Legge 10 aprile 1991, n. 125 (in Gazz. Uff., 15 aprile, n. 88). - Azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro (1) (2) (3)(4).
(4) Legge abrogata dall'articolo 57 del D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198 ad eccezione dell'articolo 11.
Art.1
Finalità.
Finalità.
[ 1. Le disposizioni contenute nella presente legge hanno lo scopo di favorire, l'occupazione femminile e di realizzare, l'uguaglianza sostanziale tra uomini e donne nel lavoro, anche mediante l'adozione di misure, denominate azioni positive per le donne, al fine di rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono la realizzazione di pari opportunità.
2. Le azioni positive di cui al comma 1 hanno in particolare lo scopo di:
a) eliminare le disparità di fatto di cui le donne sono oggetto nella formazione scolastica e professionale, nell'accesso al lavoro, nella progressione di carriera, nella vita lavorativa e nei periodi di mobilità;
b) favorire la diversificazione delle scelte professionali delle donne in particolare attraverso l'orientamento scolastico e professionale e gli strumenti della formazione; favorire l'accesso al lavoro autonomo e alla formazione imprenditoriale e la qualificazione professionale delle lavoratrici autonome e delle imprenditrici;
c) superare condizioni, organizzazione e distribuzione del lavoro che provocano effetti diversi, a seconda del sesso, nei confronti dei dipendenti con pregiudizio nella formazione, nell'avanzamento professionale e di carriera ovvero nel trattamento economico e retributivo;
d) promuovere l'inserimento delle donne nelle attività, nei settori professionali e nei livelli nei quali esse sono sottorappresentate e in particolare nei settori tecnologicamente avanzati ed ai livelli di responsabilità;
e) favorire, anche mediante una diversa organizzazione del lavoro, delle condizioni e del tempo di lavoro, l'equilibrio tra responsabilità familiari e professionali e una migliore ripartizione di tali responsabilità tra i due sessi.
3. Le azioni positive di cui ai commi 1 e 2 possono essere promosse dal Comitato di cui all'articolo 5 e dai consiglieri di parità di cui all'articolo 8, dai centri per la parità e le pari opportunità a livello nazionale, locale e aziendale, comunque denominati, dai datori di lavoro pubblici e privati, dai centri di formazione professionale, delle organizzazioni sindacali nazionali e territoriali, anche su proposta delle rappresentanze sindacali aziendali o degli organismi rappresentativi del personale di cui all'articolo 25 della legge 29 marzo 1983, n. 93.](1)
(1) Legge abrogata dall'articolo 57 del D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198, ad eccezione dell'articolo 11.
2. Le azioni positive di cui al comma 1 hanno in particolare lo scopo di:
a) eliminare le disparità di fatto di cui le donne sono oggetto nella formazione scolastica e professionale, nell'accesso al lavoro, nella progressione di carriera, nella vita lavorativa e nei periodi di mobilità;
b) favorire la diversificazione delle scelte professionali delle donne in particolare attraverso l'orientamento scolastico e professionale e gli strumenti della formazione; favorire l'accesso al lavoro autonomo e alla formazione imprenditoriale e la qualificazione professionale delle lavoratrici autonome e delle imprenditrici;
c) superare condizioni, organizzazione e distribuzione del lavoro che provocano effetti diversi, a seconda del sesso, nei confronti dei dipendenti con pregiudizio nella formazione, nell'avanzamento professionale e di carriera ovvero nel trattamento economico e retributivo;
d) promuovere l'inserimento delle donne nelle attività, nei settori professionali e nei livelli nei quali esse sono sottorappresentate e in particolare nei settori tecnologicamente avanzati ed ai livelli di responsabilità;
e) favorire, anche mediante una diversa organizzazione del lavoro, delle condizioni e del tempo di lavoro, l'equilibrio tra responsabilità familiari e professionali e una migliore ripartizione di tali responsabilità tra i due sessi.
3. Le azioni positive di cui ai commi 1 e 2 possono essere promosse dal Comitato di cui all'articolo 5 e dai consiglieri di parità di cui all'articolo 8, dai centri per la parità e le pari opportunità a livello nazionale, locale e aziendale, comunque denominati, dai datori di lavoro pubblici e privati, dai centri di formazione professionale, delle organizzazioni sindacali nazionali e territoriali, anche su proposta delle rappresentanze sindacali aziendali o degli organismi rappresentativi del personale di cui all'articolo 25 della legge 29 marzo 1983, n. 93.](1)
(1) Legge abrogata dall'articolo 57 del D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198, ad eccezione dell'articolo 11.
Art.2
Attuazione di azioni positive, finanziamenti.
Attuazione di azioni positive, finanziamenti.
[ 1. A partire dal 1° ottobre ed entro il 30 novembre di ogni anno, i datori di lavoro pubblici e privati, i centri di formazione professionale accreditati, le associazioni, le organizzazioni sindacali nazionali e territoriali possono richiedere al Ministero del lavoro e della previdenza sociale di essere ammessi al rimborso totale o parziale di oneri finanziari connessi all'attuazione di progetti di azioni positive presentati in base al programma-obiettivo di cui all'articolo 6, comma 1, lettera c) (1) (2).
2. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentito il Comitato di cui all'articolo 5, ammette i progetti di azioni positive al beneficio di cui al comma 1 e, con lo stesso provvedimento, autorizza le relative spese. L'attuazione dei progetti di cui al comma 1 deve comunque avere inizio entro due mesi dal rilascio dell'autorizzazione.
3. (Omissis) (3).
4. I progetti di azioni concordate dai datori di lavoro con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale hanno precedenza nell'accesso al beneficio di cui al comma 1.
5. L'accesso ai fondi comunitari destinati alla realizzazione di programmi o progetti di azioni positive, ad eccezione di quelli di cui all'articolo 3, è subordinato al parere del Comitato di cui all'articolo 5.
6. (Omissis) (3)](4).
(1) Comma così sostituito dall'art. 7, comma 1, d.lg. 23 maggio 2000, n. 196.
(2) Vedi Comunicato 19 luglio 2003.
(3) Comma abrogato dall'art. 10, comma 3, d.lg. 23 maggio 2000, n. 196.
(4) Legge abrogata dall'articolo 57 del D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198, ad eccezione dell'articolo 11.
2. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentito il Comitato di cui all'articolo 5, ammette i progetti di azioni positive al beneficio di cui al comma 1 e, con lo stesso provvedimento, autorizza le relative spese. L'attuazione dei progetti di cui al comma 1 deve comunque avere inizio entro due mesi dal rilascio dell'autorizzazione.
3. (Omissis) (3).
4. I progetti di azioni concordate dai datori di lavoro con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale hanno precedenza nell'accesso al beneficio di cui al comma 1.
5. L'accesso ai fondi comunitari destinati alla realizzazione di programmi o progetti di azioni positive, ad eccezione di quelli di cui all'articolo 3, è subordinato al parere del Comitato di cui all'articolo 5.
6. (Omissis) (3)](4).
(1) Comma così sostituito dall'art. 7, comma 1, d.lg. 23 maggio 2000, n. 196.
(2) Vedi Comunicato 19 luglio 2003.
(3) Comma abrogato dall'art. 10, comma 3, d.lg. 23 maggio 2000, n. 196.
(4) Legge abrogata dall'articolo 57 del D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198, ad eccezione dell'articolo 11.
Art.3
Finanziamento delle azioni positive realizzate mediante la formazione professionale.
Finanziamento delle azioni positive realizzate mediante la formazione professionale.
[ 1. Al finanziamento dei progetti di formazione finalizzati al perseguimento dell'obiettivo di cui all'articolo 1, comma 1, autorizzati secondo le procedure previste dagli articoli 25, 26 e 27 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, ed approvati dal Fondo sociale europeo, è destinata una quota del Fondo di rotazione istituito dall'articolo 25 della stessa legge, determinata annualmente con deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica. In sede di prima applicazione la predetta quota è fissata nella misura del dieci per cento.
2. La finalizzazione dei progetti di formazione al perseguimento dell'obiettivo di cui all'articolo 1, comma 1, viene accertata, entro il 31 marzo dell'anno in cui l'iniziativa deve essere attuata, dalla commissione regionale per l'impiego. Scaduto il termine, al predetto accertamento provvede il Comitato di cui all'articolo 5.
3. La quota del Fondo di rotazione di cui al comma 1 è ripartita tra le regioni in misura proporzionale all'ammontare dei contributi richiesti per i progetti approvati] (1).
(1) Legge abrogata dall'articolo 57 del D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198, ad eccezione dell'articolo 11.
2. La finalizzazione dei progetti di formazione al perseguimento dell'obiettivo di cui all'articolo 1, comma 1, viene accertata, entro il 31 marzo dell'anno in cui l'iniziativa deve essere attuata, dalla commissione regionale per l'impiego. Scaduto il termine, al predetto accertamento provvede il Comitato di cui all'articolo 5.
3. La quota del Fondo di rotazione di cui al comma 1 è ripartita tra le regioni in misura proporzionale all'ammontare dei contributi richiesti per i progetti approvati] (1).
(1) Legge abrogata dall'articolo 57 del D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198, ad eccezione dell'articolo 11.
[ 1. Costituisce discriminazione diretta, ai sensi della legge 9 dicembre 1977, n. 903 , e della presente legge, qualsiasi atto, patto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando le lavoratrici o i lavoratori in ragione del loro sesso e comunque il trattamento meno favorevole rispetto a quello di un'altra lavoratrice o di un altro lavoratore in situazione analoga (2) .
2. Si ha discriminazione indiretta, ai sensi della legge 9 dicembre 1977, n. 903 , e della presente legge, quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono o possono mettere i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto a lavoratori dell'altro sesso, salvo che riguardino requisiti essenziali allo svolgimento dell'attività lavorativa, purché l'obiettivo sia legittimo e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari (2).
2-bis. Sono considerate come discriminazioni anche le molestie, ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo (3) .
2-ter. Sono, altresì, considerate come discriminazioni le molestie sessuali, ovvero quei comportamenti indesiderati a connotazione sessuale, espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo (3).
2-quater. Gli atti, i patti o i provvedimenti concernenti il rapporto di lavoro dei lavoratori o delle lavoratrici vittime dei comportamenti di cui ai commi 2-bis e 2-ter sono nulli se adottati in conseguenza del rifiuto o della sottomissione ai comportamenti medesimi. Sono considerati, altresì, discriminazioni quei trattamenti sfavorevoli da parte del datore di lavoro che costituiscono una reazione ad un reclamo o ad una azione volta ad ottenere il rispetto del principio di parità di trattamento tra uomini e donne (3).
3. Nei concorsi pubblici e nelle forme di selezione attuate, anche a mezzo di terzi, da datori di lavoro privati e pubbliche amministrazioni la prestazione richiesta dev'essere accompagnata dalle parole "dell'uno o dell'altro sesso", fatta eccezione per i casi in cui il riferimento al sesso costituisca requisito essenziale per la natura del lavoro o della prestazione.
4. Chi intende agire in giudizio per la dichiarazione delle discriminazioni ai sensi dei commi 1 e 2 e non ritiene di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi, può promuovere il tentativo di conciliazione ai sensi dell'articolo 410 del codice di procedura civile o, rispettivamente, dell'articolo 69- bis del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, anche tramite la consigliera o il consigliere di parità provinciale o regionale territorialmente competente.
5. Le consigliere o i consiglieri di parità provinciali e regionali competenti per territorio, ferme restando le azioni in giudizio di cui ai commi 8 e 10, hanno facoltà di ricorrere innanzi al tribunale in funzione di giudice del lavoro o, per i rapporti sottoposti alla sua giurisdizione, al tribunale amministrativo regionale territorialmente competenti, su delega della persona che vi ha interesse, ovvero di intervenire nei giudizi promossi dalla medesima.
6. Quando il ricorrente fornisce elementi di fatto - desunti anche da dati di carattere statistico relativi alle assunzioni, ai regimi retributivi, all'assegnazione di mansioni e qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in carriera ed ai licenziamenti - idonei a fondare, in termini precisi e concordanti, la presunzione dell'esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori in ragione del sesso, spetta al convenuto l'onere della prova sull'insussistenza della discriminazione.
7. Qualora le consigliere o i consiglieri di parità regionali e, nei casi di rilevanza nazionale, il consigliere o la consigliera nazionale, rilevino l'esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori diretti o indiretti di carattere collettivo, anche quando non siano individuabili in modo immediato e diretto le lavoratrici o i lavoratori lesi dalle discriminazioni, prima di promuovere l'azione in giudizio ai sensi dei commi 8 e 10, possono chiedere all'autore della discriminazione di predisporre un piano di rimozione delle discriminazioni accertate entro un termine non superiore a centoventi giorni, sentite, nel caso di discriminazione posta in essere da un datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali ovvero, in loro mancanza, le associazioni locali aderenti alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale. Se il piano è considerato idoneo alla rimozione delle discriminazioni, la consigliera o il consigliere di parità promuove il tentativo di conciliazione ed il relativo verbale, in copia autenticata, acquista forza di titolo esecutivo con decreto del tribunale in funzione di giudice del lavoro.
8. Con riguardo alle discriminazioni di carattere collettivo di cui al comma 7 le consigliere o i consiglieri di parità, qualora non ritengano di avvalersi della procedura di conciliazione di cui al medesimo comma o in caso di esito negativo della stessa, possono proporre ricorso davanti al tribunale in funzione di giudice del lavoro o al tribunale amministrativo regionale territorialmente competenti.
9. Il giudice, nella sentenza che accerta le discriminazioni sulla base del ricorso presentato ai sensi del comma 8, oltre a provvedere, se richiesto, al risarcimento del danno anche non patrimoniale, ordina all'autore della discriminazione di definire un piano di rimozione delle discriminazioni accertate, sentite, nel caso si tratti di datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali ovvero, in loro mancanza, gli organismi locali aderenti alle organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative sul piano nazionale, nonché la consigliera o il consigliere di parità regionale competente per territorio o il consigliere o la consigliera nazionale. Nella sentenza il giudice fissa i criteri, anche temporali, da osservarsi ai fini della definizione ed attuazione del piano (4) .
10. Ferma restando l'azione di cui al comma 8, la consigliera o il consigliere regionale e nazionale di parità possono proporre ricorso in via d'urgenza davanti al tribunale in funzione di giudice del lavoro o al tribunale amministrativo regionale territorialmente competenti. Il giudice adito, nei due giorni successivi, convocate le parti e assunte sommarie informazioni, ove ritenga sussistente la violazione di cui al ricorso, con decreto motivato e immediatamente esecutivo, oltre a provvedere, se richiesto, al risarcimento del danno anche non patrimoniale, nei limiti della prova fornita, ordina all'autore della discriminazione la cessazione del comportamento pregiudizievole e adotta ogni altro provvedimento idoneo a rimuovere gli effetti delle discriminazioni accertate, ivi compreso l'ordine di definizione ed attuazione da parte del responsabile di un piano di rimozione delle medesime. Si applicano in tal caso le disposizioni del comma 9. Contro il decreto è ammessa entro quindici giorni dalla comunicazione alle parti opposizione avanti alla medesima autorità giudiziaria territorialmente competente, che decide con sentenza immediatamente esecutiva (4).
11. L'inottemperanza alla sentenza di cui al comma 9, al decreto di cui al comma 10 o alla sentenza pronunciata nel relativo giudizio di opposizione è punita ai sensi dell'articolo 650 del codice penale e comporta altresì la revoca dei benefici di cui al comma 12 ed il pagamento di una somma di euro 51,64 per ogni giorno di ritardo da versarsi al Fondo di cui all'articolo 9 (5).
12. Ogni accertamento di atti, patti o comportamenti discriminatori ai sensi del presente articolo, posti in essere da soggetti ai quali siano stati accordati benefici ai sensi delle vigenti leggi dello Stato, ovvero che abbiano stipulato contratti di appalto attinenti all'esecuzione di opere pubbliche, di servizi o forniture, viene comunicato immediatamente dalla direzione provinciale del lavoro territorialmente competente ai Ministri nelle cui amministrazioni sia stata disposta la concessione del beneficio o dell'appalto. Questi adottano le opportune determinazioni, ivi compresa, se necessario, la revoca del beneficio e, nei casi più gravi o nel caso di recidiva, possono decidere l'esclusione del responsabile per un periodo di tempo fino a due anni da qualsiasi ulteriore concessione di agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero da qualsiasi appalto. Tale disposizione si applica anche quando si tratti di agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero di appalti concessi da enti pubblici, ai quali la direzione provinciale del lavoro comunica direttamente la discriminazione accertata per l'adozione delle sanzioni previste. Le disposizioni del presente comma non si applicano nel caso sia raggiunta una conciliazione ai sensi dei commi 4 e 7 (4).
13. Ferma restando l'azione ordinaria, le disposizioni dell'articolo 15 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, si applicano in tutti i casi di azione individuale in giudizio promossa dalla persona che vi abbia interesse o su sua delega da un'organizzazione sindacale o dalla consigliera o dal consigliere provinciale o regionale di parità.
14. Qualora venga presentato un ricorso in via di urgenza ai sensi del comma 10 o ai sensi dell'articolo 15 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, come modificato dal comma 13, non trova applicazione l'articolo 410 del codice di procedura civile .](6)
(1) Articolo così sostituito dall'art. 8, comma 1, d.lg. 23 maggio 2000, n. 196.
(2) Comma così sostituito dall' articolo 2, comma 1, del D.lgs. 30 maggio 2005, n. 145.
(3) Comma inserito dall' articolo 2, comma 1, del D.lgs. 30 maggio 2005, n. 145.
(4) Comma così modificato dall' articolo 2, comma 1, del D.lgs. 30 maggio 2005, n. 145.
(5) In luogo delle parole: "all'articolo 9" leggasi: "all'articolo 9 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 196".
(6) Legge abrogata dall'articolo 57 del D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198, ad eccezione dell'articolo 11.
2. Si ha discriminazione indiretta, ai sensi della legge 9 dicembre 1977, n. 903 , e della presente legge, quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono o possono mettere i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto a lavoratori dell'altro sesso, salvo che riguardino requisiti essenziali allo svolgimento dell'attività lavorativa, purché l'obiettivo sia legittimo e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari (2).
2-bis. Sono considerate come discriminazioni anche le molestie, ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo (3) .
2-ter. Sono, altresì, considerate come discriminazioni le molestie sessuali, ovvero quei comportamenti indesiderati a connotazione sessuale, espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo (3).
2-quater. Gli atti, i patti o i provvedimenti concernenti il rapporto di lavoro dei lavoratori o delle lavoratrici vittime dei comportamenti di cui ai commi 2-bis e 2-ter sono nulli se adottati in conseguenza del rifiuto o della sottomissione ai comportamenti medesimi. Sono considerati, altresì, discriminazioni quei trattamenti sfavorevoli da parte del datore di lavoro che costituiscono una reazione ad un reclamo o ad una azione volta ad ottenere il rispetto del principio di parità di trattamento tra uomini e donne (3).
3. Nei concorsi pubblici e nelle forme di selezione attuate, anche a mezzo di terzi, da datori di lavoro privati e pubbliche amministrazioni la prestazione richiesta dev'essere accompagnata dalle parole "dell'uno o dell'altro sesso", fatta eccezione per i casi in cui il riferimento al sesso costituisca requisito essenziale per la natura del lavoro o della prestazione.
4. Chi intende agire in giudizio per la dichiarazione delle discriminazioni ai sensi dei commi 1 e 2 e non ritiene di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi, può promuovere il tentativo di conciliazione ai sensi dell'articolo 410 del codice di procedura civile o, rispettivamente, dell'articolo 69- bis del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, anche tramite la consigliera o il consigliere di parità provinciale o regionale territorialmente competente.
5. Le consigliere o i consiglieri di parità provinciali e regionali competenti per territorio, ferme restando le azioni in giudizio di cui ai commi 8 e 10, hanno facoltà di ricorrere innanzi al tribunale in funzione di giudice del lavoro o, per i rapporti sottoposti alla sua giurisdizione, al tribunale amministrativo regionale territorialmente competenti, su delega della persona che vi ha interesse, ovvero di intervenire nei giudizi promossi dalla medesima.
6. Quando il ricorrente fornisce elementi di fatto - desunti anche da dati di carattere statistico relativi alle assunzioni, ai regimi retributivi, all'assegnazione di mansioni e qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in carriera ed ai licenziamenti - idonei a fondare, in termini precisi e concordanti, la presunzione dell'esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori in ragione del sesso, spetta al convenuto l'onere della prova sull'insussistenza della discriminazione.
7. Qualora le consigliere o i consiglieri di parità regionali e, nei casi di rilevanza nazionale, il consigliere o la consigliera nazionale, rilevino l'esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori diretti o indiretti di carattere collettivo, anche quando non siano individuabili in modo immediato e diretto le lavoratrici o i lavoratori lesi dalle discriminazioni, prima di promuovere l'azione in giudizio ai sensi dei commi 8 e 10, possono chiedere all'autore della discriminazione di predisporre un piano di rimozione delle discriminazioni accertate entro un termine non superiore a centoventi giorni, sentite, nel caso di discriminazione posta in essere da un datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali ovvero, in loro mancanza, le associazioni locali aderenti alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale. Se il piano è considerato idoneo alla rimozione delle discriminazioni, la consigliera o il consigliere di parità promuove il tentativo di conciliazione ed il relativo verbale, in copia autenticata, acquista forza di titolo esecutivo con decreto del tribunale in funzione di giudice del lavoro.
8. Con riguardo alle discriminazioni di carattere collettivo di cui al comma 7 le consigliere o i consiglieri di parità, qualora non ritengano di avvalersi della procedura di conciliazione di cui al medesimo comma o in caso di esito negativo della stessa, possono proporre ricorso davanti al tribunale in funzione di giudice del lavoro o al tribunale amministrativo regionale territorialmente competenti.
9. Il giudice, nella sentenza che accerta le discriminazioni sulla base del ricorso presentato ai sensi del comma 8, oltre a provvedere, se richiesto, al risarcimento del danno anche non patrimoniale, ordina all'autore della discriminazione di definire un piano di rimozione delle discriminazioni accertate, sentite, nel caso si tratti di datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali ovvero, in loro mancanza, gli organismi locali aderenti alle organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative sul piano nazionale, nonché la consigliera o il consigliere di parità regionale competente per territorio o il consigliere o la consigliera nazionale. Nella sentenza il giudice fissa i criteri, anche temporali, da osservarsi ai fini della definizione ed attuazione del piano (4) .
10. Ferma restando l'azione di cui al comma 8, la consigliera o il consigliere regionale e nazionale di parità possono proporre ricorso in via d'urgenza davanti al tribunale in funzione di giudice del lavoro o al tribunale amministrativo regionale territorialmente competenti. Il giudice adito, nei due giorni successivi, convocate le parti e assunte sommarie informazioni, ove ritenga sussistente la violazione di cui al ricorso, con decreto motivato e immediatamente esecutivo, oltre a provvedere, se richiesto, al risarcimento del danno anche non patrimoniale, nei limiti della prova fornita, ordina all'autore della discriminazione la cessazione del comportamento pregiudizievole e adotta ogni altro provvedimento idoneo a rimuovere gli effetti delle discriminazioni accertate, ivi compreso l'ordine di definizione ed attuazione da parte del responsabile di un piano di rimozione delle medesime. Si applicano in tal caso le disposizioni del comma 9. Contro il decreto è ammessa entro quindici giorni dalla comunicazione alle parti opposizione avanti alla medesima autorità giudiziaria territorialmente competente, che decide con sentenza immediatamente esecutiva (4).
11. L'inottemperanza alla sentenza di cui al comma 9, al decreto di cui al comma 10 o alla sentenza pronunciata nel relativo giudizio di opposizione è punita ai sensi dell'articolo 650 del codice penale e comporta altresì la revoca dei benefici di cui al comma 12 ed il pagamento di una somma di euro 51,64 per ogni giorno di ritardo da versarsi al Fondo di cui all'articolo 9 (5).
12. Ogni accertamento di atti, patti o comportamenti discriminatori ai sensi del presente articolo, posti in essere da soggetti ai quali siano stati accordati benefici ai sensi delle vigenti leggi dello Stato, ovvero che abbiano stipulato contratti di appalto attinenti all'esecuzione di opere pubbliche, di servizi o forniture, viene comunicato immediatamente dalla direzione provinciale del lavoro territorialmente competente ai Ministri nelle cui amministrazioni sia stata disposta la concessione del beneficio o dell'appalto. Questi adottano le opportune determinazioni, ivi compresa, se necessario, la revoca del beneficio e, nei casi più gravi o nel caso di recidiva, possono decidere l'esclusione del responsabile per un periodo di tempo fino a due anni da qualsiasi ulteriore concessione di agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero da qualsiasi appalto. Tale disposizione si applica anche quando si tratti di agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero di appalti concessi da enti pubblici, ai quali la direzione provinciale del lavoro comunica direttamente la discriminazione accertata per l'adozione delle sanzioni previste. Le disposizioni del presente comma non si applicano nel caso sia raggiunta una conciliazione ai sensi dei commi 4 e 7 (4).
13. Ferma restando l'azione ordinaria, le disposizioni dell'articolo 15 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, si applicano in tutti i casi di azione individuale in giudizio promossa dalla persona che vi abbia interesse o su sua delega da un'organizzazione sindacale o dalla consigliera o dal consigliere provinciale o regionale di parità.
14. Qualora venga presentato un ricorso in via di urgenza ai sensi del comma 10 o ai sensi dell'articolo 15 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, come modificato dal comma 13, non trova applicazione l'articolo 410 del codice di procedura civile .](6)
(1) Articolo così sostituito dall'art. 8, comma 1, d.lg. 23 maggio 2000, n. 196.
(2) Comma così sostituito dall' articolo 2, comma 1, del D.lgs. 30 maggio 2005, n. 145.
(3) Comma inserito dall' articolo 2, comma 1, del D.lgs. 30 maggio 2005, n. 145.
(4) Comma così modificato dall' articolo 2, comma 1, del D.lgs. 30 maggio 2005, n. 145.
(5) In luogo delle parole: "all'articolo 9" leggasi: "all'articolo 9 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 196".
(6) Legge abrogata dall'articolo 57 del D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198, ad eccezione dell'articolo 11.
Giurisprudenza Collegata: Cass. Civ. 22858/2008;Corte di Appello di Milano, 20 dicembre 2010, n. 1044;
Art.5
Comitato nazionale per l'attuazione dei principi di parità di trattamento ed uguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici.
Comitato nazionale per l'attuazione dei principi di parità di trattamento ed uguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici.
[ 1. Al fine di promuovere la rimozione dei comportamenti discriminatori per sesso e di ogni altro ostacolo che limiti di fatto l'uguaglianza delle donne nell'accesso al lavoro e sul lavoro e la progressione professionale e di carriera è istituito, presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, il Comitato nazionale per l'attuazione dei princìpi di parità di trattamento ed uguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici.
2. Fanno parte del Comitato:
a) il Ministro del lavoro e della previdenza sociale o, per sua delega, un Sottosegretario di Stato, con funzioni di presidente;
b) cinque componenti designati dalle confederazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale;
c) cinque componenti designati dalle confederazioni sindacali dei datori di lavoro dei diversi settori economici, maggiormente rappresentative sul piano nazionale;
d) un componente designato unitariamente dalle associazioni di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo più rappresentative sul piano nazionale;
e) undici componenti designati dalle associazioni e dai movimenti femminili più rappresentativi sul piano nazionale operanti nel campo della parità e delle pari opportunità nel lavoro;
f) il consigliere di parità componente la commissione centrale per l'impiego.
3. Partecipano, inoltre, alle riunioni del Comitato, senza diritto di voto:
a) sei esperti in materie giuridiche, economiche e sociologiche, con competenze in materia di lavoro;
b) cinque rappresentanti, rispettivamente, dei Ministeri della pubblica istruzione, della giustizia, degli affari esteri, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, del Dipartimento della funzione pubblica;
c) cinque funzionari del Ministero del lavoro e della previdenza sociale con qualifica non inferiore a quella di primo dirigente, in rappresentanza delle Direzioni generali per l'impiego, dei rapporti di lavoro, per l'osservatorio del mercato del lavoro, della previdenza ed assistenza sociale nonché dell'ufficio centrale per l'orientamento e la formazione professionale dei lavoratori.
4. I componenti del Comitato durano in carica tre anni e sono nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Per ogni componente effettivo è nominato un supplente.
5. Il Comitato è convocato, oltre che ad iniziativa del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, quando ne facciano richiesta metà più uno dei suoi componenti.
6. Il Comitato delibera in ordine al proprio funzionamento e a quello del collegio istruttorio e della segreteria tecnica di cui all'articolo 7, nonché in ordine alle relative spese.
7. Il vicepresidente del Comitato è designato dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale nell'ambito dei suoi componenti](1).
(1) Legge abrogata dall'articolo 57 del D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198, ad eccezione dell'articolo 11.
2. Fanno parte del Comitato:
a) il Ministro del lavoro e della previdenza sociale o, per sua delega, un Sottosegretario di Stato, con funzioni di presidente;
b) cinque componenti designati dalle confederazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale;
c) cinque componenti designati dalle confederazioni sindacali dei datori di lavoro dei diversi settori economici, maggiormente rappresentative sul piano nazionale;
d) un componente designato unitariamente dalle associazioni di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo più rappresentative sul piano nazionale;
e) undici componenti designati dalle associazioni e dai movimenti femminili più rappresentativi sul piano nazionale operanti nel campo della parità e delle pari opportunità nel lavoro;
f) il consigliere di parità componente la commissione centrale per l'impiego.
3. Partecipano, inoltre, alle riunioni del Comitato, senza diritto di voto:
a) sei esperti in materie giuridiche, economiche e sociologiche, con competenze in materia di lavoro;
b) cinque rappresentanti, rispettivamente, dei Ministeri della pubblica istruzione, della giustizia, degli affari esteri, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, del Dipartimento della funzione pubblica;
c) cinque funzionari del Ministero del lavoro e della previdenza sociale con qualifica non inferiore a quella di primo dirigente, in rappresentanza delle Direzioni generali per l'impiego, dei rapporti di lavoro, per l'osservatorio del mercato del lavoro, della previdenza ed assistenza sociale nonché dell'ufficio centrale per l'orientamento e la formazione professionale dei lavoratori.
4. I componenti del Comitato durano in carica tre anni e sono nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Per ogni componente effettivo è nominato un supplente.
5. Il Comitato è convocato, oltre che ad iniziativa del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, quando ne facciano richiesta metà più uno dei suoi componenti.
6. Il Comitato delibera in ordine al proprio funzionamento e a quello del collegio istruttorio e della segreteria tecnica di cui all'articolo 7, nonché in ordine alle relative spese.
7. Il vicepresidente del Comitato è designato dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale nell'ambito dei suoi componenti](1).
(1) Legge abrogata dall'articolo 57 del D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198, ad eccezione dell'articolo 11.
Art.6
Compiti del Comitato.
Compiti del Comitato.
[ 1. Per il perseguimento delle finalità di cui all'articolo 5, comma 1, il Comitato adotta ogni iniziativa utile ed in particolare:
a) formula proposte sulle questioni generali relative all'attuazione degli obiettivi della parità e delle pari opportunità, nonché per lo sviluppo e il perfezionamento della legislazione vigente che direttamente incide sulle condizioni di lavoro delle donne;
b) informa e sensibilizza l'opinione pubblica sulla necessità di promuovere le pari opportunità per le donne nella formazione e nella vita lavorativa;
c) formula entro il 31 maggio di ogni anno un programma-obiettivo nel quale vengono indicate le tipologie di progetti di azioni positive che intende promuovere, i soggetti ammessi per le singole tipologie ed i criteri di valutazione. Il programma è diffuso dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (1);
d) esprime, a maggioranza, parere sul finanziamento dei progetti di azioni positive ed opera il controllo sui progetti in itinere verificandone la corretta attuazione e l'esito finale;
e) elabora codici di comportamento diretti a specificare le regole di condotta conformi alla parità e ad individuare le manifestazioni anche indirette delle discriminazioni;
f) verifica lo stato di applicazione della legislazione vigente in materia di parità;
g) propone soluzioni alle controversie collettive, anche indirizzando gli interessati all'adozione di progetti di azioni positive per la rimozione delle discriminazioni pregresse o di situazioni di squilibrio nella posizione di uomini e donne in relazione allo stato delle assunzioni, della formazione e promozione professionale, delle condizioni di lavoro e retributive, stabilendo eventualmente, su proposta del collegio istruttorio, l'entità del cofinanziamento di una quota dei costi connessi alla loro attuazione (2);
h) può richiedere all'ispettorato del lavoro di acquisire presso i luoghi di lavoro informazioni sulla situazione occupazionale maschile e femminile, in relazione allo stato delle assunzioni, della formazione e promozione professionale;
i) promuove una adeguata rappresentanza di donne negli organismi pubblici nazionali e locali competenti in materia di lavoro e formazione professionale;
l) redige il rapporto di cui all'articolo 10](3).
(1) Lettera così sostituita dall'art. 7, comma 2, d.lg. 23 maggio 2000, n. 196.
(2) Lettera così sostituita dall'art. 7, comma 3, d.lg. 23 maggio 2000, n. 196.
(3) Legge abrogata dall'articolo 57 del D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198, ad eccezione dell'articolo 11.
a) formula proposte sulle questioni generali relative all'attuazione degli obiettivi della parità e delle pari opportunità, nonché per lo sviluppo e il perfezionamento della legislazione vigente che direttamente incide sulle condizioni di lavoro delle donne;
b) informa e sensibilizza l'opinione pubblica sulla necessità di promuovere le pari opportunità per le donne nella formazione e nella vita lavorativa;
c) formula entro il 31 maggio di ogni anno un programma-obiettivo nel quale vengono indicate le tipologie di progetti di azioni positive che intende promuovere, i soggetti ammessi per le singole tipologie ed i criteri di valutazione. Il programma è diffuso dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (1);
d) esprime, a maggioranza, parere sul finanziamento dei progetti di azioni positive ed opera il controllo sui progetti in itinere verificandone la corretta attuazione e l'esito finale;
e) elabora codici di comportamento diretti a specificare le regole di condotta conformi alla parità e ad individuare le manifestazioni anche indirette delle discriminazioni;
f) verifica lo stato di applicazione della legislazione vigente in materia di parità;
g) propone soluzioni alle controversie collettive, anche indirizzando gli interessati all'adozione di progetti di azioni positive per la rimozione delle discriminazioni pregresse o di situazioni di squilibrio nella posizione di uomini e donne in relazione allo stato delle assunzioni, della formazione e promozione professionale, delle condizioni di lavoro e retributive, stabilendo eventualmente, su proposta del collegio istruttorio, l'entità del cofinanziamento di una quota dei costi connessi alla loro attuazione (2);
h) può richiedere all'ispettorato del lavoro di acquisire presso i luoghi di lavoro informazioni sulla situazione occupazionale maschile e femminile, in relazione allo stato delle assunzioni, della formazione e promozione professionale;
i) promuove una adeguata rappresentanza di donne negli organismi pubblici nazionali e locali competenti in materia di lavoro e formazione professionale;
l) redige il rapporto di cui all'articolo 10](3).
(1) Lettera così sostituita dall'art. 7, comma 2, d.lg. 23 maggio 2000, n. 196.
(2) Lettera così sostituita dall'art. 7, comma 3, d.lg. 23 maggio 2000, n. 196.
(3) Legge abrogata dall'articolo 57 del D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198, ad eccezione dell'articolo 11.
Art.7
Collegio istruttorio e segreteria tecnica.
Collegio istruttorio e segreteria tecnica.
[ 1. Per l'istruzione degli atti relativi alla individuazione e alla rimozione delle discriminazioni e per la redazione dei pareri del Comitato di cui all'articolo 5 e ai consiglieri di parità, è istituito un collegio istruttorio così composto:
a) il vicepresidente del Comitato di cui all'articolo 5, che lo presiede;
b) un magistrato designato dal Ministero della giustizia fra quelli che svolgono funzioni di giudice del lavoro;
c) un dirigente superiore del ruolo dell'ispettorato del lavoro;
d) gli esperti di cui all'articolo 5, comma 3, lettera a) ;
e) il consigliere di parità di cui all'articolo 8, comma 4.
2. Ove si renda necessario per le esigenze di ufficio, i componenti di cui alle lettere b) e c) del comma 1, su richiesta del Comitato di cui all'articolo 5, possono essere elevati a due.
3. Al fine di provvedere alla gestione amministrativa ed al supporto tecnico del Comitato e del collegio istruttorio è istituita la segreteria tecnica. Essa ha compiti esecutivi alle dipendenze della presidenza del Comitato ed è composta di personale proveniente dalle varie direzioni generali del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, coordinato da un dirigente generale del medesimo Ministero. La composizione della segreteria tecnica è determinata con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentito il Comitato.
4. Il Comitato e il collegio istruttorio deliberano in ordine alle proprie modalità di organizzazione e di funzionamento; per lo svolgimento dei loro compiti possono costituire specifici gruppi di lavoro. Il Comitato può deliberare la stipula di convenzioni nonché di avvalersi di collaborazioni esterne:
a) per l'effettuazione di studi e ricerche;
b) per attività funzionali all'esercizio dei compiti in materia di progetti di azioni positive previsti dall'articolo 6, comma 1, lettera d) (1)](2).
(1) Comma così sostituito dall'art. 7, d.lg. 23 maggio 2000, n. 196.
(2) Legge abrogata dall'articolo 57 del D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198, ad eccezione dell'articolo 11.
a) il vicepresidente del Comitato di cui all'articolo 5, che lo presiede;
b) un magistrato designato dal Ministero della giustizia fra quelli che svolgono funzioni di giudice del lavoro;
c) un dirigente superiore del ruolo dell'ispettorato del lavoro;
d) gli esperti di cui all'articolo 5, comma 3, lettera a) ;
e) il consigliere di parità di cui all'articolo 8, comma 4.
2. Ove si renda necessario per le esigenze di ufficio, i componenti di cui alle lettere b) e c) del comma 1, su richiesta del Comitato di cui all'articolo 5, possono essere elevati a due.
3. Al fine di provvedere alla gestione amministrativa ed al supporto tecnico del Comitato e del collegio istruttorio è istituita la segreteria tecnica. Essa ha compiti esecutivi alle dipendenze della presidenza del Comitato ed è composta di personale proveniente dalle varie direzioni generali del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, coordinato da un dirigente generale del medesimo Ministero. La composizione della segreteria tecnica è determinata con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentito il Comitato.
4. Il Comitato e il collegio istruttorio deliberano in ordine alle proprie modalità di organizzazione e di funzionamento; per lo svolgimento dei loro compiti possono costituire specifici gruppi di lavoro. Il Comitato può deliberare la stipula di convenzioni nonché di avvalersi di collaborazioni esterne:
a) per l'effettuazione di studi e ricerche;
b) per attività funzionali all'esercizio dei compiti in materia di progetti di azioni positive previsti dall'articolo 6, comma 1, lettera d) (1)](2).
(1) Comma così sostituito dall'art. 7, d.lg. 23 maggio 2000, n. 196.
(2) Legge abrogata dall'articolo 57 del D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198, ad eccezione dell'articolo 11.
Art.8
Consiglieri di parità.
Consiglieri di parità.
(Omissis) (1)(2).
(1) Articolo abrogato dall'art. 10, comma 3, d.lg. 23 maggio 2000, n. 196.
(2) Legge abrogata dall'articolo 57 del D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198,ad eccezione dell'articolo 11.
(1) Articolo abrogato dall'art. 10, comma 3, d.lg. 23 maggio 2000, n. 196.
(2) Legge abrogata dall'articolo 57 del D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198,ad eccezione dell'articolo 11.
Art.9
Rapporto sulla situazione del personale.
Rapporto sulla situazione del personale.
[ 1. Le aziende pubbliche e private che occupano oltre cento dipendenti sono tenute a redigere un rapporto almeno ogni due anni sulla situazione del personale maschile e femminile in ognuna delle professioni ed in relazione allo stato di assunzioni, della formazione, della promozione professionale, dei livelli, dei passaggi di categoria o di qualifica, di altri fenomeni di mobilità, dell'intervento della Cassa integrazione guadagni, dei licenziamenti, dei prepensionamenti e pensionamenti, della retribuzione effettivamente corrisposta.
2. Il rapporto di cui al comma 1 è trasmesso alle rappresentanze sindacali aziendali e al consigliere regionale di parità.
3. Il primo rapporto deve essere redatto entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, in conformità alle indicazioni definite, nell'ambito delle specificazioni di cui al comma 1, dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con proprio decreto da emanarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
4. Qualora, nei termini prescritti, le aziende di cui al comma 1 non trasmettano il rapporto, l'ispettorato regionale del lavoro, previa segnalazione dei soggetti di cui al comma 2, invita le aziende stesse a provvedere entro sessanta giorni. In caso di inottemperanza si applicano le sanzioni di cui all'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1955, n. 520. Nei casi più gravi può essere disposta la sospensione per un anno dei benefici contributivi eventualmente goduti dall'azienda](1).
(1) Legge abrogata dall'articolo 57 del D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198, ad eccezione dell'articolo 11.
2. Il rapporto di cui al comma 1 è trasmesso alle rappresentanze sindacali aziendali e al consigliere regionale di parità.
3. Il primo rapporto deve essere redatto entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, in conformità alle indicazioni definite, nell'ambito delle specificazioni di cui al comma 1, dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con proprio decreto da emanarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
4. Qualora, nei termini prescritti, le aziende di cui al comma 1 non trasmettano il rapporto, l'ispettorato regionale del lavoro, previa segnalazione dei soggetti di cui al comma 2, invita le aziende stesse a provvedere entro sessanta giorni. In caso di inottemperanza si applicano le sanzioni di cui all'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1955, n. 520. Nei casi più gravi può essere disposta la sospensione per un anno dei benefici contributivi eventualmente goduti dall'azienda](1).
(1) Legge abrogata dall'articolo 57 del D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198, ad eccezione dell'articolo 11.
Art.10
Relazione al Parlamento.
Relazione al Parlamento.
[ 1. Trascorsi due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale riferisce, entro trenta giorni, alle competenti commissioni parlamentari del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati sull'attuazione della legge stessa, sulla base di un rapporto redatto dal Comitato di cui all'articolo 5](1).
(1) Legge abrogata dall'articolo 57 del D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198, ad eccezione dell'articolo 11.
(1) Legge abrogata dall'articolo 57 del D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198, ad eccezione dell'articolo 11.
Art.11
Copertura finanziaria.
Copertura finanziaria.
1. Per il funzionamento degli organi di cui agli articoli 5 e 7, a decorrere dal 1991, è autorizzata la spesa di lire 1.000 milioni annui. Per il finanziamento degli interventi previsti dall'articolo 2 è autorizzata, a decorrere dal 1991, la spesa di lire 9.000 milioni annui. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro (1), viene stabilita la misura del compenso da corrispondere ai componenti del Comitato nazionale di cui all'art. 5 e del Collegio istruttorio e della segreteria tecnica di cui all'art. 7 (2).
2. All'onere di lire 10.000 milioni annui nel triennio 1991-1993 si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro (1) per l'anno 1991 utilizzando l'accantonamento "Finanziamento del Comitato nazionale per la parità presso il Ministero e delle azioni positive per le pari opportunità".
3. Il Ministro del tesoro (1) è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica Italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
(1) Ora, Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, ex art. 7, l. 3 aprile 1997, n. 94.
(2) Periodo aggiunto dall'art. 4, comma 5, d.l. 20 maggio 1993, n. 148, conv., con modificazioni, in l. 19 luglio 1993, n. 236.
2. All'onere di lire 10.000 milioni annui nel triennio 1991-1993 si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro (1) per l'anno 1991 utilizzando l'accantonamento "Finanziamento del Comitato nazionale per la parità presso il Ministero e delle azioni positive per le pari opportunità".
3. Il Ministro del tesoro (1) è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica Italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
(1) Ora, Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, ex art. 7, l. 3 aprile 1997, n. 94.
(2) Periodo aggiunto dall'art. 4, comma 5, d.l. 20 maggio 1993, n. 148, conv., con modificazioni, in l. 19 luglio 1993, n. 236.