Cassazione Penale, Sez. 4, 25 giugno 2015, n. 26994 - Infortunio con un mini escavatore. Tutela della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro negli enti locali e ruolo del preposto
- Dirigente e Preposto
- Dispositivo di Protezione Individuale
- Informazione, Formazione, Addestramento
- Macchina ed Attrezzatura di Lavoro
- Pubblica Amministrazione
Presidente: FOTI GIACOMO Relatore: DOVERE SALVATORE Data Udienza: 26/03/2015
Fatto
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Milano ha confermato la pronuncia emessa, a seguito di rito abbreviato, dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Sondrio nei confronti di L.M. e D.E., giudicati responsabili, la prima, del reato di cui agli articoli 71 comma 4, lett. a) punto 1 e 87, comma 2 lett. C) d.lgs. n. 81/2008 (capo A), il secondo, del reato di cui agli articoli 19, comma 1 lett. a) e 56 comma 1 lett. A) d.lgs. n. 81/2008 (capo B), ed entrambi del delitto di cui agli articoli 113 e 590 commi 1, 2 e 3 cod. pen. perché la L.M. in qualità di legale rappresentante della Unione dei Comuni lombarda della Valmalenco ed il secondo quale responsabile di servizio e preposto della citata Unione cagionavano lesioni personali gravi al dipendente D.M., il quale, mentre stava operando con un mini escavatore si ribaltava sul lato destro e non essendo assicurato con la cintura di sicurezza veniva schiacciato dal tetto della macchina medesima riportando le menzionate lesioni.
Del tutto pacifico lo svolgimento dei fatti. Il 30 giugno 2011, mentre era utilizzato per l'esecuzione di uno scavo al lato di una strada, alla guida D.M., nel sollevare un masso di circa duecento chilogrammi il mini escavatore si ribaltava sul lato destro. All'origine del ribaltamento é stato ritenuto vi fosse stato un errore di manovra del lavoratore medesimo che, posizionando l'escavatore in luogo non perfettamente in piano e con eccessiva inclinazione rispetto all'asse orizzontale, aveva posto le premesse per la perdita di stabilità del mezzo d'opera. Ad avviso dei giudici di merito l'evento era da ricondursi alla mancanza di addestramento del lavoratore.
2. Avverso tale decisione ricorrono per cassazione gli imputati a mezzo del difensore di fiducia, avv. Omissis.
2.1. Con un primo motivo si deduce violazione di legge in relazione agli artt. 40 cod. pen. e vizio motivazionale.
Rileva l'esponente che l'unica causa dell'evento è da identificarsi nella imprudente condotta del lavoratore che, malgrado l'esperienza e la competenza maturata in anni di lavoro, pur avendo in dotazione un mezzo conforme alle prescrizioni di sicurezza, ben conoscendo lo specifico obbligo previsto dalla legge di allacciare le cinture di sicurezza nell'utilizzarlo, non lo ha osservato. Egli era quindi competente, esperto ed addestrato a svolgere l'attività che gli era stata commissionata. Il fatto che la cintura di sicurezza posta sul veicolo fosse troppo corta per permettere l'aggancio tra le sue parti non sta a significare che il mezzo non era dotato di una cintura conforme alle norme, perché essa era di tipo addominale con regolazione manuale tramite fibbie. Si trattava quindi di una cintura che permetteva la regolazione da parte dell'utilizzatore e fu pertanto il lavoratore medesimo a non regolarla ed allacciarla. La dimostrazione della conformità del mezzo e dei suoi dispositivi di protezione é implicita nel fatto che il lavoratore infortunato venne sanzionato per non aver utilizzato correttamente l'attrezzatura di lavoro. Conclude l'esponente che il contesto della prestazione di lavoro non poteva consentire al titolare della posizione di garanzia una persistente attività di costante verifica dell'utilizzo dei dispositivi di sicurezza da parte del lavoratore.
2.2. Con un secondo motivo si lamenta che la Corte di Appello abbia ritenuto che il datore di lavoro non avesse vigilato sul rispetto delle regole di sicurezza. Osserva l'esponente che al lavoratore era stato affidato un mezzo conforme a norma ed idoneo al lavoro da compiersi; il lavoratore era esperto, aveva partecipato ad un corso di formazione e conosceva l'obbligo di allacciare la cintura di sicurezza. Aggiunge che secondo lo statuto dell'Unione il Presidente ha compiti di indirizzo politico e di sovrintendenza generale sull'organizzazione dei vari uffici e settori amministrativi dell'Unione ma non compiti operativi e di vigilanza.
2.3. Con un terzo motivo si deduce violazione di legge e vizio motivazionale in relazione al giudizio di responsabilità di D.E.; osserva l'esponente che questi non era presente al momento dell'infortunio e non era tenuto ad esserlo o a sorvegliare a vista il lavoratore durante l'esecuzione dello scavo, trattandosi di lavoro di semplice esecuzione.
Diritto
3. Il ricorso é fondato, in particolare nel secondo motivo, limitatamente alla posizione della L.M..
3.1. Appare opportuno rendere più esplicito che il Tribunale imputò alla L.M. (ed al D.E.) il mancato addestramento del lavoratore sull'uso del mezzo; evidentemente intendendo che tanto potesse rappresentare il mancato apprestamento di misura necessaria al corretto utilizzo del mezzo d'opera, posto che la contestazione si rifà all'art. 71, co. 4 lett. a) d.lgs. n. 81/2008, per il quale "Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinchè: a) le attrezzature di lavoro siano: 1) installate ed utilizzate in conformità alle istruzioni d'uso...".
La Corte di Appello, per contro, ha riportato il fulcro del rimprovero mosso agli imputati sulla mancata vigilanza sul mancato uso della cintura di sicurezza da parte del lavoratore, ritenendo non rilevante che il lavoratore fosse stato informato sulla necessità di utilizzarla: "E' palese nei confronti di entrambi gli imputati il mancato rispetto degli obblighi di vigilanza, la mancata adozione, nell'ambito della descritta attività lavorativa, delle misure necessarie alla tutela della integrità fisica del lavoratore...". Anzi, nell'operare un simile spostamento sul "mancato controllo sulla esecuzione del lavoro eseguito", la Corte di Appello manifesta di ritenere che l'obbligo di informazione e formazione fosse stato correttamente adempiuto. Inoltre, la sentenza di secondo grado, nel far menzione di un difetto di vigilanza sull'uso della cintura, conferma quanto sostenuto dalla difesa in merito alla conformità a norma della cintura medesima. Dal che deriva che entrambi i giudici di merito hanno escluso che possa ascriversi al datore di aver posto a disposizione del lavoratore un mezzo insicuro.
Tuttavia, così definito il contenuto della violazione prevenzionistica addebitata alla L.M. ritenuta antecedente causale dell'infortunio patito da D.M., la Corte di Appello avrebbe dovuto rendere espliciti gli elementi in base ai quali ha ritenuto sussistente tale violazione. Esplicazione tanto più necessaria in ragione: a) della particolare natura dell'ente del quale la L.M. era rappresentante legale; b) del pacifico conferimento a D.E. dei compiti di preposto.
Per il primo profilo, come correttamente rilevato dal P.G. presso questa Corte, la natura pubblicistica dell'Unione impone di tener conto che, in tema di tutela della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro negli enti locali, l'organo di direzione politica che non abbia espressamente attribuito la qualifica di datore di lavoro al dirigente del settore competente, conserva lui stesso la qualifica (Sez. 4, n. 30214 del 12/04/2013 - dep. 12/07/2013, R.C. e Orciani, Rv. 255896; Sez. 4, n. 35295 del 23/04/2013 - dep. 21/08/2013, R.C., Bendotti e altro, Rv. 256398). Per contro, nonostante specifico motivo di gravame proposto dall'appellante, la Corte di Appello ha omesso qualsiasi valutazione dell'affermazione difensiva secondo la quale alla L.M. erano attribuiti compiti di indirizzo politico e di sovrintendenza generale sull'organizzazione dei vari uffici e settori amministrativi dell'Unione ma non compiti operativi e di vigilanza.
Tuttavia ciò comporterebbe l'annullamento con rinvio della sentenza in esame. Ma il secondo dei profili sopra indicati depone per l'annullamento senza rinvio, limitatamente alla posizione della L.M..
Nell'ambito dei reati omissivi impropri colposi l'identificazione della posizione di garanzia deve rifuggire da superficiali generalizzazioni o indebiti automatismi, non potendo esimersi il giudice dall'analizzare la particolare regola cautelare la cui trasgressione é stata identificata come antecedente causale dell'evento illecito concretizzatosi. Da tale regola, ovvero dall'obbligo inosservato che sarebbe valso ad impedire l'evento, deve risalirsi al titolare dell'obbligo per poi procedere ulteriormente nell'accertamento della colpa. Il percorso logico-giuridico appena tracciato risulta ora avvalorato dalla presa di posizione assunta dalle Sezioni unite, le quali hanno affermato che nella individuazione del garante/gestore del rischio occorre partire dalla identificazione del rischio che si é concretizzato e del livello in cui é collocato il soggetto deputato al governo di tale rischio (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014 - dep. 18/09/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, Rv. 261107).
Calando tali premesse nel caso che occupa, va evidenziato come la Corte di Appello abbia individuato quale antecedente causale dell'evento la violazione dell'obbligo di vigilare sull'utilizzo della cintura di sicurezza da parte del lavoratore; siffatto obbligo rimanda alla sfera di rischio gestita dal preposto, i cui compiti - a mente degli artt. 2, co. 1 lett. e) e 19 d.lgs. n. 81/2008 - sono quelli di sovrintendere alla attività lavorativa e garantire l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa.
Resta ribadito che la presenza di un preposto non comporta il trasferimento in capo al medesimo degli obblighi e delle responsabilità incombenti sul datore di lavoro; ma poiché egli ha lo specifico obbligo di vigilare a che i lavoratori osservino le misure e usino i dispositivi di sicurezza e gli altri mezzi di protezione e si comportino in modo da non creare pericoli per sé e per gli altri, non può attribuirsi al datore di lavoro di non aver vigilato sul lavoratore, a meno che la preposizione non abbia riguardato soggetto inidoneo al compito assegnatogli. In sostanza, fermo restando ogni altro dovere prevenzionistico, l'obbligo di vigilanza datoriale risulta assolto proprio con la preposizione alla vigilanza di persona idonea, specie quando l'organizzazione delle attività lavorative sia complessa. Pertanto, la Corte di Appello ha errato nell'affermare, sulla scorta dei dati esposti, che nel caso concreto la L.M. era gravata dell'obbligo di vigilanza sull'utilizzo della cintura di sicurezza. Né la Corte distrettuale né il primo giudice hanno fatto menzione di una omessa vigilanza del datore di lavoro sull'attività del preposto - da espletarsi evidentemente con modalità peculiari - ed essa non può essere affermata apoditticamente, per il solo fatto dell'essersi verificato l'infortunio. Neppure si menziona l'insorgenza di una prassi 'contra legem' tollerata dal preposto, rispetto alla quale il datore di lavoro potrebbe essere chiamato a rispondere ove inadempiente all'obbligo di controllo sul medesimo (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 18638 del 16/01/2004, Policarpo, Rv. 228344).
In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti di L.M..
4. Va invece rigettato il ricorso proposto nell'interesse di D.E.. Alla luce di quanto sopra evidenziato a riguardo del dovere la cui inosservanza ha determinato il sinistro risulta indiscutibile che il D.E., nella sua qualità non controversa di preposto, era tenuto a svolgere attività di vigilanza sul lavoratore, assicurandosi che questi rispettasse le direttive impartite e le misure di sicurezza adottate. Sia pure con stringata motivazione (che tuttavia si integra con quella di primo grado) la Corte di appello ha spiegato che è risultato accertato l'inadempimento di tale dovere. D'altro canto, ciò è confermato dal ricorrente medesimo, quando sostiene di non essere tenuto a presenziare e a sorvegliare il lavoratore. Assunto del tutto infondato; non si tratta di dovere o meno essere presenti in ogni momento delle lavorazioni, ma di raggiungere l'obiettivo di una utile vigilanza, sicché le modalità di adempimento - quando non individuate dalla legge - saranno quelle richieste dal caso concreto. Con la precisazione che ove queste non consentano al preposto di osservare i propri doveri, egli è tenuto a segnalare la circostanza a chi detiene quei poteri dispositivi, per l'efficace intervento risolutore.
Va poi escluso che il comportamento del lavoratore possa dirsi abnorme o assolutamente imprevedibile, trattandosi di un errore di esecuzione dei compiti in nessun modo estraneo alla sfera del rischio gestita dal preposto medesimo, per indicazione normativa deputato a gestire anche il rischio da lavoro derivante dal comportamento imprudente del soggetto garantito.
In conclusione, il ricorso nell'interesse del D.E. va rigettato e questi deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla posizione di L.M.. Rigetta il ricorso di D.E. che condanna al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26/3/2015.