione e della limitazione dell'inquinamento atmosferico, gli impianti termici civili aventi potenza termica nominale inferiore a 3 MW. Sono sottoposti alle disposizioni del titolo I gli impianti termici civili aventi potenza termica nominale uguale o superiore.
2. Un impianto termico civile avente potenza termica nominale uguale o superiore a 3 MW si considera in qualsiasi caso come un unico impianto ai fini dell'applicazione delle disposizioni del titolo I.
Art. 283
Definizioni
1. Ai fini del presente titolo si applicano le seguenti definizioni:
a) impianto termico: impianto destinato alla produzione di calore costituito da uno o più generatori di calore e da un unico sistema di distribuzione e utilizzazione di tale calore, nonché da appositi dispositivi di regolazione e di controllo;
b) generatore di calore: qualsiasi dispositivo di combustione alimentato con combustibili al fine di produrre calore, costituito da un focolare ed eventualmente uno scambiatore di calore;
c) focolare: parte di un generatore di calore nella quale avviene il processo di combustione;
d) impianto termico civile: impianto termico la cui produzione di calore è esclusivamente destinata, anche in edifici ad uso non residenziale, al riscaldamento o alla climatizzazione invernale o estiva di ambienti o al riscaldamento di acqua per usi igienici e sanitari; l'impianto termico civile è centralizzato se serve tutte le unità dell'edificio o di più edifici ed è individuale negli altri casi;
e) potenza termica nominale dell'impianto: la somma delle potenze termiche nominali dei singoli focolari costituenti l'impianto;
f) potenza termica nominale del focolare: il prodotto del potere calorifico inferiore del combustibile utilizzato e della portata massima di combustibile bruciato all'interno del focolare, espresso in Watt termici o suoi multipli;
g) valore di soglia: potenza termica nominale dell'impianto pari a 0.035MW;
h) modifica dell'impianto: qualsiasi intervento che sia effettuato su un impianto già installato e che richieda la dichiarazione di conformità di cui all'articolo 7 del decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37;
i) autorità competente: l'autorità responsabile dei controlli, gli accertamenti e le ispezioni previsti dall'articolo 9 e dall'allegato L del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e dal decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412 o la diversa autorità indicata dalla legge regionale;
l) installatore: il soggetto indicato dall'articolo 3 del decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37;
m) responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto: il soggetto indicato dall'articolo 11, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412;
n) conduzione di un impianto termico: insieme delle operazioni necessarie al fine di assicurare la corretta combustione nei focolari e l'adeguamento del regime dell'impianto termico alla richiesta di calore.
Art. 284
Installazione o modifica
1. Nel corso delle verifiche finalizzate alla dichiarazione di conformità prevista dal decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37, per gli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore al valore di soglia, l'installatore verifica e dichiara anche che l'impianto è conforme alle caratteristiche tecniche di cui all'articolo 285 ed è idoneo a rispettare i valori limite di cui all'articolo 286. Tali dichiarazioni devono essere espressamente riportate in un atto allegato alla dichiarazione di conformità, messo a disposizione del responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto da parte dell'installatore entro 30 giorni dalla conclusione dei lavori. L'autorità che riceve la dichiarazione di conformità ai sensi del decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37, provvede ad inviare tale atto all'autorità competente. In occasione della dichiarazione di conformità, l'installatore indica al responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto l'elenco delle manutenzioni ordinarie e straordinarie necessarie ad assicurare il rispetto dei valori limite di cui all'articolo 286, affinché tale elenco sia inserito nel libretto di centrale previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412.
Se il responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto non è ancora individuato al momento dell'installazione, l'installatore, entro 30 giorni dall'installazione, invia l'atto e l'elenco di cui sopra al soggetto committente, il quale li mette a disposizione del responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto entro 30 giorni dalla relativa individuazione.
2. Per gli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore al valore di soglia, in esercizio alla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto, il libretto di centrale previsto dall'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412 deve essere integrato, a cura del responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto, entro il 31 dicembre 2012, da un atto in cui si dichiara che l'impianto è conforme alle caratteristiche tecniche di cui all'articolo 285 ed è idoneo a rispettare i valori limite di cui all'articolo 286. Entro il 31 dicembre 2012, il libretto di centrale deve essere inoltre integrato con l'indicazione delle manutenzioni ordinarie e straordinarie necessarie ad assicurare il rispetto dei valori limite di cui all'articolo 286. Il responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto provvede ad inviare tali atti integrativi all'autorità competente entro 30 giorni dalla redazione.
Art. 285
Caratteristiche tecniche
1. Gli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore al valore di soglia devono rispettare le caratteristiche tecniche previste dalla parte II dell'Allegato IX alla parte quinta del presente decreto pertinenti al tipo di combustibile utilizzato e le ulteriori caratteristiche tecniche previste dai piani e dai programmi di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa, ove necessarie al conseguimento ed al rispetto dei valori e degli obiettivi di qualità dell'aria.
Art. 286
Valori limite di emissione
1. Le emissioni in atmosfera degli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore al valore di soglia devono rispettare i valori limite previsti dalla parte III dell'Allegato IX alla parte quinta del presente decreto e i più restrittivi valori limite previsti dai piani e dai programmi di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa, ove necessario al conseguimento ed al rispetto dei valori e degli obiettivi di qualità dell'aria.
2. I valori di emissione degli impianti di cui al comma 1 devono essere controllati almeno annualmente dal responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto nel corso delle normali operazioni di controllo e manutenzione. I valori misurati, con l'indicazione delle relative date, dei metodi di misura utilizzati e del soggetto che ha effettuato la misura, devono essere allegati al libretto di centrale previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412. Tale controllo annuale dei valori di emissione non è richiesto nei casi previsti dalla parte III, sezione 1 dell'Allegato IX alla parte quinta del presente decreto. Al libretto di centrale devono essere allegati altresì i documenti o le dichiarazioni che attestano l'espletamento delle manutenzioni necessarie a garantire il rispetto dei valori limite di emissione previste dal libretto di centrale.
3. Ai fini del campionamento, dell'analisi e della valutazione delle emissioni degli impianti termici di cui al comma 1 si applicano i metodi previsti nella parte III dell'Allegato IX alla parte quinta del presente decreto.
4. A decorrere dal 29 ottobre 2006, l'installatore, contestualmente all'installazione o alla modifica dell'impianto, verifica il rispetto dei valori limite di emissione previsti dal presente articolo. La documentazione relativa a tale verifica è messa a disposizione del responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto che la allega al libretto di centrale previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412. Tale verifica non è richiesta nei casi previsti dalla parte III, sezione 1, dell'Allegato IX VIII alla parte quinta del presente decreto.
Art. 287
Abilitazione alla conduzione
1. Il personale addetto alla conduzione degli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore a 0.232 MW deve essere munito di un patentino di abilitazione rilasciato da una autorità individuata dalla legge regionale, la quale disciplina anche le opportune modalità di formazione nonché le modalità di compilazione, tenuta e aggiornamento di un registro degli abilitati alla conduzione degli impianti termici. I patentini possono essere rilasciati a persone aventi età non inferiore a diciotto anni compiuti. Il registro degli abilitati alla conduzione degli impianti termici è tenuto presso l'autorità che rilascia il patentino o presso la diversa autorità indicata dalla legge regionale e, in copia, presso l'autorità competente e presso il comando provinciale dei vigili del fuoco.*
2. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 11, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412.
3. Ai fini del comma 1 sono previsti due gradi di abilitazione. Il patentino di primo grado abilita alla conduzione degli impianti termici per il cui mantenimento in funzione è richiesto il certificato di abilitazione alla condotta dei generatori di vapore a norma del regio decreto 12 maggio 1927, n. 824, e il patentino di secondo grado abilita alla conduzione degli altri impianti. Il patentino di primo grado abilita anche alla conduzione degli impianti per cui è richiesto il patentino di secondo grado.
4. Il possesso di un certificato di abilitazione di qualsiasi grado per la condotta dei generatori di vapore, ai sensi del regio decreto 12 maggio 1927, n. 824, consente, ove previsto dalla legge regionale, il rilascio del patentino senza necessità dell'esame di cui al comma 1.*
5. Il patentino può essere in qualsiasi momento revocato … in caso di irregolare conduzione dell'impianto. A tal fine l'autorità competente comunica all'autorità che ha rilasciato il patentino i casi di irregolare conduzione accertati. Il provvedimento di sospensione o di revoca del certificato di abilitazione alla condotta dei generatori di vapore ai sensi degli articoli 31 e 32 del regio decreto 12 maggio 1927, n. 824, non ha effetto sul patentino di cui al presente articolo.*
6. Fino all'entrata in vigore delle disposizioni regionali di cui al comma 1, la disciplina dei corsi e degli esami resta quella individuata ai sensi del decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale del 12 agosto 1968.
* La Corte Costituzionale, con sentenza 16 - 24 luglio 2009, n. 250 (in G.U. 1a s.s. 29/07/2009, n. 30) ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo comma 1, limitatamente alle parole "rilasciato dall'ispettorato provinciale del lavoro, al termine di un corso per conduzione di impianti termici, previo superamento dell'esame finale"; comma 4, limitatamente alle parole "senza necessità dell'esame di cui al comma 1"; comma 5, limitatamente alle parole "dall'Ispettorato provinciale del lavoro"; comma 6.
Art. 288
Controlli e sanzioni
1. È punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecentosedici euro a duemilacinquecentottantadue euro l'installatore che non redige o redige in modo incompleto l'atto di cui all'articolo 284, comma 1, o non lo mette a disposizione del responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto o del soggetto committente nei termini prescritti o non lo trasmette unitamente alla dichiarazione di conformità nei casi in cui questa è trasmessa ai sensi del decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37. Con la stessa sanzione è punito il soggetto committente che non mette a disposizione del responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto l'atto e l'elenco dovuti nei termini prescritti. Con la stessa sanzione è punito il responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto che non redige o redige in modo incompleto l'atto di cui all'articolo 284, comma 2, o non lo trasmette all'autorità competente nei termini prescritti.
2. In caso di esercizio di un impianto termico civile non conforme alle caratteristiche tecniche di cui all'articolo 285, sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecentosedici euro a duemilacinquecentottantadue euro:
a) l'installatore, nei casi disciplinati all'articolo 284, comma 1;
b) il responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto, nei casi soggetti all'articolo 284, comma 2;
3. Nel caso in cui l'impianto non rispetti i valori limite di emissione di cui all'articolo 286, comma 1, sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecentosedici euro a duemilacinquecentottantadue euro:
a) il responsabile dell'esercizio e della manutenzione, in tutti i casi in cui l'impianto non è soggetto all'obbligo di verifica di cui all'articolo 286, comma 4;
b) l'installatore e il responsabile dell'esercizio e della manutenzione, se il rispetto dei valori limite non è stato verificato ai sensi dell'articolo 286, comma 4, o non è stato dichiarato nell'atto di cui all'articolo 284, comma 1;
c) l'installatore, se il rispetto dei valori limite è stato verificato ai sensi dell'articolo 286, comma 4, e dichiarato nell'atto di cui all'articolo 284, comma 1, e se dal libretto di centrale risultano regolarmente effettuati i controlli e le manutenzioni prescritti dalla parte quinta del presente decreto e dal decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, purché non sia superata la durata stabilita per il ciclo di vita dell'impianto;
d) il responsabile dell'esercizio e della manutenzione, se il rispetto dei valori limite è stato verificato ai sensi dell'articolo 286, comma 4, e dichiarato nell'atto di cui all'articolo 284, comma 1, e se dal libretto di centrale non risultano regolarmente effettuati i controlli e le manutenzioni prescritti o è stata superata la durata stabilita per il ciclo di vita dell'impianto.
4. Con una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecentosedici euro a duemilacinquecentottantadue euro è punito il responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto che non effettua il controllo annuale delle emissioni ai sensi dell'articolo 286, comma 2, o non allega al libretto di centrale i dati ivi previsti.
5. Ferma restando l'applicazione delle sanzioni previste dai commi precedenti e delle sanzioni previste per la produzione di dichiarazioni mendaci o di false attestazioni, l'autorità competente, ove accerti che l'impianto non rispetta le caratteristiche tecniche di cui all'articolo 285 o i valori limite di emissione di cui all'articolo 286 o quanto disposto dall'articolo 293, impone, con proprio provvedimento, al contravventore di procedere all'adeguamento entro un determinato termine oltre il quale l'impianto non può essere utilizzato. In caso di mancato rispetto del provvedimento adottato dall'autorità competente si applica l'articolo 650 del codice penale.
6. All'irrogazione delle sanzioni amministrative previste dal presente articolo, ai sensi degli articoli 17 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, provvede l'autorità competente di cui all'articolo 283, comma 1, lettera i), o la diversa autorità indicata dalla legge regionale.
7. Chi effettua la conduzione di un impianto termico civile di potenza termica nominale superiore a 0.232 MW senza essere munito, ove prescritto, del patentino di cui all'articolo 287 è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da quindici euro a quarantasei euro, alla cui irrogazione provvede l'autorità indicata dalla legge regionale.
8. I controlli relativi al rispetto del presente titolo sono effettuati dall'autorità competente in occasione delle ispezioni effettuate ai sensi dell'allegato L al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, anche avvalendosi degli organismi ivi previsti, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente.
Art. 289
Abrogazioni
1. Sono abrogati, escluse le disposizioni di cui il presente decreto prevede l'ulteriore vigenza, la legge 13 luglio 1966, n. 615, ed il decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1970, n. 1391.
Art. 290
Disposizioni transitorie e finali
1. …
2. L'installazione di impianti termici civili centralizzati può essere imposta dai regolamenti edilizi comunali relativamente agli interventi di ristrutturazione edilizia ed agli interventi di nuova costruzione qualora tale misura sia individuata dai piani e dai programmi di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa, come necessaria al conseguimento dei valori di qualità dell'aria.
3. La legge 13 luglio 1966, n. 615, il decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1970, n. 1391, e il titolo II del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002 continuano ad applicarsi agli impianti termici assoggettati al titolo
I della parte quinta al del presente decreto, fino alla data in cui è effettuato l'adeguamento disposto dalle autorizzazioni rilasciate ai sensi dell'articolo 281, comma 3.
4. Con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri della salute e dello sviluppo economico, da adottare entro il 31 dicembre 2010, sono disciplinati i requisiti, le procedure e le competenze per il rilascio di una certificazione dei generatori di calore, con priorità per quelli aventi potenza termica nominale inferiore al valore di soglia di 0,035 MW, alimentati con i combustibili individuati alle lettere f), g) e h) della parte I, sezione 2, dell'allegato X alla parte quinta del presente decreto.
Nella certificazione si attesta l'idoneità dell'impianto ad assicurare specifiche prestazioni emissive, con particolare riferimento alle emissioni di polveri e di ossidi di azoto, e si assegna, in relazione ai livelli prestazionali assicurati, una specifica classe di qualità. Tale decreto individua anche le prestazioni emissive di riferimento per le diverse classi, i relativi metodi di prova e le verifiche che il produttore deve effettuare ai fini della certificazione, nonché indicazioni circa le corrette modalità di installazione e gestione dei generatori di calore. A seguito dell'entrata in vigore del decreto, i piani di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa possono imporre limiti e divieti all'utilizzo dei generatori di calore non aventi la certificazione o certificati con una classe di qualità inferiore, ove tale misura sia necessaria al conseguimento dei valori di qualità dell'aria. I programmi e gli strumenti di finanziamento statali e regionali diretti ad incentivare l'installazione di generatori di calore a ridotto impatto ambientale assicurano priorità a quelli certificati con una classe di qualità superiore.
TITOLO III
COMBUSTIBILI
Art. 291
Campo di applicazione
1. Il presente titolo disciplina, ai fini della prevenzione e della limitazione dell'inquinamento atmosferico, le caratteristiche merceologiche dei combustibili che possono essere utilizzati negli impianti di cui ai titoli I e II della parte quinta del presente decreto, inclusi gli impianti termici civili di potenza termica inferiore al valore di soglia, e le caratteristiche merceologiche dei combustibili per uso marittimo. Il presente titolo stabilisce inoltre le condizioni di utilizzo dei combustibili, comprese le prescrizioni finalizzate ad ottimizzare il rendimento di combustione, e i metodi di misura delle caratteristiche merceologiche.
Art. 292
Definizioni
1. Ai fini del presente titolo si applicano, ove non altrimenti disposto, le definizioni di cui al titolo I ed al titolo II della parte quinta.
2. In aggiunta alle definizioni del comma 1, si applicano le seguenti definizioni:
a) olio combustibile pesante:
1) qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio che rientra nei codici da NC 2710 1951 a NC 2710 1969, escluso il combustibile per uso marittimo;
2) qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio, escluso il gasolio di cui alle lettere b) e f), che, per i suoi limiti di distillazione, rientra nella categoria degli oli pesanti destinati ad essere usati come combustibile e di cui meno del 65% in volume, comprese le perdite, distilla a 250 °C secondo il metodo ASTM D86 o per il quale la percentuale del distillato a 250 °C non può essere determinata con tale metodo;
b) gasolio:
1) qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio, escluso il combustibile per uso marittimo, che rientra nei codici NC 2710 1925, 2710 1929, 2710 1945 o 2710 1949;
2) qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio, escluso il combustibile per uso marittimo, di cui meno del 65% in volume, comprese le perdite, distilla a 250 °C e di cui almeno l'85% in volume, comprese le perdite, distilla a 350 °C secondo il metodo ASTM D86;
c) metodo ASTM: i metodi stabiliti dalla "American Society for Testing and Materials" nell'edizione 1976 delle definizioni e delle specifiche tipo per il petrolio e i prodotti lubrificanti; d) combustibile per uso marittimo: qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio utilizzato su una nave o destinato ad essere utilizzato su una nave, inclusi i combustibili definiti nella norma ISO 8217;
e) olio diesel marino: qualsiasi combustibile per uso marittimo la cui viscosità o densità rientra nei limiti di viscosità o di densità stabiliti per le qualità "DMB" e "DMC" dalla tabella I della norma ISO 8217, ad eccezione di quello utilizzato su fiumi, canali, laghi e lagune, al quale si applicano le disposizioni previste per il combustibile diesel dal decreto legislativo 21 marzo 2005, n. 66;
f) gasolio marino: qualsiasi combustibile per uso marittimo la cui viscosità o densità rientra nei limiti di viscosità o di densità stabiliti per le qualità "DMX" e "DMA" dalla tabella I della norma ISO 8217, ad eccezione di quello utilizzato su fiumi, canali, laghi e lagune, al quale si applicano le disposizioni previste per il combustibile diesel dal decreto legislativo 21 marzo 2005, n. 66;
g) immissione sul mercato: qualsiasi operazione di messa a disposizione di terzi, a titolo oneroso o gratuito, di combustibili per uso marittimo destinati alla combustione su una nave, eccettuati quelli destinati all'esportazione e trasportati, a tale fine, all'interno delle cisterne di una nave;
h) acque territoriali: zone di mare previste dall'articolo 2 del codice della navigazione;
i) zona economica esclusiva: zona di cui all'articolo 55 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, fatta a Montego Bay il 10 dicembre 1982, ratificata con legge 2 dicembre 1994, n. 689;
l) zona di protezione ecologica: zona individuata ai sensi della legge 8 febbraio 2006, n. 61;
m) aree di controllo delle emissioni di SOX: zone a cui tale qualificazione è stata assegnata dall'International Maritime Organization (I.M.O.) previa apposita procedura di designazione, ai sensi dell'allegato VI della Convenzione internazionale del 1973 per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi, denominata Convenzione MARPOL;
n) nave passeggeri: nave che trasporta più di dodici passeggeri, ad eccezione del comandante, dei membri dell'equipaggio e di tutti i soggetti adibiti ad attività relative alla gestione della nave, nonché dei bambini di età inferiore ad un anno;
o) servizio di linea: i viaggi seriali per collegare due o più porti o i viaggi seriali che iniziano e terminano presso lo stesso porto senza scali intermedi, purché effettuati sulla base di un orario reso noto al pubblico; l'orario può essere desunto anche dalla regolarità o dalla frequenza del servizio;
p) nave adibita alla navigazione interna: nave destinata ad essere utilizzata in una via navigabile interna di cui al decreto del Ministro per il coordinamento delle politiche comunitarie 28 novembre 1987, n. 572;
q) nave all'ormeggio: nave assicurata ad un ormeggio o ancorata presso un porto italiano;
r) stazionamento: l'utilizzo dei motori su una nave all'ormeggio, ad eccezione dei periodi di carico e scarico;
s) nave da guerra: nave che appartiene alle forze armate di uno Stato e porta i segni distintivi delle navi militari di tale Stato, il cui equipaggio sia soggetto alle leggi relative ai militari ed il cui comandante sia un ufficiale di marina debitamente incaricato e sia inscritto nell'apposito ruolo degli ufficiali o in un documento equivalente;
t) tecnologia di riduzione delle emissioni: sistema di depurazione dell'effluente gassoso o qualsiasi altro metodo tecnologico, verificabile ed applicabile.
Art. 293
Combustibili consentiti
1. Negli impianti disciplinati dal titolo I e dal titolo II della parte quinta, inclusi gli impianti termici civili di potenza termica inferiore al valore di soglia, possono essere utilizzati esclusivamente i combustibili previsti per tali categorie di impianti dall'Allegato X alla parte quinta, alle condizioni ivi previste. I materiali e le sostanze elencati nell'allegato X alla parte quinta del presente decreto non possono essere utilizzati come combustibili ai sensi del presente titolo se costituiscono rifiuti ai sensi della parte quarta del presente decreto. È soggetta alla normativa vigente in materia di rifiuti la combustione di materiali e sostanze che non sono conformi all'allegato X alla parte quinta del presente decreto o che comunque costituiscono rifiuti ai sensi della parte quarta del presente decreto. Agli impianti di cui alla parte I, paragrafo 4, lettere e) ed f), dell'Allegato IV alla parte quinta si applicano le prescrizioni del successivo Allegato X relative agli impianti disciplinati dal titolo II. Ai combustibili per uso marittimo si applicano le disposizioni dell'articolo 295.
2. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e della salute, previa autorizzazione della Commissione europea, possono essere stabiliti valori limite massimi per il contenuto di zolfo negli oli combustibili pesanti, nei gasoli e nei combustibili per uso marittimo più elevati di quelli fissati nell'Allegato X alla parte quinta qualora, a causa di un mutamento improvviso nell'approvvigionamento del petrolio greggio, di prodotti petroliferi o di altri idrocarburi, non sia possibile rispettare tali valori limite.
3. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca, sono stabiliti i criteri e le modalità per esentare, anche mediante apposite procedure autorizzative, i combustibili previsti dal presente titolo III dall'applicazione delle prescrizioni dell'Allegato X alla parte quinta ove gli stessi siano utilizzati a fini di ricerca e sperimentazione.
Art. 294
Prescrizioni per il rendimento di combustione
1. Al fine di ottimizzare il rendimento di combustione, gli impianti disciplinati dal titolo I della parte quinta del presente decreto, con potenza termica nominale pari o superiore a 6 MW, devono essere dotati di rilevatori della temperatura nell'effluente gassoso nonché di un analizzatore per la misurazione e la registrazione in continuo dell'ossigeno libero e del monossido di carbonio. I suddetti parametri devono essere rilevati nell'effluente gassoso all'uscita dell'impianto. Tali impianti devono essere inoltre dotati, ove tecnicamente fattibile, di regolazione automatica del rapporto aria-combustibile. Ai fini dell'applicazione del presente comma si fa riferimento alla potenza termica nominale di ciascun focolare, anche nei casi in cui più impianti siano considerati, ai sensi dell'articolo 270, comma 4, o dell'articolo 273, comma 9, o dell'articolo 282, comma 2, come un unico impianto.
2. Nel caso di impianti di combustione per i quali l'autorizzazione alle emissioni in atmosfera o l'autorizzazione integrata ambientale prescriva un valore limite di emissione in atmosfera per il monossido di carbonio e la relativa misurazione in continuo, quest'ultima tiene luogo della misurazione del medesimo prescritta al comma 1. Il comma 1 non si applica agli impianti elencati nell'articolo 273, comma 15, anche di potenza termica nominale inferiore a 50MW.
3. Al fine di ottimizzare il rendimento di combustione, gli impianti disciplinati dal titolo II della parte quinta del presente decreto, di potenza termica nominale per singolo focolare superiore a 1,16 MW, devono essere dotati di rilevatori della temperatura negli effluenti gassosi nonché di un analizzatore per la misurazione e la registrazione in continuo dell'ossigeno libero e del monossido di carbonio. I suddetti parametri devono essere rilevati nell'effluente gassoso all'uscita del focolare. Tali impianti devono essere inoltre dotati, ove tecnicamente fattibile, di regolazione automatica del rapporto aria-combustibile.
Art. 295
Combustibili per uso marittimo
1. È vietato, nelle acque territoriali e nelle zone di protezione ecologica, l'utilizzo di gasoli marini con un tenore di zolfo superiore allo 0,20% in massa e, dal 1° gennaio 2008 al 31 dicembre 2009, superiore allo 0,10% in massa.
2. A decorrere dal 1° gennaio 2010 è vietata l'immissione sul mercato di gasoli marini con tenore di zolfo superiore allo 0,1% in massa.
3. È vietata l'immissione sul mercato di oli diesel marini con tenore di zolfo superiore all'1,5% in massa.
4. Fermo restando quanto previsto dal comma 1, nelle acque territoriali, nelle zone economiche esclusive e nelle zone di protezione ecologica, ricadenti all'interno di aree di controllo delle emissioni di SO "X"(, ovunque ubicate, è vietato, a bordo di una nave battente bandiera italiana, l'utilizzo di combustibili per uso marittimo con un tenore di zolfo superiore all'1,5% in massa. La violazione del divieto è fatta valere anche nei confronti delle navi non battenti bandiera italiana che hanno attraversato una di tali aree inclusa nel territorio italiano o con esso confinante e che si trovano in un porto italiano.
5. Il divieto di cui al comma 4 si applica all'area del Mar Baltico e, a decorrere dall'11 agosto 2007, all'area del Mare del Nord, nonché, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della relativa designazione, alle ulteriori aree designate.
6. Per le navi passeggeri battenti bandiera italiana, le quali effettuano un servizio di linea proveniente da o diretto ad un porto di un Paese dell'Unione europea, è vietato, nelle acque territoriali, nelle zone economiche esclusive e nelle zone di protezione ecologica, appartenenti all'Italia, l'utilizzo di combustibili per uso marittimo con un tenore di zolfo superiore all'1,5% in massa. La violazione del divieto è fatta valere anche nei confronti delle navi non battenti bandiera italiana e che si trovano in un porto italiano.
7. A decorrere dal 1° gennaio 2010 è vietato, su navi adibite alla navigazione interna, l'utilizzo di combustibili per uso marittimo, diversi dal gasolio marino e dall'olio diesel marino, con tenore di zolfo superiore allo 0,1% massa.
8. A decorrere dal 1° gennaio 2010 è vietato l'utilizzo di combustibili per uso marittimo con tenore di zolfo superiore allo 0,1% in massa su navi all'ormeggio. Il divieto si applica anche ai periodi di carico, scarico e stazionamento. La sostituzione dei combustibili utilizzati con combustibili conformi a tale limite deve essere completata il prima possibile dopo l'ormeggio. La sostituzione dei combustibili conformi a tale limite con altri combustibili deve avvenire il più tardi possibile prima della partenza. I tempi delle operazioni di sostituzione del combustibile sono iscritti nei documenti di cui al comma 10.
9. I commi 7 e 8 non si applicano:
a) alle navi adibite alla navigazione interna, quando utilizzate in mare, per le quali sia stato rilasciato un certificato di conformità alla Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare;
b) alle navi di cui si prevede, secondo orari resi noti al pubblico, un ormeggio di durata inferiore alle due ore;
c) alle navi all'ormeggio a motori spenti e collegate ad un sistema di alimentazione di energia elettrica ubicato sulla costa.
10. Tutte le operazioni di cambio dei combustibili utilizzati sulle navi devono essere indicate nel giornale generale e di contabilità e nel giornale di macchina o nell'inventario di cui agli articoli 174, 175 e 176 del codice della navigazione o in un apposito documento di bordo.
11. Chi mette combustibili per uso marittimo a disposizione dell'armatore o di un suo delegato, per una nave di stazza non inferiore a 400 tonnellate lorde, fornisce un bollettino di consegna indicante il quantitativo ed il relativo tenore di zolfo, del quale conserva una copia per i tre anni successivi, nonché un campione sigillato di tale combustibile, firmato da chi riceve la consegna.
Chi riceve il combustibile conserva il bollettino a bordo per lo stesso periodo e conserva il campione a bordo fino al completo esaurimento del combustibile a cui si riferisce e, comunque, per almeno dodici mesi successivi alla consegna.
12. È tenuto, presso ciascuna autorità marittima e, ove istituita, presso ciascuna autorità portuale, un apposito registro che riporta l'elenco dei fornitori di combustibili per uso marittimo nell'area di competenza, con l'indicazione dei combustibili forniti e del relativo contenuto massimo di zolfo. Tali dati sono comunicati dai fornitori alle autorità marittime e portuali entro il 31 dicembre 2007. Le variazioni dei dati comunicati sono comunicate in via preventiva. La presenza di nuovi fornitori è comunicata in via preventiva.
13. I limiti relativi al tenore di zolfo previsti dai commi precedenti non si applicano:
a) ai combustibili utilizzati dalle navi da guerra e da altre navi in servizio militare se le rotte non prevedono l'accesso a porti in cui sono presenti fornitori di combustibili conformi a tali limiti o, comunque, se il relativo rifornimento può pregiudicare le operazioni o le capacità operative; in tale secondo caso il comandante informa il Ministero della difesa dei motivi della scelta;
b) ai combustibili il cui utilizzo a bordo di una nave risulta specificamente necessario per garantire la sicurezza della stessa o di altra nave e per salvare vite in mare;
c) ai combustibili il cui utilizzo a bordo di una nave è imposto dal danneggiamento della stessa o delle relative attrezzature, purché si dimostri che, dopo il verificarsi del danno, sono state assunte tutte le misure ragionevoli per evitare o ridurre al minimo l'incremento delle emissioni e che sono state adottate quanto prima misure dirette ad eliminare il danno. Tale deroga non si applica se il danno è dovuto a dolo o colpa del comandante o dell'armatore;
d) ai combustibili utilizzati a bordo di navi che utilizzano tecnologie di riduzione delle emissioni autorizzate ai sensi del comma 14 o del comma 19;
e) ai combustibili destinati alla trasformazione prima dell'utilizzo.
14. Con decreto direttoriale della competente Direzione generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con la competente Direzione generale del Ministero dei trasporti sono autorizzati, su navi battenti bandiera italiana o nelle acque sotto giurisdizione italiana, esperimenti relativi a tecnologie di riduzione delle emissioni, nel corso dei quali è ammesso l'utilizzo di combustibili non conformi ai limiti previsti dai commi da 2 a 8. Tale autorizzazione, la cui durata non può eccedere i diciotto mesi, è rilasciata entro tre mesi dalla presentazione della domanda, la quale deve essere accompagnata da una relazione contenente i seguenti elementi:
a) la descrizione della tecnologia e, in particolare, del principio di funzionamento, corredata da riferimenti di letteratura scientifica o dai risultati di sperimentazioni preliminari, nonché la stima qualitativa e quantitativa delle emissioni, degli scarichi e dei rifiuti previsti per effetto della sperimentazione;
b) la stima che, a parità di condizioni, le emissioni previste di ossido di zolfo non superino quelle prodotte dall'utilizzo di combustibili conformi ai commi da 2 a 8 in assenza della tecnologia di riduzione delle emissioni;
c) la stima che, a parità di condizioni, le emissioni previste di inquinanti diversi dagli ossidi di zolfo, quali ossidi di azoto e polveri, non superino i livelli previsti dalla vigente normativa e, comunque, non superino in modo significativo quelle prodotte dall'utilizzo di combustibili conformi ai commi da 2 a 8 in assenza della tecnologia di riduzione delle emissioni;
d) uno studio dell'impatto dell'esperimento sull'ambiente marino, con particolare riferimento agli ecosistemi delle baie, dei porti e degli estuari, finalizzato a dimostrarne la compatibilità; lo studio include un piano di monitoraggio degli effetti prodotti dall'esperimento sull'ambiente marino;
e) la descrizione delle zone interessate dall'esperimento, le caratteristiche dei combustibili, delle navi e di tutte le strutture da utilizzare per l'esperimento, gli strumenti a prova di manomissione installati sulle navi per la misura in continuo delle emissioni degli ossidi di zolfo e di tutti i parametri necessari a normalizzare le concentrazioni, nonché i sistemi atti a gestire in conformità alle vigenti disposizioni i rifiuti e gli scarichi prodotti per effetto della sperimentazione.
15. L'autorizzazione di cui al comma 14 è rilasciata previa verifica della completezza della relazione allegata alla domanda e dell'idoneità delle stime e dello studio ivi contenuti.
L'autorizzazione prevede il periodo in cui l'esperimento può essere effettuato e stabilisce i dati e le informazioni che il soggetto autorizzato deve comunicare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al Ministero dei trasporti e la periodicità di tale comunicazione. Stabilisce inoltre la periodicità con la quale il soggetto autorizzato deve comunicare a tali Ministeri gli esiti del monitoraggio effettuato sulla base del piano di cui al comma 14, lettera d).
16. L'autorizzazione rilasciata ai sensi del comma 14 è immediatamente revocata se, anche sulla base dei controlli effettuati dall'autorità di cui all'articolo 296, comma 9:
a) gli strumenti di misura e i sistemi di gestione dei rifiuti e degli scarichi di cui al comma 14 non sono utilizzati nel corso dell'esperimento;
b) la tecnologia, alla luce dei risultati delle misure, non ottiene i risultati previsti dalle stime contenute nella relazione;
c) il soggetto autorizzato non trasmette nei termini i dati, le informazioni o gli esiti previsti dal comma 15, conformi ai criteri ivi stabiliti.
17. Nel caso in cui gli esperimenti di cui al comma 14 siano effettuati da navi battenti bandiera italiana in acque sotto giurisdizione di altri Stati dell'Unione europea o da navi battenti bandiera di altri Stati dell'Unione europea in acque sotto giurisdizione italiana, gli Stati interessati individuano opportune modalità di cooperazione nel procedimento autorizzativo.
18. Almeno sei mesi prima dell'inizio di ciascun esperimento di cui al comma 14 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ne informa la Commissione europea e l'eventuale Stato estero avente giurisdizione sulle acque in cui l'esperimento è effettuato. I risultati di ciascun esperimento di cui al comma 14 sono trasmessi dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare alla Commissione europea entro sei mesi dalla conclusione dello stesso e sono messi a disposizione del pubblico secondo quanto previsto dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195.
19. In alternativa all'utilizzo di combustibili conformi ai limiti previsti dai commi da 2 a 8, è ammesso, previa autorizzazione, l'utilizzo delle tecnologie di riduzione delle emissioni approvate dal Comitato istituito dal regolamento (CE) n. 2099/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002.
L'autorizzazione è rilasciata con decreto direttoriale della competente Direzione generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con la competente Direzione generale del Ministero dei trasporti entro tre mesi dalla ricezione della relativa domanda, corredata dal documento di approvazione, purché:
a) le navi siano dotate di strumenti per la misura in continuo delle emissioni degli ossidi di zolfo e di tutti i parametri necessari a normalizzare le concentrazioni;
b) le emissioni di ossidi di zolfo risultino costantemente inferiori o uguali a quelle prodotte dall'utilizzo di combustibili conformi ai commi da 2 a 8 in assenza della tecnologia di riduzione delle emissioni;
c) nelle baie, nei porti e negli estuari, siano rispettati i pertinenti criteri di utilizzo previsti con appositi decreti della competente Direzione generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con i quali si recepiscono le indicazioni a tal fine adottate dalla Commissione europea;
d) l'impatto dei rifiuti e degli scarichi delle navi sugli ecosistemi nelle baie, nei porti e negli estuari, secondo uno studio effettuato da parte di chi intende utilizzare la tecnologia di riduzione delle emissioni, non risulti superiore rispetto a quello prodotto dall'utilizzo di combustibili conformi ai commi da 2 a 8 in assenza di tale tecnologia.
20. L'autorizzazione rilasciata ai sensi del comma 19 è immediatamente revocata se, anche sulla base dei controlli effettuati dall'autorità di cui all'articolo 296, comma 9, non risultano rispettati i requisiti previsti per effetto dell'autorizzazione.
Art. 296
Controlli e sanzioni
1. Chi effettua la combustione di materiali o sostanze in difformità alle prescrizioni del presente titolo, ove gli stessi non costituiscano rifiuti ai sensi della vigente normativa, è punito:
a) in caso di combustione effettuata presso gli impianti di cui al titolo I della parte quinta del presente decreto, con l'arresto fino a due anni o con l'ammenda da duecentocinquantotto euro a milletrentadue euro;
b) in caso di combustione effettuata presso gli impianti di cui al titolo II della parte quinta, inclusi gli impianti termici civili di potenza termica inferiore al valore di soglia, con una sanzione amministrativa pecuniaria da duecento euro a mille euro; a tale sanzione, da irrogare ai sensi dell'articolo 288, comma 6, non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni; la sanzione non si applica se, dalla documentazione relativa all'acquisto di tali materiali o sostanze, risultano caratteristiche merceologiche conformi a quelle dei combustibili consentiti nell'impianto, ferma restando l'applicazione dell'articolo 515 del codice penale e degli altri reati previsti dalla vigente normativa ....
2. I controlli sul rispetto delle disposizioni del presente titolo sono effettuati, per gli impianti di cui al titolo I della parte quinta, dall'autorità di cui all'articolo 268, comma 1, lettera p), e per gli impianti di cui al titolo II della parte quinta, dall'autorità di cui all'articolo 283, comma 1, lettera i).
3. In caso di mancato rispetto delle prescrizioni di cui all'articolo 294, il gestore degli impianti disciplinati dal titolo I della parte quinta è punito con l'arresto fino a un anno o con l'ammenda fino a milletrentadue euro. Per gli impianti disciplinati dal titolo II della parte quinta si applica la sanzione prevista dall'articolo 288, comma 2; tale sanzione, in caso di mancato rispetto delle prescrizioni di cui all'articolo 294, si applica al responsabile per l'esercizio e la manutenzione se ricorre il caso previsto dall'ultimo periodo dell'articolo 284, comma 2.
4. In caso di mancata trasmissione dei dati di cui all'articolo 298, comma 3, nei termini prescritti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche ai fini di quanto previsto dall'articolo 650 del codice penale, ordina ai soggetti inadempienti di provvedere.
5. Salvo che il fatto costituisca reato, sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da 15.000 a 150.000 euro coloro che immettono sul mercato combustibili per uso marittimo aventi un tenore di zolfo superiore ai limiti previsti nell'articolo 295 e l'armatore o il comandante che, anche in concorso tra loro, utilizzano combustibili per uso marittimo aventi un tenore di zolfo superiore a tali limiti. In caso di recidiva e in caso di infrazioni che, per l'entità del tenore di zolfo o della quantità del combustibile o per le caratteristiche della zona interessata, risultano di maggiore gravità, all'irrogazione segue, per un periodo da un mese a due anni:
a) la sospensione dei titoli professionali marittimi o la sospensione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche nell'esercizio dei quali l'infrazione è commessa, ovvero, se tali sanzioni accessorie non sono applicabili,
b) l'inibizione dell'accesso ai porti italiani per il comandante che ha commesso l'infrazione o per le navi dell'armatore che ha commesso l'infrazione.
6. In caso di violazione dell'articolo 295, comma 10, il comandante è punito con la sanzione amministrativa prevista dall'articolo 1193 del codice della navigazione.
7. Salvo che il fatto costituisca reato, chi, senza commettere l'infrazione di cui al comma 5, non consegna il bollettino o il campione di cui all'articolo 295, comma 11, o consegna un bollettino in cui l'indicazione ivi prevista sia assente è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 15.000 euro. Con la stessa sanzione è punito chi, senza commettere l'infrazione di cui al comma 5, non conserva a bordo il bollettino o il campione previsto dall'articolo 295, comma 11.
8. I fornitori di combustibili che non comunicano in termini i dati previsti dall'articolo 295, comma 12, sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 30.000 euro.
9. All'accertamento delle infrazioni previste dai commi da 5 a 8, provvedono, con adeguata frequenza e programmazione e nell'ambito delle rispettive competenze, ai sensi degli articoli 13 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, il Corpo delle capitanerie di porto, la Guardia costiera, gli altri soggetti di cui all'articolo 1235 del codice della navigazione e gli altri organi di polizia giudiziaria. All'irrogazione delle sanzioni previste da tali commi provvedono le autorità marittime competenti per territorio e, in caso di infrazioni attinenti alla immissione sul mercato o alla navigazione interna, le regioni o le diverse autorità indicate dalla legge regionale. Restano ferme, per i fatti commessi all'estero, le competenze attribuite alle autorità consolari.
10. Gli accertamenti previsti dal comma 9, ove relativi all'utilizzo dei combustibili, possono essere effettuati anche con le seguenti modalità:
a) mediante il campionamento e l'analisi dei combustibili per uso marittimo al momento della consegna alla nave; il campionamento deve essere effettuato secondo le pertinenti linee guida dell'I.M.O., ove disponibili;
b) mediante il campionamento e l'analisi dei combustibili per uso marittimo contenuti nei serbatoi della nave o, ove ciò non sia tecnicamente possibile, nei campioni sigillati presenti a bordo,
c) mediante controlli sui documenti di bordo e sui bollettini di consegna dei combustibili.
11. In caso di accertamento degli illeciti previsti dal comma 5 l'autorità competente all'applicazione delle procedure di sequestro dispone, ove tecnicamente opportuno, ed assicurando il preventivo prelievo di campioni e la conservazione degli altri elementi necessari a fini di prova, che il combustibile fuori norma sia reso conforme alle prescrizioni violate mediante apposito trattamento a spese del responsabile. A tale fine la medesima autorità impartisce le opportune prescrizioni circa i tempi e le modalità del trattamento.
Art. 297
Abrogazioni
1. Sono abrogati, escluse le diposizioni di cui il presente decreto prevede l'ulteriore vigenza, l'articolo 2, comma 2, della legge 8 luglio 1986, n. 349, il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 7 settembre 2001, n. 395, il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002 e l'articolo 2 del decreto-legge 7 marzo 2002, n. 22, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 maggio 2002, n. 82.
Art. 298
Disposizioni transitorie e finali
1. Le disposizioni del presente titolo relative agli impianti disciplinati dal titolo I della parte quinta del presente decreto si applicano agli impianti termici civili di cui all'articolo 290, comma 3, a partire dalla data in cui è effettuato l'adeguamento disposto dalle autorizzazioni rilasciate ai sensi dell'articolo 281, comma 3.
2. Alla modifica e all'integrazione dell'Allegato X alla parte quinta del presente decreto si provvede con le modalità previste dall'articolo 281, commi 5 e 6. All'integrazione di tale Allegato si procede per la prima volta entro un anno dall'entrata in vigore della parte quinta del presente decreto.
2-bis. Entro il 30 giugno di ciascun anno il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare invia alla Commissione europea, sulla base di una relazione trasmessa dall'ISPRA entro il mese precedente, un rapporto circa il tenore di zolfo dell'olio combustibile pesante, del gasolio e dei combustibili per uso marittimo utilizzati nell'anno civile precedente. I soggetti di cui all'articolo 296, commi 2 e 9, i laboratori chimici delle dogane o, ove istituiti, gli uffici delle dogane nel cui ambito operano i laboratori chimici delle dogane, i gestori dei depositi fiscali, i gestori degli impianti di produzione di combustibili e i gestori dei grandi impianti di combustione trasmettono all' ISPRA ed al Ministero, nei casi, nei tempi e con le modalità previsti nella parte I, sezione 3, dell'Allegato X alla parte quinta, i dati e le informazioni necessari ad elaborare la relazione.
2-ter. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro della salute ed il Ministro dello sviluppo economico ed il Ministro delle politiche agricole e forestali è istituita, nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, una commissione per l'esame delle proposte di integrazione ed aggiornamento dell'Allegato X alla parte quinta del presente decreto, presentate dalle amministrazioni dello Stato e dalle regioni. La commissione è composta da due rappresentanti di ciascuno di tali Ministeri e da un rappresentante del Dipartimento affari regionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ai componenti della Commissione non sono dovuti compensi, nè rimborsi spese.
PARTE SESTA
NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL'AMBIENTE
TITOLO I
AMBITO DI APPLICAZIONE
Art. 299
Competenze ministeriali
1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esercita le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di tutela, prevenzione e riparazione dei danni all'ambiente, attraverso la Direzione generale per il danno ambientale istituita presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dall'articolo 34 del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4, e gli altri uffici ministeriali competenti.
2. L'azione ministeriale si svolge normalmente in collaborazione con le regioni, con gli enti locali e con qualsiasi soggetto di diritto pubblico ritenuto idoneo.
3. L'azione ministeriale si svolge nel rispetto della normativa comunitaria vigente in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, delle competenze delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano e degli enti locali con applicazione dei principi costituzionali di sussidiarietà e di leale collaborazione.
4. Per le finalità connesse all'individuazione, all'accertamento ed alla quantificazione del danno ambientale, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si avvale, in regime convenzionale, di soggetti pubblici e privati di elevata e comprovata qualificazione tecnico-scientifica operanti sul territorio, nei limiti delle disponibilità esistenti.
5. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con proprio decreto, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e delle attività produttive, stabilisce i criteri per le attività istruttorie volte all'accertamento del danno ambientale e per la riscossione della somma dovuta per equivalente patrimoniale ai sensi del titolo III della parte sesta del presente decreto. I relativi oneri sono posti a carico del responsabile del danno.
6. Ai fini dell'attuazione delle disposizioni contenute nel presente articolo, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le necessarie variazioni di bilancio.
Art. 300
Danno ambientale
1. È danno ambientale qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell'utilità assicurata da quest'ultima.
2. Ai sensi della direttiva 2004/35/CE costituisce danno ambientale il deterioramento, in confronto alle condizioni originarie, provocato:
a) alle specie e agli habitat naturali protetti dalla normativa nazionale e comunitaria di cui alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante norme per la protezione della fauna selvatica, che recepisce le direttive 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979; 85/411/CEE della Commissione del 25 luglio 1985 e 91/244/CEE della Commissione del 6 marzo 1991 ed attua le convenzioni di Parigi del 18 ottobre 1950 e di Berna del 19 settembre 1979, e di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, recante regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche, nonché alle aree naturali protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive norme di attuazione;
b) alle acque interne, mediante azioni che incidano in modo significativamente negativo sullo stato ecologico, chimico e/o quantitativo oppure sul potenziale ecologico delle acque interessate, quali definiti nella direttiva 2000/60/CE, ad eccezione degli effetti negativi cui si applica l'articolo 4, paragrafo 7, ditale direttiva;
c) alle acque costiere ed a quelle ricomprese nel mare territoriale mediante le azioni suddette, anche se svolte in acque internazionali;
d) al terreno, mediante qualsiasi contaminazione che crei un rischio significativo di effetti nocivi, anche indiretti, sulla salute umana a seguito dell'introduzione nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo di sostanze, preparati, organismi o microrganismi nocivi per l'ambiente.
Art. 301
Attuazione del principio di precauzione
1. In applicazione del principio di precauzione di cui all'articolo 174, paragrafo 2, del Trattato CE, in caso di pericoli, anche solo potenziali, per la salute umana e per l'ambiente, deve essere assicurato un alto livello di protezione.
2. L'applicazione del principio di cui al comma 1 concerne il rischio che comunque possa essere individuato a seguito di una preliminare valutazione scientifica obiettiva.
3. L'operatore interessato, quando emerga il rischio suddetto, deve informarne senza indugio, indicando tutti gli aspetti pertinenti alla situazione, il comune, la provincia, la regione o la provincia autonoma nel cui territorio si prospetta l'evento lesivo, nonché il Prefetto della provincia che, nelle ventiquattro ore successive, informa il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
4. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in applicazione del principio di precauzione, ha facoltà di adottare in qualsiasi momento misure di prevenzione, ai sensi dell'articolo 304, che risultino:
a) proporzionali rispetto al livello di protezione che s'intende raggiungere;
b) non discriminatorie nella loro applicazione e coerenti con misure analoghe già adottate;
c) basate sull'esame dei potenziali vantaggi ed oneri;
d) aggiornabili alla luce di nuovi dati scientifici.
5. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare promuove l'informazione del pubblico quanto agli effetti negativi di un prodotto o di un processo e, tenuto conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente, può finanziare programmi di ricerca, disporre il ricorso a sistemi di certificazione ambientale ed assumere ogni altra iniziativa volta a ridurre i rischi di danno ambientale.
Art. 302
Definizioni
1 Lo stato di conservazione di una specie è considerato favorevole quando:
a) i dati relativi alla sua popolazione mostrano che essa si sta mantenendo, a lungo termine, come componente vitale dei suoi habitat naturali;
b) l'area naturale della specie non si sta riducendo nè si ridurrà verosimilmente in un futuro prevedibile;
c) esiste, e verosimilmente continuerà ad esistere, un habitat sufficientemente ampio per mantenerne la popolazione a lungo termine.
2. Lo stato di conservazione di un habitat naturale è considerato favorevole quando:
a) la sua area naturale e le zone in essa racchiuse sono stabili o in aumento;
b) le strutture e le funzioni specifiche necessarie per il suo mantenimento a lungo termine esistono e continueranno verosimilmente a esistere in un futuro prevedibile; e
c) lo stato di conservazione delle sue specie tipiche è favorevole, ai sensi del comma 1.
3. Per "acque" si intendono tutte le acque cui si applica la parte terza del presente decreto.
4. Per "operatore" s'intende qualsiasi persona, fisica o giuridica, pubblica o privata, che esercita o controlla un'attività professionale avente rilevanza ambientale oppure chi comunque eserciti potere decisionale sugli aspetti tecnici e finanziari di tale attività, compresi il titolare del permesso o dell'autorizzazione a svolgere detta attività.
5. Per "attività professionale" s'intende qualsiasi azione, mediante la quale si perseguano o meno fini di lucro, svolta nel corso di un'attività economica, industriale, commerciale, artigianale, agricola e di prestazione di servizi, pubblica o privata.
6. Per "emissione" s'intende il rilascio nell'ambiente, a seguito dell'attività umana, di sostanze, preparati, organismi o microrganismi.
7. Per "minaccia imminente" di danno si intende il rischio sufficientemente probabile che stia per verificarsi uno specifico danno ambientale.
8. Per "misure di prevenzione" si intendono le misure prese per reagire a un evento, un atto o un'omissione che ha creato una minaccia imminente di danno ambientale, al fine di impedire o minimizzare tale danno.
9. Per "ripristino", anche "naturale", s'intende: nel caso delle acque, delle specie e degli habitat protetti, il ritorno delle risorse naturali o dei servizi danneggiati alle condizioni originarie; nel caso di danno al terreno, l'eliminazione di qualsiasi rischio di effetti nocivi per la salute umana e per la integrità ambientale. In ogni caso il ripristino deve consistere nella riqualificazione del sito e del suo ecosistema, mediante qualsiasi azione o combinazione di azioni, comprese le misure di attenuazione o provvisorie, dirette a riparare, risanare o, qualora sia ritenuto ammissibile dall'autorità competente, sostituire risorse naturali o servizi naturali danneggiati.
10. Per "risorse naturali" si intendono specie e habitat naturali protetti, acqua e terreno.
11. Per "servizi" e "servizi delle risorse naturali" si intendono le funzioni svolte da una risorsa naturale a favore di altre risorse naturali e/o del pubblico.
12. Per "condizioni originarie" si intendono le condizioni, al momento del danno, delle risorse naturali e dei servizi che sarebbero esistite se non si fosse verificato il danno ambientale, stimate sulla base delle migliori informazioni disponibili.
13. Per "costi" s'intendono gli oneri economici giustificati dalla necessità di assicurare un'attuazione corretta ed efficace delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto, compresi i costi per valutare il danno ambientale o una sua minaccia imminente, per progettare gli interventi alternativi, per sostenere le spese amministrative, legali e di realizzazione delle opere, i costi di raccolta dei dati ed altri costi generali, nonché i costi del controllo e della sorveglianza.
Art. 303
Esclusioni
1. La parte sesta del presente decreto:
a) non riguarda il danno ambientale o la minaccia imminente di tale danno cagionati da:
1) atti di conflitto armato, sabotaggi, atti di ostilità, guerra civile, insurrezione;
2) fenomeni naturali di carattere eccezionale, inevitabili e incontrollabili;
b) non si applica al danno ambientale o a minaccia imminente di tale danno provocati da un incidente per il quale la responsabilità o l'indennizzo rientrino nell'ambito d'applicazione di una delle convenzioni internazionali elencate nell'allegato 1 alla parte sesta del presente decreto cui la Repubblica italiana abbia aderito;
c) non pregiudica il diritto del trasgressore di limitare la propria responsabilità conformemente alla legislazione nazionale che dà esecuzione alla convenzione sulla limitazione della responsabilità per crediti marittimi (LLMC) del 1976, o alla convenzione di Strasburgo sulla limitazione della responsabilità nella navigazione interna (CLNI) del 1988;
d) non si applica ai rischi nucleari relativi all'ambiente nè alla minaccia imminente di tale danno causati da attività disciplinate dal Trattato istitutivo della Comunità europea dell'energia atomica o causati da un incidente o un'attività per i quali la responsabilità o l'indennizzo rientrano nel campo di applicazione di uno degli strumenti internazionali elencati nell'allegato 2 alla parte sesta del presente decreto;
e) non si applica alle attività svolte in condizioni di necessità ed aventi come scopo esclusivo la difesa nazionale, la sicurezza internazionale o la protezione dalle calamità naturali;
f) non si applica al danno causato da un'emissione, un evento o un incidente verificatisi prima della data di entrata in vigore della parte sesta del presente decreto i criteri di determinazione dell'obbligazione risarcitoria stabiliti dall'articolo 311, commi 2 e 3, si applicano anche alle domande di risarcimento proposte o da proporre ai sensi dell'articolo 18 della legge 18 luglio 1986, n. 349, in luogo delle previsioni dei commi 6, 7 e 8 del citato articolo 18, o ai sensi del titolo IX del libro IV del codice civile o ai sensi di altre disposizioni non aventi natura speciale, con esclusione delle pronunce passate in giudicato; ai predetti giudizi trova, inoltre, applicazione la previsione dell'articolo 315 del presente decreto;
g) non si applica al danno in relazione al quale siano trascorsi più di trent'anni dall'emissione, dall'evento o dall'incidente che l'hanno causato;
h) non si applica al danno ambientale o alla minaccia imminente di tale danno causati da inquinamento di carattere diffuso, se non sia stato possibile accertare in alcun modo un nesso causale tra il danno e l'attività di singoli operatori;
i) non si applica alle situazioni di inquinamento per le quali siano effettivamente avviate le procedure relative alla bonifica, o sia stata avviata o sia intervenuta bonifica dei siti nel rispetto delle norme vigenti in materia, salvo che ad esito di tale bonifica non permanga un danno ambientale.
TITOLO II
PREVENZIONE E RIPRISTINO AMBIENTALE
Art. 304
Azione di prevenzione
1. Quando un danno ambientale non si è ancora verificato, ma esiste una minaccia imminente che si verifichi, l'operatore interessato adotta, entro ventiquattro ore e a proprie spese, le necessarie misure di prevenzione e di messa in sicurezza.
2. L'operatore deve far precedere gli interventi di cui al comma 1 da apposita comunicazione al comune, alla provincia, alla regione, o alla provincia autonoma nel cui territorio si prospetta l'evento lesivo, nonché al Prefetto della provincia che nelle ventiquattro ore successive informa il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Tale comunicazione deve avere ad oggetto tutti gli aspetti pertinenti della situazione, ed in particolare le generalità dell'operatore, le caratteristiche del sito interessato, le matrici ambientali presumibilmente coinvolte e la descrizione degli interventi da eseguire. La comunicazione, non appena pervenuta al comune, abilita immediatamente l'operatore alla realizzazione degli interventi di cui al comma 1. Se l'operatore non provvede agli interventi di cui al comma 1 e alla comunicazione di cui al presente comma, l'autorità preposta al controllo o comunque il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare irroga una sanzione amministrativa non inferiore a mille euro nè superiore a tremila euro per ogni giorno di ritardo.
3. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in qualsiasi momento, ha facoltà di:
a) chiedere all'operatore di fornire informazioni su qualsiasi minaccia imminente di danno ambientale o su casi sospetti di tale minaccia imminente;
b) ordinare all'operatore di adottare le specifiche misure di prevenzione considerate necessarie, precisando le metodologie da seguire;
c) adottare egli stesso le misure di prevenzione necessarie.
4. Se l'operatore non si conforma agli obblighi previsti al comma 1 o al comma 3, lettera b), o se esso non può essere individuato, o se non è tenuto a sostenere i costi a norma della parte sesta del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha facoltà di adottare egli stesso le misure necessarie per la prevenzione del danno, approvando la nota delle spese, con diritto di rivalsa esercitabile verso chi abbia causato o concorso a causare le spese stesse, se venga individuato entro il termine di cinque anni dall'effettuato pagamento.
Art. 305
Ripristino ambientale
1. Quando si è verificato un danno ambientale, l'operatore deve comunicare senza indugio tutti gli aspetti pertinenti della situazione alle autorità di cui all'articolo 304, con gli effetti ivi previsti, e, se del caso, alle altre autorità dello Stato competenti, comunque interessate. L'operatore ha inoltre l'obbligo di adottare immediatamente:
a) tutte le iniziative praticabili per controllare, circoscrivere, eliminare o gestire in altro modo, con effetto immediato, qualsiasi fattore di danno, allo scopo di prevenire o limitare ulteriori pregiudizi ambientali ed effetti nocivi per la salute umana o ulteriori deterioramenti ai servizi, anche sulla base delle specifiche istruzioni formulate dalle autorità competenti relativamente alle misure di prevenzione necessarie da adottare;
b) le necessarie misure di ripristino di cui all'articolo 306.
2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in qualsiasi momento, ha facoltà di:
a) chiedere all'operatore di fornire informazioni su qualsiasi danno verificatosi e sulle misure da lui adottate immediatamente ai sensi del comma 1;
b) adottare, o ordinare all'operatore di adottare, tutte le iniziative opportune per controllare, circoscrivere, eliminare o gestire in altro modo, con effetto immediato, qualsiasi fattore di danno, allo scopo di prevenire o limitare ulteriori pregiudizi ambientali e effetti nocivi per la salute umana o ulteriori deterioramenti ai servizi;
c) ordinare all'operatore di prendere le misure di ripristino necessarie;
d) adottare egli stesso le suddette misure.
3. Se l'operatore non adempie agli obblighi previsti al comma 1 o al comma 2, lettera b) o c), o se esso non può essere individuato o se non è tenuto a sostenere i costi a norma della parte sesta del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha facoltà di adottare egli stesso tali misure, approvando la nota delle spese, con diritto di rivalsa esercitabile verso chi abbia causato o comunque concorso a causare le spese stesse, se venga individuato entro il termine di cinque anni dall'effettuato pagamento.
Art. 306
Determinazione delle misure per il ripristino ambientale
1. Gli operatori individuano le possibili misure per il ripristino ambientale che risultino conformi all'allegato 3 alla parte sesta del presente decreto e le presentano per l'approvazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare senza indugio e comunque non oltre trenta giorni dall'evento dannoso, a meno che questi non abbia già adottato misure urgenti, a norma articolo 305, commi 2 e 3.
2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare decide quali misure di ripristino attuare, in modo da garantire, ove possibile, il conseguimento del completo ripristino ambientale, e valuta l'opportunità di addivenire ad un accordo con l'operatore interessato nel rispetto della procedura di cui all'articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
3. Se si è verificata una pluralità di casi di danno ambientale e l'autorità competente non è in grado di assicurare l'adozione simultanea delle misure di ripristino necessarie, essa può decidere quale danno ambientale debba essere riparato a titolo prioritario. Ai fini di tale decisione, l'autorità competente tiene conto, fra l'altro, della natura, entità e gravità dei diversi casi di danno ambientale in questione, nonché della possibilità di un ripristino naturale.
4. Nelle attività di ripristino ambientale sono prioritariamente presi in considerazione i rischi per la salute umana.
5. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare invita i soggetti di cui agli articoli 12 e 7, comma 4, della direttiva 2004/35/CE, nonché i soggetti sugli immobili dei quali si devono effettuare le misure di ripristino a presentare le loro osservazioni nel termine di dieci giorni e le prende in considerazione in sede di ordinanza. Nei casi di motivata, estrema urgenza l'invito può essere incluso nell'ordinanza, che in tal caso potrà subire le opportune riforme o essere revocata tenendo conto dello stato dei lavori in corso.
Art. 307
Notificazione delle misure preventive e di ripristino
1. Le decisioni che impongono misure di precauzione, di prevenzione o di ripristino, adottate ai sensi della parte sesta del presente decreto, sono adeguatamente motivate e comunicate senza indugio all'operatore interessato con indicazione dei mezzi di ricorso di cui dispone e dei termini relativi.
Art. 308
Costi dell'attività di prevenzione e di ripristino
1. L'operatore sostiene i costi delle iniziative statali di prevenzione e di ripristino ambientale adottate secondo le disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto.
2. Fatti salvi i commi 4, 5 e 6, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare recupera, anche attraverso garanzie reali o fideiussioni bancarie a prima richiesta e con esclusione del beneficio della preventiva escussione, dall'operatore che ha causato il danno o l'imminente minaccia, le spese sostenute dallo Stato in relazione alle azioni di precauzione, prevenzione e ripristino adottate a norma della parte sesta del presente decreto.
3. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare determina di non recuperare la totalità dei costi qualora la spesa necessaria sia maggiore dell'importo recuperabile o qualora l'operatore non possa essere individuato.
4. Non sono a carico dell'operatore i costi delle azioni di precauzione, prevenzione e ripristino adottate conformemente alle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto se egli può provare che il danno ambientale o la minaccia imminente di tale danno:
a) è stato causato da un terzo e si è verificato nonostante l'esistenza di misure di sicurezza astrattamente idonee;
b) è conseguenza dell'osservanza di un ordine o istruzione obbligatori impartiti da una autorità pubblica, diversi da quelli impartiti a seguito di un'emissione o di un incidente imputabili all'operatore; in tal caso il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare adotta le misure necessarie per consentire all'operatore il recupero dei costi sostenuti.
5. L'operatore non è tenuto a sostenere i costi delle azioni di cui al comma 5 intraprese conformemente alle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto qualora dimostri che non gli è attribuibile un comportamento doloso o colposo e che l'intervento preventivo a tutela dell'ambiente è stato causato da:
a) un'emissione o un evento espressamente consentiti da un'autorizzazione conferita ai sensi delle vigenti disposizioni legislative e regolamentari recanti attuazione delle misure legislative adottate dalla Comunità europea di cui all'allegato 5 della parte sesta del presente decreto, applicabili alla data dell'emissione o dell'evento e in piena conformità alle condizioni ivi previste;
b) un'emissione o un'attività o qualsiasi altro modo di utilizzazione di un prodotto nel corso di un'attività che l'operatore dimostri non essere stati considerati probabile causa di danno ambientale secondo lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche al momento del rilascio dell'emissione o dell'esecuzione dell'attività.
6. Le misure adottate dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in attuazione delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto lasciano impregiudicata la responsabilità e l'obbligo risarcitorio del trasgressore interessato.
Art. 309
Richiesta di intervento statale
1. Le regioni, le province autonome e gli enti locali, anche associati, nonché le persone fisiche o giuridiche che sono o che potrebbero essere colpite dal danno ambientale o che vantino un interesse legittimante la partecipazione al procedimento relativo all'adozione delle misure di precauzione, di prevenzione o di ripristino previste dalla parte sesta del presente decreto possono presentare al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, depositandole presso le Prefetture - Uffici territoriali del Governo, denunce e osservazioni, corredate da documenti ed informazioni, concernenti qualsiasi caso di danno ambientale o di minaccia imminente di danno ambientale e chiedere l'intervento statale a tutela dell'ambiente a norma della parte sesta del presente decreto.
2. Le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell'ambiente, di cui all'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, sono riconosciute titolari dell'interesse di cui al comma 1.
3. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare valuta le richieste di intervento e le osservazioni ad esse allegate afferenti casi di danno o di minaccia di danno ambientale e informa senza dilazione i soggetti richiedenti dei provvedimenti assunti al riguardo.
4. In caso di minaccia imminente di danno, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nell'urgenza estrema, provvede sul danno denunciato anche prima d'aver risposto ai richiedenti ai sensi del comma 3.
Art. 310
Ricorsi
1. I soggetti di cui all'articolo 309, comma 1, sono legittimati ad agire, secondo i principi generali, per l'annullamento degli atti e dei provvedimenti adottati in violazione delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto nonché avverso il silenzio inadempimento del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e per il risarcimento del danno subito a causa del ritardo nell'attivazione, da parte del medesimo Ministro, delle misure di precauzione, di prevenzione o di contenimento del danno ambientale.
2. Nell'ipotesi di cui al comma 1, il ricorso al giudice amministrativo … può essere preceduto da una opposizione depositata presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare o inviata presso la sua sede a mezzo di posta raccomandata con avviso di ricevimento entro trenta giorni dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza dell'atto. In caso di inerzia del Ministro, analoga opposizione può essere proposta entro il suddetto termine decorrente dalla scadenza del trentesimo giorno successivo all'effettuato deposito dell'opposizione presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
3. Se sia stata presentata l'opposizione e non ancora il ricorso al giudice amministrativo, quest'ultimo è proponibile entro il termine di sessanta giorni decorrenti dal ricevimento della decisione di rigetto dell'opposizione oppure dal trentunesimo giorno successivo alla presentazione dell'opposizione se il Ministro non si sia pronunciato.
4. Resta ferma la facoltà dell'interessato di ricorrere in via straordinaria al Presidente della Repubblica nel termine di centoventi giorni dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza dell'atto o provvedimento che si ritenga illegittimo e lesivo.
TITOLO III
RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE
Art. 311
Azione risarcitoria in forma specifica e per equivalente patrimoniale
1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare agisce, anche esercitando l'azione civile in sede penale, per il risarcimento del danno ambientale in forma specifica e, se necessario, per equivalente patrimoniale, oppure procede ai sensi delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto.
2. Chiunque realizzando un fatto illecito, o omettendo attività o comportamenti doverosi, con violazione di legge, di regolamento, o di provvedimento amministrativo, con negligenza, imperizia, imprudenza o violazione di norme tecniche, arrechi danno all'ambiente, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte, è obbligato all'effettivo ripristino a sue spese della precedente situazione e, in mancanza, all'adozione di misure di riparazione complementare e compensativa di cui alla direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, secondo le modalità prescritte dall'Allegato II alla medesima direttiva, da effettuare entro il termine congruo di cui all'articolo 314, comma 2, del presente decreto. Quando l'effettivo ripristino o l'adozione di misure di riparazione complementare o compensativa risultino in tutto o in parte omessi, impossibili o eccessivamente onerosi ai sensi dell'articolo 2058 del codice civile o comunque attuati in modo incompleto o difforme rispetto a quelli prescritti, il danneggiante è obbligato in via sostitutiva al risarcimento per equivalente patrimoniale nei confronti dello Stato, determinato conformemente al comma 3 del presente articolo, per finanziare gli interventi di cui all'articolo 317, comma 5.
3. Alla quantificazione del danno il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede in applicazione dei criteri enunciati negli Allegati 3 e 4 della parte sesta del presente decreto. All'accertamento delle responsabilità risarcitorie ed alla riscossione delle somme dovute per equivalente patrimoniale il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede con le procedure di cui al titolo III della parte sesta del presente decreto. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definiti, in conformità a quanto previsto dal punto 1.2.3 dell'Allegato II alla direttiva 2004/35/CE, i criteri di determinazione del risarcimento per equivalente e dell'eccessiva onerosità, avendo riguardo anche al valore monetario stimato delle risorse naturali e dei servizi perduti e ai parametri utilizzati in casi simili o materie analoghe per la liquidazione del risarcimento per equivalente del danno ambientale in sentenze passate in giudicato pronunciate in ambito nazionale e comunitario. Nei casi di concorso nello stesso evento di danno, ciascuno risponde nei limiti della propria responsabilità personale. Il relativo debito si trasmette, secondo le leggi vigenti, agli eredi nei limiti del loro effettivo arricchimento. Il presente comma si applica anche nei giudizi di cui ai commi l e 2.
Art. 312
Istruttoria per l'emanazione dell'ordinanza ministeriale
1. L'istruttoria per l'emanazione dell'ordinanza ministeriale di cui all'articolo 313 si svolge ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241.
2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per l'accertamento dei fatti, per l'individuazione dei trasgressori, per l'attuazione delle misure a tutela dell'ambiente e per il risarcimento dei danni, può delegare il Prefetto competente per territorio ed avvalersi, anche mediante apposite convenzioni, della collaborazione delle Avvocature distrettuali dello Stato, del Corpo forestale dello Stato, dell'Arma dei carabinieri, della Polizia di Stato, della Guardia di finanza e di qualsiasi altro soggetto pubblico dotato di competenza adeguata.
3. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per l'accertamento delle cause del danno e per la sua quantificazione, da effettuare in applicazione delle disposizioni contenute negli Allegati 3 e 4 alla parte sesta del presente decreto, può disporre, nel rispetto del principio del contraddittorio con l'operatore interessato, apposita consulenza tecnica svolta dagli uffici ministeriali, da quelli di cui al comma 2 oppure, tenuto conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente, da liberi professionisti.
4. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al fine di procedere ad ispezioni documentali, verificazioni e ricerche anche in apparecchiature informatiche e ad ogni altra rilevazione ritenuta utile per l'accertamento del fatto dannoso e per l'individuazione dei trasgressori, può disporre l'accesso di propri incaricati nel sito interessato dal fatto dannoso. Gli incaricati che eseguono l'accesso devono essere muniti di apposita autorizzazione che ne indica lo scopo, rilasciata dal capo dell'ufficio da cui dipendono. Per l'accesso a locali che siano adibiti ad abitazione o all'esercizio di attività professionali è necessario che l'Amministrazione si munisca dell'autorizzazione dell'autorità giudiziara competente. In ogni caso, dell'accesso nei luoghi di cui al presente comma dovrà essere informato il titolare dell'attività o un suo delegato, che ha il diritto di essere presente, anche con l'assistenza di un difensore di fiducia, e di chiedere che le sue dichiarazioni siano verbalizzate.
5. In caso di gravi indizi che facciano ritenere che libri, registri, documenti, scritture ed altre prove del fatto dannoso si trovino in locali diversi da quelli indicati nel comma 4, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può chiedere l'autorizzazione per la perquisizione di tali locali all'autorità giudiziaria competente.
6. È in ogni caso necessaria l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria competente per procedere, durante l'accesso, a perquisizioni personali e all'apertura coattiva di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli e simili e per l'esame dei documenti e la richiesta di notizie relativamente ai quali sia stato eccepito il segreto professionale.
7. Di ogni accesso deve essere redatto processo verbale da cui risultino le ispezioni e le rilevazioni eseguite, le richieste fatte all'interessato o a chi lo rappresenta e le risposte ricevute, nonché le sue dichiarazioni. Il verbale deve essere sottoscritto dall'interessato o da chi lo rappresenta oppure deve indicare il motivo della mancata sottoscrizione. L'interessato ha diritto di averne copia.
8. I documenti e le scritture possono essere sequestrati soltanto se non sia possibile riprodurne o farne constare agevolmente il contenuto rilevante nel verbale, nonché in caso di mancata sottoscrizione o di contestazione del contenuto del verbale; tuttavia gli agenti possono sempre acquisire dati con strumenti propri da sistemi meccanografici, telematici, elettronici e simili.
Art. 313
Ordinanza
1. Qualora all'esito dell'istruttoria di cui all'articolo 312 sia stato accertato un fatto che abbia causato danno ambientale ed il responsabile non abbia attivato le procedure di ripristino ai sensi del titolo V della parte quarta del presente decreto oppure ai sensi degli articoli 304 e seguenti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con ordinanza immediatamente esecutiva, ingiunge a coloro che, in base al suddetto accertamento, siano risultati responsabili del fatto il ripristino ambientale a titolo di risarcimento in forma specifica entro un termine fissato.
2. Qualora il responsabile del fatto che ha provocato danno ambientale non provveda in tutto o in parte al ripristino nel termine ingiunto, o il ripristino risulti in tutto o in parte impossibile, oppure eccessivamente oneroso ai sensi dell'articolo 2058 del codice civile, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con successiva ordinanza, ingiunge il pagamento, entro il termine di sessanta giorni dalla notifica, di una somma pari al valore economico del danno accertato o residuato, a titolo di risarcimento per equivalente pecuniario.
3. Con riguardo al risarcimento del danno in forma specifica, l'ordinanza è emessa nei confronti del responsabile del fatto dannoso nonché, in solido, del soggetto nel cui effettivo interesse il comportamento fonte del danno è stato tenuto o che ne abbia obiettivamente tratto vantaggio sottraendosi, secondo l'accertamento istruttorio intervenuto, all'onere economico necessario per apprestare, in via preventiva, le opere, le attrezzature, le cautele e tenere i comportamenti previsti come obbligatori dalle norme applicabili.
4. L'ordinanza è adottata nel termine perentorio di centottanta giorni decorrenti dalla comunicazione ai soggetti di cui al comma 3 dell'avvio dell'istruttoria, e comunque entro il termine di decadenza di due anni dalla notizia del fatto, salvo quando sia in corso il ripristino ambientale a cura e spese del trasgressore. In tal caso i medesimi termini decorrono dalla sospensione ingiustificata dei lavori di ripristino oppure dalla loro conclusione in caso di incompleta riparazione del danno. Alle attestazioni concernenti la sospensione dei lavori e la loro incompletezza provvede il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con apposito atto di accertamento.
5. Nei termini previsti dai commi 1 e 3 dell'articolo 2947 del codice civile, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può adottare ulteriori provvedimenti nei confronti di trasgressori successivamente individuati.
6. Nel caso di danno provocato da soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anziché ingiungere il pagamento del risarcimento per equivalente patrimoniale, invia rapporto all'Ufficio di Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti competente per territorio.
7. Nel caso di intervenuto risarcimento del danno, sono esclusi, a seguito di azione concorrente da parte di autorità diversa dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nuovi interventi comportanti aggravio di costi per l'operatore interessato. Resta in ogni caso fermo il diritto dei soggetti danneggiati dal fatto produttivo di danno ambientale, nella loro salute o nei beni di loro proprietà, di agire in giudizio nei confronti del responsabile a tutela dei diritti e degli interessi lesi.
Art. 314
Contenuto dell'ordinanza
1. L'ordinanza contiene l'indicazione specifica del fatto, commissivo o omissivo, contestato, nonché degli elementi di fatto ritenuti rilevanti per l'individuazione e la quantificazione del danno e delle fonti di prova per l'identificazione dei trasgressori.
2. L'ordinanza fissa un termine, anche concordato con il trasgressore in applicazione dell'articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241, per il ripristino dello stato dei luoghi a sue spese, comunque non inferiore a due mesi e non superiore a due anni, salvo ulteriore proroga da definire in considerazione dell'entità dei lavori necessari.
3. La quantificazione del danno deve comprendere il pregiudizio arrecato alla situazione ambientale con particolare riferimento al costo necessario per il suo ripristino. Ove non sia motivatamente possibile l'esatta quantificazione del danno non risarcibile in forma specifica, o di parte di esso, il danno per equivalente patrimoniale si presume, fino a prova contraria, di ammontare non inferiore al triplo della somma corrispondente alla sanzione pecuniaria amministrativa, oppure alla sanzione penale, in concreto applicata. Se sia stata erogata una pena detentiva, al fine della quantificazione del danno di cui al presente articolo, il ragguaglio fra la stessa e la somma da addebitare a titolo di risarcimento del danno ha luogo calcolando quattrocento euro per ciascun giorno di pena detentiva.
4. In caso di sentenza di condanna in sede penale o di emanazione del provvedimento di cui all'articolo 444 del codice di procedura penale, la cancelleria del giudice che ha emanato la sentenza o il provvedimento trasmette copia degli stessi al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro cinque giorni dalla loro pubblicazione.
5. Le regioni, le province autonome e gli altri enti territoriali, al fine del risarcimento del danno ambientale, comunicano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare le sanzioni amministrative, entro dieci giorni dall'avvenuta irrogazione.
6. Le ordinanze ministeriali di cui agli articoli 304, comma 3, e 313 indicano i mezzi di ricorso ed i relativi termini.
Art. 315
Effetti dell'ordinanza sull'azione giudiziaria
1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che abbia adottato l'ordinanza di cui all'articolo 313 non può nè proporre nè procedere ulteriormente nel giudizio per il risarcimento del danno ambientale, salva la possibilità dell'intervento in qualità di persona offesa dal reato nel giudizio penale.
Giurisprudenza Collegata: Cass. Pen. 36024/2015;
Art. 316
Ricorso avverso l'ordinanza
1. Il trasgressore, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione dell'ordinanza di cui all'articolo 313, può ricorrere al Tribunale amministrativo regionale ... competente in relazione al luogo nel quale si è prodotto il danno ambientale.
2. Il trasgressore può far precedere l'azione giurisdizionale dal ricorso in opposizione di cui all'articolo 310, commi 2 e 3.
3. Il trasgressore può proporre altresì ricorso al Presidente della Repubblica nel termine di centoventi giorni dalla ricevuta notificazione o comunicazione dell'ordinanza o dalla sua piena conoscenza.
Art. 317
Riscossione dei crediti e fondo di rotazione
1. Per la riscossione delle somme costituenti credito dello Stato ai sensi delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto, nell'ammontare determinato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare o dal giudice, si applicano le norme di cui al decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112.
2. Nell'ordinanza o nella sentenza può essere disposto, su richiesta dell'interessato che si trovi in condizioni economiche disagiate, che gli importi dovuti vengano pagati in rate mensili non superiori al numero di venti; ciascuna rata non può essere inferiore comunque ad euro cinquemila.
3. In ogni momento il debito può essere estinto mediante un unico pagamento.
4. Il mancato adempimento anche di una sola rata alla sua scadenza comporta l'obbligo di pagamento del residuo ammontare in unica soluzione.
5. Le somme derivanti dalla riscossione dei crediti in favore dello Stato per il risarcimento del danno ambientale disciplinato dalla parte sesta del presente decreto, ivi comprese quelle derivanti dall'escussione di fidejussioni a favore dello Stato, assunte a garanzia del risarcimento medesimo, affluiscono al fondo di cui all'articolo 7-quinquies, comma 1, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, per essere destinate alle seguenti finalità:
a) interventi urgenti di perimetrazione, caratterizzazione e messa in sicurezza dei siti inquinati, con priorità per le aree per le quali ha avuto luogo il risarcimento del danno ambientale;
b) interventi di disinquinamento, bonifica e ripristino ambientale delle aree per le quali abbia avuto luogo il risarcimento del danno ambientale;
c) interventi di bonifica e ripristino ambientale previsti nel programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati;
d) attività dei centri di ricerca nel campo delle riduzioni delle emissioni di gas ad effetto serra e dei cambiamenti climatici globali.
6. …
Art. 318
Norme transitorie e finali
1. Nelle more dell'adozione del decreto di cui all'articolo 317, comma 6, continua ad applicarsi il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 14 ottobre 2003.
2. Sono abrogati:
a) l'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, ad eccezione del comma 5;
b) l'articolo 9, comma 3, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
c) l'articolo 1, commi 439, 440, 441, 442 e 443 della legge 23 dicembre 2005, n. 266.
3. In attuazione dell'articolo 14 della direttiva 2004/35/CE, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e delle attività produttive, sono adottate misure per la definizione di idonee forme di garanzia e per lo sviluppo dell'offerta dei relativi strumenti, in modo da consentirne l'utilizzo da parte degli operatori interessati ai fini dell'assolvimento delle responsabilità ad essi incombenti ai sensi della parte sesta del presente decreto.
4. Quando un danno ambientale riguarda o può riguardare una pluralità di Stati membri dell'Unione europea, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare coopera, anche attraverso un appropriato scambio di informazioni, per assicurare che sia posta in essere un'azione di prevenzione e, se necessario, di riparazione di tale danno ambientale. In tale ipotesi, quando il danno ambientale ha avuto origine nel territorio italiano, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare fornisce informazioni sufficienti agli Stati membri potenzialmente esposti ai suoi effetti. Se il Ministro individua entro i confini del territorio nazionale un danno la cui causa si è invece verificata al di fuori di tali confini, esso ne informa la Commissione europea e qualsiasi altro Stato membro interessato; il Ministro può raccomandare l'adozione di misure di prevenzione o di riparazione e può cercare, ai sensi della parte sesta del presente decreto, di recuperare i costi sostenuti in relazione all'adozione delle misure di prevenzione o riparazione.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addì 3 aprile 2006
CIAMPI
Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri
Matteoli, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
La Malfa, Ministro per le Politiche comunitarie
Baccini, Ministro per la funzione pubblica
La Loggia, Ministro per gli affari regionali
Pisanu, Ministro dell'interno
Castelli, Ministro della giustizia
Martino, Ministro della difesa
Tremonti, Ministro dell'economia e delle finanze
Scajola, Ministro delle attività produttive
Berlusconi, Ministro della salute ad interim
Lunardi, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti
Alemanno, Ministro delle politiche agricole e forestali
Visto, il Guardasigilli: Castelli