Guida alla lettura

 

 

Cassazione Penale, Sez. 4, 19 marzo 2012, n. 10702 - Taglio di piante e contatto con la linea elettrica: infortunio mortale e responsabilità in assenza di delega


 

 

 

Responsabilità della legale rappresentante di una srl per aver consentito che il dipendente F. procedesse al taglio di alcune piante a bordo del cestello di un mezzo meccanico denominato "ragno", senza l'adozione delle necessarie precauzioni, con la conseguenza che il lavoratore veniva a contatto con la linea elettrica a media tensione che si trovava nei pressi, riportandone lesioni letali. Alla donna è stato in particolare mosso l'addebito di non aver adeguatamente valutato il rischio, di non aver adottato misure tecniche ed organizzative appropriate e di non aver in particolare adottato la precauzione risolutiva costituita dalla interruzione temporanea della erogazione dell'energia elettrica nel corso della lavorazione.

Assolta in primo grado, viene condannata dalla Corte di appello di Torino. Ricorso in Cassazione - La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata per non aver commesso il fatto.

L'imputata lamenta che erroneamente le è stata attribuita la veste di legale rappresentante della società e quindi di datore di lavoro. Si è tratto argomento dell'art. 20 dello statuto sociale che attribuisce la legale rappresentanza al consigliere delegato nominato S.. In realtà l'imputata non aveva ricevuto alcuna delega esterna che riguardasse la rappresentanza dell'ente; bensì solo una delega interna relativa alla gestione amministrativa in senso stretto.

Si tratta, afferma la Corte, di comprendere se, accanto all'indiscussa responsabilità del S., separatamente giudicato, cui era demandata la gestione dei profili operativi della società, possa configurarsi pure quella dell'imputata. La risposta a tale cruciale interrogativo è stata correttamente data dal primo giudice che ha chiaramente posto in luce l'esistenza di valida delega, da parte dell'ente al S., della parte "tecnico-operativa" mentre alla M. era "delegata la "parte amministrativa". Il tribunale ne ha tratto la lineare conseguenza che unico destinatario della disciplina antinfortunistica fosse lo stesso S.; anche in considerazione del fatto che la M. non risultava avesse in alcuna guisa esercitato funzioni afferenti alla sicurezza o comunque operative.


 

 

FattoDiritto




1. A seguito di giudizio abbreviato, il Tribunale di Aosta ha adottato pronunzia assolutoria nei confronti dell'imputata in epigrafe in ordine al reato di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro in danno di F.G.-

La pronunzia è stata riformata dalla Corte d'appello di Torino che ha affermato la penale responsabilità dell'imputata e la ha altresì condannata al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili.

All'imputata, nella veste di legale rappresentante della M.B. arti e servizi Srl, è stato mosso l'addebito di aver consentito che il dipendente F. procedesse al taglio di alcune piante a bordo del cestello di un mezzo meccanico denominato "ragno", senza l'adozione delle necessarie precauzioni, con la conseguenza che il lavoratore veniva a contatto con la linea elettrica a media tensione che si trovava nei pressi, riportandone lesioni letali. Alla donna è stato in particolare mosso l'addebito di non aver adeguatamente valutato il rischio, di non aver adottato misure tecniche ed organizzative appropriate e di non aver in particolare adottato la precauzione risolutiva costituita dalla interruzione temporanea della erogazione dell'energia elettrica nel corso della lavorazione.

2. Ricorre per cassazione l'imputata deducendo diversi motivi.

Si lamenta che erroneamente è stata attribuita all'imputata la veste di legale rappresentante della società e quindi di datore di lavoro. Si è tratto argomento dell'art. 20 dello statuto sociale che attribuisce la legale rappresentanza al consigliere delegato nominato. In realtà l'imputata non aveva ricevuto alcuna delega esterna che riguardasse la rappresentanza dell'ente; bensì solo, ai sensi dell'articolo 8 dello statuto, una delega interna relativa alla gestione amministrativa in senso stretto.

In ogni caso, si è trascurato che il richiamato art. 8 dell'atto costitutivo della società conteneva una formale delega nei confronti di M.S., relativa gli aspetti operativi della gestione, comprensivi della sicurezza del lavoro. Tale delega corrispondeva ai requisiti dì legge ed era quindi idonea a determinare l'esonero da responsabilità per l'imputata.

La pronunzia è altresì censurabile quando attribuisce profili di colpa insussistenti. La ricorrente era in condizione di fare giustificatamente affidamento sulla altrui capacità gestionale, aveva competenze esclusivamente amministrative e contabili; e non era quindi in grado, in ogni caso, di apprezzare l'adeguatezza del piano operativo di sicurezza relativo ai lavori che si eseguivano.

Oggetto di censura è pure il giudizio afferente al nesso causale. La stessa sentenza di merito riconosce che il giorno dell'infortunio il lavoratore rimasto folgorato spostò arbitrariamente l'autocestello da una zona all'altra dell'area condominiale, invece di attendere l'arrivo del S. che avrebbe dovuto procedere personalmente allo spostamento. Se dunque l'avvio dei lavori ebbe luogo prima del previsto, ne consegue che se anche la ricorrente avesse programmato di chiedere l'interruzione dell'erogazione dell'energia elettrica, tale richiesta sarebbe stata formulata solo in un momento successivo a quello in cui avvenne l'infortunio mortale. Ne consegue l'irrilevanza dell'omissione addebitata ai fini della causazione dell'evento.

Si censura, infine la condanna al risarcimento del danno in favore delle parti civili costituite, sebbene esse non avessero proposto impugnazione avverso la pronunzia assolutoria.

3. Il ricorso è fondato.

Nel caso in esame non assume decisivo rilievo il tema della legale rappresentanza dell'ente quale base per l'individuazione della figura del garante della sicurezza e della conseguente sfera di responsabilità. Si tratta piuttosto di comprendere se, accanto all'indiscussa responsabilità del S., separatamente giudicato, cui era demandata la gestione dei profili operativi della società, possa configurarsi pure quella dell'imputata. La risposta a tale cruciale interrogativo è stata correttamente data dal primo giudice che ha chiaramente posto in luce l'esistenza di valida delega, da parte dell'ente al S., della parte "tecnico-operativa" mentre alla M. era "delegata la "parta amministrativa". Il S. aveva anche presentato alla ASL la dichiarazione inerente allo svolgimento dei compiti prevenzionistici ed all'assunzione del compiti inerenti al servizio di prevenzione e protezione. La delega trova rituale fonte nell'atto costitutivo della s.r.l.

Il tribunale ne ha tratto la lineare conseguenza che unico destinatario della disciplina antinfortunistica fosse lo stesso S.; anche in considerazione del fatto che la M. non risultava avesse in alcuna guisa esercitato funzioni afferenti alla sicurezza o comunque operative.

A fronte di tale lineare disamina del caso, conforme ai più consolidati principi nella materia ed aderente ad acquisizioni fattuali di univoco significato, la sentenza impugnata fa leva precipuamente sulla veste di legale rappresentante e configura la responsabilità per violazione dell'obbligo di vigilanza in ordine all'organizzazione del cantiere. Si assume che si riscontra ''assoluta inerzia della donna rispetto ai residui obblighi di vigilanza controllo ed intervento sostitutivo inerenti alla sua posizione di garanzia come datore di lavoro, posizione non venuta meno per effetto dell'attribuzione al S. della gestione della sicurezza del lavoro, ma solo modificatasi nei suoi contenuti obbligatori". In particolare si addebita all'imputata il totale disinteresse rispetto al problema della sicurezza del cantiere, non essendosi accorta delle lacune della gestione della prevenzione del rischio derivante dalla possibile interferenza della linea elettrica aerea con le operazioni di taglio delle piante; e di conseguenza di non aver potuto intervenire per sopperire, con iniziativa propria, all'inadempienza dell'obbligato principale.

Tale apprezzamento è censurabile. Occorre rammentare che la delega di funzioni è ora disciplinata precipuamente dall'art. 16 del T.U. sulla sicurezza. Essa non è consentita per la valutazione dei rischi e l'elaborazione del documento sulla sicurezza, nonché per la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi. Inoltre, la delega non esclude l'obbligo di vigilanza del datore di lavoro in ordine ai corretto espletamento da parte dei delegato delle funzioni trasferite.

Sebbene la disciplina sia successiva al fatto in esame, essa propone enunciazioni che in parte recepiscono diffusi orientamenti della prassi e della dottrina; ed in parte sembrano essere espressione del principio di razionalità.

Il tema della vigilanza presenta particolare interesse; anche perché in passato si è discusso se una delega piena determinasse il venir meno dell'obbligo di vigilanza e, soprattutto, se in ogni caso essa, implicando solo un ruolo di sorveglianza, determinasse il permanere di una posizione di garanzia.

Pare che queste incertezze siano fugate dalla nuova normativa che colma una lacuna di quella precedente e, come si è accennato, recepisce opinioni condivise da questa Corte ed accreditate già nel passato sia in dottrina che in giurisprudenza. Va dunque ribadito che la delega di cui si discute non fa venir meno l'obbligo di vigilanza. Tuttavia, come il richiamato art. 16 chiarisce, si parla qui di una vigilanza "alta", che riguarda il corretto svolgimento delle proprie funzioni da parte del soggetto delegato; e che si attua anche attraverso i sistemi di verifica e controllo previsti dall'articolo 30 comma 4, che a sua volta disciplina il modello di organizzazione e gestione idoneo ad avere efficacia esimente dalla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche.

Tale rinvio costituisce una norma assai rilevante, che introduce nel sistema della responsabilità penale un importante frammento del sistema di responsabilità degli enti; e rende al contempo più chiara la reale natura dell'obbligo di vigilanza. Ciò che maggiormente interessa è che la vigilanza, quale che ne sia l'esatta estensione, di certo non può identificarsi con un'azione di vigilanza sulla concreta, minuta conformazione delle singole lavorazioni che la legge affida, appunto, al garante. Se così non fosse, l'istituto della delega si svuoterebbe di qualsiasi significato. La delega ha senso se il delegante (perché non sa, perché non può, perché non vuole agire personalmente) trasferisce incombenze proprie ad altri, cui demanda i pertinenti poteri: al delegato vengono trasferite le competenze afferenti alla gestione del rischio lavorativo. Ne consegue che l'obbligo di vigilanza del delegante è distinto da quello del delegato. Esso riguarda, come si è accennato, precipuamente la correttezza della complessiva gestione del rischio da parte del delegato medesimo e non impone il controllo, momento per momento, delle modalità di svolgimento delle lavorazioni. Dunque, erra certamente la Corte d'appello quando ipotizza un dovere di vigilanza esteso sino a controllare personalmente la gestione di aspetti contingenti delle singole lavorazioni.

Da quanto precede discende che, non esistendo la posizione dì garanzia che fonda l'imputazione della condotta omissiva ex art. 40 capoverso cod. pen. la sentenza va annullata senza rinvio per non aver commesso il fatto.


P.Q.M.




Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per non aver commesso il fatto.