Cassazione Civile, Sez. Lav., 09 agosto 2013, n. 19128 - Revisione per aggravamento della rendita da infortunio sul lavoro








REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSELLI Federico - Presidente -
Dott. DE RENZIS Alessandro - rel. Consigliere -
Dott. BRONZINI Giuseppe - Consigliere -
Dott. BERRINO Umberto - Consigliere -
Dott. ARIENZO Rosa - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza


sul ricorso proposto da:
ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO (INAIL), in persona del Dirigente con incarico di livello generale Dott. F.M.della Direzione Centrale Prestazioni, nominato con Delib. Consiglio di Amministrazione dell'INAIL 30 giugno 2008, n. 322 elettivamente domiciliata in Roma, Via IV Novembre 144 presso lo studio degli Avv.ti La Peccerella Luigi e Luciana Romeo che lo rappresentano e difendono per procura in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
Z.D.;
- intimato -
per la cassazione della sentenza n. 409/08 della Corte di Appello di Palermo del 3.04.2008/15.04.2008 nella causa iscritta al n. 1849 del R.G. anno 2006;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27.6.2013 dal Cons. Dott. Alessandro De Renzis;
udito l'Avv. Teresa Ottolini, per delega dell'Avv. Luigi La Peccerella, per l'INAIL;
sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. SERVELLO Gianfranco che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.





Fatto

 


Con ricorso del 14.09.2000 Z.D. esponeva:

- di avere subito due distinti infortuni sul lavoro in data (Omissis), per i quali gli era stata riconosciuta dall'INAIL una rendita commisurata al 24% di inabilità permanente;

- di avere presentato istanza di revisione per aggravamento. Ciò premesso, conveniva l'INAIL per sentir riconoscere una rendita complessiva nella percentuale del 31%, con condanna dell'ente previdenziale al relativo importo. Il Tribunale di Palermo con sentenza n. 1379 del 2006, ammessa ed espletata consulenza tecnica di ufficio, riconosceva una rendita complessiva del 26 %, con la condanna dell'ente previdenziale al pagamento delle prestazioni di legge, oltre interessi di legge.

La decisione anzidetta, impugnata dall'INAIL, all'esito della rinnovata consulenza tecnica di ufficio, è stata confermata dalla Corte di Appello di Palermo con sentenza n. 409 del 2008.

In particolare la Corte territoriale ha ribadito l'infondatezza dell'eccezione di tardività sollevata dall'INAIL, giacchè l'istituto aveva attribuito allo Z. la prestazione per inabilità per infortunio sul lavoro, seppure con decorrenza dal 2 maggio 1988, con atto del 2 marzo 1989, laddove il peggioramento dei postumi si era verificato a partire dal (OMISSIS), quindi entro il termine decennale dalla data di costituzione della rendita stessa.

L'INAIL ricorre per cassazione con un solo articolato motivo, illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c..

Lo Z. non si è costituito.


Diritto


1. Con l'unico motivo l'INAIL lamenta violazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 83 per avere la Corte territoriale respinto l'appello dell'Istituto sul presupposto di diritto per revisione cui deve considerarsi legittima la regione della rendita quando la modificazione dello stato di salute dell'assicurato sia intervenuta entro il termine decennale dalla costruzione della rendita, intendendo con tale espressione il momento di emanazione del provvedimento costituivo della prestazione previdenziale. Ad avviso dell'INAIL, invece il momento di "costituzione della rendita" coincide con quello in cui l'inabilità permanente di origine professionale raggiunge la misura minima indennizzabile, che si riferisce alla data di maturazione del diritto alla prestazione, anche se il provvedimento amministrativo o giudiziario, che la riconosce, sia successivo.

Il motivo è fondato.

Secondo un orientamento di questa Corte di legittimità, che ha superato precedenti difformi, riportati dalla sentenza impugnata, e può considerarsi consolidato ed è stato recentemente riaffermato (cfr Cass. n. 20994 del 12 ottobre 2010), il termine decennale dalla data di costituzione della rendita per infortunio di cui al D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 83, entro il quale si può procedere, a domanda dell'interessato o per disposizione dell'Istituto, alla revisione della rendita da infortunio sul lavoro, non è di prescrizione e neppure di decadenza - non incidendo sull'esercizio, ma sull'esistenza del diritto - ma serve semplicemente a delimitare l'ambito temporale dell'aggravamento o del miglioramento delle condizioni dell'assicurato, in quanto la legge collega al trascorrere del tempo una presunzione assoluta per effetto della quale devono ritenersi definitivamente stabilizzate le condizioni fisiche. Ne discende che l'attivazione del procedimento di revisione o l'accertamento medico-legale possono avere luogo anche oltre il termine di dieci anni, purchè le modificazioni delle condizioni fisiche dell'assicurato siano avvenute entro l'anzidetto limite temporale. La stessa giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 6831 del 7 aprile 2004; Cass. n. 15872 del 14 agosto 2004; Cass. cit. n. 20994 del 2010) ha chiarito che la data di costituzione della rendita, cui fa riferimento la richiamata norma, non è l'atto formale che costituisce il diritto, atto che ha natura meramente dichiarativa, ma coincide con il momento in cui il diritto stesso viene a maturazione per il raggiungimento della soglia indennizzabile.

Orbene nel caso di specie poichè la sentenza impugnata, con riferimento all'elaborato peritale, ha accertato la sussistenza di un aggravamento dal 26 febbraio 1999, deve ritenersi che, in applicazione dei principi sopra enunciati, il diritto alla corresponsione della rendita - come richiesto nella nuova misura dallo Z. - si era estinto, per essere scaduto il termine decennale previsto dalla norma citata, termine da valutarsi in relazione al 2 maggio 1988, che rappresenta la data di costituzione o maturazione della rendita e non già all'atto del 2 marzo 1989 dell'INAIL. 2. In conclusione il ricorso va accolto e conseguentemente l'impugnata sentenza va cassata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte, decidendo nel merito, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., comma 2, rigetta la domanda proposta da Z.D..

In applicazione dell'art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo, applicabile ratione temporis, precedente l'entrata in vigore del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42 (convertito con modificazioni dalla L. n. 326 del 2003), nulla deve essere disposto in materia di spese dell'intero giudizio.


P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda. Nulla per le spese per l'intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 27 giugno 2013.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2013