- Datore di Lavoro
- Dispositivo di Protezione Individuale
- Luogo di Lavoro
- Macchina ed Attrezzatura di Lavoro
Responsabilità del legale rappresentante di una srl, accusato di aver violato una serie di disposizioni dettate a tutela della sicurezza dei lavoratori e dell'ambiente di lavoro.
Il Tribunale, all'esito dell'istruttoria, afferma che non vi è dubbio che l'imputato sia responsabile dei reati a lui ascritti ad eccezione di quelli indicati ai numeri 1, 2 e 3. Tutti gli altri comportamenti e le altre situazioni indicate nel capo di imputazione hanno trovato piena conferma nella documentazione acquisita agli atti e nella deposizione del teste di accusa.
Le dichiarazioni dell'imputato, oltre a riguardare solamente alcune delle numerose imputazioni, non hanno invece trovato alcuna conferma e si basano o su impressioni o valutazioni dell'imputato medesimo o su circostanze del tutto indimostrate.
Osserva in particolare che:
- la circostanza che i dipendenti I., Vi. e S. non fossero più dipendenti nel 2005 non rileva affatto: ciò che conta è l'avvenuto utilizzo da parte loro anche in tempi passati di materiale non idoneo e la fornitura di tali dispositivi da parte della società;
- la dotazione di sicurezza del carrello elettrico non era idonea, poichè i lavoratori non usavano la cintura che formava parte integrante del sistema di sicurezza;
- il riscaldamento non era sufficiente e l'integrazione con pannelli non era ancora entrata in funzione; al proposito a nulla rileva la circostanza che l'accesso ispettivo sia avvenuto nel mese di luglio:
ciò che conta è che il capannone non era riscaldato in modo idoneo.
Del resto lo stesso teste a difesa G. ha dichiarato che il luogo di lavoro era freddo e mal riscaldato;
- palesi sono le violazioni per quanto riguarda le condizioni di sicurezza delle macchine, delle attrezzature e dei materiali (cfr. ad esempio la pericolosissima passerella o la cinghia usata e pronta ciò nonostante al riutilizzo) e l'assenza di protezione per le parti meccaniche in movimento o sprigionanti un forte calore;
- la sporcizia dell'area di lavoro e dei servizi igienici è resa evidente dalle foto e dal racconto del teste d'accusa (da notare poi che le pulizie, stando al teste G. ed agli altri testi a difesa, venivano effettuate una volta alla settimana da un dipendente della C.... L'imputato aveva dichiarato invece ben altro: stando alle sue dichiarazioni ogni giorno veniva personale esterno a pulire!);
insomma, anche senza ripercorrere in modo analitico tutti i capi di imputazione, l'accusa è provata in base alla richiamata deposizione di B. ed alla documentazione acquisita.
Ricorso in Cassazione - I motivi sono tutti infondati ed il ricorso inammissibile.
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE MAIO Guido - Presidente -
Dott. CORDOVA Agostino - Consigliere -
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere -
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere -
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1) V.G.B., N. IL (OMISSIS);
avverso SENTENZA del 20/05/2008 TRIBUNALE di ASTI;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. CORDOVA AGOSTINO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. PASSACANTANDO Guglielmo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore Avv. MARTIRE Roberto.
Si riportano integralmente qui di seguito i capi d'imputazione e la motivazione della sentenza.
IMPUTAZIONI.
1) D.P.R. n. 547 n. 1975, art. 68 in quanto i trapani Super Condor 30 e Famup presentavano i mandrini non protetti contro il contatto accidentale durante la lavorazione, la sega a disco Brown Master (posta in un capannone adiacente e utilizzabile dagli operatori della ditta C.) presentava la lama di taglio parzialmente scoperta in quanto mancante di cuffia di protezione e la leva di comando non dotata di pulsante a uomo presente per evitare l'avviamento accidentale, le taglierine dei rotoli di corde e di tessuto non tessuto presentavano le parti in rotazione non protette e parti sporgenti sull'albero che potevano costituire punti di pericolo.
2) D.P.R. n. 547 del 1955, art. 55 in quanto gli alloggiamenti delle cinghie di trasmissione dei trapani Super Condor 30 e Famup non risultavano segregati ovvero dotati di dispositivo di sicurezza che blocchi il funzionamento dell'apparecchiatura all'apertura dello sportello di chiusura.
3) D.P.R. n. 547 del 1955, art. 86 in quanto in prossimità della molatrice (posta in un capannone adiacente e utilizzabile dagli operatori della ditta C.) non era presente il cartello indicante il diametro massimo della mola in relazione all'impasto ed al numero di giri del relativo albero. La molatrice inoltre non presentava idonei schermi paraschegge infrangibili e regolabili fatta salva la eventuale dotazione di occhiali di protezione personali dei lavoratori, i poggiapezzi non erano regolati a non più di due millimetri dai dischi in rotazione al fine di garantire condizioni adeguate di utilizzo dell'attrezzatura.
4) D.Lgs. n. 621 del 1994*, art. 43, comma 3, in quanto non sono stati forniti ai lavoratori addetti alla produzioni idonei DPI atti a proteggerli dai rischi specifici in riferimento ai prodotti utilizzati e ai rischi da prevenire. I guanti in lattice non si ritengono idonei perchè adatti solo per rischi minimi e latori di possibili allergie in soggetti sensibili. Ai lavoratori J. e Vi. sono stati consegnati guanti in pelle e al lavoratore S. guanti in tela. Tali tipologie non si ritengono idonee per la tipologia lavorativa in quanto facilmente impregnabili durante la manipolazione dei prodotti utilizzati in ditta in quanto veicolanti di altre problematiche per la cute. Si fa presente che per i prodotti quali i Retic si prevede l'utilizzo di guanti in PVC, per il prodotto DBE si prevedono i guanti in gomma butilica e per il prodotto Zelec si prevede l'uso di guanti impermeabili.
La mascherina 3M 9913 risulta idonea per polveri e odori fastidiosi, mentre prodotti quali Exter, Retic PB e Retic 164150AL richiedono l'impiego di maschere con filtri a cartucce e maschere a intero facciale con filtro per vapori organici. Inoltre non risultano consegnate le scarpe antinfortunistiche esistendo evidenti rischi di schiacciamento per la manipolazione di manufatti e transito in zone dove circolano carrelli elevatori. Non risultano altresì consegnati gli occhiali protettivi sia in riferimento all'utilizzo delle matasse dei fili di vetro, del Zelec, del DBE e del Carbonato, sia in relazione alla protezione contro le schegge per l'uso della molatrice.
5) D.P.R. n. 547 del 1955, art. 8 in quanto le vie di transito all'interno dei capannoni di lavorazione presentavano ingombri di materiale vario sparso disordinatamente ed i piazzali antistanti i capannoni stessi presentavano avvallamenti del terreno tali da costituire pericolo soprattutto per il transito degli operatori e dei carrelli elevatori.
6) D.P.R. n. 547 del 1955, art. 68 in quanto le linee di trafilatura (n. 9) poste all'interno dei capannoni di lavorazione presentavano organi lavoratori quali nastri di trazione, zone di taglio, ecc. non protetti contro il possibile contatto accidentale. Le zone pericolose risultavano facilmente raggiungibili e le poche protezioni presenti non risultavano chiuse idoneamente tramite sistemi che richiedano l'utilizzo di attrezzo specifico per l'apertura ovvero tramite microinterruttore di blocco.
7) D.P.R. n. 547 del 1955, art. 27 in quanto la passerella della zona miscelazione, posta in elevazione rispetto al suolo e utilizzata per il controllo del carico della tramoggia delle polveri, non risultava completamente protetta contro l'eventuale caduta dall'alto dell'operatore. Peraltro all'interno della tramoggia è presente un organo in rotazione per smuovere il materiale accumulato.
8) D.P.R. n. 547 del 1955, 240 in quanto le parti calde delle linee di trafilatura che si trovano ad una temperatura di circa 120- 125 ^C, utilizzate per la fusione dei materiali da trafilare, non risultavano idoneamente protette contro il possibile contatto da parte degli operatori che potrebbero facilmente ustionarsi.
9) D.P.R. n. 547 del 1955, art. 374 in quanto le cinghie di imbracatura rinvenute sul carrello elevatore elettrico Caterpillar M100B si presentavano sfilacciate e il carrello elevatore diesel, posto all'interno dei locali di lavoro, presentava perdite di lubrificanti, il tubo di scarico risultava tamponato alla meglio, le leve di comando non erano protette contro il possibile contatto accidentale e il vetro della cabina rotto e scheggiato. Si ritiene pertanto che tali attrezzature non fossero mantenute in buono stato di conservazione e di efficienza al fine di garantire idonee condizioni di sicurezza durante le normali lavorazioni.
10) D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 35, comma 4, in quanto il carrello elevatore elettrico Caterpillar M100B presentava il sistema di spegnimento dello stesso collegato al movimento basculante del sedile. Tale sistema non si può considerare idoneo ai fini della sicurezza, considerando che la cintura di sicurezza era palesemente non utilizzata ed il sedile non risultava bloccato durante il funzionamento del carrello. Esiste peraltro il rischio di schiacciamento dell'operatore tra sedile e volante del mezzo in caso di movimenti imprevisti, tenendo in considerazione, peraltro, le condizioni dei cortili antistanti i capannoni.
11) D.Lgs. 493 del 1996, art. 2 in quanto nell'ambiente di lavoro non si era fatto ricorso alla segnaletica di sicurezza, interna ed esterna, secondo le prescrizioni degli allegati al D.Lgs. 493 del 1996, allo scopo di:
- avvertire di un rischio e/o pericolo le persone esposte;
- vietare comportamenti che potrebbero causare pericoli;
- prescrivere comportamenti necessari ai fini della sicurezza.
In particolare nello stoccaggio e la manipolazione di sostanze e preparati chimici, nella segnalazione di vie di transito pedonali e dei mezzi di servizio (carrelli elevatori), della segnalazione delle zone di stoccaggio dei prodotti necessari alla lavorazione, sull'utilizzo dei DPI in base ai rischi connessi con l'attività lavorativa, nell'utilizzo di macchine, attrezzature ed impianti, ecc.;
12) D.P.R. n. 303 del 1956, art. 11 in quanto nei capannoni di lavorazione non era stato predisposto l'impianto di riscaldamento al fine di garantire le condizioni di adeguato comfort termico per i lavoratori all'interno dei locali di lavoro in considerazione della tipologia lavorativa.
13) D.P.R. n. 303 del 1956, art.15 in quanto i locali di lavoro non erano mantenuti in condizioni di pulizia accettabili. Si notavano accumuli di polvere nei pressi della zona miscelazione e delle zone di taglio delle trafilatrici, erano presenti sversamenti vari di sostanze chimiche, stracci e cartoni abbandonati intrisi di resina, perdite di combustibile e oli dai mezzi operativi, ecc..
14) D.P.R. n. 303 del 1956, art. 20 in quanto non è stato individuato un luogo idoneo di posizionamento del carica batteria del carrello elevatore elettrico. Tale apparecchiatura era sistemata all'interno del capannone di lavorazione nella zona tra le trafilatrici e la miscelazione.
15) D.P.R. n. 303 del 1956, art. 47 in quanto i locali servizi igienici e spogliatoi non erano mantenuti in condizioni di sufficiente pulizia al fine di garantire condizioni di benessere per i lavoratori. In (OMISSIS) accertato in sede di sopralluogo in data (OMISSIS).
MOTIVAZIONE DEL TRIBUNALE.
All'udienza del 24.1.2008 si presentava l'imputato e l'ordinanza dichiarativa della contumacia veniva revocata. Si procedeva dunque all'escussione del teste d'accusa B.E., all'esame dell'imputato ed all'escussione del teste a difesa G..
All'udienza dell'8.5.2008 i testi della difesa non si presentavano e l'Avvocato difensore dichiarava di non aver effettuato alcuna citazione; si provvedeva dunque ad un ulteriore rinvio per causa imputabile esclusivamente all'imputato ed al suo difensore.
All'udienza odierna venivano sentiti i testi M.R. e O.R.. Dopo ampia discussione le parti concludevano come indicato in epigrafe.
V., amministratore della società C.C. fino al giorno (OMISSIS), è accusato di aver violato una serie di disposizioni dettate a tutela della sicurezza dei lavoratori e dell'ambiente di lavoro.
Il teste B., dipendente della S. di (OMISSIS), ha dichiarato di aver effettuato un accesso ispettivo presso la ditta sopraccitata in data (OMISSIS).
I risultati di tale accesso sono riprodotti nel verbale ispettivo che è stato acquisito con il consenso delle parti.
Da tale documento (corredato da un ampio dossier fotografico) e dalle dichiarazioni del teste emergono con chiarezza le violazioni indicate nel capo di imputazione. In particolare, seguendo la numerazione del capo di imputazione:
1) i trapani "famup" e "supercondor 30" non sono dotati di sistemi di sicurezza per proteggere il lavoratore dai mandrini in funzione:
fotografie nn. 3 e 4; la sega a disco Brown Master non è dotata di cuffia completa di protezione della lama nè del comando a uomo sulla leva di azionamento (comando necessario per evitare l'avviamento accidentale): Cfr fotografia n. 1; le taglierine dei rotoli di corda e di tessuto non tessuto presentavano le parti in rotazione non protette: fotografie nn. 5 e 6;
2) le cinghie di trasmissione dei trapani "famup" e "supercondor 30" non sono dotati di chiusura di sicurezza nè di un apparecchio che blocchi il funzionamento dell'attrezzo al momento dell'apertura dello sportello suddetto: cfr. fotografie nn. 3 e 4;
3) la molatrice non è dotata di schermi paraschegge sui dischi, di poggiapezzi regolati a non più di 2 mm dai dischi in rotazione; inoltre nei pressi dell'attrezzo non è presente alcun cartello: cfr. fotografia n. 2;
4) i lavoratori non sono stati dotati di dispositivi di protezione individuali idonei per la tipologia di lavoro. Il teste ha dichiarato al proposito di aver desunto tali carenze dalla lettura dei libri matricola: in effetti alla data dell'ispezione due dei tre lavoratori citati nel capo di imputazione non erano più dipendenti della società C.. Tuttavia dalla lettura dei libri si desumeva da un lato le mansioni svolte dai lavoratori e dall'altro l'avvenuta consegna dei dispositivi ai suddetti lavoratori, i quali apponevano sul libro la propria firma per ricevuta;
5) i piazzali esterni non sono idonei per il transito in sicurezza dei carrelli elevatori: foto nn. 7, 7bis e 7 ter; gli interni del capannone sono ingombri di materiale sparso: foto n. 13;
6) le nove linee di trafilatura poste all'interno del capannone presentano zone pericolose (ad es. nastri di trazione, ingranaggi, zone di taglio, lame in rotazione, ecc.) non protette: cfr. foto nn. 17, 18, 19, 19 bis, 20, 20 bis, 21;
7) una passerella posta sopra la zona miscelazione (sulla perpendicolare anche di un organo in rotazione) non è protetta con alcun parapetto idoneo ad evitare la caduta dei lavoratori che dovevano necessariamente utilizzarla: foto n. 15;
8) alcune parti della linea di trafilatura dalle quali si sprigionava un fortissimo calore non sono protette contro il possibile rischio di ustione: foto n. 22;
9) il carrello elevatore elettrico caterpillar M100B e quello diesel presentano numerosissime anomalie (vetro rotto, tubo di scappamento tamponato provvisoriamente, leve non protette, perdita di lubrificante, ecc.) e le cinghie di imbracatura sono sfilacciate: cfr foto nn. 8, 10, 11, 11 bis; al proposito il teste ha dichiarato che se la cinghia fosse stata già usata e destinata al macero non avrebbe dovuto essere lasciata nei pressi del luogo di utilizzo: la sua presenza era indice sicuro del suo utilizzo;
10) il carrello elevatore elettrico di cui al precedente numero e meglio raffigurato nella foto n. 9 presenta un sistema di spegnimento del motore collegato al sedile basculante: quando il conducente era seduto, il carrello poteva funzionare; quando il conducente si alzava il carrello si bloccava. Il teste ha dichiarato (con qualche incertezza derivante anche dalla modalità del controesame condotto in modo abbastanza aggressivo dall'avvocato difensore) che il sistema di per sè potrebbe anche essere idoneo; il problema riscontrato derivava però dal mancato funzionamento della cintura di sicurezza che avrebbe dovuto tenere seduto il conducente e dal fatto che il carrello non si bloccava. La mancanza di tale sistema rendeva possibile il sollevamento del sedile ed aumentava il rischio di schiacciamento del conducente sul vetro antistante; (Il teste ha dichiarato che "al minimo movimento brusco questo sedile tendeva ad alzarsi e a spingere l'operatore contro il volante per cui creava un pericolo di schiacciamento" (pag. 15 verbale del 24.1.2008 redatto da fonoregistrazione)).
11) non è presente la segnaletica di sicurezza;
12) non vi è alcun riscaldamento all'interno dei capannone;
13) i locali sono sporchi con accumuli di polvere e versamento di liquido e di materiali: foto n. 14;
14) il carica-batteria del carrello elettrico è stato alloggiato in modo del tutto inidoneo in un capannone adiacente a quello in cui avvenivano le lavorazioni della C.;
15) i servizi igienici sono sporchi, maltenuti e utilizzabili in modo non idoneo: foto nn. 12 e 12 bis;
Deve poi essere specificato che il teste ha dichiarato che il capannone nel quale sono stati rinvenuti gli attrezzi di cui ai nn. 1, 2 e 3 non era quello in cui la C. lavorava, ma uno posto nelle immediate vicinanze. Il teste ha desunto che fossero i dipendenti della società del V. ad utilizzare tali attrezzi (pacificamente usati da qualcuno, dato che erano presenti scarti di lavorazione e che tutti gli strumenti erano allacciati alla rete elettrica) dalle dichiarazioni del M., dipendente C. che lo aveva accompagnato nell'ispezione, e dalla vicinanza del capannone a quello della società del V.. (I macchinari sarebbero stati usati nel capannone adiacente, non utilizzato da alcuno, per evitare che le polveri e gli scarti di lavorazione inquinassero l'area in uso alla C.).
Il teste ha poi dichiarato di aver elevato una contravvenzione alla società (circa 10.000,00 Euro mai pagati) e di aver impartito prescrizioni per la messa a norma degli impianti (regolarizzazione in parte avvenuta ed in parte in corso).
L'imputato ha dichiarato che la C.C. produceva materiale rinforzato con fibre di vetro longitudinali e che i macchinari avevano parti tecnologicamente avanzate; che le macchine erano tutte posizionate dentro il capannone della C., di circa 2500 mq; che gli attrezzi posti nel capannone vicino non erano usati dai dipendenti (almeno nel periodo in cui V. è stato responsabile della società); che i lavoratori Vi., S. ed I. non erano più dipendenti della società al momento dell'accesso ispettivo; che l'acquisto e l'approvvigionamento dei dispositivi di sicurezza individuali (mascherine) era stato delegato ad una società esterna che doveva curarne l'idoneità ("noi seguivamo le indicazioni sia per quanto riguarda il tema della sicurezza e di ambiente, eravamo seguiti da loro" pag. 22 verbale redatto da fonoregistrazione del 24.1.2008); che la distribuzione delle mascherine e degli occhiali era stata demandata a G., un dipendente della società; (La consegna non avveniva giornalmente: il lavoratore aveva i propri dispositivi e, nel caso di necessità, si recava da G. per la sostituzione) che la C. cercava di ottimizzare ogni metro quadro del magazzino e che spesso il materiale veniva spostato da una parte all'altra garantendo però sempre e comunque la circolazione.
Inoltre l'imputato ha dichiarato che i lavoratori erano adeguatamente formati per il tipo di lavoro, anche in considerazione della particolarità dello stesso; che "per quanto riguarda le zone dove v'erano degli organi in movimento, secondo me erano tutte segregate...... sugli organi di movimento sicuro e erano i cartelli di segnalazione, poi può darsi che e erano dei cartelli... da migliorare magan" (pag. 24); che il carrello elevatore elettrico era stato acquistato da una società che aveva cessato l'attività e che esso aveva le logiche di sicurezza americane; il sedile era dotato di un microinterruttore che impediva l'avanzamento del mezzo in assenza di conducente; che nessuno, comunque, aveva mai avuto lamentele in merito all'idoneità del mezzo; che l'impianto di riscaldamento, al momento dell'accesso, era in sostituzione; si stavano montando pannelli al controsoffitto, unico mezzo idoneo per garantire il riscaldamento in presenza di una lavorazione come quella della C. ("siccome si lavora con resine termoindurenti il miglior modo di riscaldamento non è quello ad aria, che provocherebbe comunque delle correnti all'interno, ma è quello per irraggiamento da sopra... si andava in quella direzione. C'erano già tutti i pannelli radianti sistemati, e era da mettere il collegamento col bruciatore"): che i locali erano mantenuti nell'ordine e nella pulizia da una ditta che andava nei locali ogni giorno; che lo sporco raffigurato nelle foto era resina che rimaneva nelle scarpe; "se non si fa attenzione, la persona lo calpesta e poi se lo porta dietro"; la resina veniva pulita due volte all'anno perchè era necessario un trattamento particolare per non rovinare le piastrelle. Il teste a discarico G. ha dichiarato di aver lavorato per cinque anni alla C. (dal (OMISSIS)), di essersi occupato della produzione (tutta l'attività si svolgeva comunque in un unico capannone) ma di non aver mai assunto alcun onere in relazione alla 626 o di legislazione anti-infortunistica; che il prodotto finito veniva posto nel cortile esterno al capannone; che nel (OMISSIS) I., S. e Vi. non erano più dipendenti della società; che le vie di uscita non erano mai bloccate da materiale "a meno che in casi eccezionali si spostava il carrello da su la linea per essere portato fuori"; che il carrello elettrico funzionava regolarmente e che era dotato di sedile basculante; che i servizi igienici erano sporchi solo di resina e che una volta alla settimana un dipendente della produzione puliva i servizi; che in azienda erano presenti alcuni cartelli sopra le macchine; che V. nei mesi precedenti la visita della S. si presentava poco in azienda (erano invece più presenti un altro socio, Schiri, e coloro che avrebbero poi acquistato le quote da V.).
Il teste ha dichiarato poi che i capannoni adiacenti non venivano usati dai dipendenti della C.; che la fonte di riscaldamento prima del 2005 era un semplice "bruciatore messo in testa al capannone che soffiava aria calda" e che da dicembre 2004 si stava montando il nuovo riscaldamento. Alla domanda "faceva freddo?" il teste ha risposto: "beh caldo non faceva, oltretutto portando fuori il materiale... i portoni di aprivano erano un apertura non indifferente" (pag. 42).
Infine il teste ha precisato che coloro che usavano il carrello elettrico non usavano mai la cintura di sicurezza.
Il teste O. ha dichiarato di aver lavorato all'interno della C. quale amministratore con incarichi commerciali e di essere a conoscenza che:
- alcuni macchinari dismessi erano stati posti in un capannone posto nelle immediate vicinanze della zona di lavoro;
- nessun dipendente della C. operava con detti macchinari, che erano addirittura staccati dalle prese di corrente;
- tutti i lavoratori erano stati dotati di guanti e maschere indicati da una società che si occupava di sicurezza sul lavoro all'uopo nominata;
- parte dei prodotti lavorati venivano appoggiati momentaneamente all'intero del capannone ma non vi era mai alcun ingombro vero e proprio per i lavoratori o per i carichi trasportati;
- le linee di produzione (lunghe 23 - 27 metri) erano dotate di dispositivi di sicurezza (ed in particolare reti metalliche gialle che impedivano ai lavoratori di avvicinarsi alle macchine operative);
- erano presenti in fabbrica due carrelli elevatori acquistati come usati da un'altra società di (OMISSIS) e monitorati da una società che si occupava proprio delle loro manutenzione; il teste ha poi dichiarato di non essere a conoscenza se ed in che misura i carrelli fossero dotati di meccanismi di sicurezza;
- la pulizia in fabbrica era gestita direttamente dai lavoratori.
Il teste M. ha sostanzialmente ripetuto le medesime circostanze sopra descritte; tuttavia al teste sono state mostrate alcune fotografie scattate dall'ispettore all'interno del magazzino.
Da esse è facilmente desumibile come alcune parti dei macchinari non fossero dotate di meccanismi di sicurezza ed il teste non ha potuto che confermare la circostanza, con ciò smentendo le sue affermazioni precedenti (il teste aveva appena affermato che tutte le linee erano sicure e dotate di apparati di protezione).
In seguito a tale affermazione M. ha dichiarato: "può essere che la linea non stesse lavorando".
Il teste ha anche precisato che la società forniva ai dipendenti guanti di caucciù; in seguito - appurato che tali presidi non erano idonei in relazione alla tipologia di materiale lavorato - vennero consegnati guanti di altro materiale; i lavoratori, tuttavia, preferirono mantenere i guanti in gomma ritenendoli maggiormente comodi (il teste ha detto: "il dipendente poteva scegliere").
All'esito dell'istruttoria non vi è dubbio che l'imputato sia responsabile dei reati a lui ascritti ad eccezione di quelli indicati ai numeri 1, 2 e 3. Tutti gli altri comportamenti e le altre situazioni indicate nel capo di imputazione hanno trovato piena conferma nella documentazione acquisita agli atti (anche con il consenso della difesa) e nella deposizione del teste di accusa.
Le dichiarazioni dell'imputato, oltre a riguardare solamente alcune delle numerose imputazioni, non hanno invece trovato alcuna conferma e si basano o su impressioni o valutazioni dell'imputato medesimo o su circostanze del tutto indimostrate.
In particolare:
- la circostanza che i dipendenti I., Vi. e S. non fossero più dipendenti nel 2005 non rileva affatto: ciò che conta è l'avvenuto utilizzo da parte loro anche in tempi passati di materiale non idoneo e la fornitura di tali dispositivi da parte della società;
- la dotazione di sicurezza del carrello elettrico non era idonea, poichè i lavoratori non usavano la cintura che formava parte integrante del sistema di sicurezza;
- il riscaldamento non era sufficiente e l'integrazione con pannelli non era ancora entrata in funzione; al proposito a nulla rileva la circostanza che l'accesso ispettivo sia avvenuto nel mese di luglio:
ciò che conta è che il capannone non era riscaldato in modo idoneo.
Del resto lo stesso teste a difesa G. ha dichiarato che il luogo di lavoro era freddo e mal riscaldato;
- palesi sono le violazioni per quanto riguarda le condizioni di sicurezza delle macchine, delle attrezzature e dei materiali (cfr. ad esempio la pericolosissima passerella o la cinghia usata e pronta ciò nonostante al riutilizzo) e l'assenza di protezione per le parti meccaniche in movimento o sprigionanti un forte calore;
- la sporcizia dell'area di lavoro e dei servizi igienici è resa evidente dalle foto e dal racconto del teste d'accusa (da notare poi che le pulizie, stando al teste G. ed agli altri testi a difesa, venivano effettuate una volta alla settimana da un dipendente della C.... L'imputato aveva dichiarato invece ben altro: stando alle sue dichiarazioni ogni giorno veniva personale esterno a pulire!);
insomma, anche senza ripercorrere in modo analitico tutti i capi di imputazione, l'accusa è provata in base alla richiamata deposizione di B. ed alla documentazione acquisita.
Giova solamente osservare, anche in seguito alle eccezioni ed alle osservazioni della difesa che la responsabilità dell'imputato non può essere elisa dal fatto che la C. era assistita da una società di consulenza per la sicurezza sul lavoro e da un'altra per la manutenzione dei carrelli elevatori.
In effetti tutte le contravvenzioni segnalate dall'ispettore sono facilmente riscontrabili da chiunque: la sporcizia presente in ogni dove, la presenza di ingombri all'interno del capannone, la mancata predisposizione di dispositivi di sicurezza individuali per i lavoratori (addirittura lo stesso teste a difesa ha dichiarato che la ditta aveva acquistato guanti idonei ma che poi i lavoratori potevano prendere e usare quelli che volevano), l'assenza dell'impianto di riscaldamento, di paratie che proteggessero i lavoratori dalle macchine in movimento, di protezione sulla passerella di cui al capo 7, la facilità con la quale il sedile del carrello elevatore si alzava e l'assenza di idonee cinture di sicurezza sono tutti elementi che risultano evidenti anche dalla visione delle fotografie prodotte.
A maggior ragione chiunque lavorasse dentro la C. (come l'imputato, il quale era presente nei capannoni) non poteva non rendersi conto della situazione di precaria sicurezza nella quale erano costretti a lavorare i dipendenti.
Tra l'altro la mancata produzione del libretto di istruzioni del "muletto" e la mancata lettura delle disposizioni indicate al suo interno (circostanza in relazione alla quale la difesa ha espresso un'articolata doglianza e sulla quale si dirà infra) non può certo condurre a negare il mancato funzionamento delle cinture di sicurezza o le evidenti e provate carenze di manutenzione (vetri rotti, perdite di liquidi lubrificanti, buchi nei tubi di scappamento, ecc.).
Il fatto poi che alla data dell'accesso ispettivo V. non fosse più il legale rappresentante non ha alcuna rilevanza dato che le circostanze indicate nel capo di imputazione sono tutte relative a comportamenti ed omissioni risalenti nel tempo. Al proposito si fa rilevare come lo stesso M. (teste a difesa) ha dichiarato di aver assistito all'ispezione che si è svolta di lunedì e di non avere avuto conoscenza alcuna del fatto che V. avesse ceduto le quote sociali e dismesso la propria qualifica il venerdì precedente.
E' comunque chiaramente desumibile dagli atti del dibattimento come il giorno dell'accesso la situazione di fatto nell'azienda fosse esattamente quella lasciata il venerdì precedente, allorchè l'imputato era legale rappresentante della società e responsabile per la sicurezza sul lavoro.
La difesa ha tentato di giustificare l'assenza delle condizioni di sicurezza delle macchine e della scarsa igiene affermando che l'ispezione potrebbe essere intervenuta a fine turno e che le linee di lavorazione fotografate avrebbero potuto essere in quel momento non in funzione.
A prescindere dal rilievo che tali circostanze (valendo come esimente o comunque come circostanza favorevole all'imputato) avrebbero dovuto essere provate dalla difesa e non meramente affermate senza peraltro alcun appiglio probatorio, giova ribadire come il dibattimento abbia condotto a verificare positivamente proprio il contrario di quanto asserito.
L'unico dubbio attiene ai capi 1, 2 e 3, e cioè per i macchinari posti nel magazzino adiacente: non vi è infatti prova alcuna che tali attrezzi siano stati usati dai dipendenti dell'imputato.
V. deve dunque essere assolto, seppure con la formula di cui all'art. 530 c.p.p., comma 2, dai reati a lui ascritti ai numeri 1, 2 e 3 per non aver commesso il fatto.
Per tutti gli altri reati deve invece essere affermata la penale responsabilità dell'imputato. nella sua qualità di legale rappresentante della C.C. s.r.l..
L'incensuratezza dell'imputato conduce alla concessione delle attenuanti generiche.
Valutati tutti gli elementi di cui all'art. 133 c.p. e, in particolare, la minima capacità a delinquere del prevenuto, la non eccessiva gravità di alcuni fatti bilanciata dalla estrema pericolosità di altri (come la mancata protezione da organi in movimento od incandescenti o la mancata predisposizione di sistemi di tutela per i lavoratori da cadute accidentali di cui al capo 7) conducono ad applicare le pene pecuniarie già a suo tempo comminate (a titolo di sanzione amministrativa) dalla ASL (OMISSIS).
In particolare si ritiene equo determinare la seguente pena, già applicata la diminuzione ex art. 62 bis c.p.:
capo 4): Euro 1.032,75;
capo 5): Euro 1.258,00:
capo 6): Euro 645,50:
capo 7): Euro 1.032,75;
capo 8): Euro 258,00;
capo 9): Euro 645,50;
capo 10): Euro 1.032,75;
capo 11): Euro 1.032,75;
capo 12): Euro 645,50;
capo 13): Euro 258,00;
capo 14): Euro 1.032,75;
capo 15): Euro 645,50;
per un totale di Euro 8.519,75.
All'affermazione della penale responsabilità segue la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali.
Sono presenti le condizioni per l'applicazione dell'indulto.
Conseguentemente la pena come sopra comminata è estinta interamente.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso personalmente il V., deducendo quanto appresso:
a) in nessun caso era stata raggiunta la prova di una condotta, dolosa o colposa, connotata dal mancato mantenimento delle condizioni di sicurezza e d'igiene del luogo di lavoro: a parte che tale compito non gravava più su esso ricorrente;
b) per taluni capi d'accusa la condanna si basava sulle presunzioni del teste B. (verbalizzante), che non davano la certezza della responsabilità;
c) era stato trascurato che una delle contestazioni riguardava dipendenti non più in forza da molto tempo all'atto dell'ispezione:
circostanza ritenuta irrilevante;
d) al momento dei fatti il ricorrente non rivestiva alcuna carica nella s.r.l. C., nulla rilevando che ciò fosse avvenuto tre giorni prima;
e) cessata la carica egli non aveva alcun potere di regolarizzare la situazione;
f) comunque, dovevasi prescindere dalle qualifiche formali rivestite nell'impresa, ma fare riferimento alle prerogative sostanziali in base alle ripartizioni dei compiti effettivamente svolti dai singoli soggetti, anche in assenza di specifiche disposizioni scritte o in contrasto con esse;
g) come sostenuto, il ruolo del ricorrente nell'ultimo semestre era di semplice gestore del passaggio delle consegne con la nuova proprietà;
h) i subentranti proprietari già prima dell'acquisto si erano affiancati ed erano subentrati nelle mansioni direttive ed organizzative dell'azienda, sostituendo il ricorrente nella qualifica di datore di lavoro e di responsabile in materia antinfortunistica;
i) vi era quindi un travisamento della prova nell'essersi ritenuto che emergevano con chiarezza le violazioni addebitate;
l) erroneamente era stato ritenuto di scarso rilievo che la sicurezza del laboratorio fosse seguita da un'azienda esterna;
m) era stata data rilevanza alle sole dichiarazioni del teste B. e non a quelle dei testi a difesa.
Chiedeva pertanto l'annullamento dell'impugnata sentenza.
Con memoria aggiunta, il difensore, oltre che riportarsi al ricorso, deduceva quanto segue:
n) il V. aveva delegato ad una ditta esterna le funzioni in materia di sicurezza;
o) il Tribunale si era limitato a motivare, inconferentemente, che tutte le contravvenzioni erano facilmente riscontrabili da chiunque;
p) avrebbe dovuto verificare se la società addetta alla sicurezza ed alla manutenzione dei macchinari possedesse i requisiti di competenza tecnica ed i poteri decisionali ai fini del valido conferimento della delega;
q) occorreva disporre una consulenza tecnica per verificare il grado d'impegno attuato in relazione all'avanzato stato tecnologico dei macchinari;
r) la transizione della proprietà non poteva impegnare il V. in oneri di ammodernamento ed adeguamento ai sistemi di protezione dagli infortuni legati al manovramento delle macchine da parte degli operai;
s) il D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 304 aveva abrogato tutte le previdenti norme, per cui il V. era stato condannato, donde la verifica se tra tutte quelle contestate ve ne fossero alcune abrogate, donde la pronunzia ex art. 129 c.p.p.;
t) in ogni caso, le contravvenzioni di cui ai capi 5, 6, 7, 8 9, 12, 13, 14, 15 erano punite solo con l'ammenda, per cui, essendo stati commessi i reati il (OMISSIS), con la vecchia e più favorevole normativa essi si erano estinti in tre anni, e cioè il 5.7.2008.
Chiedeva pertanto l'accoglimento del ricorso.
- la sentenza è basata sulla relazione dell'ispettore B. e sulla sua deposizione, oltre che sulla documentazione fotografica;
- trattavasi della constatazione di evidenti situazioni di fatto, peraltro non temporalmente occasionali, ma attinenti alla gestione generale dell'impresa, all'ambiente d lavoro, alla sicurezza dei macchinari e degli impianti, ai mezzi per prevenire infortuni;
- ciò rende irrilevante il fatto che il V. fosse cessato dalla carica tre giorni prima o che taluni imprecisati dipendenti avessero in epoca imprecisata cessato il rapporto di lavoro;
- parimenti irrilevante è l'asserzione che già da sei mesi prima del passaggio di proprietà la ditta subentrante si era di fatto sostituita al V. nelle mansioni direttive ed organizzative dell'azienda, in quanto detto V. era comunque formalmente e giuridicamente il responsabile della sicurezza e doveva fare il dovuto per assicurarla: e, se vi era il concorso dei subentranti, anche costoro avrebbero dovuto rispondere dei medesimi reati;
- l'asserzione di cui sopra è smentita dall'ammissione nel ricorso che i subentranti si erano "affiancati" al V.;
- l'altra asserzione che la sicurezza del laboratorio fosse attribuita ad un'azienda esterna nessuna rilevanza può avere, trattandosi di macroscopiche violazioni rilevabili da chiunque, come la mancata fornitura di idonei guanti, l'ingombro del cantiere con materiale vario sparso disordinatamente al suolo, gli avvallamenti di terreno nei piazzali antistanti i capannoni, i macchinari con trazioni scorrevoli o di taglio privi di protezioni per evitare contatti accidentali, la mancata predisposizione di sbarramenti in macchinari soprelevati per evitare la caduta da essi degli operai, l'assenza di protezione delle parti utilizzate per la fusione ad una temperatura di circa 120-125 ^C, la mancanza di segnaletica di sicurezza, di impianti di riscaldamento, di pulizia, ecc, come dai capi d'imputazione e su cui il V. doveva rimediare: ed anche in tal caso, ove l'asserzione rispondesse alla realtà, detta azienda avrebbe dovuto rispondere degli illeciti;
- lo stesso dicasi per le asserite ripartizioni interne dei compiti, non essendo stato ciò dimostrato, e permanendo comunque la responsabilità dell'amministratore in caso di inadempimento dei delegati, per i mancati controlli sul loro operato ed i conseguenti rimedi;
- nessuna rilevanza aveva, per la parte relativa, il non specificato stato tecnologico dei macchinari, in quanto il responsabile doveva comunque adeguare ad esso i sistemi di sicurezza;
- i testi a discarico non erano stati ritenuti attendibili, e si aggiunge, che G. riferì che non aveva mai assunto compiti antinfortunistici, che il V. nei mesi precedenti il sopralluogo si presentava poco in azienda, che coloro che usavano il carrello elettrico non usavano mai la cintura di sicurezza, e che i servizi igienici venivano puliti una volta la settimana; ed il Ma.
aveva affermato circostanze dallo stesso ritrattate quando gli furono mostrate delle foto da cui risultava il contrario.
Ne consegue la palese inammissibilità del ricorso, essendo esso basato su astratte e palesemente inconsistenti considerazioni che non scalfiscono minimamente la coerenza logico-giuridica della decisione impugnata, e che non attengono ad alcuno dei vizi di cui all'art. 606 c.p.p..
Ciò preclude l'aspetto relativo alla prescrizione successiva alla sentenza impugnata.
Quanto all'abrogazione di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008, essa è irrilevante, sussistendo una continuità normativa con le nuove disposizioni.
Così deciso in Roma, il 19 marzo 2009.
Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2009