Cassazione Penale, Sez. Fer., 22 agosto 2013, n. 35428 - Pericolo di caduta dall'alto e responsabilità di un datore di lavoro
Responsabilità di un datore di lavoro per infortunio di un dipendente: all'imputato veniva contestato di aver omesso, per negligenza, imprudenza, imperizia nonchè in violazione delle norme infortunistiche, di proteggere le postazioni di lavoro dai pericoli di caduta dall'alto.
Condannato in primo e secondo grado, ricorre in Cassazione - Inammissibile.
"La responsabilità penale diretta del datore di lavoro per l'inosservanza delle norme dettate in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro non è esclusa ex se per il solo fatto che vi siano altre concorrenti posizioni di garanzia (ad esempio realizzate con la nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP). La presenza di tali soggetti, in assenza di una esplicita delega di funzioni, non esonera infatti il datore di lavoro dall'obbligo di assumere le necessarie iniziative idonee a neutralizzare le situazioni di rischio in coerenza alla posizione di garanzia che questi ordinariamente assume nei confronti dei lavoratori. Posizione di garanzia che, come è noto, compete al datore di lavoro in quanto ex lege onerato dell'obbligo di prevenire la verificazione di eventi dannosi connessi all'espletamento dell'attività lavorativa (cfr tra le tante in questi termini Sentenza n. 32357 del 12/08/2010 Rv. 247996)."
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE FERIALE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MARASCA Gennaro - Presidente -
Dott. TADDEI M. - Consigliere -
Dott. MAZZEI Antonel - Consigliere -
Dott. PATERNO' RADDUSA B. - rel. Consigliere -
Dott. LIGNOLA F. - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
S.R. N. IL (Omissis);
avverso la sentenza n. 1874/2012 CORTE APPELLO di FIRENZE, del 26/11/2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/08/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. PATERNO' RADDUSA BENEDETTO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. MAZZOTTA Gabriele, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
Udito il difensore Avv. DI RENZO Amedeo, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.
Fatto
1. Tratto a giudizio innanzi al Tribunale di Pisa, sezione distaccata di Pontedera, S.R. è stato ritenuto responsabile e condannato alla pena di giustizia per le lesioni personali, con durata superiore a giorni 40, cagionate a P.M., dipendente della Edilizia e Gestioni snc di S.R. e R..
2. In particolare quale datore di lavoro del P. nella sua qualità di socio amministratore della società citata da ultimo, per negligenza, imprudenza, imperizia nonchè in violazione delle norme infortunistiche, ometteva, presso il cantiere edile in via (Omissis), di proteggere le postazioni di lavoro dai pericoli di caduta dall'alto senza installare idonee opere provvisionali così da cagionare al P. le lesioni meglio specificate nel capo di imputazione.
3. Proposto appello, la Corte di Appello di Firenze ha integralmente confermato il giudizio reso in primo grado dal Tribunale.
4. Avverso tale ultima sentenza propone ricorso il S. deducendo all'uopo tre diversi motivi.
4.1 Con il primo lamenta violazione della legge processuale avuto riguardo all'art. 179 c.p.p., comma 1, e conseguente nullità assoluta per mancata notifica al difensore di fiducia dell'avviso di fissazione di udienza del decreto di citazione a giudizio di secondo grado, non sanata dalla inerzia sul punto manifestata dal difensore d'ufficio alla udienza all'uopo fissata.
4.2 Con il secondo motivo si ribadisce la violazione di legge già eccepita in primo grado e ribadita in appello, relativa al rinvio dell'udienza del 7 luglio 2010, disposto con ordinanza non sottoscritta dal Giudice.
4.3 Con il terzo motivo si adduce violazione di legge avuto riguardo all'art. 590, comma 3, in relazione all'art. 583 c.p., comma 1, nonchè del D.P.R. n. 165 del 1955 (ndr: D.P.R. 164/56). L'imputato sarebbe stato ritenuto responsabile in assenza di alcun profilo di responsabilità, giacchè delle omissioni riscontrate sul piano della sicurezza del cantiere altri erano i soggetti che dovevano rispondere, mai imputati, non il S. nella sua qualità di datore di lavoro del P.. La Corte non ha spiegato quali siano le ragioni poste a fondamento del convincimento assunto in punto alla ritenuta responsabilità del ricorrente, omettendo di considerare che l'imputato nella specie aveva posto in essere tutti gli accorgimenti di sua pertinenza finalizzati allo svolgimento dell'attività lavorativa in sicurezza.
Mancherebbe dunque il concorso effettivo, concreto e causale nell'evento. Ciò soprattutto in ragione di un comportamento del lavoratore, nella causazione dell'evento, abnorme in quanto eccezionale e imprevedibile, tale da esonerare da profili di responsabilità il datore di lavoro.
Diritto
5. Il ricorso va dichiarato inammissibile per le ragioni precisate di seguito.
6. E' manifestamente infondato il primo motivo, apertamente contraddetto dalla allegazione in atti della notifica dell'avviso di cui dell'art. 601 c.p.p., comma 5^, ai difensore di fiducia del ricorrente, autorizzata e resa via fax giusta il dell'art. 148 c.p.p., comma 2 bis. Nè, del resto, il difensore ha espresso censura specifica alcuna in punto al perfezionamento della notifica in tal modo operata, sì che la relativa doglianza non può che ritenersi manifestamente infondata.
7. Non meno infondato, in limine alla inammissibilità radicale, deve ritenersi il secondo motivo di ricorso. Il verbale in disamina risulta sottoscritto nella pagine finale anche dal Giudice. E costituendo l'ordinanza con la quale si disponeva la data del rinvio foglio integrato al detto verbale, siffatta sottoscrizione finisce per estendersi anche alla detta ordinanza. Del resto ed ancora più radicalmente va ribadito che la sottoscrizione da parte del Giudice del verbale di udienza non costituisce in sè motivo di nullità del verbale stesso, derivando questa unicamente dall'omessa sottoscrizione da parte del pubblico ufficiale redigente così come espressamente sancito dall'art. 142 c.p.p. (in tal senso cfr, Cassazione, Sez. 3^, Sentenza n. 43803 del 29/10/2008 Rv. 241500).
8. Ad una soluzione non diversa si perviene, infine, guardando al terzo motivo di ricorso.
8.1 Giova precisare al fine, in primo luogo, che i motivi di ricorso in cassazione devono mantenersi all'interno del perimetro in precedenza tracciato dalle contestazioni solevate in appello . Ed in appello il motivo formulato sul reso giudizio di responsabilità si appuntava solo su due profili. Quanto al primo profilo, prescindendo dalle misure adottate e dal rapporto di causalità tra le inosservanze riscontrate sul piano della sicurezza lavorativa e l'incidente occorso al lavoratore, si contestava in linea di principio la possibilità per il datore di lavoro di rispondere delle lesioni quando altri soggetti, chiamati ad assumere specifiche posizioni di garanzia (responsabile della sicurezza, della società, del cantiere) non erano neppure stati coinvolti nel processo penale.
In secondo luogo, si contestava il giudizio di responsabilità essendo dovuta la causazione dell'evento ad un comportamento abnorme del lavoratore. Questi gli unici temi sui quali era chiamata a rispondere la Corte di appello, deve in coerenza dichiararsi l'inammissibilità radicale della doglianza che occupa laddove tende ad investire la Corte di profili di contestazione diversi da quelli segnati con l'appello.
8.2 Limitando dunque la disamina alle questioni in precedenza tracciate con l'appello e definite dalla Corte distrettuale, osserva il Collegio come la risposta fornita con la decisione impugnata sia immune da censure sotto ogni versante e, in particolare, per quel che qui interessa in ragione del tenore della doglianza, sotto quello della affermata violazione di legge sostanziale.
8.2.1 Del tutto correttamente, infatti, in linea con il costante orientamento espresso da questa Corte è stato affermato che la responsabilità penale diretta del datore di lavoro per l'inosservanza delle norme dettate in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro non è esclusa ex se per il solo fatto che vi siano altre concorrenti posizioni di garanzia (ad esempio realizzate con la nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP). La presenza di tali soggetti, in assenza di una esplicita delega di funzioni, non esonera infatti il datore di lavoro dall'obbligo di assumere le necessarie iniziative idonee a neutralizzare le situazioni di rischio in coerenza alla posizione di garanzia che questi ordinariamente assume nei confronti dei lavoratori. Posizione di garanzia che, come è noto, compete al datore di lavoro in quanto ex lege onerato dell'obbligo di prevenire la verificazione di eventi dannosi connessi all'espletamento dell'attività lavorativa (cfr tra le tante in questi termini Sentenza n. 32357 del 12/08/2010 Rv. 247996).
8.2.2. Se è vero poi che l'addebito di responsabilità formulabile a carico del datore di lavoro non è in effetti escluso dai comportamenti negligenti, trascurati, imperiti del lavoratore che abbiano contribuito alla verificazione dell'infortunio, giacchè al datore di lavoro, che è "garante" anche della correttezza dell'agire del lavoratore, è imposto (anche) di esigere da quest'ultimo il rispetto delle regole di cautela ma che a tale regola si fa eccezione, in coerente applicazione dei principi in tema di interruzione del nesso causale (art. 41 c.p., comma 2), in presenza di un comportamento assolutamente eccezionale ed imprevedibile del lavoratore, resta da dire che nel caso in oggetto, come del resto già in sede di formulazione del relativo motivo di appello, il ricorrente ha omesso di specificare per quali ragioni la condotta del lavoratore dovesse essere ritenuta abnorme in quanto eccezionale e imprevedibile. Genericità questa che inficia a monte la doglianza in esame imponendo anche in parte qua il giudizio di inammissibilità già anticipato.
9. Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000 in favore della cassa delle ammende, liquidata in via equitativa.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 14 agosto 2013.
Depositato in Cancelleria il 22 agosto 2013